Il piccolo squalo abissale Etmopterus spinax.... è in grado di illuminare le temibili spine sul dorso per scoraggiare i predatori - ma forse anche per trovare un compagno.
Nella contro-illuminazione, una strategia piuttosto diffusa tra gli organismi bioluminescenti della zona mesopelagica, i fotofori posti sul ventre servono a interrompere la silhouette del pesce e a farlo confondere con la luce proveniente dalla superficie agli occhi di chi lo osserva da sotto.
Dopo aver pescato dal Mare del Nord alcuni esemplari di questo animale - che raggiunge circa i 60 centimetri di lunghezza - e averli posti in vasche oscurate, i ricercatori si sono accorti che a risplendere, nei sagrì neri, non era solo il ventre ma anche alcune zone del dorso.
Gli squali hanno due file di cellule in grado di emanare luce - i fotofori - poste su entrambi i lati della spina situata sui margini frontali delle due pinne dorsali.
Come racconta Jérôme Mallefet, coautore dello studio, i ricercatori hanno capito quale ruolo giocassero queste spine luminose proprio maneggiando gli esemplari e cercando di gestire il loro comportamento aggressivo. "A volte questi squali si rivoltano su loro stessi cercando di colpire con le spine. Ne abbiamo dedotto che la bioluminescenza serva a mettere in evidenza le loro 'armi' nelle profondità oceaniche".
A questo punto i ricercatori hanno deciso di analizzare la struttura delle spine di Etmopterus spinax. Hanno così scoperto che sono più traslucide rispetto alle spine di altri squali e che, grazie a questa loro proprietà, riescono a trasmettere circa il 10 per cento della luce dei fotofori.
Prendendo in considerazione le capacità visive di svariati animali marini, gli studiosi hanno stimato che predatori come la foca comune (Phoca vitulina), le focene (Phocoena phocoena) o lo squalo boccanera (Galeus melastomus) sono in grado di vedere le spine luminose da alcuni metri di distanza.
"La bioluminescenza associata alle spine ha tutte le caratteristiche per funzionare come un efficace segnale di pericolo", dice Mallefet. "È un ottimo sistema per dire 'eccomi, sono qui, ma fate attenzione perché pungo'".
Questi segnali luminosi comunque non impediscono allo squalo di cacciare la sua preda preferita, ovvero il maurolico (Maurolicus muelleri). Questo pesce abissale ha infatti una visione molto più scarsa rispetto a quella di cui sono dotati i predatori dello squalo, e riesce quindi a vedere le spine illuminate solo da piccole distanze - quando per lui è troppo tardi.
I ricercatori per il momento non sanno ancora come il sagrì nero riesca a produrre e a controllare la bioluminescenza dorsale; le pinne dorsali luminose potrebbero forse rispondere agli stessi ormoni che controllano la luminosità ventrale, suggerisce Mallefet, ma potrebbero entrare in gioco anche altri fattori.
Vi sono svariate altre specie, marine e non, che ricorrono alla bioluminescenza per scoraggiare i predatori, come ad esempio il gasteropode marino Hinea brasiliana, il coleottero Lampyris noctiluca o i millepiedi del genere Motyxia.
Edith Widder, biologa marina della Ocean Research and Conservation Association, che non ha partecipato alla ricerca, in passato ha scoperto una medusa bioluminescente che allontana possibili predatori. "Funziona come le banconote segnate che si usano in banca", dice la studiosa: "Ogni animale così avventato da aggredirla si ritrova coperto di particelle luminescenti che ne fanno a sua volta una facile preda".
Ma, sottolinea Widder, la capacità di produrre luce degli animali abissali serve anche a molti altri scopi. Mallefet concorda, e scherzando aggiunge che questi squali sono i "MacGyver [l'ingegnoso agente segreto della serie TV degli anni Ottanta] della bioluminescenza": sono in grado cioè di utilizzarla per gli scopi più diversi.
Widder inoltre, pur non escludendo l'ipotesi che le spine luminose servano a scoraggiare i predatori, suggerisce anche che questa caratteristica possa servire ad attrarre eventuali compagni del sesso opposto.
Quasi a conferma di questa possibilità, Julien Claes racconta di aver scoperto che "i sagrì neri hanno anche organi sessuali bioluminescenti": il che, aggiunge lo studioso, "rende molto più facile, anche per noi umani, distinguere al buio i maschi dalle femmine!".
di Helen Scales per nationalgeographic.it
foto: Jérôme Mallefet