MANUALE DI BEACHLEDGERING

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Author Topic: MANUALE DI BEACHLEDGERING  (Read 110085 times)

^NONNOROBY^

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Reply #20 on: April 18, 2010, 18:21:08
02. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione CANNE

01. Articolo scritto da Nonnoroby

Canna. La canna classica da beachledgering è quella che consente la rapida sostituzione di un suo cimino con un altro mediante l'innesto a baionetta. In una canna telescopica, quindi, il cimino non è una sezione estraibile ma un pezzo a se stante. Di solito i produttori dotano di serie queste canne con due cimini, altre (a seconda del modello) con tre e addirittura quattro. I cimini possono essere in carbonio, in nylon od in fibra di vetro, a volte misti (la parte più grossa in carbonio, l'apicale in nylon). I cimini si differenziano per il cast, per lo più un cimino ha un cast sino a 50 gr, l'altro sino a 100 gr. Per conto nostro possiamo ampliare la dotazione comprando a parte altre cimini con range più specifici (10/20 gr, 20/40 gr, 40/60 gr, 60/80 gr sino ad arrivare a potenze ben superiori). I cimini in fibra di vetro, oltre a costare meno di quelli in carbonio, sono dotati anche di una sensibilità maggiore, che si mantiene anche quando sono sotto tensione, segnalando comunque le toccate anche più lievi.
Oltre che nelle canne telescopiche, possiamo trovare i due cimini anche nelle canne ad innesto ( definite 2+2, cioè canne composte da due pezzi ad innesto più due cimini, oppure 3+2, cioè canne ad innesto in tre pezzi + due cimini).
Altre volte le canne telescopiche da beach hanno un unico cimino a sua volta telescopico, come pure le canne ad innesto possono essere composte da due soli pezzi oppure da tre pezzi, senza cimino separato. In questo caso il cast di queste canne ha un range più ampio (p.e. 10/60 gr, oppure  30/120 gr), quindi meno specifico.
L'estrema varietà della tipologia esistente tra le canne da beach ci pone in imbarazzo su quale modello puntare, imbarazzo particolarmente sentito da chi è alle prime armi. Chi ha disponibilità finanziare taglia la testa al toro: si compra 2 o 3 modelli diversi e risolve il problema. Chi deve fare i conti col proprio budget si rode invece le dita, potendo acquistare solo 1 canna. Chi dispone di pochi soldi è (paradossalmente) il più avvantaggiato, dal punto di vista dello stress: con 50 € si porta a casa una cannetta da mormore più che dignitosa. Finché il mare è calmo o poco mosso, avrà tutte le chance per divertirsi a beachledgering.
Io mi azzardo a dare un suggerimento, ma solo perché la posseggo da lungo tempo e quindi posso descriverne pregi e difetti: la Dreaming della Italcanna. Iniziamo subito dai difetti (che poi è solo uno): è troppo cara. Il suo prezzo reale, secondo me, potrebbe scendere anche di 100 €. Pregi: tutto il resto sono solo pregi. Qui sotto trovate la foto e la descrizione che ne fa la casa:

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La Dreaming è una canna per il Beach legering unica nel suo genere: infatti nel realizzare questa canna non volevamo scendere a compromessi fra sensibilità e prestazioni di lancio, così grazie all’innovativo impiego di vette leggere molto corte in carbonio e nylon, abbiamo ottenuto prestazioni eccezionali. Inoltre a differenza di altri prodotti dove l’accoppiamento tra vetta e fusto è cilindrico, per realizzare l’innesto di queste vette abbiamo brevettato un sistema a conicità inversa che coadiuvato da una rettifica di precisione assicura un innesto preciso con affidabilità e durata anche dopo migliaia di cambi. La Dreaming è costruita interamente in carbonio alta resistenza, portamulinello affusolato. Anelli in SIC. Sezioni 5; mt. 4,00; Vette 2: gr. 25/50 e 50/100
Personalmente ho acquistato a parte numerosi cimini in fibra di vetro in varie potenze (adattandone la base con la carta vetrata e legando da me gli anelli passafilo), per cui la posso 'sfruttare' da mare forza olio sino ad un mare da 120 gr.

Riporto poi sotto altri 3 modelli della Italcanna (questa casa non mi ha pagato per farle pubblicità, tranquilli...), solo per farvi vedere come è difficile a volte scegliere tra un modello e l'altro, quando il budget è limitato (traduzione= se avessi i quattrini, comprerei anche questi modelli, in aggiunta):
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Per la descrizione di queste canne vi rimando al sito della Italcanna, se qualcuno fosse interessato.
Tutti e quattro i modelli, tutti adatti al beachledgering, si differenziano anche considerevolmente tra loro: ecco perché è difficile fare una scelta, che può essere influenzata anche da 'gusti' personali. Per esempio, se potessi tornare indietro, personalmente punterei sulla Stinger, perché le due pezzi mi fanno letteralmente 'sbavare'. Altri invece, per svariati motivi, preferiscono le telescopiche.

Naturalmente esistono tante altre case e modelli di canne, alcune Made in Italy, altre di produzione estera: aspettiamo fiduciosi che altri iscritti al Forum postino i loro articoli in proposito.

Colmic - Modello Vigorosa. Canna costituita da quattro elementi ad innesto, prodotta in carbonio super alto modulo.
E’ una canna caratterizzata da un’ottima bilanciatura e maneggevolezza. Garantisce ottime prestazioni di lancio anche ai pescatori meno esperti. Ha una potenza di lancio compresa tra30 e 100 gr. Viene fornita con due cimini intercambiabili, (soft e heavy actions) in carbonio, da sostituire in base al peso impiegato, ed alla corrente. È presentata con anelli in simil sic doppio ponte, placca portamulinello a vite in grafite.
LUNGHEZZA MT. 4,20 - Sezioni : 3 + 2 vette - Potenza 30- 100 gr. - Peso canna gr. 360 - Prezzo € 155
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Mitchell - Modello Mediterranee Beach.  Canna da beach in tre pezzi famosa, carbonio inguainato super alto modulo radiale, 5 anelli fuji sic sul fusto + 3 sulle cime (dotata di due cime da 60gr e da 110gr) impugnatura antiscivolo placca a vite.
Ingombro 147cm - Potenza 30-110gr - Fusto super sottile solo17mm - Lunghezza mt. 4,23 - Sezioni 4 - Prezzo € 194
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Colmic - Modello Teknica Pro.  Canna costituita da quattro sezioni ad innesto, prodotta in tessuti di carbonio U.L.A.F. super alto modulo. Ha una potenza di lancio massima di 100 gr. Viene fornita con tre cimini intercambiabili, (soft, medium, heavy actions) in carbonio, da sostituire in base al peso impiegato e alla corrente. È presentata con anelli Fuji, placca portamulinello a vite in grafite. Il COLMIC Joint Line ed il COLMIC Low Tension assicurano e confermano la qualità di primo ordine di questo prodotto.
Lunghezza 4,20 mt - Prezzo € 185

Tecnofish - Modello Three Cast Finder. Canna molto sottile con possibilità di intercambiare le cime per ogni esigenza di pesca. Ideate da STEPHAN ACKET CAMPIONE MONDIALE di surfcasting.
Lunghezza mt. 4,20 - Potenza 80-160 gr. - Cimini 2 - Ingombro mt. 1,40 - Materiale carbonio super alto modulo - Sezioni 4 - Anelli doppio ponte alconite Fuji - Prezzo € 230,00

Daiwa - Modelli Aqua Sea AQSEA S42T  e  AQSEA S39T. Canne realizzate in struttura telescopica in composito di carbonio, con anelli a doppio gambo con o-ring protettivi e porta mulinello anatomico. Grezzo sottile e reattivo, con sensibile vetta, disponibile nelle misure di mt 3,90 e 4,20.
Modello : AQSEA S42T, lunghezza mt. 4,2, numero sezioni 5, ingombro cm 136, potenza gr 30/120, € 55
Modello : AQSEA S39T, lunghezza mt. 3,90, numero sezioni 5, ingombro cm 124, potenza gr 30/120, € 49

Bad Bass - Telescopiche - Modelli Lancetto, Maxima 498, Orion 1, Phoenix 1, Phoenix 2, Phoenix Pro

Bad Bass - 2 Sezioni - Modelli BB Rose, Iber Trio 75.

Maver - Telescopiche - Modelli Elite surf tele 70, Elite surf tele 90

Maver - 3 Sezioni - Modello Elite surf 3 pz 90 (cima 1: 50 gr; cima 2: 90 gr)
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^NONNOROBY^

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Reply #21 on: April 18, 2010, 18:24:11
03. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione MULINELLI

1. Mulinelli da beachledgering

(Articolo scritto da Nonnoroby)

Il mulinello da beachledgering deve avere queste caratteristiche fondamentali:

1. Dimensioni contenute. Le canne da beachledgering sono dei 'fioretti': potenti ma leggere. E' necessario quindi che ad esse vengano abbinati modelli dalle dimensioni contenute, e quindi con un basso peso, in modo da non squilibrarle. Diciamo che, a seconda della casa produttrice, le misure variano da un 3000 ad un 5000.

2. Bobina larga di forma tronco-conica. Avendo a che fare con zavorre leggere, non possiamo fare affidamento sul solo piombo per la buona fuoriuscita del filo dalla bobina. La forma conica della bobina favorisce notevolmente la fuoriuscita del filo. Non è necessario che sia in grado di contenere una grossa quantità di filo: 200 mt sono più che sufficienti (ovviamente 200 mt di 0.18, oppure 200 mt di 0.22).

3. Avvolgimento a spire incrociate. E' un'altra caratterisca molto importante per la buona fuoriuscita del filo dalla bobina: abbinata alla forma conica, evita qualsiasi problema.

4. Frizione progressiva millimetrica. Avendo a che fare con lenze dello 0.18, è assolutamente necessario poter calibrare con la massima precisione la frizione al carico di rottura del filo. Le frizioni che ad ogni scatto si  induriscono rapidamente, se possono essere tollerate con fili sostenuti (da 0.30 in su), sono assolutamente deleterie con le sottili lenze madri da beach.

5. Rullino guidafilo. Deve avere le massime dimensioni possibili, per ridurre al minimo gli attorcigliamenti del filo durante il recupero. Assolutamente indispensabile poi che scorra su un cuscinetto a sfere garantito al 100% inox: un indurimento del guidafilo dovuto alla presenza di ruggine nei cuscinetti, può rovinare irreparabilmente la lenza madre.

6. Un rapporto di recupero medio alto. Diciamo da 4,5:1 a 5:1 va benissimo.

Queste sono le caratteristiche principali a cui dobbiamo puntare per prime. Poi è ovvio che migliori sono le qualità degli ingranaggi, maggiori saranno le rese complessive del mulinello.


E' di fondamentale importanza la manutenzione del mulinello: il primo nemico da abbattere è la salsedine che si deposita in tutte le parti del mulinello. Dopo ogni battuta, per quanto brevissima, bisogna fare il 'bagnetto al bambino' con un getto abbondante di acqua dolce corrente. Il metodo più efficace è di sottoporre il mulinello alla doccia ‘a telefono’ della vasca da bagno o qualsiasi altro congegno similare, dirigendo il getto su tutte le parti del mulinello. A fine doccia, smontare la bobina e lasciarla immersa in un secchio d'acqua per un paio d'ore in modo che l’acqua possa penetrare in profondità tra le spire della lenza madre. Nel frattempo scuotere energicamente  il corpo del mulinello per scrollargli di dosso quanta più acqua possibile, quindi con un panno morbido asciugarlo per bene insistendo sulle cromature, che sono più soggette a trattenere il calcare. Mettere una goccia d'olio sull'albero ed una nel cuscinetto del rullino guidafilo, dopo averlo smontato. Ogni 6 mesi o al massimo un anno (dipende da quanto intensamente usiamo il mulinello), smontarlo completamente e ripulirlo dal grasso vecchio usando benzina rettificata (reperibile nei ferramenta) oppure benzina normale, se non la trovate, usando un pennellino da pittore con le setole morbide. Terminata la pulizia, accelerare l'evaporazione della benzina con un fon e poi usare un panno morbido: guanti di lattice e mascherina di protezione sono altamente raccomandati.
Quindi ingrassare, oliare e rimontare. Se ancora non conoscete alla perfezione il vostro mulinello, non potete fare a meno del planner (il disegno dell’ “esploso") allegato a tutti i mulinelli. Suggerimento: siccome i planner sono spesso disegnati in modo approssimativo, dovete memorizzare il più possibile la posizione dei vari pezzi durante lo smontaggio, in modo particolare la posizione delle piccole molle di richiamo. Se smarrite il planner, su Internet potete trovare quelli dei mulinelli più diffusi.


