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FORUM PASSIONE PESCA => NORME E LEGGI SULLA PESCA => NOTIZIE E SEGNALAZIONI => Topic started by: ^VITTORIO^ on January 15, 2013, 03:00:45

Title: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 15, 2013, 03:00:45
......L'antenato del piranha era più feroce del T. Rex

Nelle acque della preistoria non mancavano certo predatori temibili. Il Megalodonte ad esempio, uno squalo bianco di 45 tonnellate che si nutriva di balene, o il Dunkleosteus, un pesce primitivo lungo quasi 10 metri, con un terribile muso corazzato. Ma il più pericoloso, almeno per la potenza del suo morso, era un antenato dei moderni piranha: il Megapiranha paranensis. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell'Università di Washington, che ha calcolato la potenza del morso di questo pesce preistorico utilizzando come modello il suo parente più prossimo, il piranha nero del Rio delle Amazzoni. I risultati dello studio, pubblicati su Scientific Reports, parlano di una forza che va dai 1.240 ai i 4.750 newton, il che renderebbe quello del megapiranha, in proporzione al suo peso corporeo, il morso più potente del regno animale.

Del Megapiranha paranensis, vissuto nel tardo Miocene (circa 8-10 milioni di anni fa), si conosce un unico fossile, scoperto in Argentina nel 2009. Dai resti ritrovati, un pezzo di muso e dei denti, è stato stimato che il megapiranha misurasse circa un metro di lunghezza, 4 volte più dei più grandi piranha odierni, e che era munito di grossi denti aguzzi posti “a zig zag” sulla mandibola, in una configurazione che è una via di mezzo tra quella dei suoi discendenti carnivori e onnivori.

Per calcolare la forza del morso del megapiranha, i ricercatori hanno utilizzato come modello il Serrasalmus rhombeus, o piranha nero, il più grande membro vivente di questa famiglia di pesci. I ricercatori hanno catturato 15 esemplari lungo il Rio delle Amazzoni a cui hanno fatto mordere delle placche di metallo studiate per misurare la forza impressa dalla loro dentatura. “I piranha sono pesci piccoli ma molto scontrosi, e mordono sempre con tutta la loro forza”, spiega Stephanie Crofts, uno degli autori dello studio. I risultati hanno mostrato una forza che variava dai 67 newton in un esemplare di 0,17 kg ai 320 newton di uno da 1,1 kg, in media, una forza che è circa 30 volte il loro peso corporeo.

Con questi dati, i ricercatori hanno calcolato la potenza del megapiranha: pesando in media circa 10 kg, il suo morso imprimeva una pressione che poteva andare dai 1.240 ai 4.750 newton. Cifre che, in proporzione alla taglia, lo rendono il più potente morso del regno animale. Per fare un esempio, un megapiranha poteva mordere con una forza pari a quella sviluppata da uno squalo bianco di 400 chili. Persino un tirannosauro, con la sua gigantesca mandibola, non era in grado di sviluppare una forza paragonabile in proporzione al suo peso.

Studiando i denti fossili di megapiranha, Crofts ha cercato di ricostruire che uso facesse questo antico pesce di un morso così potente. “Abbiamo scoperto che i denti del megapiranha avevano la stessa resistenza di quelli dei piranha attuali, ma la distribuzione della sollecitazione nei denti era simile a quella che si trova in pesci che si nutrono di prede molto dure”, spiega Crofts. A differenza dei piranha attuali, che si nutrono prevalentemente delle parti molli delle loro prede, i ricercatori ritengono quindi che il megapiranha fosse probabilmente in grado di attaccare animali corazzati, come tartarughe o pesci ossei, e creature di grandi dimensioni, molto comuni tra la megafauna del miocene.

Riferimenti : Scientific Reports
FONTE: Galileo.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 16, 2013, 04:17:33
....Il piu' grande squalo del pianeta:

E' lo squalo balena Rhincodon typus  che e' anche il piu' grosso fra i pesci. Si nutre di plancton e arriva a 18 metri di lunghezza, superando le 30 tonnellate di peso.

Il piu' piccolo.
E' lo squalo pigmeo spinoso Squaliolus laticaudus, che raggiunge a malapena i 25 centimetri. Lo si vede raramente, perche' di giorno vive sul fondo, anche a 200 metri di profondita', e risale alla superficie alla ricerca di cibo soltanto di notte.

Il piu' grande mangiatore di uomini.
E' difficile a dirsi, a causa della pessima reputazione di cui godono gli squali. I sospetti si concentrano pero' sul grande squalo bianco Carcharodon carcharias  (il cui record di lunghezza appartiene a una femmina con 7,14 metri), seguito immediatamente dallo squalo tigre.

Il piu' comune.
E' certamente lo Squalus acanthias, o spinarolo, che e' diffuso nelle acque di tutto il mondo, dalle coste della Scandinavia al Cile meridionale. La sua lunghezza massima supera di poco il metro e mezzo.

Il piu' raro.
E' il Megachasma pelagios, o squalo dalla bocca grande, di cui sono stati trovati soltanto pochi esemplari. Vive nelle profondita' oceaniche.

