Ciao ragazzi, visto che sono costretto a stare in ufficio e voi siete a pescare, vi rompo un po’ le scatole con alcune mie considerazioni teoriche che mi frullano in testa da un po’. L’argomento è il “miraggio della distanza” ma non vi aspettate una “lezione” sulle tecniche di lancio vista la sua connotazione semiseria.

La questione ha sempre innescato diatribe e discussioni a non finire ogni volta che è stata affrontata in qualunque ambiente di pesca ma non è assolutamente mia intenzione arroventare il già caldo clima estivo.

Per fare un po’ di dottrina diciamo subito che l’argomento annovera tre distinte categorie di pescatori:

1) quelli in buona fede, 2), quelli con i paraocchi, 3)i bugiardoni consapevoli.

Lo scopo di queste considerazioni è quello di far tornare con i piedi per terra gli appartenenti alla prima categoria che tante volte adottano il decametro al posto del metro e di allargare gli orizzonti a quelli della seconda, posto che per la terza non c’è rimedio.

Piccolo flashback. Diversi anni fa cominciai a cimentarmi con il lancio tecnico da autodidatta. Le mie conoscenze derivavano da immagini statiche prese su riviste del settore e qualche raro video in circolazione. In questo campo purtroppo se non hai un tutor arrivi ad un punto in cui avviene lo stallo. Continui a lanciare, a variare impostazioni ma non progredisci di un centimetro.

Nonostante tutto sei comunque arrivato ad un punto di autosoddisfazione. Vai a lanciare sulla spiaggia, esegui i movimenti come hai memorizzato e vedi il piombo volare lontano.

Recuperi, conti i giri del mulinello, fai un calcolo veloce, aggiungi mentalmente qualche metro perché al momento del lancio eri appunto un pò più in là e ti si allarga il sorriso sulla faccia anche se quel diavoletto che sta in un angolo del tuo cervello continua a dirti che non puoi barare con te stesso.

Ora sei pieno di te e pensi già di dare pan per focaccia a quel tipo che ti racconta di pescare a 150 metri. Poi un giorno con alcuni amici ti ritrovi su un bel prato appena mietuto. Ripeti tutto quello che hai fatto infinite volte in spiaggia con la maggior sicurezza data dal terreno duro sotto i piedi. Guardi le bandierine messe alle distanze misurate con la rotella e già ti viene lo sconforto perché quella posta ai 200 metri(tanto per la coreografia) è praticamente invisibile. I primi dubbi ti assalgono ma, tant’è effettui il tuo lancio e ti cadono le pa@@e per terra.

Ma come, solo xx metri? Ma in spiaggia i giri di mulinello erano x e se recupera tanti cm. a giro il totale dovrebbe essere y. La matematica non è un’opinione. Purtroppo in questo caso non abbiamo a che fare con la semplice aritmetica ma siamo in presenza di analisi matematica con relative funzioni e variabili.

Mi è capitato spesse volte di dovermi sorbire le elucubrazioni di chi asseriva di aver preso il tal pescione a 150 e più metri di distanza con una telescopica e una montatura a due ami. A seconda dei casi ho cercato di perdere del tempo nel tentativo di spiegare come effettivamente stanno le cose se ritenevo che la persona fosse in buona fede mentre ho sempre annuito ritenendo di non dover sprecare energie a discutere con gente palesemente bugiarda. Mi è capitato altre volte di sentirmi dire dall’occasionale vicino di pesca: “stai pescando vicino? Non sento fischiare le canne” Ebbene no, è molto difficile sentir fischiare le mie canne durante il lancio.

Cerchiamo di analizzare oggettivamente le cose. Una canna che fischia non è sinonimo di metri. Se andate su un campo di lancio sentirete il sibilo del piombo e del drop, il “tok” del nodo dello shock, l’urlo del rotante ma mai e poi mai il fischio della canna. Un mulinello a bobina fissa riporta il rapporto di recupero ovvero i centimetri imbobinati per ogni giro di manovella ma questo dato non è costante in quanto è influenzato dalla quantità di filo già recuperato.

Occorrerebbe fare una media, cosa altamente difficile. La cosa è molto più accentuata se si adopera un mulinello rotante in cui i centimetri per giro di manovella a bobina piena sono la metà rispetto a quelli a bobina vuota. Si lancia da una spiaggia, posta per lo più in pendenza e con la sabbia sotto i piedi che non conferisce la sicurezza di un terreno solido e si indirizza il piombo non su una superficie piana ma verso il mare che fagocita e fa sprofondare la nostra zavorra.

Nel momento in cui mettiamo in tensione il filo si forma, fra il puntale della canna ed il piombo, un angolo che aumenta con l’aumentare della profondità del mare. Inoltre anche se mettiamo il filo in tensione la pressione della massa fluida e le correnti marine conferiranno al nostro filo una pancia più o meno accentuata.