2. Alcuni modelli di mulinello

(Articolo scritto da Ivo)

Per quanto riguarda i mulinelli per il beachlegering consiglio di orientarsi su misure non al di sopra dei 5000 altrimenti si andrebbe a sbilanciare il più corretto assetto con la canna che deve avere un peso abbastanza contenuto.
Io mi sento di proporre alcuni tra i modelli che io adopero di più partendo dallo Shimano Super GTM 4000 con doppia frizione posteriore (a mio parere se si vuole più potenza e precisione si sceglierà il modello con frizione anteriore) dove andremo a tarare la frizione primaria sul carico di rottura del monofilo e la seconda la useremo per il combattimento che comunque con un velocissimo
gesto, escludendola, ci riporterà al settaggio di partenza.
Sempre restando sulla misura del precedente attrezzo ci si può spostare su un altro modello che è lo Shimano Stradic 4000 sempre con doppia frizione posteriore che rispetto al precedente modello si colloca su un gradino più alto per differente numero di cuscinetti, diverso rapporto di recupero che offre qualche cm in più (ma il precedente offre più potenza di recupero), differente peso, ecc.. Lo Stradic ha ovviamente un prezzo maggiore rispetto al compagno e comunque entrambi li uso e quindi ne consiglio l’uso su attrezzature telescopiche con zavorre che si aggirano nell’ordine degli 80gr.
Passiamo adesso a ciò che uso in situazioni un po’ più gravose che possono essere causate da “un po’ di mare”, come anche da una zavorra più pesante per cercar distanza. Premetto subito che anche se un po’ più pesantuccio, ma abbastanza compatto nelle dimensioni, dei precedenti il seguente mulinello lo adopero su una 3 pezzi; si tratta del Daiwa Emcast Plus 5000, ormai fuori produzione ma sostituito ora dai Daiwa Spormatic oppure dal Daiwa Proshooter (quest’ultimo leggermente inferiore allo Sportmatic). Come dicevo appunto in precedenza anche se più pesante dei 4000 abbinato da me ad una tre pezzi con range superiore alle telescopiche sopracitate, ma per condizioni più gravose, mi ha sempre fatto sentire al sicuro in fatto di potenza, frizione e affidabilità in generale, per non parlare del discorso della distanza che vista la forma della sua bobina (in linea con quelle dei mulinelli da Surf) regala dei bei metri in più rispetto hai due compagni illustrati precedentemente. Questo modello non teme di dover recuperare prede di generose dimensioni abbinate a zavorre di 100gr e perché no accompagnate da un “po’ di mare”. Come prezzo siamo pressappoco al livello dello Stradic pocanzi illustrato, infatti lo consiglio solo se si intende avere più prestazioni rispetto a quelle sopraindicate.
Come ultima raccomandazione consiglio di acquistare in ogni caso mulinelli con cuscinetti ceramici e/o sigillati anti salsedine e corrosione.
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Reply #22 on: April 18, 2010, 18:27:03
04. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione PIOMBI


I piombi da beachledgering

(Articolo scritto da Nonnoroby)

Per citare una frase del mio maestro 'putativo' Mauro Balestri (nel senso che non l'ho mai conosciuto di persona ma ho appreso tantissimo dai suoi articoli), "non bisogna mai usare un grammo in più di piombo rispetto a quanto sia necessario", e seguendo i suoi consigli ho sperimentato che nel Beachledgering il range ideale va da 10 gr ad 80 gr massimo. I piombi possono essere scorrevoli o fissi: tra i fissi è meglio utilizzare quelli che hanno una girella incorporata. Chi è appassionato del 'fai da te', se non dovesse trovarli da proprio negoziante, può facilmente incorporare una semplice girella: vedremo come fare questo ed altre cose nella sezione Fai da te del manuale. Esistono varie forme di piombi: a pera, a sfera, con le alette, con i rostri, affusolati, elicoidali, ecc. Si possono mettere in cassetta alcuni esemplari in varie forme per usarli a seconda delle condizioni del mare che ci si ritrova quel giorno. A parte il peso, comunque, la forma dei piombi assume un ruolo secondario nel Beachledgering, dato che si pratica in prevalenza con mare calmo o poco mosso che non richiede una particolare forma per rimanere in pesca.
Se non siamo 'mangia-piombi', sono da preferire quelli plastificati che costano un po’ di più.
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Reply #23 on: April 18, 2010, 18:29:27
05. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione LENZA MADRE

La lenza madre

(Articolo scritto da Nonnoroby)

Si intende per lenza madre il filo avvolto nella bobina del mulinello. Per chi è alle primissime armi con la pesca a fondo in generale, è sempre meglio iniziare con un diametro sostenuto: 0.22/0.23 mm. Questo diametro consente di gestire meglio il filo rispetto al diametro canonico 0.18 sia in fase di lancio che di recupero (per un errore di lancio che può spezzare il filo, per eventuali parrucche o nodi, per incagli sul fondo), oltre a mettere al riparo da eventuali sorprese (pesce di taglia) che l'emozione potrebbe spingere a forzare il recupero. Quando si è acquistata familiarità con lanci e recuperi (non ci vuole molto), si potrà scendere con maggior sicurezza a diametri inferiori. Certi pescatori scendono a diametri così sottili che a me personalmente fanno venire i brividi, forse anche perché scottato, nel passato, di aver perso buone prede per aver voluto 'fare il figo' con gli amici (immaginatevi le tonnellate di sberleffi…). Da tanti anni, ormai, non scendo mai al di sotto dello 0.18, ma ciò non vuol dire che lo debbano fare anche gli altri (a qualcuno potrebbe anche venire la passione dell'agonismo, dove alcuni, per trovare la 'bava', poco ci manca che debbano usare la lente di ingrandimento...).

Con una madre dello 0.22 si possono gestire lanci di piombi sino a 30 gr senza usare lo schokleader. Per piombi con grammature superiori si è a rischio, per cui conviene interporre lo shockleader tra lenza madre e terminale.
Molto efficace a Beachledgering è l'utilizzo del filo conico, che sembra fatto apposta per essere usato con i microscopici anelli passafilo delle canne da beach. La misura ideale inizia con un diametro 0.20 e termina con un diametro 0.40 mm.
 
Siccome a beachledgering si usano fili molto sottili, non bisogna lesinare sulla qualità della lenza madre: molto meglio spendere qualche euro in più che piangere sulla perdita della preda della nostra vita. Il carico di rottura è un parametro importante, ma da solo non basta a far qualificare quel filo come il migliore. Un filo da bobina deve essere morbido, per modellarsi meglio nella gola della bobina: un filo rigido (ottimo per i braccioli) oppone più resistenza durante l'avvolgimento, in quanto le spire tendono a dilatarsi, con l'inconveniente che durante il lancio esse tendono a 'gonfiarsi' e quindi a fuoriuscire dalla bobina anzi tempo, anziché aspettare che sia il piombo a trascinarsele dietro: spire così 'gonfie' possono attorcigliarsi intorno agli anelli o formare mini-parrucche di cui ci accorgiamo di solito solo al momento del recupero.

Un filo rigido, inoltre, è più soggetto a conservare la 'memoria meccanica', quel fenomeno per il quale il filo mantiene la forma delle spire che si formano sia nel rocchetto di vendita che nella bobina stessa (per attutire il fenomeno, le migliori case avvolgono il filo in rocchetti di grande diametro e di forma allargata). Una memoria meccanica elevata tende col tempo a far avvolgere sempre di più il filo su se stesso, rendendo molto difficoltoso il lancio ed il recupero del filo stesso.
Anche il colore vistoso del filo fuori dall'acqua agevola il suo controllo in tutte le condizioni di scarsa visibilità, pur conservando l'invisibilità sott'acqua (dove, teniamolo presente, il colore rosso è il primo a scomparire dopo una certa profondità). I fili fluorescenti sono quelli che garantiscono la maggior visibilità fuori dall'acqua.
 
Pertanto, nella scelta della lenza madre, non basiamoci solo sul suo carico di rottura, anche se è la prima caratteristica che istintivamente andiamo a controllare.
Un ultimo suggerimento: il nylon è molto soggetto all'usura (a volte visibile, a volte meno), e risente molto dell'azione deleteria dei raggi ultravioletti, per cui è bene sostituirlo con regolarità (più il nylon è sottile, maggiore è la frequenza con cui andrebbe sostituito).

Un'ottima casa italiana (e forse anche unica) produttrice di fili da pesca è la DP (Asso di cuori, Asso di quadri, ecc.), ma anche in questo settore la parte da leone la fanno i giapponesi.

Utilizzo del filo conico come lenza madre.

Nel beachledgering, a causa del piccolissimo diametro degli anelli passafilo del cimino, si rivela molto utile l'utilizzo del filo conico come lenza madre, in quanto l'assenza del nodo presente nello shockleader classico favorisce notevolmente la fuoriuscita del filo durante il lancio ed il suo rientro in bobina durante il recupero. Il filo conico è caratterizzato dal fatto chi i suoi ultimi 15 mt vanno progressivamente ingrossando dal diametro iniziale del resto del filo (p.e. 0.20) sino a terminare con un diametro più grosso (p.e. 0.40). Esistono varie 'combinazioni' di filo conico (0.23/0.47, 0.25/0.50, ecc.), quindi adatte a varie situazioni.
  
La scocciatura è che non sempre la quantità in metri del conico contenuta nei rocchetti di vendita coincide esattamente con il bordo bobina: o è troppo lungo o è troppo corto. Non ci si può fidare neanche delle indicazioni del contenuto scritte sui rocchetti e sulle bobine, perché queste indicazioni sono quasi sempre indicative, mentre noi vogliamo che a fine avvolgimento la lenza madre termini esattamente a 1-2 mm dal bordo bobina.
La soluzione del problema comunque esiste, anche se un po’ lunga e laboriosa.
Col filo conico si possono presentare 3 casi:

1° caso: finito l’avvolgimento in bobina, il filo conico arriva esattamente a bordo bobina. Il lavoro è finito.

2° caso: finito l’avvolgimento in bobina, il filo conico non arriva a bordo bobina, per cui bisogna fare un’aggiunta.
Ø Bisogna prelevare da un altro rocchetto di filo qualsiasi, meglio se dello stesso diametro della parte non conica, uno spezzone di filo ed avvolgerlo anche manualmente sul filo conico sino ad arrivare a 1/2 mm dal bordo bobina.
Ø Svolgere dalla bobina questo filo aggiunto ed avvolgerlo in un rocchetto che metteremo da parte.
Ø Svolgere poi dalla bobina l'intero filo conico ed avvolgerlo in un secondo rocchetto.
Ø La bobina è adesso vuota: legare ed avvolgere nella bobina vuota lo spezzone da aggiungere, poi, tramite un nodo di sangue (blood knot) congiungerlo al filo conico e quindi avvolgere anche il filo conico. A fine lavoro il filo conico arriverà esattamente a 1/2 mm dal bordo bobina.

Nota: il filo aggiunto formerà una base fissa da sfruttare quando un domani dobbiamo sostituire il filo conico logorato con uno nuovo (naturalmente con gli stessi diametri e lunghezza), per cui non saremo più costretti a fare tutti questi travasi.  

3° caso: finito l'avvolgimento in bobina, il filo conico arriva a bordo bobina prima di arrivare a fine rocchetto (è cioè più lungo di quanto la bobina ne possa contenere), per cui bisogna tagliarne un pezzo dalla parte iniziale non conica.
Ø Con un metro si misura la parte eccedente e se ne prende nota su un pezzo di carta.
Ø Si riavvolge nuovamente tutto il filo conico nel rocchetto originale.
Ø La bobina è adesso vuota. Col metro si misurano quindi tanti metri di filo quanti ne avevamo segnato nel pezzo di carta, tagliando l'eccedenza con le forbici.
Ø Tagliata la parte eccedente, legare ed avvolgere il filo conico in bobina: a fine lavoro il filo conico arriverà esattamente a bordo bobina.