Il piu' strano.
E' il Mitsukurina owstoni o squalo Goblin, che si credeva estinto da 100 milioni di anni, fino al suo ritrovamento al largo del Giappone nel 1898. Ha un muso bizzarro, con una prominenza allungata e piatta come una spatola sopra le mascelle protrattili. E' probabilmente anche lo squalo piu' brutto fra quelli attuali.

Il piu' veloce.
Secondo alcuni ricercatori e' il mako, Isurus oxyrinchus con 32 chilometri orari; secondo altri, invece, e' lo squalo blu o verdesca Prionace glauca di cui affermano di avere misurato una velocita' di quasi 39 chilometri orari.

Il miglior viaggiatore.
Il primato tocca sicuramente alla verdesca, Prionace glauca che percorre comunemente dai 2.000 ai 3.000 chilometri nelle sue migrazioni, con un record di quasi 6.000 chilometri dallo Stato di New York fino al Brasile. Sono capaci di percorrere piu' di 2.000 chilometri anche il mako, lo squalo tigre e lo squalo plumbeo.

Il piu' longevo.
E' forse lo squalo bianco Carcharodon carcharias, che alcuni scienziato sostengono possa arrivare fino a 100 anni. Seguono il Galeorhinus galeus, o squalo tope, e lo spinarolo Squalus acanthias con 40 anni.

FONTE: squali.com
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 17, 2013, 18:19:46
.....lo Squalo Chitarra

Non e' realmente uno squalo, ma fa parte della vicina famiglia delle razze. Tende a muoversi nell'acqua come uno squalo, col tipico movimento oscillante, ma agisce come una razza quando si trova sul fondo. Questa creatura non e' pericolosa ma puo' diventare grossa e spesso si interessa ai subacquei avvicinandosi in maniera decisa. E' anche chiamata "Pesce chitarra dalle pinne a squalo" , "Razza dal naso a paletta" , "Squalo dal naso a paletta" , "Pesce chitarra" , etc. Puo' raggiungere i 3 m di lunghezza. Gli adulti grandi hanno una colorazione vicino al nero, ma gli esemplari giovani sono molto piu' chiari e spesso hanno macchie biancastre. Preferiscono le acque piu' calde e si possono trovare da Coffs Harbour fino a tutto il Nord Australia, fino a Fremantle (Australia occidentale).

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.malawicichlidhomepage.com%2Faquainfo%2Fimage0081.jpg&hash=b372b73a14549d049807c1eab44fc5c3)

Se ne sono incontrati un diverso numero nei pressi di Cook Island nel Febbraio 1997. Probabilmente di trattava della specie gigante Rhinobatos Typus. E' interessante notare che molte di loro erano si accompagnavano con squali zebra Stegostoma fasciatum (foto in basso).

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fimg3.fotoalbum.virgilio.it%2Fv%2Fwww1-4%2F416%2F4162%2F6759%2Fsqualozebra-vi.jpg&hash=01f1750483c84ff19a70b354b8477067)

Forse esiste una forma di relazione tra le due specie che ancora non abbiamo compreso. Lo squalo zebra arriva per alimentarsi ogni anno, dalla fine di Dicembre ai primi di marzo.

FONTE: squali.com


Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 18, 2013, 20:04:57
....Il primo mostro marino d'acqua dolce è stato scoperto in Ungheria

La creatura appena scoperta apparteneva a una famiglia di antichi rettili acquatici conosciuti come mosasauri, una sorta di incrocio tra un coccodrillo e una balena. Ai mosasauri mancavano però i colli lunghissimi dei plesiosauri. Soprannominato Pannoniasaurus, questo mosasauro sembra sia stato il primo a trascorrere tutta la sua vita in acqua dolce.

"Le prove che esponiamo nel nostro studio dimostrano che, in maniera simile ad alcuni gruppi di balene, i mosasauri si adattarono rapidamente a un’ampia varietà di ambienti acquatici", ha spiegato il primo autore dello studio László Makadi, paleontologo del Museo ungherese di Storia Naturale.

Questo mosasauro è stato scoperto in una miniera abbandonata di carbone dell'Ungheria. I paleontologi hanno trovato migliaia di fossili appartenenti a diversi individui di Pannoniasaurus che vanno dal metro di lunghezza fino ai quattro metri. I pezzi più piccoli, che appartengono agli esemplari più giovani sono una rarità, spiega Michael Caldwell, uno degli autori dello studio e paleontologo presso l'Università dell'Alberta in Canada. “In genere troviamo resti di mosasuri adulti. Trovare i resti di esemplari così giovani è un evento rarissimo, come trovare un dente di gallina”.

Inoltre, la scoperta di così tanti esemplari di Pannoniasaurus nello stesso sito indica che questa fosse una specie d’acqua dolce vera e propria, e non una specie marina che si avventurava sporadicamente nei fiumi, come fanno a volte gli squali. “La cosa più interessante è che abbiamo trovato l’ambiente in cui vivevano in tutte le fasi del loro ciclo di vita”, ha detto Caldwell.

