Premetto che non sono contrario per principio alle gare di pesca in mare, anzi sotto un certo punto di vista sono anche stimolanti per cercare di migliorarsi. Il mio dissenso arriva quando viene messa in ombra la vera spontaneità sportiva (ormai soffocata dal business), quando alcune regole comportamentali vengono stravolte (la trattenuta del pesce, l'ammissione al punteggio del pesce tecnico, la marchiatura del pesce, ecc.) e quando alcune tecniche, specifiche di un campo di gara, vengono fatte passare come standard nella pesca dilettantistica, creando solo illusione e confusione non solo in tutti coloro che si stanno avvicinando a questo meraviglioso passatempo, ma anche in se stessi.
E finché illudono se stessi, poco male (anche se ne rimango dispiaciuto). I guai cominciano quando cercano di convincere anche gli altri.
Ricordo infatti come qualche tempo fa un nostro iscritto sosteneva a spada tratta che il modo più proficuo per praticare il surfcasting fosse quello di utilizzare in bobina un filo del diametro 0.18 + adeguato shock leader, sostenendo che lui in gara otteneva ottimi risultati. E sin qui nulla da eccepire, se non fosse per il fatto che ha omesso di mettere in luce che le gare di surfcasting a cui ha partecipato di surfcasting avevano solo... il nome, in quanto in realtà le condizioni di mare in cui ha gareggiato erano tipiche di un beachledgering o di una PAF leggera.
Per tornare alla tabella delle misure minime dei pesci, condivido in pieno che siano assolutamente inadeguate, in particolare quelle minime di legge, e sono stupito come il legislatore sembra vivere in una realtà che (forse) poteva andare bene 100 anni fa. Ma sono ancor più stupito ed amareggiato che i dirigenti della FIPSAS, ente sportivo, vi si siano adagiati.