Nota: conservare il pezzo di carta da qualche parte, così quando si dovrà sostituire il filo conico logorato con uno nuovo (naturalmente con gli stessi diametri e lunghezza), non si dovranno fare tutti questi travasi.
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Reply #24 on: April 18, 2010, 18:32:06
06. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione SHOCKLEADER


01. Articolo scritto da Nonnoroby

Lo shockleader. Lo shockleader (che potremo liberamente tradurre come filo che si fa carico di sostenere lo shock dovuto al lancio, o, molto più semplicemente, parastrappi) è uno spezzone di filo che si interpone tra lenza madre e terminale per evitare che la madre, durante la violenza del lancio, si allunghi oltre il suo carico di rottura e si rompa. Lo schokleader quindi deve avere un carico di rottura ben maggiore della lenza madre: il metodo più semplice e più sicuro che ci garantisce un maggior carico di rottura è quello di usare uno spezzone di filo con diametro superiore a quello della lenza madre (se si usa il nylon), oppure un filo di materiale speciale, per esempio il multifibra.
Un nylon da 0.40 mm, come pure un multifibra da 0.10 mm, è più che sufficiente per sostenere il lancio di piombi sino a 80 gr. Una regola generica per la lunghezza dello shockleader è quello di farlo lungo il doppio della canna: pertanto se la canna è lunga 4,50 mt, lo shock deve essere di 9 mt. Ma per chi ha la pazienza di fare aggiustamenti fini, questa misura canonica può essere accorciata, sino a trovare la misura minima indispensabile (in condizioni normali, meno è lungo, meglio è; in condizioni di mare mosso con gradino di risacca molto alto, è invece meglio il contrario).
L'uso dello shockleader comporta che anche il trave abbia il suo stesso carico di rottura (altrimenti lo shock regge ed il trave potrebbe spaccarsi): se come shock e come trave si usa il nylon , è sufficiente che il trave abbia lo stesso diametro dello shockleader; se come trave si usa il multifibra, un diametro 0.10 va benissimo (per piombi sino a 80 gr). Resta il problema di quando non si vuole usare lo shockleader: scartata l'ipotesi di togliere e rimettere in continuazione lo shockleader, l'unica soluzione rimane quella di usare un mulinello dotato di 2 o più bobine (3 sarebbe meglio, 4 è l'ideale). Sono rari i mulinelli che hanno 3 bobine in dotazione, inesistenti quelli che ne hanno quattro, però scoprirete che se il beachledgering diventerà il vostro tipo di pesca preferito, farete di tutto per ordinarvi a parte le bobine aggiuntive: più bobine si hanno, maggiori saranno le combinazioni tra lenza madre e shochleader.
Con due sole bobine, uno schema potrebbe essere questo:
- per chi è proprio alle prime armi con la pesca: montare sulla prima bobina una lenza madre dello 0.22 senza shockleader (per piombi sino a 30 gr), e montare sulla seconda bobina una madre sempre dello 0.22 con shockleader in nylon dello 0.40 (oppure in multifibra dello 0.10);
- per chi ha già familiarità con lanci e recuperi: montare sulla prima bobina una lenza madre dello 0.18 armata di shockleader in multifibra dello 0.10, sulla seconda bobina una lenza madre dello 0.22 con shockleader in nylon dello 0.40 (oppure in multifibra dello 0.10): una volta arrivati sul luogo di pesca, se trovate mare un pò mosso, visto che avete già un pò di esperienza, sarete in grado di valutare se rischiare ad usare la bobina dello 0.18 oppure quella dello 0.22.

02 Articolo scritto da Ivo

Shock Leader Conici

Come Shock Leader parliamo anche di “conici” suddividendoli in due categorie: spezzoni che generalmente misurano 15mt e lineari continui, sempre conici, che misurano 220mt.
Partiamo dagli spezzoni che come dicevo in precedenza la maggior parte misurano 15mt e, a seconda della marca, ne troveremo da 5 a 15 per ogni bobina. Quelli che adopero più di frequente per il beachlegering presentano la seguente conicità: 0,18-0,50 oppure 0,20-57 e 0,23- 0,57 per zavorre più importanti, dal mio punto di vista oltre questi canoni dovremmo parlare di un’altra disciplina. Partiamo col dire, a chi intenderà adoperare questa tipologia di Shock Leader, che la miglior cosa da fare prima di annodare lo Shock alla lenza madre sarà buona norma eliminare il primo metro e mezzo, o massimo due, di conico dalla parte più sottile; questo perché durante le misurazioni che effettuo dopo ogni acquisto con il micrometro mi è capitato più volte di rilevare un diametro inferiore da quello dichiarato con cause, in fase di ferrata, che tutti possono immaginare. Mi spiego meglio: se il conico sarebbe dovuto partire con un diametro di 0,20 misurandolo appunto col micrometro risultava di 0,18/0,19 e dopo un metro circa arrivava alla giusta misura procedendo perfettamente fino alla fine. Questo non mi è successo con tutte le marche che ho provato, ma per non saper ne leggere ne scrivere preferisco adottare questo metodo, anche perché se anzi che 15mt ne usassimo 13/13,5 sono ugualmente più che sufficienti anzi, in alcuni casi anche troppi e se così dovesse essere i metri in eccesso ovviamente li andremo a tagliare dalla parte più spessa.
Ho testato le seguenti marche:
-   Asso: che non mi ha convinto per via del diametro diverso dal dichiarato e dal prezzo molto elevato visto che parliamo di 15€ per soli 5 spezzoni.
-   Grauvell: preciso nel diametro, buona resistenza al nodo e buono il carico di rottura, ma purtroppo per mio gusto personale, è di colore trasparente ed io preferisco invece che sia ben visibile, il prezzo è di 19€ per 15 spezzoni
-   Rekord: questo ad esempio è uno dei modelli da cui elimino il primo metro e mezzo circa per via dell’iniziale diametro diverso dal dichiarato, anche questo ha una buona tenuta al nodo ed è buono anche il carico di rottura, di un visibile colore rosso rubino brillante, il suo costo è di 16€ per 10 spezzoni
-   Trabucco: diametro preciso, ottima resistenza al nodo e ottimo carico di rottura, purtroppo trasparente, il suo costo è di 12€ per 10 spezzoni
-   Shimano: anch’esso ha bisogno dell’eliminazione del primo metro (a volte mi è capitato di trovarlo come se fosse schiacciato, appiattito), ottimo carico di rottura e ottima tenuta al nodo, di un visibilissimo colore arancione, il costo è di 15€ per 10 spezzoni. Quest’ultimo lo preferisco agli altri.

Passiamo adesso al filo conico continuo che a mio parere è molto utile qualora si dovesse disporre di una canna con anellatura di ridotto diametro, questo perché non dovremo effettuare nessun tipo di nodo. Questo tipo di conico viene solitamente confezionato in bobine da 220mt e presenta la sua parte conica da entrambi i lati. Quest’ultima prerogativa consente di poter utilizzare tutti e due i capi conici in caso uno dei due si dovesse usurare o spezzare; ovviamente quest’operazione si effettuerà scaricando la bobina del mulinello su una seconda bobina di uguale forma e misura per far sì che il secondo capo conico, che si trova al di sotto, si trovi nuovamente al di sopra del filo. Una volta che andrà a mancare anche il secondo capo conico (sempre a causa di rottura) non andremo a buttare via l’intero contenuto della bobina, ma si andrà a montare uno spezzone di quelli sopraindicati oppure lo si userà come un normale monofilo.
Dei modelli continui ne ho testati solo due e sono rimasto soddisfatto da entrambi anche perché molto simili tra loro e sono i seguenti:
-   Shimano: ottimo carico di rottura e ovviamente ottima anche la tenuta al nodo, visto che andremo a crearlo solo dalla parte più spessa, parte conica lunga 15mt da entrambe i lati di colore trasparente, una volta che il diametro diventa lineare comincia una sorta di multicolor che cambia colore ogni 25mt offrendo al pescatore dei punti di riferimento molto importanti riguardo la zona, pressoché esatta, dove piazzare l’insidia, bobina da 220mt del diametro 0,23-0,57 con un costo di 15€.
-   Duel: ottimo carico di rottura e del nodo (come sopra), leggermente più rigido del primo, parte conica di 15mt trasparente, anche questo modello ha la parte lineare in multicolor, la bobina è da 220mt 0,20-0,57 del costo di 16€.
I costi degli articoli illustrati sono ovviamente da considerarsi indicativi in quanto questo è quello che ho trovato in commercio nella mia zona, ma ovviamente è suscettibile di variazioni. @
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Reply #25 on: April 18, 2010, 18:34:35
07. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione NODI


Articolo scritto da Nonnoroby

Esistono tantissimi tipi di nodi che si possono usare a pesca. Possiamo impararli tutti, ma è sufficiente specializzarsi in 4 o 5 per ricoprire le esigenze che riccorrono più di frequente. Questa è una raccolta di nodi:

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Nodi di giunzione tra lenza madre e shochleader. Il più diffuso è il "nodo di sangue" (blood knot), ma và subito detto che la sua efficacia si mani se i due fili da congiungere hanno più o meno lo stesso diametro e, soprattutto, se sono di nylon. Per congiungere fili di nylon con diametri differenti, oppure fili composti da materiali diversi, anche se dello stesso diametro (p.e. nylon+multifibra, nylon+fluorocarbon, multifibra+ fluorocarbon, oppure multifibra+ multifibra), questo nodo è assolutamente sconsigliato , sia perché facilita lo scioglimento e sia perché il nylon può cedere facilmente. E' di gran lunga più efficace il nodo Albright Special oppure il Tony Pena, quest'ultimo efficacissimo nella variante studiata dal nostro insuperabile Peppino
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Nodo di giunzione tra shockleader e suo capocorda. Si intende come capocorda di un filo un accessorio di metallo che facilita l'aggancio tra due parti di lenza (in questo caso tra shochleader e trave). Il capocorda più comune è costituito da una girella, (nel caso specifico dello shochleader, munita di moschettone), per mezzo della quale possiamo congiungere il trave, ma si può usare benissimo uno dei tantissimi accessori appositi presenti sul mercato (ottimo l'oval spilt):
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Il trave, a sua volta, può essere munito di capocorda, oppure, se si preferisce, di una semplice asola. Tutti i nodi fatti sui capicorda andrebbero poi preservati dall'usura con un pezzetto di tubicino di silicone, con un conetto di gomma o, ancora meglio, con guaina termorestringente che, spinto parzialmente sul capocorda, ha anche la duplice funzione di diminuire i garbugli del filo ed il depositarsi di alghe sul nodo.
Il nodo più utilizzato è il Nodo Uni, anche se personalmente preferisco  il Palomar, molto più veloce e (forse) con una conservazione maggiore del carico di rottura originale del filo (ottimo anche per legare ami ad occhiello). Questi due nodi li trovi nella raccolta più sopra.
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Reply #26 on: April 18, 2010, 18:39:36
08. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione TERMINALI

01. Articolo scritto da Nonnoroby

Terminali. Il terminale è la parte finale della lenza ed è formato da trave, braccioli e snodi. Il trave è uno spezzone di nylon o di altro materiale (p.e. multifibra) a cui sono collegati i braccioli e gli snodi. Il bracciolo è a sua volta costituito da uno spezzone di nylon o di altro materiale (p.e. multifibra ultra sottile o fluorocarbon) a cui è attaccato l'amo. Lo snodo è un sistema che consente al bracciolo, che è collegato ad esso, di poter ruotare su due piani: su se stesso ed intorno al trave. Nell'immagine sotto mi sono limitato ad illustrare i teminali più diffusi:

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- Schema con piombo scorrevole. E' il più classico di tutti. Il suo utilizzo è indicato con mare calmo, fondo sabbioso e con alghe basse con cespugli diradati ed è adatto alla maggior parte dei pesci. Il piombo scorrevole, opponendo una blanda resistenza, consente anche ai pesci più diffidenti di mangiare senza sentire particolari 'trattenute' dell'esca. Ovviamente, perché ciò avvenga, la lenza madre non deve essere tenuta in tensione ma lasciata leggermente in bando (senza esagerare).
La lunghezza indicativa del trave può andare da cm 150 a cm 180: per non stare li a battibeccare sulle lunghezze, diciamo che una bracciata va benissimo (così possiamo fare a meno di portarci dietro il metro). Dopo aver legato una girella come capocorda al trave (oppure aver fatto un'asola), infiliamo un pezzo di tubetto di silicone o un conetto di gomma (vedi più avanti Sezione Accessori) con cui ricoprire il nodo e metà girella. Infiliamo poi un piombo forato a pera o a sfera, quindi un pezzo di guaina di filo elettrico, che fungerà da batti-piombo e leghiamo infine un'altra girella senza moschettone che fungerà da capocorda per l'altro capo del trave. A questo secondo capocorda leghiamo infine il bracciolo dell'amo, lungo anch'esso una bracciata, del diametro da 0.16 a 0.18. L'amo, a seconda dell'esca, dal N.8 al N.12. Ricordarsi di ricoprire sempre tutti i nodi con un pezzo di silicone o con un conetto.

- Schema alla genovese. Il nome ne indica le origini. E' una variazione allo schema con piombo scorrevole appena visto, a cui basta aggiungere un bracciolo nella parte alta del trave (tramite snodo, vedi più avanti). Si usa nelle stesse condizioni di mare dello scorrevole. Il doppio bracciolo offre più opportunità per i pesci che sono soliti nutrirsi di bocconi in sospensione in leggere correnti. Come misura va bene mezza bracciata.