Durante il Cretaceo superiore il sito in cui viveva Pannoniasaurus faceva parte di un arcipelago di isole tropicali situato nel mezzo di un enorme bacino d’acqua dolce che separava l'Africa dal sud dell'Europa. Pannoniasaurus viveva nei fiumi d'acqua dolce che attraversano queste isole e che poi sfociavano nel bacino. I fiumi erano popolati di pesci, anfibi, tartarughe, lucertole, coccodrilli e altri dinosauri, come testimoniano i resti fossili trovati nello stesso sito. E forse, viste le sue misure,  Pannoniasaurus poteva essere tra “ i grandi predatori dell'ecosistema", ha spiegato Caldwell.

Di certo, fra tutti i predatori alfa Pannoniasaurus era piuttosto "innocuo", visto che con iI suoi piccoli denti aguzzi probabilmente mangiava solo piccole prede come pesci, anfibi e lucertole. “Dubito che fosse un predatore gigante”, ha detto Caldwell. “Si accontentava di catturare qualche pesce”.

A differenza di altri mosasauri marini che nuotavano grazie a grandi pinne, gli arti di Pannoniasaurus assomigliavano a delle zampe che, di tanto in tanto, potevano essere utili per arrampicarsi sulla terra. “Potrebbe benissimo essere stato un anfibio”, dice Caldwell. “Ho il sospetto che questi mosasauri si comportassero un po’ come gli attuali coccodrilli, che passano un sacco di tempo in acqua, ma non si fanno neanche problemi a vagare di fiume in fiume nei periodi più secchi o bearsi nelle acque più basse per regolare la loro temperatura corporea”.

Il paleontologo Randall Nydam, della Arizona Midwestern University, ha definito la scoperta del mosasauro d’acqua dolce “molto importante”: “Non credevo che avremmo mai trovato un mosasauro d'acqua dolce perché sembrava un animale marino così specifico”, dice Nydam. Infatti, quando è stata annunciata la scoperta dei fossili ungheresi, racconta Nydam, molti paleontologi hanno pensato che appartenessero a delle lucertole di terra di grandi dimensioni, tipo drago di Komodo, fino a che la loro origine acquatica non si è stata così evidente.

“È davvero una scoperta eccezionale”, commenta Nydam.

Esistevano altri rettili d'acqua dolce?

Secondo Caldwel, è improbabile che i mosasauri fossero gli unici rettili d’acqua dolce. “Sono convinto che ci fossero plesiosauri e anche ittiosauri - grandi rettili marini simili ai delfini - d'acqua dolce, ma purtroppo non ne abbiamo ancora la prova”.

Lo studio su Pannoniasaurus è stato pubblicato online sulla rivista PLoS ONE

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 21, 2013, 03:18:01
....Malattie pericolose si celano negli acquari di pesci tropicali

I pesci tropicali considerati da sempre bellissimi sono vettori di insidie inimmaginabili per la nostra salute, soprattutto per i soggetti più deboli.

Nei nostri acquari, secondo un recente studio della Oregon State University, in cui fanno bella mostra dei magnifici pesci tropicali, si celano pericolosissime malattie killer derivanti da alcune specie importate.

Chi ha un acquario in casa con pesci tropicali è ad alto rischio di infezioni batteriche e malattie persino mortali, perché da quanto si è appreso molti tipi di batteri e virus presenti nei pesci stessi sono sorprendentemente resistenti agli antibiotici.
Venendo al nocciolo della questione i pesci importati da luoghi esotici si portano appresso anche infezioni batteriche che non possono essere trattate e di conseguenza possono diffondersi tra gli esseri umani.

Tra le infezioni batteriche a cui si può andare incontro c’è l’otite, la polmonite, la congiuntivite dovute allo Pseudomonas, mentre lo Staphylococcus è responsabile di infezioni quali foruncoli, follicoliti, impetigine, e altre patologie causate da tossine che provocano sindrome da cute ustionata, sindrome da shock tossico e in alcuni casi anche setticemie estremamente gravi.

Anche se lo studio sostiene che il passaggio di malattie tra i pesci e gli esseri umani è raro, le persone che possiedono o lavorano a contatto di pesci tropicali e quelli che hanno uno scarso sistema immunitario sono i soggetti più a rischio. Ragion per cui si raccomanda la massima attenzione nell’acquisto di pesci tropicali ed evitare la pulizia degli acquari con tagli aperti o piaghe sulla pelle.

Si raccomanda di essere molto oculati nell’acquisto di determinate specie di pesci e di separare i nuovi acquisti per almeno 30 giorni, da quelli che si hanno già a casa. Un pesce che risulta ammalato dev’essere immediatamente rimosso dall’acquario e non si devono utilizzare antibiotici se non sotto prescrizione veterinaria.

Fonte: tuttasalute.net
 
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 22, 2013, 20:00:50
La Rana Pescatrice ....utilizza un richiamo naturale per catturare la sua preda  

Questo pesce d'alto mare dall'aspetto minaccioso ha tutte le ragioni per essere arrabbiato. È forse l'animale più brutto sul pianeta, e popola un habitat che facilmente potrebbe essere definito il più inospitale della terra: il solitario e buio fondale marino.

