VINTAGE...ricordi nostalgici

Aperto da OLTREMARE, Maggio 07, 2009, 15:28:43

Discussione precedente - Discussione successiva
Ciao ragazzi,
Recentemente ho dedicato un pò di tempo a risistemare il caos che puntualmente si crea nel garage, prestando un occhio di riguardo al "reparto pesca". Da questa operazione sono venuti fuori alcuni oggetti che erano ormai finiti oltre che in un angolo del box anche in un angolo del mio cervello e che mi hanno riportato piacevolmente indietro di alcuni anni. Tutto ciò mi ha collegato ad alcune recenti discussioni sul Forum relative alla sempre viva discussione su cosa sia il surfcasting e ho pensato di rianimare questi oggetti per cercare di far capire ai più giovani, con la tecnica del flashback quale sia la vera essenza di questa disciplina. I cimeli in questione non sono molti, avendo io più volte rinnovato l'attrezzatura per tenermi al passo con i tempi, ma certamente indicativi di quale fosse il mio spirito all'epoca e dai quali prendono spunto ricordi più ampi. 
Il primo è una tessera di una società sportiva di pesca datata 1988 e questa mi riporta alla mia prima condivisione di questo sport con altri "maniaci". Ho sempre additato le società sportive quali principali fonte di inflazione del surfcasting ma in questo caso il discorso è diverso. Le regole tecniche che reggevano questo sodalizio erano rigide ed ispirate da una visione genuina del surf. Non c'era un campionato vero e proprio ma si usciva a pesca ogni fine settimana a gruppi di tre nel periodo da novembre a marzo anche perché gli iscritti eravamo sparsi per tutta la Liguria. Non c'era una vera e propria classifica ma solo un confronto dei risultati nei giorni successivi ma la cosa positiva è che si mirava a fare una mappatura degli spot, delle risposte date dalle varie spiagge in determinate condizioni meteomarine, delle esche, dell'attrezzatura ecc. Tutto ciò senza ritrosie o segreti fra di noi. Esistevano alcune regole etiche come il piombo minimo da 100 gr. l'amo non inferiore al n° 4, il rilascio del pesce bianco inferiore ai 3 etti e del gronco inferiore al chilo. La mia squadra era composta da me, da Massimo e Roberto. Tre caratteri completamente diversi accomunati dall'uso del mulinello rotante e naturalmente dalla passione per le onde.
Le mie esperienze con il surf in effetti erano cominciate alcuni anni prima, nella prima metà degli anni 80, quando mi "facevo i muscoli" con due mastodontiche Italcanna Telesurf da 5,20 metri di lunghezza e due mulinelli Mitchell 296. Ed in effetti gestire questi cannoni, acquistati di quella lunghezza nella convinzione di poter staccare di più il filo dalle onde, richiedeva più forza che tecnica. Il passo successivo mi aveva condotto verso le mitiche Mitchell Mariner Strong, paraboliche in fenolico in tre pezzi accoppiate agli altrettanto gloriosi Mitchell 498. Fu in quegli anni che cominciai a conoscere qualche altro "malato" come me e ad uscire finalmente dal ghetto. Non ridete perché purtroppo eravamo quasi derisi dagli altri pescatori "normali". Il fatto di andare a pescare quando gli altri chiudevano le canne, di sperimentare i primi rotanti da piccola e media traina su questi cannoni dalla foggia strana, di forgiare piombi strani di un paio d'etti, faceva di noi dei marziani, specie quando scendevamo sul campo di battaglia bardati di tutto punto nelle nostre goffe tute termiche; eppure la Liguria era considerata la seconda patria del Surf, dopo la Sardegna.
Gli altri oggetti riesumati sono una canna della Silstar, la Challenger Wave: una delle prime ripartite italiane in circolazione, due pezzi con anellatura da rotante e potenza di circa 8 once. Una tuta termica color verdone che sembra più che altro un sacco a pelo ritagliato a forma umana, un paio di moon boot ed una cintura da combattimento con attaccati gli alloggiamenti per pinze e coltello. Questo era grosso modo l'armamentario base del surfcaster pionieristico.
Ritorniamo comunque alla mia squadra di pesca. Io e Massimo abitavamo nel ponente ligure, Roberto a Genova. Normalmente ci si incontrava a metà strada. Massimo era un po' il filosofo del gruppo, sempre pronto a cogliere le ultime novità, a lanciare nuove idee e a passare ai raggi X ogni aggeggio che gli capitava sotto mano. Roberto era una macchina da guerra: una scorta di lattine di birra e passava diverse ore a tagliare e cucire esche senza fermarsi un attimo. Parlava poco e quasi sottovoce, ma nel fine settimana si attendeva la sua parola d'ordine, imperiosa e squillante: "muove" ovviamente riferito alle condizioni del mare. L'attrezzatura era di nuovo cambiata e ci accomunava in tutto e per tutto: una coppia di Italcanna Revolution a testa abbinata ad altrettanti Penn 980 mag. Le canne, per chi non le conoscesse, erano delle tre pezzi in carbonio con la possibilità di avere le cime con diversi range di potenza. Nulla a che fare con le ripartite ma posso garantirvi che quell'accoppiata avrebbe tirato su uno squalo di parecchi chili. Le canne avevano l'attacco basso per il mulinello e da qui, oltre che dal peso di tutto l'apparato,  derivava la necessità di disporre di una cintura da combattimento. Il coltello attaccato alla cintola rappresentava l'accessorio indispensabile per la preparazione delle esche, tutte corpose, proteiche