- Schema con long arm. E' molto simile allo schema del piombo scorrevole, ma il bracciolo è collegato al trave mediante uno snodo ed il piombo è fisso. Questo consente di tenere in tensione la lenza madre e le tocche dei pesci sono segnalate dal sensibilissimo cimino della canna, che ci consentirà di intervenire al momento opportuno per dare una ferrata decisa. Le condizioni del mare e del fondale sono le stesse degli altri 2 schemi. Il long arm (bracciolo lungo) misura una bracciata (ma può arrivare anche a 2 mt e passa) ed è posizionato nella parte bassa del trave. La lunghezza del trave è lasciata alla libera scelta di ciascuno di noi, e può andare dalla classica bracciata a pochi cm (vedi più sotto l'articolo sul mini-trave scritto da Spaghitu).

- Schema con short arm. Del tutto simile al long arm, lo short arm (bracciolo corto) ne differisce solo per la lunghezza del bracciolo, di mezza bracciata o anche meno. Da utilizzare con mare mosso e con forti correnti, perchè la brevità del bracciolo evita il suo attorcigliamento sul trave (anche se purtroppo non è sempre così). Anche qui, per la lunghezza del trave, è lasciata alla libera scelta di ciascuno di noi (dalla bracciata al mini-trave).

- Schema Pater Noster. E' il più classico dei terminali per il mare mosso, da usare quando siamo costretti a montare il piombo da 80 gr. E' lo schema che meglio si comporta nella turbolenza, regalandoci spesso grandi soddisfazioni. La lunghezza dei braccioli varia dai 20 ai 50 cm a seconda della turbolenza. Le distanze tra gli snodi sono segnate in figura.

- Variazione ai terminali "Piombo a Scorrere" e "Genovese". Per rendere ancora più fluttuanti questi due terminali, si può aggiungere il "rosario" ed il piombo staccato dal trave:

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Il rosario consiste in una sequenza di perline e spezzoni da 1 cm di guaina (ricavabili benissimo dal filo elettrico), alternati le une agli altri, per una lunghezza totale di 10-15 cm. Per come 'staccare' il piombo dal trave vedi l'illustrazione.
Questo sistema libera il calamento dalla costrizione pressante del piombo, che può quindi muoversi in acqua con più leggerezza e naturalezza (la magica fluttuazione).

Snodi. Quando gli snodi furono inventati, fecero fare un gigantesco passo avanti rispetto ai tempi in cui i braccioli venivano legati direttamente sul trave, cosa che impediva di fatto di poter pescare anche in condizioni di mare mosso, per l'immediato attorcigliamento dei braccioli sul trave. Ma ebbero anche un altro effetto altrettanto importante: conferivano all'esca una fluttuabilità quasi naturale, mascherandone l'inganno. Anche di snodi ne esistono di tanti tipi, mi sono limitato ad illustrarne solo una piccola parte, sufficienti per iniziare.
Lo snodo va tenuto tra due perline a loro volta fermate da due nodini-stopper. Le figure sono abbastanza esplicite:

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- Tecnosfera. E' lo snodo che meglio rappresenta la 'filosofia' del Beachledgering: leggerezza e fluttuabilità. La Tecnosfera è costituita da una perlina in materiale durissimo che presenta 4 fori in perpendicolare: in 2 fori viene fatto passare il trave, negli altri due fori viene fatto passare il bracciolo oppure lo spillo in dotazione alla tecnosfera con cui sagomare un gancetto. Questa seconda soluzione è stata superata dal fast connector (di gran lunga migliore), mentre resta valida la prima soluzione, cioè quella di far passsare il bracciolo direttamente dentro i fori, sul cui capo viene poi fatto un nodino-stopper per evitare la sua fuoriuscita dalla sfera. Al grosso vantaggio di avere un apparato ultra-leggero si oppone però lo svataggio del nodino-stopper che non garantisce una buona tenuta in caso di prede pesanti. Personalmente ho in parte ovviato a questo inconveniente in questo modo (però non ne garantisco la tenuta in tutte le circostanze): scaldo la cima del bracciolo con l'accendino per formare una pallina, quindi faccio il nodino-stopper con un filo di seta e prima di stringere le spire ci metto una goccia di colla cianoacrilica.

- Fast connector. Personalmente lo considero il miglior snodo in assoluto per il beachledgering (nelle misure più grandi è ottimo anche per il surfcasting): è leggerissimo, è robustistisssimo, è ultra snodato ed è praticissimo. Non c'è bisogno di descrizione, in quanto le figure sono abbastanza esplicite.

- Micro Murphy. E' una valida alternativa al fast connector. Scegliere quelli col gancetto anziché quelli con l'anellino.

- Pulcetta. Altra buona soluzione di snodo. La pulcetta però può ruotare solo intorno ad 1 asse, anziché intorno a 2 come tutti gli altri.

- Joint classico. E' il primo snodo in assoluto che sia mai stato usato a pesca. E' costituito da una semplice girella senza moschettone che ruota su se stessa ed intorno a due perline. E' suggerito il suo utilizzo quando si pesca 'pesante' (trancette di sardina, di muggine, di calamaro, esche voluminose), in quanto è il più robusto di tutti. @

02. Articolo scritto da Danieleesposito70

Nodino di stopper per finale con tecnosfera

1. Si fa passare il finale all'interno della tecnosfera precedentemente inserita sul trave. E' importante rispettare i diametri dei fili utilizzati (sia trave che finale), in base alle misure riportate nelle confezioni delle tecnosfere stesse
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2. Sul capo libero del finale si deve formare un nodo semplice che non bisogna serrare e che andremo a tenere tra pollice ed indice della mano Sn
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3. Sempre sul capo libero del finale, bisogna creare un altro loop (in parole povere un cerchietto) che deve essere affiancato al nodo semplice precedentemente realizzato. I due cerchietti dovranno essere tenuti tra pollice ed indice della mano Sn, senza però serrarli
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4. Ancora agendo sul capo libero del finale, faremo un terzo loop che affiancheremo ai due precedentemente fatti. A questo punto, tenendo vicini i tre loop, prenderemo il capo libero del finale e lo passeremo all'interno di tutti e tre i cerchietti.
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5. Serrando il tutto (come sempre vale la regola che bisogna umidificare il nodo), si formerà un nodino voluminoso
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6. Il nodino di fermo andrà in battuta con la tecnosfera senza però passarle attraverso. Naturalmente il numero di loop da realizzare è inversamente proporzionale al diametro del filo: quanto più il filo è sottile, tanti più loop bisogna realizzare.
Nell'esempio delle foto, con un fluorocarbon dello 0,16 ci sono voluti tre loop.
Se avessi utilizzato uno 0,12, avrei dovuto creare almeno 5 loop; con un finale dello 0,20, invece, bastavano 2 loop
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7. Soluzione con perlina di sicurezza: alcuni pescatori preferiscono interporre tra nodino di fermo e tecnosfera una microperlina.
C'è qualcuno che la inserisce e la lascia libera, qualcun altro invece la blocca sul nodino con una goccia di colla cianoacrilica
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03. Articolo scritto da Enzo

Bracciolo. Come abbiamo visto, i braccioli a cui sono legati gli ami, a Beachledgering, sono alquanto sottili, addirittura sottilissimi se paragonati a quelli che si usano in altre discipline. Questo comporta che non possiamo lesinare sulla qualità del filo da usare per confezionarli: dobbiamo puntare sempre sulla qualità migliore reperibile sul mercato, anche se i prezzi ovviamente salgono. Per lo stesso motivo, per non rischiare di perdere una buona preda, dobbiamo controllarli con assiduità e non indugiare assolutamente a sostituirli se presentano abrasioni, brutte pieghe, attorcigliamenti e così via. E' buona norma sostituirli anche dopo una cattura 'pesante', che potrbbe averli indeboliti.
Essendo molto sottili, i bracioli hanno una rigidità inferiore rispetto a quelli di maggior diametro, per cui tendono a ricadere lungo il trave e ad attorcigliarsi intorno ad esso in fase di lancio o in presenza di forti correnti. Si può ovviare in parte a questo inconveniente applicando al braciolo la brillatura, cioè creando una treccina di una decina di cm nella parte che si attacca allo snodo. La brillatura, raddoppiando di fatto il diametro del filo, irrigidisce il bracciolo nella sua parte iniziale per cui la tendenza a ricadere sul trave, pur non venendo annullata completamente, viene però diminuita di tantissimo, coadiuvata in questo anche dall'inserimento di uno spezzone di tubicino di silicone. In pratica il bracciolo resta in posizione più perpendicolare al trave rispetto a prima.
Un metodo molto pratico per fare la treccina della 'brillatura' è questo: dopo aver doppiato il filo per una quindicina di centimetri, tenere i capi doppiati uno con la mano sinistra e l'altro con la mano destra. Adesso con il pollice e l'indice della mano sinistra far ruotare uno dei capi verso sinistra, mentre con il pollice e l'indice dell'altra mano far ruotare l'altro capo verso destra. I due capi cominceranno ad intrecciarsi in spire strettissime e molto omogenee. Chiudere con un semplice nodo la parte finale della brillatura. Per ridurre ancora di più l'ampiezza dell'asola e farla di dimensioni veramente microscopiche, infilare uno stuzzicadenti dentro l'asola, ruotare ulteriormente la treccina per ridurre il diametro dell'asola e bloccarla nella dimensione voluta con una goccia di colla cianoacrilica. Quando la colla è asciutta, bloccare l'asola con un semplice nodo. Non sarebbe poi male qualche goccia di colla lungo la brillatura. @

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04. Articolo scritto da Spaghitu

Mini-Trave. Quando come terminale si usa lo schema "Short arm" oppure "Long arm", non è assolutamente necessario che il trave abbia una lunghezza eccessiva, anzi può rivelarsi molto utile l'utilizzo di un "Mini-Trave" (valido per tutte le discipline di pesca a fondo). Se si dispone di acciaio armonico inox da 1-2 mm, il mini trave si può costrure in metallo, altrimenti si può costruire con uno spezzone di nylon oppure di multifibra. La figura è abbastaza esplicita, per cui non sono necessarie ulteriori spiegazioni:
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05. Articolo scritto da Danieleesposito70

Terminali flotterati per sgallare l'esca

In alcune situazioni di pesca è sicuramente conveniente alzare le nostre esche dal fondale.
Questo per esempio succede quando ci si trova a competere con i granchi, che gradendo i nostri inganni, con le chele tendono a tagliare anche i nostri terminali...
Inoltre, nasce l'esigenza di sgallare le esche quando le vogliamo rendere più mobili e quindi più "intriganti" per prede tipo le spigole, o addirittura quando miriamo la nostra battuta di pesca a pesci che stazionano nella fascia di mare compresa tra la superficie ed il mezzo fondo; in questo caso andremo ad insidiare pinnuti come per esempio sugarelli, aguglie e lecce stella.
Ebbene in questi casi ci vengono in aiuto vari e numerosi accessori che hanno un peso specifico ridotto (tipo il polistirolo): questi possono essere la schiuma pop-up, gli zatterini, i float rig, etc.

1. Esempi di flotterini
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Questi accessori, anche se di diversi colori e dimensioni, devono essere comunque tutti inseriti sul filo del nostro terminale, in prossimità delle nostre esche. Addirittura ci sono delle schiume, soprattutto quelle a celle aperte (per intenderci sono quelle come le spugne da bagno), che riescono ad assorbire le essenze delle esche che inneschiamo sull'amo.

2. Schema di montaggio flotter
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Per poter inserire il pop-up sul filo, di solito si usa un comune ago da innesco. In commercio esistono anche dei pop-up a spirale, che possono essere inseriti  e tolti dal nostro finale, in qualsiasi momento lo desideriamo.

3. Pop-up a spirale
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Di solito, soprattutto nei calamenti a due braccioli, si è soliti flotterare il bracciolo superiore, in modo da insidiare contemporaneamente (magari con esche diverse) delle prede di fondo e, appunto, delle prede di superficie.
Naturalmente la grandezza del flotter da usare è direttamente proporzionale all'esca che si vuole sgallare: più l'esca è voluminosa, più deve essere grande il flotter.
Mediamente, per sollevare un tocco di arenicola da 6 - 7 cm, basta un flotter da mezzo centimetro

4. Schema con bracciolo superiore flotterato
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Molto utili sono anche i flotterini luminiscenti, che grazie ad un fascio di luce indotto (per esempio la luce della lampada frontale), producono un bagliore tenue sul fondo del mare in prossimità della nostra esca, attirando così anche i pesci più apatici.
Per chi non vuole acquistare gli accessori nei negozi di pesca, può provare ad utilizzare le palline di polistirolo, magari quelle un pò più grandi. Unico inconveniente è che ad ogni mangiata del pesce, queste saltano via e bisogna reinserirle...