Esistono oltre 200 specie di rana pescatrice, la maggior parte delle quali vivono nell'oscura profondità dell'oceano Atlantico e dell'Antartico, fino a circa un chilometro e mezzo al di sotto della superficie, sebbene alcuni popolino acque più basse e tropicali. Alcuni esemplari possono essere piuttosto grandi e raggiungere 1 metro di lunghezza. Tuttavia, la lunghezza media è sensibilmente inferiore, di norma non supera i 30 centimetri.

La loro caratteristica più distintiva, che si presenta solo nelle femmine, è rappresentata da un pezzo di pinna dorsale che sporge infuori sopra la bocca come una canna da pesca; da qui il loro nome. La punta è dotata di una piccola escrescenza carnosa e luminosa che funge da esca e con la quale tormenta la preda fino a che questa non abbocca. La sua bocca è talmente grande e il suo corpo così flessibile, che di fatto riesce ad ingoiare una preda fino a due volte più grande di lei.

Il maschio, che è nettamente più piccolo della femmina, non ha bisogno di una soluzione di questo genere. In un ambiente – quello degli abissi marini – in cui sarebbe estremamente difficile trovare un partner sessuale, il maschio si è evoluto in un compagno sessualmente parassitario. Quando un giovane maschio incontra la femmina, la afferra con i suoi denti forti. Nel corso del tempo, si attacca permanentemente al corpo della femmina, collegandosi alla sua pelle e al suo circolo sanguigno e rinunciando ai propri occhi e tutti i suoi organi interni tranne i testicoli. La femmina può portare sei o più maschi sul suo corpo.

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 24, 2013, 10:23:44
......L'Orca è uno dei predatori più potenti ed intelligenti del mondo

L'orca, Orcinus orca, è il più grande dei Delfinidi e uno dei più potenti predatori al mondo. Si nutre di mammiferi marini come foche, leoni marini e persino balene usando denti lunghi fino a dieci centimetri. E' noto che l'orca cattura le foche facendole cadere dai banchi di ghiaccio. L'animale si nutre anche di pesci, calamari e uccelli marini. Pur frequentando spesso acque fredde e costiere, le orche hanno un habitat che va dalle regioni polari all'Equatore.

Cacciano in micidiali pod (gruppi familiari che contano fino a 40 individui), le cui popolazioni possono essere sia "residenti" che "transienti". Ciascun gruppo preda animali diversi e usa tattiche differenti per catturarli. I pod "residenti" tendono a preferire i pesci, mentre quelli "transienti" prendono a bersaglio mammiferi marini. Tutti usano tecniche di caccia efficaci e basate sulla collaborazione, che sono state ricollegate al comportamento dei branchi di lupi.

Le orche emettono una grande varietà di suoni per comunicare, e ogni pod produce particolari rumori che i rispettivi membri riconoscono anche in lontananza. Questi animali usano l'ecolocalizzazione per comunicare e cacciare, emettendo suoni che viaggiano sott'acqua finché non incontrano altri oggetti, a questo punto rimbalzano e tornano indietro, rivelandone posizione, dimensioni e forma. Le orche hanno un atteggiamento protettivo nei confronti dei loro piccoli, e la madre è spesso assistita da altre femmine adolescenti nella cura degli stessi. Le femmine partoriscono ogni tre-dieci anni, dopo una gravidanza di 17 mesi. L'orca è immediatamente riconoscibile dal caratteristico colore bianco e nero e, essendo un animale intelligente e addestrabile, è la protagonista di molti spettacoli negli acquari. Non è mai stata oggetto di caccia intensiva da parte dell'uomo.

Classe: mammiferi

Dieta: carnivora

Durata media della vita in libertà: 50-80 anni

Dimensioni: 7-10 m

Peso: più di 6 tonnallate

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on January 28, 2013, 01:32:13
....Gli esseri umani vivevano nelle isole del Mediterraneo già 170 mila anni fa

Sino a oggi, infatti, gli archeologi erano certi che i primi insediamenti umani a largo del Mediterraneo risalissero al Neolitico, all’incirca 10 mila anni fa. Ma i ritrovamenti e le analisi di artefatti e resti fossili di animali in isole come Creta e Cipro testimoniano invece una presenza umana molto più antica. Una dimostrazione, come scrive in un articolo su Science Alan Simmons dell’Università del Nevada, in Usa, di come i primi ominidi fossero già dei navigatori molto abili.

Sino a vent’anni fa, tutti gli scavi archeologici condotti nelle isole di Cipro e Creta avevano portato alla luce ritrovamenti che documentavano la presenza di insediamenti umani risalenti a 9 mila anni fa, nel Neolitico. Si trattava probabilmente di popolazioni di agricoltori che si erano portati dietro qualche animale domestico pur non avendo veri e propri allevamenti. Da allora, però, una serie di eccezionali scoperte ha rivoluzionato il quadro dell’occupazione insulare nel Mediterraneo, tanto che oggi si pensa che a raggiungere le coste di isole come Cipro e Creta furono persino i Neanderthal e gli Homo erectus.