e di pescheria così come le forbici necessarie alle continue legature dei bocconi effettuate con nylon sottile non essendo ancora utilizzato il filo elastico. Completava il tutto la lampada frontale zoom con alloggio separato per la batteria da 4,5V. Il problema principale era comunque il riuscire a beccare il moto ondoso essendo le uscite coincidenti con il fine settimana e non potendo avere la certezza di trovarlo. L'impostazione comunque, a seconda delle condizioni, cambiava di poco. Mulinelli comunque caricati con lo 0.40, parastrappi e piombi in ragione del moto ondoso,da 125 a 250 grammi. Calamenti classici: short, long, short rovesciato e pater noster e magari i braccioli un pochino più sottili con qualche concessione agli anellidi in fatto di esche. Come si può immaginare con quel popò di attrezzatura e configurazione e con quell'abbigliamento, peraltro resa indispensabile dalle condizioni climatiche, le distanze di lancio erano quelle che erano. Ma questo ci ha fatto anche capire che a volte le sorprese più belle girano sotto i nostri piedi. Si usciva a pesca sempre e comunque, con qualunque condizione di tempo ed in caso di pioggia i nostri movimenti erano ancora più limitati dall'aggiunta di una cerata che non facesse inzuppare la tuta termica. Spesse volte la faccia bruciava a causa del vento freddo mentre il corpo sudava dentro la termica. Altre volte, sotto una pioggia incessante, si lasciavano canne ed esche lì cercando di rimpicciolirsi sulla propria sedia. In più occasioni lo sconforto prendeva il sopravvento in queste condizioni e probabilmente si evitava di incrociare lo sguardo dei compagni per non trasmettere agli altri il proprio disagio. Bastava comunque anche un semplice trillo della cima di una canna per riprendere vigore. Tanto per rendervi un esempio delle condizioni, vi posso dire che durante una nottata abbiamo catturato alcuni gronchi e saraghi. L'indomani mattina usavamo i serpentoni come sciabole tanto si erano irrigiditi durante la fredda nottata. Non nego che anche noi eravamo condizionati da quanto letto e visto sulla stampa specializzata e questo spesse volte ci ha tratto in inganno e demoralizzato perché, per quanto ci sforzassimo di andare alla ricerca dei classici frangenti e canaloni tipici del surf, nelle nostre zone nulla di tutto ciò si materializzava. Abbiamo girovagato in lungo e in largo per la regione alla ricerca di un tipico impianto da surfcasting fino a quando ci siamo resi conto che il "nostro surf" non poteva essere quello canonico ma non per questo doveva essere relegato a categorie inferiori. Le profondità dei fondali ci offrivano solo spiagge ad alta e altissima energia che smorzavano e annullavano le creste e le schiumosità agognate. Anche quando il nostro peregrinare ci ha spinto sulle spiagge dell'alta Toscana, dove finalmente, a bocca aperta, abbiamo potuto ammirare dal vero quanto già visto sulla carta stampata, l'idillio è durato poco e ci ha fatto rimpiangere le spiagge locali, certamente meno espressive ma più rassicuranti ed abbordabili. Quali erano in definitiva i risultati? Come al solito altalenanti e certamente meno numerosi rispetto a chi effettuava altri tipi di pesca. Gronchi in primis seguiti da saraghi e qualche spigola. Altre volte si passava un'intera nottata senza aver visto muovere un cimino. Un periodo felice lo abbiamo passato quando avevamo preso a battere le spiagge della Costa Azzurra: Nizza, Antibes, Cannes, fino alle foci del Rodano. Momenti indimenticabili che ci hanno ripagato di mille sacrifici con l'unico cruccio di non aver mai immortalato certe mirabili uscite. Ripensando a quei periodi mi meraviglio di me stesso e mi dico che certe cose non le rifarei. Ripenso alla fine di quasi tutte le nottate di pesca quando cominciava ad albeggiare e si aveva voglia solo di sdraiarsi sulla spiaggia a dormire perché non c'erano più le energie per smontare il tutto e tornare a casa. Si sapeva anche che l'indomani sarebbe stato appena sufficiente per smaltire tutta la stanchezza accumulata.
Spero di non avervi annoiato con questi racconti. Era mia intenzione, in questo periodo in cui siamo fuori dalla stagione del surf, cercare solo di trasmettere le emozioni e la passione provate ed i sacrifici che a volte questa disciplina richiede.
Alla prossima 

Grande Nicola,molto bello questo "scorcio di vita passata".
Sappi che comunque,tutto cio'che viene raccontato con umilta'e passione,non annoia mai.

Enzo.
TUTTO CIO'CHE LASCIAMO A RIVA,LA NATURA PRIMA O POI CE LO RESTITUISCE E NON PENSO CHE VORREMO PER I NOSTRI FIGLI UN FUTURO DI SPAZZATURA!!!
RIPARIAMO I DANNI FINCHE'SIAMO IN TEMPO.


Nicola tutte le volte che scrive, mi fa diventare gli occhi a cuoricino. Anche se io sono neo agonista, posso dire che queste cose non fanno altro che bene.
Posso dire che mio zio aveva ed ha ancora 2 canne in fenolico, sono bestie di canne da coloro che "HANNO I MUSCOLI" Xd altrimenti adios braccia e prima si usava lo 0,40 diretto o di + a volte (constatato con i miei occhi) sul mulo e i travi nulla/zero stopper ma nodi sul trave e rigorosamente paternoster, con terminale sopra lungo 30cm e sotto 70cm, misure e calamenti che ora ci fanno venire la pelle d'oca.

Cmq caro Nicola complimentoni per il magnifico report.
- Francesco -