Variazione con la schiuma pop up (metodo veloce per inserire la schiuma sul finale)
Se come flotter utilizziamo della schiuma pop-up e vogliamo inserirla sul finale in maniera veloce, possiamo mettere in pratica le modalità riportate di seguito:

1. Utlizzo di un ago cavo all'interno (vedi foto sotto): con l'ago trapassiamo il ns. flotterino da parte a parte; facciamo passare il filo del terminale attraverso l'ago e trasferiamo il flotter sul filo. L'unico inconveniente è che in questo modo esso tenderà ad avere una certa "scorrevolezza". Se lo vogliamo bloccare, possiamo comunque realizzare un non nodo (o falso nodo)
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2. Flotterino cucito:
a) con il ns. amo buchiamo il flotterino al centro di una delle due estremità ed usciamo con la punta di esso da un fianco
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b) "cuciamo", ovvero facciamo fuoriuscire tutto l'amo dal fianco e portiamo il flotter sul filo
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c) ripetiamo l'operazione a) ma al contrario; vale a dire che con il ns. amo bucheremo il fianco laterale del flotterino (magari dal lato opposto a quello forato precedentemente) ed usciremo con esso dalla estremità opposta
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d) si tira il tutto e si porta il flotter sul filo. Esso potrà essere spostato a piacimento sul terminale, ma solo esercitando una piccola trazione
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Piccoli accorgimenti:
per "cucire" il flotter sul filo, occorre bucare le estremità quanto è più possibile al centro delle due facce circolari. Inoltre, per evitare che in fase di recupero, il terminale flotterato subisca un effetto elica che lo porterebbe ad ingarbugliarsi al trave, conviene smussare le due estremità del flotterino (bastano le forbici perchè non è richiesto un lavoro di alta precisione...). Si ottiene così una sorta di proiettile dei fucili ad aria compressa che si utilizzano nei tiri al bersaglio delle fiere e/o parchi gioco (vedi foto sotto)
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06. Articolo scritto da Oltremare

La “coda di topo”

Anche nel beach come nella pesca a fondo qualche volta ci possiamo imbattere in situazioni con mare un po’ più sostenuto o in correnti birbantelle che ci fanno dannare l’anima. L’azione di pesca diventa infruttuosa in quanto ad ogni recupero ci accorgiamo che i nostri finali sono irreparabilmente aggrovigliati. La soluzione istintiva sarebbe quella di accorciare la lunghezza dei braccioli o aumentarne il diametro, ma tante volte questa operazione è seguita da un drastico calo delle toccate se non addirittura dalla loro totale scomparsa. La tecnica del beach è improntata alla leggerezza di attrezzature e parature ed alla conseguente massima mobilità. Aumentare esageratamente i diametri e ridurre oltremodo le lunghezze ci porta fuori strada impedendoci di gustare le caratteristiche proprie di questa tecnica. C’è comunque un accorgimento che può risolvere, almeno in parte, i problemi di tenuta dei braccioli, specie di quello posto in basso che usualmente è di lunghezza superiore: la coda di topo. Il termine, mutuato dalla tecnica di pesca a mosca, indica già di cosa si tratta: un terminale che decresce di diametro man mano che ci si avvicina all’amo. Naturalmente non esiste nulla in commercio di simile da adattare al nostro uso quindi dobbiamo costruircelo, operazione assolutamente semplicissima. Dobbiamo prendere due spezzoni di nylon di diversa misura. La differenza fra le due misure sarà indicativamente fra 1 e 1,5 decimi di mm. A titolo di esempio, giusto per stare nel leggero della nostra tecnica, per ottenere una coda di topo di circa 150cm. prendiamo uno spezzone da circa 30cm. di 0.20 e 150cm. di 0.30. Uniremo i due spezzoni con un bel nodo di sangue ben eseguito e, sul capo libero del filo più sottile legheremo il nostro amo preferito. Nell’eseguire i nodi (amo e giunzione) di questo terminale verifichiamo preventivamente che la parte più sottile abbia una lunghezza di circa 15-20 cm. e quella più spessa intorno 140-145 cm. (compreso la parte necessaria per annodarla alla girella)
La nostra coda di topo così realizzata può essere utilizzata sia su travi scorrevoli che su travi con piombo fisso. La rigidità del filo grosso creerà un’azione divergente che eviterà l’aggrovigliarsi del terminale al trave  oltre a soffrire in misura minore l’azione della corrente. Dal lato opposto avremo un diametro di nylon sottile che insospettirà di meno le nostre prede. Ovviamente pagheremo una piccola penale in termini di robustezza per via di quel nodo presente ma se il blood knot sarà ben eseguito i rischi saranno minimi. I diametri naturalmente potranno variare in ragione dell’intensità della corrente fino ad arrivare ad accoppiare uno 0.35 con uno 0.25 ecc. Oppure potremmo aumentare le lunghezze. In quest’ultimo caso consiglio di mantenere sempre e comunque massimo i 15-20 cm. del filo più sottile per evitare che la diversa rigidità dei due diametri possa creare un effetto bandiera. Per arrivare al massimo della mobilità potremmo addirittura inserire un flotter sullo spezzone più sottile, ovviamente prima di eseguire il nodo di giunzione. @
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Reply #27 on: April 18, 2010, 18:59:48
09. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione AMI


01. Articolo scritto da Nonnoroby

Gli ami

In tutti i tipi di pesca, ci sono due criteri da seguire nella scelta degli ami, ed in molti casi sono in antitesi tra di loro:
1° criterio: l'amo deve essere proporzionale al tipo di esca
2° criterio: l'amo deve essere proporzionale al tipo e alla taglia del pesce.
Il caso che meglio rappresenta lo stridente contrasto tra questi due criteri è senz'altro l'utilizzo del bigattino nella pesca col galleggiante: il bigattino è probabilmente l'esca più piccola che ci sia, eppure è deputato alla cattura di prede di taglia generosa (p.e. spigole e orate che possono abbondantemente superare il kg). Siccome in teoria sembrerebbe impossibile che il microscopico amo da bigattino sia contemporaneamente adatto anche alla preda di taglia, il problema è stato semplicemente by-passato e si è optato per l'unica soluzione possibile: si è scelto il primo criterio con la speranza che vada bene. L'esperienza ha poi dimostrato che per il 90% delle volte ci va bene, perché in caso contrario ben difficilmente ci metteremo a pescare spigole ed orate col bigattino, sapendo che il microscopico amo non è adatto allo scopo.
Questo amletico problema si presenta anche con altri tipi di pesca, ma per nostra fortuna ci viene in soccorso l'esperienza fatta sulle spalle di altri pescatori che ci hanno preceduto, come è avvenuto per il bigattino, appunto.
Si è potuto così stabilire che, per la maggior parte delle volte, sarà l'esca a guidarci nella scelta degli ami, mentre sono meno frequenti i casi in cui è la preda a suggerici il tipo di amo (o, per meglio dire, questi casi sono più specifici, p.e. la pesca col vivo o con grossi bocconi di trance di sardina e di muggine). Poi, ovviamente, è anche necessario che la 'dea bendata' ci dia una mano e che convinca due delle più micidiali 'macine' viventi (orata e sarago) ad ingoiare l'amo anziché a triturarlo con la loro formidabile dentatura.
Per quanto mi riguarda, a beachledgering io ho scelto di seguire sempre il primo criterio, e quindi di scegliere l'amo in base all'esca. Altri invece preferiscono non rischiare e si basano sul secondo criterio. Morale: solo l'esperienza che ciascuno di noi maturerà a pesca potrà guidarci, di volta in volta, a scegliere un criterio piuttosto che un altro. Resta il problema di chi sta iniziando e che naturalmente non potrà fare affidamento su un'esperienza che ancora non ha maturato: a costoro purtroppo non resta che sperimentare entrambe le soluzioni per poi decidere, più in la nel tempo, su quale fare più affidamento.
Questa lunga ma doverosa introduzione nasce dal fatto che, come ho premesso nella sezione apposita, l'esca più usata in assoluto nel beachledgering è il verme, perché gli anellidi sono il pasto di gran lunga preferito dalla preda più comune del beachledgering, e cioè la mormora.
L'amo da verme deve quindi agevolare l'innesco per evitare di rovinarlo e di conseguenza di mantenerlo vivo il più a lungo possibile, deve essere leggerissimo e deve poterlo sostenere parzialmente disteso. Questo modello di amo ha un nome ben preciso: Aberdeen (dal nome della cittadina scozzese in cui è stato inventato: non so se lo facciano ancora, ma da loro, agli inizi, questo amo era spesso venduto già legato al bracciolo e già innescato con un vermone di cui non ricordo il nome, precongelato, quindi pronto all'uso). Questo è il modello Aberdeen:
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Se andiamo a vedere le parti che costituiscono un amo:

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possiamo capire subito perché questo modello è il più adatto ad innescare un verme:
- gambo dritto lungo e sottile
- punta dritta acuminata
- ardiglione di piccole dimensioni
- curva larga e regolare
- occhiello microscopico
caratteristiche, queste, che consentono il passaggio del verme senza creargli troppi traumi.
Il modello, nato inizialmente per il surfcasting, ha avuto un tale successo che non c'è casa produttrice che non lo proponga tra i suoi prodotti. L'amo Aberdeen specifico da verme ha un filo sottilissimo ed è ultra leggero (non deve appesantire il verme) e deve avere un numero di misure tali da adattarsi tanto alla delicatissima arenicola quanto al 'gigantone' americano. Anche il Bibi (robusto solo in apparenza, in quanto basta un nulla per svuotarlo del suo prezioso liquido), trova nell'Aberdeen il suo amo ideale.
I modelli col filo molto più grosso, ed ovviamente nelle numerazioni superiori, sono insuperabili per preparare i 'salsicciotti' con le trance di sardina o di muggine, che con l'ausilio del filo elastico possiamo ridurre a misure accettabili per il beachledgering (al contrario di quelle per il surfcasting, di dimensioni ben più generose).
Personalmente sono molto affezionato agli Aberdeen anche perché fin'ora, con una statistica di 9 volte su 10, le orate ed i saraghi che hanno abboccato hanno sempre ingoiando (infatti questo tipo di amo è anche definito 'da ingoio'). Altri pescatori hanno magari sperimentato statistiche più negative. Quello che è certo e che chi pratica il C&R non dovrebbe mai usare questi ami.
Per innescare l'americano o per preparare i 'salsicciotti', molti pescatori preferiscono usare il modello Beak:
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La robustezza di quest'amo è proverbiale, assolutamente a prova dei più micidiali masticatori. Personalmente lo uso quando innesco il granchio e, nelle misure piccole, il cannolicchio intero.
I modelli Aberdeen e Beak rappresentano gli estremi della catena di ami usati a beachledgering e tra loro esistono un'infinità di modelli diversi adatti allo scopo. Anche l'uso di un amo al posto di un altro è spesso legato, come avviene per tutte le altre attrezzature da pesca, anche ai gusti particolari di ciascuno di noi, per cui troverete pescatori che denigrano certe cose che per altri sono il non plus ultra....

Un'ultima osservazione: anche se confezionati in bustine con nomi italiani, nessun amo è fabbricato in Italia. La maggior parte degli ami in circolazione sono di produzione giapponese, dei veri maestri in questo settore. @

02. Articolo scritto da Greybear

Come velocizzare la cattura dei gronchi in gara.