D’altra parte, una delle obiezioni all’ipotesi di una colonizzazione così antica, ovvero che i primi ominidi non potevano avere abilità di navigazione che gli permettessero di sostenere lunghi viaggi per mare, non regge. Già 50 mila anni fa, infatti, gli uomini del pre-Neolitico riuscirono a raggiungere l’Australia. E cosa dire dei ritrovamenti sull’Isola di Flores, in Indonesia, datati oltre un milione di anni fa? Se fossero autentici, così come sembra, vorrebbe dire che l’Homo erectus, comparso all’incirca 1,8 milioni di anni fa, possedeva già le abilità cognitive necessarie ad affrontare lunghi e difficili viaggi per mare.

Ma veniamo alle prove concrete. Sull’isola di Creta, scavi hanno restituito artefatti come amigdale di quarzo (pietre a forma di mandorla lavorate per essere taglienti), accette e picconi triedrici che, in base alla tipologia e alla natura del deposito geologico in cui sono stati ritrovati, sembrano risalire a quasi 170 mila anni fa, al Paleolitico inferiore. E qui entrano in gioco i Neanderthal, vissuti all’incirca tra i 200 e i 30 mila anni fa, e forse persino gli Homo erectus, anche se la loro scomparsa è avvenuta prima. Anche i ritrovamenti sull’isola di Cipro, benché non così antichi, testimoniano comunque un’occupazione leggermente precedente al Neolitico, risalente a circa 12 mila anni fa. Serviranno nuove ricerche e accurate analisi per confermare questo scenario, ma la domanda che incuriosisce i ricercatori è un’altra: perché i primi ominidi hanno abbandonato la terraferma sfidando le incognite e i pericoli del mare?

Riferimenti: Science Doi: 10.1126/science.1228880

FONTE: Galileo.net
AUTORE: MARTINA SAPORITI
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 05, 2013, 04:38:31
...Sono poche le specie ittiche in cui gli individui rimangono in una stessa area per tutto il corso della loro vita (specie sedentarie). La maggior parte delle specie effettua movimenti su scala diversa nel corso del ciclo vitale. Questi possono essere piccoli spostamenti locali e legati ad attività che contribuiscono alla crescita, sopravvivenza e riproduzione, oppure possono essere vaste migrazioni oceaniche o tra ambienti differenti.

Con il termine migrazione si intende ogni movimento direzionale di massa da un’area a un’altra, che abbia caratteristiche di regolarità nel tempo o in relazione con la fase biologica. La maggior parte delle specie ittiche compie migrazioni in relazione al ciclo riproduttivo (migrazioni genetiche), all’accrescimento e in alcuni casi all’alimentazione (migrazioni trofiche). Queste migrazioni sono stagionali e legate al tipo di strategia riproduttiva che prevede la produzione di uova pelagiche.

Affinché le larve e successivamente i giovanili abbiano possibilità di incontrare risorse sufficienti per sopravvivere è necessario che le aree in cui avviene il loro accrescimento abbiano caratteristiche idonee. La dispersione delle larve è quindi un momento cruciale nell’ambito del ciclo vitale di una specie e non avviene in maniera casuale. Ogni popolazione si riproduce in aree ben delimitate in relazione alla distribuzione delle correnti locali, in modo da assicurare che le larve vengano trasportate in una direzione ben determinata verso le aree marine in cui si concentreranno i giovanili (aree di nursery).

Queste sono aree che presentano condizioni ambientali idonee e risorse trofiche abbondanti che consentono ai giovanili di accrescersi velocemente. Questi ultimi, con l’aumentare delle dimensioni tendono ad abbandonare le aree di nursery per riunirsi progressivamente con la popolazione di origine, compiendo una migrazione controcorrente. La maggior parte delle specie ittiche demersali, distribuite nelle aree temperate, si contraddistinguono infatti per la presenza di aree di riproduzione e di nursery, queste ultime poste generalmente a minore profondità. Sono anche ben conosciute le migrazioni, spesso su larga scala, effettuate da alcune specie pelagiche di Teleostei, come il tonno (Thunnus thynnus).

Alcune specie, dette diadrome, compiono migrazioni riproduttive dal mare alle acque interne o viceversa. Si riconoscono quindi 2 tipi di migrazioni:

•migrazioni anadrome, se la specie migra dal mare verso le acque interne (es. salmoni, alosa);
•migrazioni catadrome, se la specie migra dalle acque interne verso il mare (es. anguilla).

Da: Biologia e Sistematica dei Pesci
biologiamarina.eu
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 06, 2013, 10:03:25
...Le Stelle Marine...

...non hanno né cervello né sangue. Il loro sistema nervoso si estende attraverso le braccia e il loro "sangue" è, in realtà, l'acqua di mare filtrata.

Negli ambienti anglofoni, gli scienziati marini si sono incaricati del gravoso compito di ribattezzare “stella marina” quella che in inglese veniva da sempre chiamata starfish, pesce stella. Il motivo? Semplice, la stella marina non è un pesce. È un echinoderma, della stessa famiglia dei ricci di mare e dei dollari di sabbia.

Si contano circa 2,000 specie di stelle marine negli oceani di tutto il mondo, dagli habitat temperati fino ai fondali marini più freddi. La varietà a 5 braccia è senz’altro la più comune, ma esistono specie con 10, 20 e fino a 40 braccia. La pelle ha consistenza cartilaginea, percorsa da calcificazioni atte a proteggere la stella marina dalla maggior parte dei predatori, e molti esemplari hanno una livrea variopinta che usano per mimetizzarsi o per spaventare potenziali nemici.

