Oloturia
L’oloturia, più comunemente conosciuta con il nome di ‘cetriolo di mare’ ma anche con nomi più coloriti a causa della sua forma fallica, è un echinoderma molto ricercato dai palamitai sia per la sua efficacia che per la sua facile reperibilità tra i fondali sabbiosi, specialmente se ricoperti di posidonie. Le sue dimensioni possono diventare anche ragguardevoli, ma di solito la taglia più diffusa è quella media
Quando utilizzo il palamito a vela, è tra le esche che preferisco.
Come la catturo
Durante la stagione estiva, mi immergo con la maschera e la ricerco visivamente tra le posidonie. Se la zona non è molto battuta, se ne possono trovare anche due o tre per metro quadro. La cattura è estremamente facile ed avviene a mani nude in quanto l’oloturia procede in modo lentissimo sul fondo (anche bassissimo) e non si insabbia. Durante la stagione invernale uso i waders, lo specchio ed una canna di palude biforcuta.
Come la preparo come esca
La preparazione dell’oloturia è un po’ complicata ed alquanto lenta, in quanto come esca va utilizzata la sua polpa gelatinosa interna che è tenacemente attaccata al coriaceo mantello che la riveste. Se la devo utilizzare come esca per il palamito, svolgo il lavoro a casa il giorno precedente e conservo la polpa in frigorifero dopo averla ricoperta con un pizzico di sale. Se per caso il giorno successivo non posso più andare a pesca, allora la congelo in quanto si conserva perfettamente.
Se la devo utilizzare come esca per le canne, mi servo dell’ausilio della serbidora come piano di lavoro. In entrambi i casi uso un coltello affilatissimo per sezionarla ed un cucchiaio da cucina, a cui ho affilato un bordo con la mola, per raschiare la polpa gelatinosa
All’oloturia vanno tagliate le due estremità per circa 2-3 cm e quindi il tronco va sezionato per il lungo in due spezzoni, prestando attenzione agli schizzi delle sue viscere, che vanno completamente asportate. Dopo aver risciacquato i due tronconi, con il cucchiaio affilato a mò di coltello raschio via dalla dura cotenna la polpa gelatinosa di colore grigiastro che ha lo spessore di qualche millimetro, prestando la massima attenzione ad asportarla più intera possibile e non a piccoli pezzetti, che rendono più difficoltosa l’escata. Una volta asportata la polpa, le scorze si possono eliminare in quanto inutilizzabili
Se l’amo che utilizzo è un po’ grosso, allora ‘rassodo’ la polpa usando il filo elastico (naturalmente se la esco sulle canne, non sul palamito)
Nella pesca da riva all’orata devo però ammettere che l’oloturia mi ha sempre dato risultati molto inferiori al bibi e all’amaricano, per cui la uso come esca di ripiego preferendole le esche appena citate, pur pescando in zone in cui l’oloturia è abbondante.
Nella pesca col palamito a vela ho invece ottenuto sempre dei buoni risultati, ma a patto di lasciare il palamito in pesca per tutta la notte, quindi facendo un’unica calata.