Mi é capitato più volte di iniziare una gara di surfcasting con mare in scaduta che vai poi affievolendosi sino a diventare piatto con l'avanzare della notte. La luna piena illumina lo scenario di gara: canne ben piantate su picchetti, ma assolutamente immobili. Si fanno ruotare diversi calamenti e si alternano le esche, si spia il comportamento dei vicini, ma ogni cattura sembra compromessa, il tempo passa e si avvicina inesorabilmente la 2^ metà di gara. Bisogna fare punti ad ogni costo, bisogna escogitare qualcosa. E nel buio spunta l'idea: nottata ideale per i gronchi. Rapido recupero delle canne e cambio di paratura: sostituiamo il nostro calamento da mormore con uno micidiale supercollaudato per i gronchi. Ci prepariamo rapidamente un trave ridotto di 40 cm da armare a paternoster: fissiamo un primo bracciolo  da 30 cm in alto e ne posizioniamo un altro identico appena sopra il piombo, in modo che l'amo poggi sul fondo.
I nostri avversari ci osservano, capiscono le nostre intenzioni e si apprestano anch'essi a montare un paternoster, ma non conoscono il nostro segreto: il tipo di amo da usare. Tutti infatti montano i Beak: amo robustissimo, a prova di 'bestia'. Saltano fuori i primi gronchi, i nostri avversari si attardano paurosamente a cercare di slamare le loro prede che hanno ingoiato sino alle viscere, ma noi no. Noi siamo velocissimi nello slamare, nel reinnescare, nel rilanciare, recuperare un secondo gronco e poi un terzo, mentre i nostri avversari non sono ancora riusciti a slamare il primo, per non perdere altro tempo tagliano il bracciolo e ne montano uno nuovo, comunque sono in ritardo. Potremmo svelargli il nostro segreto, ma poi ci tratteniamo pensando con orgoglio alla bella medaglia per il primo classificato e alla prestigiosa coppa destinata alla società. Terminata la gara, abbiamo pescato un bel numero di gronchi ed i nostri avversari si avvicinano alla nostra postazione e ci chiedono di  dare uno sguardo al nostro calamento. Glielo facciamo vedere: <<Ma è simile al nostro!>>. Sorridendo lo riavvolgiamo e lo lasciamo cadere nel buio della cassetta,  poi gli chiediamo: << Anche l'amo? >>. Ci guardano stupiti e li lasciamo nel dubbio.
Eh si, l’amo è un Aberdeen dal bel gambo lungo: la famelica  bestiolina, temendo di perdere il boccone proprio a causa del lungo gambo, prende a masticare velocemente, anziché ingoiare con tutta calma come è solito fare, e si allama inesorabilmente sul muso. @


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Reply #28 on: April 18, 2010, 19:02:25
10. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione PASTURATORE

01. Articolo scritto da Nonnoroby

Pasturatore. E' uno degli elementi base del Beachledgering, che rende questo tipo di pesca particolarmente catturante, a patto che si seguano certe regole se si vuole che questo accessorio non solo diventi inutile ma addirittura controproducente.
Va però subito detto che sono tantissimi i pescatori che fanno a meno del pasturatore, proprio per evitare l'impegno che esso comporta. Io stesso evito di usarlo il più delle volte, pur essendo consapevole che sto rinunciando ai vantaggi di un preziosissimo alleato.
Fortunatamente per tutti, abbiamo tra gli iscritti del nostro forum un grande esperto della pesca col pasturatore, il grande MINOSSE, persona di squisitissima gentilezza e di grandissima disponibilità, che potrà darci tutti i suggerimenti del caso.
Basandomi sulle sole mie esperienze, posso dire questo. Anzitutto bisogna conoscere il fondale dello spot prescelto, per evitare di lanciarlo tra le fenditure delle rocce o tra gli alti e folti banchi di posidonia, per ovvi motivi. L'altra regola basilare è che venga lanciato, ad inizio battuta, più e più volte sempre nello stesso punto per formare uno 'strato' di pastura che faccia concentrare più o meno in quel punto quanto più pesce possibile. Personalmente suggerirei di fare almeno una decina di lanci successivi senza esca e col solo pasturatore, appena arrivati allo spot, per poi limitarsi a 'ricaricarlo' solo in occasione del controllo dell'esca o di una cattura. Ovviamente i controlli dell'esca devono essere abbastanza ravvicinati, a prescindere che il cimino abbia segnalato o meno la toccata. Scelto il punto che ci sembra il più idoneo per far lavorare l'esca, sarebbe molto opportuno, per poterlo centrare in tutti i lanci successivi con adeguata precisione, mettere un segnale sulla lenza madre (una strisciata di pennarello, un fiocco di lana, un pezzo di carta gommata o di nastro adesivo, o qualunque altra cosa vi venga in mente), quindi lanciare oltre quel punto per poi recuperare velocemente sino al segnale posto sulla lenza madre ed attendere che il pasturatore si vuoti. Quindi recuperare, ricaricare e rilanciare per almeno una decine di volte senza esca. Il tipo di lancio che più di tutti gli altri ci consente di centrare con maggior precisione il bersaglio è l'above (cioè con la canna posizionata sopra la testa): siccome tutto 'l'apparato' (canna, mulinello, madre, trave e piombo) è abbastanza leggero, l'above ci consente anche una discreta distanza, sempre che sia necessario lanciare così lontano dalla riva. L'undicesimo lancio lo faremo con l'amo escato, per poi recuperare dopo 5-10 minuti per controllare l'esca e ricaricare il pasturatore: questi tempi sono solo a titolo indicativo, sta poi a voi appurare, a seconda delle circostanze, se è meglio accorciarli od allungarli.
Genericamente possiamo suddividere i pasturatori in 3 tipi, ed ogni tipo a sua volta si suddivide per forme, misure e pesi diversi.

- Pasturatore da bigattini. E' il più diffuso. Composto di materiale plastico, è caratterizzato dalla presenza di fori circolari di piccolo diametro che consentono la fuoriuscita delle larve un poco alla volta. Per la pasturazione iniziale, sarebbe più opportuno servirsi di un pasturatore apposito con i fori più larghi (che possiamo modificare da noi con una punta da trapano), per favorire l'uscita veloce dei bigattini, per poi passare durante la fase di pesca a quelli con i fori più piccoli che ne rallentano la fuoriuscita. Sono dotati di zavorra (asportabile) adeguata alla grandezza dell'involucro, per cui si possono utilizzare al posto del piombo. Per questo motivo bisogna prendere in considerazione due fattori: il peso totale in fase di lancio (dato dai bigattini + la zavorra) ed il peso totale a vuoto (solo zavorra) quando i bigattini sono fuoriusciti. Il primo influisce sulla lenza madre priva di shockleader, il secondo sulla tenuta nel fondale: purtroppo solo dopo aver acquisito esperienza saremo in grado di valutare con precisione questi fattori, nei primi tempi dovremo fare affidamento su svariati tentativi per trovare un compromesso tra pasturatore pieno e pasturatore vuoto.

- Pasturatore da sfarinati. Composto di materiale plastico oppure di rete metallica. I fori d'uscita hanno un diametro maggiore per favorire la fuoriuscita dello sfarinato che ha una consistenza più o meno tenace a seconda di come abbiamo preparato lo sfarinato (più compatto o meno compatto). Per il resto valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza, tenendo presente che lo sfarinato pesa ben più dei bigattini.

- Pasturatore da triturato (termine coniato da me). E' costituito da rete metallica che favorisce l'uscita della pastura formata da sarde o altri pesci grassi triturati e pressati dentro il pasturatore. Di uguale efficcacia degli altri due, è però caratterizzato da un peso non trascurabile da non sottovalutare. Se non si dispone di un cimino più che robusto, è sempre meglio scagliarlo con lanci 'appoggiati', quindi non è un pasturatore da lunghe distanze (che però non sempre sono necessarie...) @

02. Articolo scritto da Minosse.

Come si usa il pasturatore

Dato che col pasturatore ci pesco abbastanza spesso, io il problema a modo mio l'ho risolto, certo non si può pensare di poter pescare con mare da surf col pasturatore, ma con moderata corrente si può fare, e soprattutto in spiagge profonde come quelle che frequento io, forse in quelle a bassa energia diventa molto più complicato perché si ha a che fare con correnti molto più forti. Io come più volte citato nei miei post delle catture uso i classici pasturatori 4 fori di forma cilindrica e di colore verde giusto per intenderci. A questi pasturatori tolgo il piombo laterale da 15/20g, e metto una pallina di piombo all'interno dello stesso di peso variabile tra i 30/50g a seconda del tipo di corrente, e con le mie beach molto sensibili, pur svuotandosi il pasturatore continua a tenere il fondo abbastanza bene, senza che il finale si ingarbugli. Questo sistema è valido sia usando il pasturatore fisso che scorrevole, se lo si vuole usare fisso, è semplicissimo, basta agganciare al moschettone della lenza madre il pasturatore ed il finale di lunghezza variabile tra i 180 ed i 200cm ed il gioco è fatto. Se lo si vuole usare scorrevole, non dovete fare altro che preparare un terminale tipo piombo scorrevole, fate passare il filo attraverso il foro centrale del tappo del pasturatore, poi fatelo passare attraverso il foro di una pallina di piombo di 50g e poi i filo fatelo passare nel foro centrale in fondo al contenitore del pasturatore e poi allogiatevi dentro il piombo, poi dall'altro capo mettete una pallina di gomma salva nodo ed agganciate il moschettone, dall'altra estremità fate un'asola ed il gioco è fatto, naturalmente il finale verrà agganciato al moschettone sotto il pasturatore. Vi posso garantire che con questo sistema la lenza difficilmente si ingarbuglia sia in fase di lancio che una volta posizionato sul fondo. Per chi volesse usare piombi più pesanti in commercio ci sono dei pasturatori bianchi, con un diametro maggiore e che girano su se stessi, in questi ci vanno delle palline di piombo anche fino a 70/80g quindi potete fare dei lanci con delle canne appropriate di sicuro più lunghi, qualora vi servisse.
Nel caso ci fosse molta turbolenza ed il finale lungo ve lo ingarbuglia sempre, usate il pasturatore come piombo fisso e realizzate un classico paternoster con due ami, vi posso garantire che in queste condizioni si ottengono risultati insperati. @

03. Articolo scritto da Ivo  

Pasturazione con i sacchettini in pva

Vorrei aggiungere una piccolezza che io personalmente però sostituisco al pasturatore. Si tratta del sacchettino in pva  (idrosolubile) uguale a quello che uso nel CarpFishing, e visto i buoni risultati ottenuti in quest’ultima disciplina, qualche anno fa  ho deciso di provarlo ed usarlo anche al mare per il BeachLegeing
Praticamente riempio il sacchettino in pva del tipo di pastura che intendo usare e lo peso in modo da non superare il range dell’attrezzo in uso poi lo sostituisco alla zavorra che intendo usare in seguito in pesca agganciandolo tramite moschettone e in fine lancio nel punto in cui intendo pasturare. Una volta toccata l’acqua bastano 20/30 secondi d’attesa per far si che il sacchettino si dissolva e si possa recuperare il filo avendo l’accortezza di dare tensione a quest’ultimo visto che la pastura che fungeva da peso è ovviamente rimasta in mare. In base a quanto s’intenderà pasturare si eseguirà la procedura sopradetta, quando pensiamo che sia abbastanza non faremo altro che riattaccare il calamento con la zavorra al moschettone che reggeva il sacchettino di pastura e metterci in pesca. Un altro accorgimento è quello di non mettere all’interno del sacchettino della pastura molto bagnata altrimenti il nostro supporto si scioglierebbe prima di esser lanciato, se comunque dovesse capitare di usare pastura un po’ troppo bagnata io di solito uso due sacchettini uno dentro l’altro e il problema di perdere la mia insidia prima che tocchi l’acqua non l’ho mai avuto. @
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Reply #29 on: April 18, 2010, 19:13:59
11. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione ESCA

01. Articolo scritto da Nonnoroby

Esca. L'esca principe del Beachledgering è il verme, arenicola in testa. Vanno bene tutti i tipi di verme reperibili presso il proprio negoziante, tra i quali i più diffusi: la già citata Arenicola, Americano, Saltarello cinese, Coreano, Muriddu, Bibi, ecc. Altri sono reperibili per lo più solo localmente (Tremoligione, prov. di Cagliari; Verme di Rimini; Tremolina, ecc.).
Ma i tipi di esca che si possono utilizzare sono tantissimi: Bigattino (specialmente se usato in combinazione col pasturatore), Canolicchio, Gambero, tranci di Sardina, Muggine e Calamaro, Arsella, Fasolare, Cicala, Cozza, Granchio (meglio se tagliato a metà).

Escare gli anellidi. Il metodo più corretto prevede l'utilizzo dell'apposito ago infilavermi (vedi sezione Accessori): con delicatezza si infila l'amo 1/2 cm sotto la testa e si fa scorrere più o meno sino a metà verme, dove viene fatto fuoriuscire. Quindi si fa scorrere sempre delicatamente il verme dall'ago all'amo, sospingendolo sino a ricoprire una porzione di bracciolo, lasciando fuori dall'amo, a penzoloni, la parte che non era stata infilata nell'ago (in pratica la coda). Da ciò si deduce come sia importante che la paletta o l'occhiello dell'amo siano i più piccoli possibili, e che anche il filo dell'amo sia sottile. Se il verme è particolarmente scivoloso, lo si fa prima rotolare sulla sabbia in modo che i granelli che restano appiccicati al corpo facilitino la presa, oppure si può usare un panno morbido e sottile. Con questo tipo di innesco si
ottengono due vantaggi: il verme resta vivo più a lungo e la sua parte a penzoloni (la coda) è libera di muoversi convulsamente, funzionando quindi da richiamo per i pesci che stanno nei dintorni. Inoltre, dalle
ferite dell'innesco, fuoriesce qualche gocciolina di sangue, contribuendo maggiormente al richiamo.
Un amo sottile, inoltre, non appesantisce il verme, mascherando meglio l'inganno.
Di solito, un tale innesco porta anche i pesci masticatori ad ingoiare l'esca anziché a triturala tra i denti.
Un altro metodo di innesco consiste nel passare più volte il verme con l'amo dandogli una forma a spirale, con spire più o meno grandi a seconda della consistenza del verme. Un altro metodo ancora, infine, è quello di infilare un verme per il lungo ed altri due o tre a penzoloni (a 'calzetta', come si fa spesso con i bigattini).
Particolarità dell'americano. L'americano è dotato di un apparato boccale alquanto robusto ed i suoi morsi sono dolorosi, ma più che i morsi (il dolore alla fine passa) sono pericolose le infezioni che può trasmettere con il morso: prestare quindi sempre la massima attenzione quando si manipolano questi 'serpenti' in miniatura. Un ulteriore suggerimento: anche se vi sono rimasti due soli americani nella scatola,
non svuotatela mai dalla sabbia, in quanto serve per mantenere separati i vermi tra loro. Se vengono a contatto, infatti, si possono 'sbranare' a vicenda sino a tagliarsi in due o più pezzi, con relativa perdita del sangue. E a proposito di pezzi: se incappate in un passaggio di mormore e l'esca sta per finire, potete suddividere l'americano in più pezzi senza far perdere loro neanche una goccia di sangue, facendoli ruotare con delicatezza tra pollice ed indice sino a suddividerli in 2/3 pezzi.