Animali squisitamente marini, non vivono mai nelle acque dolci e solo raramente in quelle salmastre. Oltre che per la forma distintiva che le caratterizza, le stelle marine sono famose per l’abilità nel rigenerare braccia mutilate e, in alcuni casi, corpi completi. Vi riescono grazie alla dislocazione dei loro organi vitali, disposti tutti – o quasi – per l’appunto lungo le braccia. Molte, per potersi rigenerare, devono conservare intatta la parte centrale del corpo, ma ve ne sono alcune in grado di riformare per intero il proprio corpo a partire da un’unica porzione di arto amputato.

Molte stelle marine hanno anche l’interessante capacità di consumare il proprio pasto senza inglobare la preda al loro interno. Fornite di sottili pedicelli, che terminano con una sorta di ventosa, le stelle marine fanno leva sui gusci di vongole e ostriche fino ad aprirli. A questo punto il loro stomaco si rovescia fuori dalla bocca e striscia fino alla preda. Penetra nel guscio aperto, avviluppa la preda e la digerisce esternamente. A operazione completata, fa rientro nel corpo della stella marina.

Classe: invertebrati

Dieta: carnivora

Durata media della vita in libertà: oltre 35 anni

Dimensioni: 12-24 cm

Peso: fino a 5 kg

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 12, 2013, 09:32:48
....La pesca illegale non risparmia nemmeno le riserve marine delle Galàpagos

Le popolazioni di squalo sono in forte declino ormai in tutto il mondo: il degrado degli habitat, la pesca incontrollata, il bracconaggio e, più in generale, le attività antropiche, sono i maggiori responsabili del decremento di elasmobranchi nelle acque dell’intero pianeta. La pesca illegale è ormai diffusa su scala globale, arrivando a intaccare persino quelle aree geografiche inserite nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Le isole Galàpagos, rese famose dagli studi di Charles Darwin, ne sono un’importante testimonianza.

Gli squali hanno cicli vitali molto lenti e mani(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif)no una bassa resilienza alle variazioni ambientali: questi fattori, abbinati alle incalzanti fonti di stress prodotte dall’uomo, stanno portando al collasso le popolazioni di questi predatori marini. La cruenta pratica del finning, che prevede la cattura e la rimozione delle pinne dorsali, pelviche e pettorali da questi animali, per soddisfare le richieste di “zuppa di squalo”, sta prendendo inoltre sempre più piede. La recente crescita economica della Cina, che risulta essere il maggior consumatore di questi prodotti, giustifica quanto detto.

Uno studio pubblicato recentemente su Marine Policy da Carr A. e collaboratori, ha preso in considerazione il carico di squali pescati illegalmente all’interno della  riserva marina delle isole Galàpagos, ritrovato a bordo della nave Fer Mary I. La composizione delle specie di elasmobranchi pescati è risultata essere molto varia, annoverando: squali volpe (Alopias superciliosus), squali seta (Carcharhinus falciformis), verdesche (Prionace glauca), squali martello (Sphyrna zygaena), squali tigre (Galeocerdo cuvier), squali delle Galàpagos (Carcharhinus galapagensis) e squali mako (Isurus oxyrinchus).

I ricercatori hanno stimato la biomassa degli squali trovati a bordo della Fer Mary I in oltre 22 tonnelate. Inoltre, la maggior parte degli esemplari catturati erano di sesso femminile e giovani. Questo sbilanciamento della sex-ratio negli esemplari pescati, e l’abbondante presenza di forme giovanili, potrebbe essere dovuto alle modalità di pesca e condurre gli animali in oggetto a serie problematiche riproduttive.

Il caso Fer Mary I è un concreto esempio di come la pesca illegale e l’overfishing vengano espletati anche all’interno di aree marine protette (AMP); questo studio, in particolare, dimostra l’urgente necessità di migliorare la gestione delle AMP e di aumentare la conservazione della biodiversità marina, soprattutto nelle zone ricche di specie (Biodiversity Hotspots). È necessario prendere coscienza che dallo stato di salute dei nostri mari dipende il futuro dell’intero pianeta e che i principi di salvaguardia degli ecosistemi dovrebbero essere la principale eredità da tramandare ai nostri figli. Vivere con la consapevolezza di essere una specie inserita all’interno di complicate interazioni ecologiche deve essere lo scopo e il fine comune della nostra generazione e di quelle che verranno.

AUTORE: Stefano Magni
FONTE: pikaia.eu

Riferimenti:
Illegal shark fishing in the Galàpagos Marine Reserve. Carr, A.L., Stier, A.C., Fietz, K., Montero, I., Gallagher, A.J., Bruno, J.F., 2013.