Quindi, se vogliamo rimanere in campo matematico facciamo questa semplice operazione: numero di giri di manovella x metri di recupero per ogni giro di manovella = “A”. Al risultato “A” leviamo un 5% per la media di imbobinamento (bobina piena/bobina vuota). Sempre ad “A” leviamo un 20% per il recupero della linearità persa dallo spanciare del filo ed avremo un risultato abbastanza attendibile. Per cui, se il totale “A” ci dà 150 metri, applicando e sottraendo queste percentuali (medie in quanto a loro volta influenzate da altri fattori) ne viene fuori che il nostro lancio effettivo sarà di circa 110 metri.

Questo avviene lanciando con il solo piombo. Se vi aggiungiamo uno o due braccioli con anche soltanto un pezzetto di verme attaccato agli ami, ne converrete che la distanza di cui sopra si abbatte ulteriormente e non di poco. Se poi peschiamo con il piombo scorrevole, notoriamente poco aerodinamico e che durante il suo volo verso il mare slitta sullo shock, traete voi le conclusioni.
Qualcuno dirà che mi sono bevuto il cervello pur non avendo partecipato al raduno ed io rispondo: per chi si volesse levare la soddisfazione vada su un bel prato (attenti a non far danni e vittime), metta dei paletti alle distanze volute, misurate con fettuccia, e poi provi a lanciare.

Passiamo al lancio vero e proprio. Lasciamo da parte i classici lanci da pesca come il side e l’above nel senso che non li buttiamo via ma ce li teniamo buoni e cari e tralasciamo anche il pendolare. Parliamo del ground, lancio tecnico che a vederlo si direbbe alla portata di tutti. In effetti l’impostazione e l’esecuzione possono essere facilmente mimati ma state tranquilli che un esperto vi troverà da subito almeno una ventina di particolari fuori schema, a cominciare dalla canna. Tante volte, anche sul nostro forum, ho sentito parlare ed abusare del termine ground fatto in più con le telescopiche. Se qualcuno pensa di esserne padrone è perché si tratta di un “similground” ma state all’erta perché una telescopica potrebbe crakkarsi anche con un side piuttosto angolato.

Comunque non è questo il contesto per impartire lezioni di lancio e d’altronde non sono un lanciatore che possa salire in cattedra. Certamente si può ovviare ai limiti delle telescopiche utilizzando canne ripartite ma anche in questo caso premetto che bisogna avere tanta costanza perché le rip sono attrezzi tecnici che ci daranno profonde delusioni se non siamo padroni del gesto adeguato.
La seconda categoria è collegata alla zona ottimale di pesca e riguarda tutti quei pescatori che, magari dotati di un buon lancio continuano, presi dal “miraggio della distanza” a lanciare sempre e comunque a tutta manetta depositando le esche nello stesso punto, nella convinzione che i pesci stiano fuori. Capita anche a me come penso a tanti di voi.

Convinzione totalmente sbagliata a mio modo di vedere. La pesca è fatta, oltre che dal senso dell’acqua che ciascuno di noi più o meno possiede, anche da una ricerca a 360 gradi delle prede. Guardate un po’ chi si dedica allo spinning. Con artificiali di pochi grammi spesso tirano fuori pesci stupendi eppure i loro lanci sono di distanza limitata. Significa che nel primo tratto di mare, quello che noi spesse volte trascuriamo, circolano magnifici esemplari e quindi dovremmo semplicemente appoggiare il lancio molto più spesso di quello che facciamo.

Questo comunque non vuol dire che chi non riesce a lanciare a discrete distanze si debba limitare a perlustrare il sottoriva. Il lancio tecnico dovrebbe essere sempre presente nel bagaglio di un buon pescatore, da utilizzare all’occorrenza. Acquisire la corretta esecuzione di un lancio tecnico richiede tempo, delusioni e sacrifici oltre che attrezzi adeguati. Ma anche i classici lanci da pesca sopra la testa possono essere migliorati.

Solo un piccolo accenno all’ultima categoria che annovera personaggi che, pur consapevoli, continuano a propinare frottole al poveraccio che hanno di fronte senza nemmeno chiedersi se l’interlocutore sia un allocco o una persona competente. Credetemi, non serve arrabbiarsi o sprecare parole con gente simile. Sono personaggi che mai e poi mai si cospargeranno il capo di cenere e mai si cimenteranno su un campo di terra battuta anche se sosterranno di esservi già stati con tanto di maestro e cotanta blasonata attrezzatura.

Chiudo con una massima che mi sta particolarmente a cuore: “non è l’attrezzatura che fa il lanciatore”
Alla prossima

Autore articolo: Oltremare – Foto di Giovanni Paonessa – info sulla nostra Community

Di admin