Escare il bibi. Il sistema è identico a quello per gli anellidi, solo che è preferibile usare l'ago così detto a 'testa rossa', cioè un amo dotato di una minuscola testa di plastica appuntita (di colore rosso,
appunto) che agevola moltissimo l'inserimento dell'ago senza ledere la sottile pelle di cui sono circondati. Il bibi è dotato di due minuscoli fori (uno al centro della 'testa' e l'altro al centro della 'coda') e l'ago va infilato delicatamente in uno dei due fori e fatto fuoriuscire completamente dall'altro foro. Il passaggio dall'ago all'amo va fatto con estrema calma per evitare che il bibi possa perdere quantità considerevoli del suo prezioso liquido, il cui odore caratteristico è la prima fonte di richiamo per i pesci.
Un metodo per evitare il difficile passaggio nella curvatura dell'amo, motivo principale dello svuotamento del bibi o della lacerazione della sua pelle, potrebbe essere questo: portarsi dietro uno stendi-braccioli in alluminio (facilmente costruibile in casa) a cui appendere una scorta di ami già legati ma con l'altro capo privo di capocorda o di asola; per ogni nuovo innesco, si sfila dallo snodo il bracciolo già usato ed al suo posto se ne usa uno nuovo appeso al tendi-braccioli, che essendo privo di asola può essere infilato facilmente all'interno dell'ago in cui avrete già messo il bibi: è sufficiente far scorrere il bibi sul filo del bracciolo per evitare il passaggio dall'amo (in pratica si infila il bibi dalla parte alta del bracciolo e non da quella dell'amo). Personalmente, per evitare di portarmi dietro lo stendi-braccioli, ho dotato la mia serbidora
di bordini di sughero in cui appunto gli ami in attesa di essere escati.
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Escare il granchio. Per evitare che il granchio si insabbi, bisogna privarlo con le forbici di entrambe le chele, poi vanno ritagliate l'ultima e la terz'ultima zampa di destra rasente il carpace: nei fori che così si
formano si infila la punta dell'amo nel foro superiore e si fa uscire completamente da quello inferiore. Questo sistema consente al granchio di vivere più a lungo e la salda presa dell'amo permette di forzare il lancio senza paura che l'esca si stacchi. Come tipo di amo è suggerito il modello beak. Se avete constatato la presenza di saraghi di taglia inferiore ai 500 gr, può tornare utile tagliare il granchio a metà.

Escare i filetti di sardina.I 'sigaretti' di sardina, quando sono di piccole dimensioni, fanno gola a tutti i tipi di pesce. Per la preparazione occorre la serbidora (o altro ripiano di taglio) ed un coltello dalla lama
affilatissima. La sardina è meglio che sia la più fresca possibile per evitare che si sfarini durante il taglio o l'escata. Tagliare la testa e la coda, quindi dividere in due la sardina per il lungo rasentando il più
possibile la lisca. Eliminare la lisca e suddividere la sardina in pezzi ancora più piccoli. Posizionatene un pezzo sul gambo dell'amo aiutandovi con una sottile asta di metallo (per male che vada, usate un ago infilavermi), avendo cura di mettere all'esterno la polpa. Con del filo elastico avvolgete il pezzo di sardina strettamente sino a formare un 'sigaro' sottile. Sulla prima esca potete avvolgere le interiora, sempre col filo elastico, perché costituisce uno dei più formidabili richiami per tutti i tipi di pesce. Una parte dell'esca deve ricoprire anche una porzione di bracciolo.
Anche a beachledgering si può infilare un pezzo di polistirolo all'interno del 'sigaro' per renderlo più fluttuante, però tenete presente che ciò ingrossa alquanto l'esca. Molto meglio usare un flotter esterno:
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Come amo, personalmente uso il modello Aberdeen, altri preferiscono invece il beak o altri tipi di ami.
In mancanza di sardina, si può usare il muggine, che deve però essere bello grasso e non asciutto.

Innesco del canolicchio. Il canolicchio può essere usato in due modi, con le valve o privo di valve, a seconda che si vogliano insidiare le mormore piuttosto che le orate. Sgusciato si esca come gli anellidi, avendo l'accortezza di dare qualche giro di elastico. Col guscio si usa invece l'apposito ago da canolicchi: si infila l'amo all'interno del guscio sino a farlo fuoriuscire; la punta dell'ago è dotata di un gancetto o di un occhiello, a cui agganciare la curva dell'amo, che va poi tirato dentro il guscio sino a fuoriuscire dall'altra parte. Dare qualche giro di elastico intorno al guscio o, meglio, ritagliare dalle dita di un guanto di lattice
dei sottilissimi elastici di cui ne infilerete due o tre sul guscio.  
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Reply #30 on: April 18, 2010, 19:16:13
12. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione ACCESSORI


Articolo scritto da Nonnoroby

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Reply #31 on: April 18, 2010, 19:19:47
13. MANUALE DI BEACHLEDGERING: sezione FAI DA TE



01. Articolo scritto da Nonnoroby

Spiralina porta starlight.

Occorrente:
- Acciaio armonico inox. Favoloso quello che potete reperire presso i negozianti di articoli da pesca, usato per il finale da traina d'altura. Ecco la descrizione completa della locandina inserita nella confezione:<< American Fishing Wire (AFW) - 44 lb. Test (kg 20) -  .014" Dia. (0.35 mm) - No. 5 -  30 Feet (9 metri) - Tooth Proof Stainless Steel Wire >>
- Punta da trapano diametro mm 2.5 (per starlight da 3 mm), oppure diametro mm 4.0 (per starlight da 4.5 mm).
- Pinze, Tronchesine.
Avvolgere uno spezzone di filo armonico sulla parte 'liscia' della punta da trapano, in spire strettissime e ravvicinate, formando 7/8 spire. A fine lavoro, venendo a mancare la tensione di torsione sul filo armonico, le spire si allargheranno e si allontaneranno tra loro, assumendo automaticamente le dimensioni adatte alla starlight. Fare riferimento alla figura per la costruzione e l'assemblaggio:
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Nell'illustrazione ho volutamente disegnato la spiralina con dimensioni enormi per fare capire meglio la sua struttura. Nella realtà è un aggeggio così piccolo che non da il minimo fastidio in nessuna occasione (ne dentro la sacca, ne durante il lancio, ecc. ecc.). Ecco i vantaggi:
- la starlight non fuoriesce neanche con i lanci più violenti
- il volume occupato dalla spiralina è il più basso in assoluto di qualunque altro tipo di porta stalight (è praticamente uguale al diametro della starlight e molto più corta)
- non ci sarà più il tormento di togliere e mettere il porta starlight in continuazione, di raddrizzarlo quando si gira per il lancio, di sostituirlo perché si è rotto, e così via. La spiralina resta perennemente attaccata al cimino anche nella pesca diurna senza dare il minimo fastidio, ed al calare del buio l'unica operazione da fare è semplicemente... infilare la starlight!
L'ho inventata circa 10 anni fa ed in tutto questo lungo periodo non c'è mai stata una volta che la lenza si sia impigliata nella spiralina.

02. Articolo scritto da Nonnoroby

Carrellino da spiaggia.

Innazitutto mi scuso per la pessima qualità delle immagini. Inoltre il carrellino ha un bel pò di anni sulla spalle, per cui l'usura l'ha ridotto un pò maluccio. Inoltre, non disponendo di un laboratorio attrezzato e per aver usato materiali di recupero, il lavoro mi è venuto un pò grezzo.
Ma se voi diponete di un laboratorio attrezzato e di materiali di buona qualità, il lavoro vi verrà perfetto: il vostro carrellino sarà unico, perché neanche i migliori produttori sono ancora riusciti a crearne uno con queste caratteristiche.

Occorrente:
- per la struttura di base: un comunissimo avvolgi-tubo che serve per raccogliere la canna con cui innaffiamo il giardino. Scegliere il modello grande composto da una carrozzeria di plastica nera, in cui sono inseriti un manico ed un piede in alluminio tubolare, dotato di piccole rotelle;
- per la costruzione delle cassettiere: tavolette di legno da 1 cm di spessore, oppure qualsiasi altro materiale di cui disponete adatto allo scopo (foglio di alluminio da 1-2 mm di spessore, acrilato, plastica robusta, ecc.);
- per l'assemblaggio: bulloncini in acciao inox (vite + dado + rondella) del diametro di 4 mm e lunghezze varie (da 2 a 8 cm), oppure rivetti in alluminio;
- per le prolunghe del manico: tubi di alluminio dello stesso diametro del manico e del piede;
- per le traverse della serbidora e dello zainetto: alluminio quadrato dello stesso diametro del manico e del piede;
- per i reggi-canna: spezzone di 50 cm (diametro 50 mm) di tubo in PVC arancione;
- un contenitore PLANO modello grande;
- una cassettiera in plastica a cassetti scorrevoli;
- pezzi di pelle morbida e sottile;
- altro materiale che può saltar fuori dalla descrizione dell'assemblaggio.

Assemblaggio:
- Smontare completamente l'avvolgi-tubo lasciando solo lo scheletro composto dalla carrozzeria di plastica nera, il manico in alluminio tubolare ed il piede anch'esso in alluminio tubolare.
- Sfilare il manico tubolare: nei fori lasciati liberi infilare le colonne di alluminio che servono per sollevare il manico all'altezza che ci viene più comoda per trainare il carrellino sulla spiaggia. Unire il manico alle colonne infilando tra essi un pezzo di legno cilindrico (p.e. un pezzo di manico di scopa) oppure un pezzo di alluminio tubolare di diametro leggermente inferiore. Rendere solidali manico e colonne con bulloncini passanti o rivetti. Alla base, fissare le colonne alla carrozzeria con bulloncini passanti o con rivetti, in modo che la struttura diventi rigida e solida. Siccome una volta montate le ruote il manico risulterà leggermente inclinato in avanti, 'raddrizzare' le colonne in posizione perfettamente perpendicolare facendo una piccola piega sulla base dele colonne (un poco alla volta, senza esagerare).
- Una volta che le colonne sono perfettamente dritte ed allineate, incastrare tra esse, all'altezza che vi fa più comodo, il pezzo di alluminio quadrato che dovrà sostenere la serbidora. Per creare l'incastro, ritagliare col seghetto da ferro, per circa 2 cm, due dei 4 lati dell'alluminio quadrato (i due lati opposti): i due lati rimasti formeranno l'incastro. Imbullonare gli incastri alle colonne (vedi nella figura come sono fatti gli incastri e come sono imbullonati alle colonne):