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 13, 2013, 03:48:59
........È morto il coccodrillo più grande del mondo

Il coccodrillo marino lungo 6,17 metri catturato nel settembre del 2011 nelle Filippine è morto in cattività.
L'esemplare, appartenente alla specie Crocodylus porosus, lungo 6,17 metri, è morto di recente nel Bunawan Eco-Park and Research Centre di Bunawan, nelle Filippine, dove era ospitato dal giorno della cattura.
Nel luglio 2012, il Guinness dei Primati aveva confermato il record rappresentato dall'eccezionale creatura, catturata viva nel settembre del 2011. Il record precedente apparteneva a un coccodrillo marino australiano lungo 5,48 metri.
La causa della morte di Lolong è ancora sconosciuta, e si attendono i risultati dell'autopsia per saperne di più. La morte del gigantesco rettile rappresenta una grave perdita per la protezione dei coccodrilli nel paese, ha dichiarato Ramon Paje, ministro dell'Ambiente delle Filippine.

Lolong infatti rappresentava un invito a "un maggior rispetto nei confronti di questi rettili", come ha scritto sul suo blog Adam Britton di Big Gecko, una società di ricerca e consulenza sui coccodrilli che ha base in Australia.
Nel 2011 ad esempio il Senato delle Filippine ha varato una risoluzione per rafforzare le leggi a protezione del coccodrillo marino e del coccodrillo delle Filippine (Crocodylus mindorensis), specie questa considerata a grave rischio di estinzione dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN).
La gigantesca mole di Lolong però non scomparirà con lui: Paje ha dichiarato che il rettile verrà imbalsamato ed esposto.

Foto scattata dopo la cattura, nel 2011:

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F09%2F07%2F101704785-e48bf3be-72f2-42bc-8e70-82820181cab2.jpg&hash=02ecc7718f2d318bfa2f395210c6d024)

di Christine Dell'Amore.
fonte: nationalgeographic.it (http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2013/02/12/news/morto_il_coccodrillo_pi_grande_del_mondo-1504962/)
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 13, 2013, 14:07:41
.......la Tartaruga di Kemp

E' la specie a maggior rischio di estinzione fra tutte le tartarughe marine e, con appena 1.000 esemplari femmine in grado di nidificare, secondo stime approssimative, la loro sopravvivenza è seriamente minacciata.

La causa del rischio di estinzione è principalmente l'eccessivo sfruttamento delle loro uova nell'ultimo secolo. E nonostante i siti di nidificazione siano protetti e la maggior parte dei pescherecci usi tecniche per evitare la cattura delle tartarughe, le tartarughe di Kemp non sono state in grado di riprendersi.

Per questa ragione il momento della nidificazione, detto "arribada" diventa particolarmente drammatico. Durante l'arribada, le femmine si impossessano delle spiagge e si trascinano sulla sabbia con le pinne fin quando non trovano un luogo adatto per deporre le uova. Ancora più struggente è il cammino dei neonati fino al mare.  Assediati dai predatori, i piccoli compiono questo viaggio di notte, rompendo il guscio utilizzando il "dente da uovo", un dente temporaneo creato per questo unico scopo.

Diffuse principalmente al largo del Golfo del Messico, ma localizzate anche a nord della Nuova Scozia, le Tartarughe di Kemp sono le più piccole fra le tartarughe marine, raggiungendo una lunghezza massima di 65 centimetri e un peso di circa 45 chili. Il loro guscio superiore, o carapace, è di color grigio-verde e hanno un ventre giallo-biancastro.

Prediligono acque poco profonde, nelle quali possono immergersi per raggiungere i fondali e nutrirsi di granchi, il loro cibo preferito, e altri crostacei. Si nutrono anche di meduse e, occasionalmente, di alghe e sargassi. Possono vivere fino a 50 anni. Le femmine sono sessualmente mature intorno ai 10-12 anni. Depongono le uova ogni tre anni, e possono deporre diverse nidiate di uova per stagione.

Animali altamente migratori, possono viaggiare per migliaia di chilometri per raggiungere la spiaggia adatta per deporre le uova, solitamente la stessa spiaggia in cui sono nate.

FONTE: nationalgeographic.it (http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2010/04/17/news/kemp_s_ridley_sea_turtle-2908/)
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 21, 2013, 17:37:43
Il Krill....
 
che non supera in media i 5 centimetri di lunghezza, assume dimensioni enormi se lo si considera all’interno della catena alimentare mondiale, della quale rappresenta un anello tra i più importanti. Questi piccoli crostacei a forma di gambero sono niente meno che il carburante con cui si mantiene in moto l’intero ecosistema marino del pianeta terra.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F04%2F27%2F110117298--91057223-1b94-46de-be92-eec72dd9fa85.jpg&hash=6d0624711e5dbd9cd45bf58ff392edcd)

I krill si nutrono di fitoplancton e di microscopiche piante monocellulari che fluttuano poco sotto la superficie dell’oceano, dove trovano l’anidride carbonica e i raggi solari che le tengono in vita. I krill, a loro volta, costituiscono l’alimento principale nella dieta di centinaia di specie animali diverse, dai pesci e gli uccelli fino alle balene. Basti dire che senza i krill la maggior parte delle forme di vita dell’Antartico scomparirebbero.