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Esattamente al centro di questra traversa, praticare un foro passante dall'alto in basso per infilarvi un bullone di ottone che servirà per tenere la serbidora in posizione orizzontale di lavoro. Come dado, usate un dado a farfalla o a leva (tipo quella che si usa per lo smontaggio rapido della ruota anteriore della bicicletta), che consentirà di montare e smontare la serbidora. Per mettere la sebidora in posizione verticale di riposo (in modo che non ingombri durante il trasporto in autovettura), fare un altro foro sulla traversa, a fianco del primo, però stavolta in linea orizzontale, in modo che infilando il bullone in questo secondo foro la serbidora possa essere posizionata in verticale (basta spostare bullone e dado a farfalla dal primo foro a questo secondo foro).
- Costruite la serbidora. Potete usare una tavola di legno, di compensato, di acrilato, di alluminio o quello che volete, l'importante è che sia molto solida e rigida, e che non traballi o si imbarchi quando sopra ci dovrete ritagliare le trance di sardina o di muggine per esca. Sui lati esterni della serbidora incollateci dei bordini in modo che quello che vi viene appoggiato sopra non rotoli a terra. Io ho usato dei listelli di sughero, in modo da poterci appuntare gli ami, già legati al bracciolo, in attesa di essere escati. Su uno dei lati lunghi, al centro, praticate un foro in cui possa essere infilato il bullone che la fisserà alla traversa.  
- Poco sotto alla traversa della serbidora, incastrate adesso (con lo stesso sistema) la traversa per sostenere lo zainetto. Lo zainetto è utile per riporvi esca, stracci, grembiule, buste per la spazzatura, ecc.
- Nella parte posteriore, in basso nella carrozzeria, posizionare e bloccare la cassettiera con i 16 cassetti acquistata al supermercato, dopo avervi incernierato uno sportello per evitare la fuoriuscita dei cassetti. Per evitare che la minutaglia esca dai cassetti, metterla prima dentro scatolette con coperchio. Le cerniere sono costituite da pezzi di pelle incollati o da piccolissime cerniere in ottone.
- Costruire e fissare sopra la cassettiera con cassetti un'altra cassetta in cui mettere gli oggetti lunghi: ami infilavermi, forbici, pinze, slamatori, ecc. Applicare nella parte superiore della cassetta un coperchio, le cui cerniere sono costituite da pezzi di pelle incollati o da piccolissime cerniere in ottone.
- Nella parte anteriore, in basso, costruire ed inserire una cassetta sagomata in legno, che serve per metterci i piombi. In questo modo è possibile portarsi dietro una buona riserva di piombi, in quanto il peso è supportato dal carrellino. Inoltre i piombi rendono più stabile il carrello. Questa cassetta è sostenuta, in alto, da un tubo di PVC che va da una parete all'altra della carrozzeria, mentre nella parte bassa è sostenuta da una traversa di legno imbullonata nel piede di alluminio. Imbullonare la cassetta al tubo in PVC e alla traversa sotto.
- Nella parte anteriore ho fissato due tavolette alla “carrozzeria” in plastica per fare da base ad un voluminoso contenitore della Plano, che utilizzo per riporvi i mulinelli, le bobine di nylon, gli avvolgi-finali, ecc. Il contenitore è amovibile per facilitare l’inserimento del carrello nel vano portabagagli dell’auto, ma una volta sul luogo di pesca si può fissare saldamente al carrello tramite un bullone in rame con dado a farfalla avvitabile a mano. Il fissaggio avviene in una traversa di legno imbullonata alla giusta altezza tra le colonne del manico.
- Ho sostituito le rotelline originali con due ruote pneumatiche gonfiabili, del tipo usato nei carrellini che usano i corrieri per fare le consegne, anch’esse facilmente reperibili nei ferramenta. L’asse che unisce le ruote è uno spezzone di tubo di alluminio di diametro adeguato al foro delle ruote, che ho fissato alla “carrozzeria” in plastica con bulloncini. Impedire la fuoriuscita delle ruote, dotate di cuscinetti, inserendo nell'asse, da una parte e dall'altra, due fascette stringi-tubo in acciaio inox. Ingrassare i cuscinetti prima di fissare le ruote. Per rinnovare l'ingrassaggio, rimuovere le fascette e sfilare le ruote.
- Ad una certa altezza, su ognuna delle colonne del manico, ho fissato due spezzoni di tubo di PVC arancione del diametro di 50 mm, per reggere le canne in attesa di montarci i mulinelli, le parature ed i piombi, per escare o cambiare i braccioli, ecc. Inoltre, in caso di mare calmo e di pesca “leggera”, sostituiscono egregiamente anche il tripode od i picchetti, che in quell'occasione posso anche fare a meno di posizionare.
- Una volta arrivati sul luogo di pesca, metto a tracolla la sacca portacanne, mentre i picchetti ed il tripode li appoggio trasversalmente al contenitore Plano e li fisso tramite cinghie alle colonne del manico del carrello. Tutto il peso e l'ingombro non è quindi sulla mia persona ma grava sul carrellino.
A questo punto non resta che acchiappare il carrello per il manico e trascinarlo lungo la spiaggia sino ad arrivare allo spot.
Per rendere più agevole il trascinamento del carrello sulla sabbia, anzichè usare le ruote pneumatiche sarebbe più indicato montare larghi ruotoni in plastica appositamente creati per questo scopo.
Queste le immagini del carrellino assemblato:
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03. Articolo scritto da Nonnoroby

Oval split

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Anche se possiamo costruirci gli oval split con filo armonico inox ed un paio di pinze con becchi tondi, il metodo più semplice per farcene una scorta a basso prezzo e senza fatica è quello di acquistare 1 mt di catenella di acciaio inox della misura adeguata: con un paio di tronchesine, separiamo gli anelli della catenella (un anello si ed uno no) ed il gioco è fatto!

04. Articolo scritto da Nonnoroby

Elastici per il canolicchio.

Un' alternativa al filo elastico per tenere chiuse le valve del canolicchio escato intero è quella di usare degli elastici 'autocostruiti' che possono rivelarsi più validi del filo elastico. Da un guanto di puro lattice ritagliamo a strisce sottili degli anellini dalle dita del guanto: gli anelli ritagliati dal mignolo avranno la misura più piccola, quelli ritagliati dal pollice la misura più grande. Una volta escato, posizioniamo un elastico al centro e due alle estremità delle valve ed il nostro amico è bello che servito!
Una volta infilati, questi elastici diventano quasi invisibili.

05. Articolo scritto da SurfMaster76

Autocostruzione dei flotter.

Al giorno d'oggi è facile entrare in un negozio di pesca e trovare tutto ciò che ci serve già bello pronto, dai terminali ai calamenti, ai flotter. La costruzione di questi ultimi è molto semplice ed è possibile eseguirla quasi a "costo zero": basta utilizzare le scatole di polistirolo delle nostre esche e qualche stuzzicadenti. Da una scatola di arenicola, ad esempio, si possono ricavare decine di zatterini di qualsivoglia misura. Con l'ausilio di un taglierino si possono tagliare delle fascette per la lughezza della scatola, dopodichè ogni fascetta sarà a sua volta tagliata per ottenere dei cubetti a cui saranno smussati gli spigoli al fine di ottenere una forma più o meno sferica. A questo punto basta utilizzare un sottile ago da sarta per far passare il terminale in nylon all'interno del flotter appena costruito, terminale che sarà bloccato con un piccolo pezzo di stuzzicadenti. In questo modo si ottiene un flotter che potrà essere spostato a piacimento sul terminale ed all'occorrenza potrà anche essere tolto, rompendolo a metà, senza per questo tagliere l'amo.

06. Articolo scritto da Cuccosan

Come creare facilmente le asole tutte uguali

Vorrei presentare un semplice sistema per fare asole di misure standard.
Personalmente uso asole di  1 cm oppure di 2 cm e utilizzando questo piccolo arnese, riescono tutte ben fatte ed uguali. Non sono necessari attrezzi particolari per costruire questa piccola “utility”, sono sufficienti un pezzetto di legno duro (amo il faggio) tre chiodini senza testa da 2 cm, un martellino, una tronchese  ed una piccola lima.
Una volta data forma al legno in modo che sia ben maneggevole, (l’ho fatto ovale e di spessore 1,5 cm) vi introdurremo i tre chiodini per circa 1cm avendo cura di distanziarli di 1 cm l’uno dall’altro (o di 0.5 cm se vogliamo asole più piccole). Con le tronchesi tagliamo i chiodini alle misure indicate nel disegno e levighiamo con la lima il punto tagliato in moda che non possa sciupare la lenza durante l’utilizzo. Logicamente le misure indicate possono essere variate e adattate alle esigenze personali.

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Nel modello che ho preparato per me ho inserito quattro chiodini a 0.5 cm l'uno dall'altro che mi consentono di fare asole lunghe da 0,5 mm e suoi multipli fino a ben 4 cm. 

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fralanzi

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Reply #32 on: April 18, 2010, 19:31:41
si vede che ci metti passione nel fare questo,complimenti...grazie mille davvero...appena è pronto il pdf lo stampo e cercherò di mettere in pratica tutti i tuoi/vostri consigli... calabria


ivo

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Reply #33 on: April 18, 2010, 21:11:15
@ Articolo scritto da Ivo  autorizzo NonnoRoby ad inserirlo nel manuale

Sacchettino in pva

Ciao Ivo,
ho prontamente reinserito questo tuo articolo nel manuale:
- Sezione Pasturatore
Scusami ancora per l'inconveniente, adesso con la suddivisione in più post non dovrebbe più accadere.
Al tuo prossimo articolo.
Roberto

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.


^OLTREMARE^

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Reply #34 on: April 20, 2010, 10:52:48
@ Articolo scritto da Oltremare
per Roberto. Non essendo moderatore di sezione non ho la possibilità di modifica per inserire il mio contributo, per piacere provvedi tu a metterlo in calce alla sezione "terminali"

La “coda di topo”

Ciao Nicola,
lo sapevo che non poteva mancare il tuo prezioso contributo!
L'articolo è stato prontamente inserito nel manuale.
Grazie.
Restiamo in attesa del tuo prossimo articolo, che senz'altro non si farà attendere.

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.

STATE TRANQUILLI.........LO SHOCK LEADER NON MORDE

TUTTO QUEL CHE DICO SONO MIEI PARERI PERSONALI

PREFERISCO DI GRAN LUNGA CHI SI ESPONE ALL'ERRORE A CHI SE NE STA ALLA FINESTRA A GUARDARE (cit. Peppino)

- se peschi festeggia con una bottiglia di vino e del buon cibo - se non peschi consolati con una bottiglia d vino e del buon cibo -  (motto del gruppo PAM & PAM)


^DANIELEESPOSITO70^

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Reply #35 on: April 20, 2010, 18:45:32
@ Articolo scritto da Danieleesposito70
Autorizzo Nonnoroby ad inserirlo nel manuale

Metodo veloce per inserire la schiuma pop up sul finale

Daniele,
siccome l'articolo sui flotter l'avevi già fatto, ho inserito questo tuo nuovo articolo sulla schiuma pop up in coda a quello sui flotter intitolandolo "Variazione con la schiuma pop up (metodo veloce per inserire la schiuma sul finale)", sempre nella sezione terminali.
Al prossimo articolo.
Ciao

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.

Daniele


^DANIELEESPOSITO70^

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  • fino alla fine...
Reply #36 on: April 20, 2010, 19:44:33
Non sei autorizzato a visualizzare i link. Registati o effettua Login
@ Articolo scritto da Danieleesposito70
Autorizzo Nonnoroby ad inserirlo nel manuale

Metodo veloce per inserire la schiuma pop up sul finale

Daniele,
siccome l'articolo sui flotter l'avevi già fatto, ho inserito questo tuo nuovo articolo sulla schiuma pop up in coda a quello sui flotter intitolandolo "Variazione con la schiuma pop up (metodo veloce per inserire la schiuma sul finale)", sempre nella sezione terminali.
Al prossimo articolo.
Ciao

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.


Assolutamente d'accordo con te...
Ciao
Daniele
Daniele


^NONNOROBY^

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  • Roberto
Reply #37 on: April 23, 2010, 16:15:24
@ Articolo scritto da Greybear
Autorizzo Nonnoroby a pubblicare questo articolo nel manuale.

Come velocizzare la cattura dei gronchi in gara.

Ciao Greybear,
ho inserito il tuo articolo nella sezione AMI.
Al tuo prossimo articolo.

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.
Link utili:
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^SURFMASTER76^

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  • Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice.
Reply #38 on: April 25, 2010, 12:31:34
@ Articolo scritto da SurfMaster76
Autorizzo Nonnoroby a pubblicare questo articolo nel manuale.

Autocostruzione dei flotter.

Ciao SurfMaster76,
ho inserito il tuo articolo nella Sezione Fai da te.
Al tuo prossimo articolo.

Post accorciato da Nonnoroby perché il testo integrale di questo articolo è già stato trasferito nel manuale.


^CUCCOSAN^

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  • solo gli imbecilli non si sbagliano mai
Reply #39 on: April 26, 2010, 21:04:48
articolo scritto da Cuccosan

autorizzo nonnoroby a inserire nel manuale questo articolo
 asole facili
 scusa Nonnoroby non ho ben capito se debbo copiare tutto il post ed i link, fammi sapere se sbaglio, ti ringrazio
franco

CIAO NONNOROBY, MI SENTO E SONO MORTIFICATO PERCHE' NON RIESCO A TROVARE NE IL POST ORIGINALE NE IL PULSANTE MODIFICA, DOVE SONO? SPERO DI IMPARARE PRESTO A MUOVERMI IN QUESTO FORUM. TI RINGRAZIO ANTICIPATAMENTE.
CUCCOSAN
Cuccosan


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