Studi recenti hanno segnalato un’allarmante riduzione dei banchi di krill antartici, che dagli anni Settanta ad oggi sarebbero diminuiti dell’80%. Gli scienziati attribuiscono in parte questo calo alla riduzione della calotta glaciale come conseguenza del surriscaldamento terrestre. Lo scioglimento dei ghiacci priva i krill di una risorsa alimentare fondamentale: le alghe dei ghiacci.

Tra le 85 diverse specie di krill conosciute, quella antartica è in assoluto la più cospicua. La quantità di krill presenti nelle acque dell’Antartico è stimata tra i 125 milioni e i 6 bilioni di tonnellate. In alcuni periodi dell’anno, i krill, rosa e opachi, si raccolgono in enormi nugoli che raggiungono una concentrazione così alta da essere visibili dallo spazio. Il krill antartico può vivere fino a 10 anni, una longevità straordinaria per una creatura braccata senza sosta. I krill passano i loro giorni fuggendo dai predatori nei freddi abissi dell’Oceano Antartico, a una profondità di circa 100 metri. La notte risalgono verso superficie in cerca di fitoplancton.

fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on February 25, 2013, 19:28:08
I Calamari volanti.....

....molluschi della famiglia Ommastrephidae sono effettivamente in grado spiccare il volo e planare per distanze relativamente lunghe.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F02%2F25%2F094928437-1765240b-6931-4f3b-a0ba-9ff4908034ad.jpg&hash=85d30a1fd1ac78b9c43c24a6710bce45)

Ricorrendo a un potente sistema di propulsione a getto, alcune specie di calamari infatti sono in grado di uscire dall'acqua e spiccare il volo; si tratta di un comportamento abbastanza comune negli oceani. Tuttavia, è stato osservato scientificamente molto di rado: la maggior parte degli studi si basano appunto su racconti di terza mano e scarsissima documentazione fotografica. Lo studio dell'università giapponese si basa su una sequenza fotografica nel Pacifico nordoccidentale, e mette in luce come, durante il volo, i calamari cambino volontariamente postura e atteggiamento a secondo della fase del volo e della distanza dall'acqua.

Ma come fanno a passare dalla fase del nuoto a quella del volo?

La ricerca descrive quattro fasi: lancio, spinta a getto, volo a planare e tuffo.

Mentre nuotano, i calamari si riempiono d'acqua. Poi si lanciano in aria espellendo un forte getto d'acqua dal corpo. Una volta lanciato da questa spinta a getto, gli invertebrati allargano le "pinne" e i tentacoli a formare delle ali. I calamari hanno una membrana tra i tentacoli simile a quella dei piedi palamati delle anatre.  Ciò li aiuta a creare maggior attrito con l'aria e a consentire il volo planato.

I calamari planano a una velocità di 11,2 metri al secondo. Per fare un confronto, il velocista giamaicano Usain Bolt, vincitore della medaglia d'oro alle ultime olimpiadi, raggiunge i 10,31 metri al secondo. Gli invertebrati restano in aria per circa 3 secondi coprendo circa 30 metri in ogni volo. 

Mentre è in aria, il calamaro non si limita a planare passivamente, ma cambia posizione a secondo dalla distanza dall'acqua e della fase del volo. Dopo aver planato sull'acqua, l'animale ripiega pinne e tentacoli per minimizzare l'impatto al momento di rituffarsi nell'oceano.

Gli studiosi hanno documentato gruppi di oltre venti animali che volavano assieme. Ma perché lo fanno? Gli studiosi giapponesi sono convinti che questo comportamento serva a sfuggire ai predatori: una tattica usata anche dai pesci volanti. 

Ma se spiccare il volo consente ai calamari di sfuggire ai predatori marini, li espone a un altro genere di predazione: quella da parte degli uccelli marini. Come dire, dalla padella alla brace.

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 01, 2013, 08:03:34
Il piccolo squalo abissale Etmopterus spinax....  

è in grado di illuminare le temibili spine sul dorso per scoraggiare i predatori - ma forse anche per trovare un compagno.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F02%2F27%2F110841768-3dda9ea5-e241-4a03-a844-6a2896883ae1.jpg&hash=856d93e20db8dd4b48cc71342bdaf79d)

Nella contro-illuminazione, una strategia piuttosto diffusa tra gli organismi bioluminescenti della zona mesopelagica, i fotofori posti sul ventre servono a interrompere la silhouette del pesce e a farlo confondere con la luce proveniente dalla superficie agli occhi di chi lo osserva da sotto.

Dopo aver pescato dal Mare del Nord alcuni esemplari di questo animale - che raggiunge circa i 60 centimetri di lunghezza - e averli posti in vasche oscurate, i ricercatori si sono accorti che a risplendere, nei sagrì neri, non era solo il ventre ma anche alcune zone del dorso.

Gli squali hanno due file di cellule in grado di emanare luce - i fotofori - poste su entrambi i lati della spina situata sui margini frontali delle due pinne dorsali.

Come racconta Jérôme Mallefet, coautore dello studio, i ricercatori hanno capito quale ruolo giocassero queste spine luminose proprio maneggiando gli esemplari e cercando di gestire il loro comportamento aggressivo. "A volte questi squali si rivoltano su loro stessi cercando di colpire con le spine. Ne abbiamo dedotto che la bioluminescenza serva a mettere in evidenza le loro 'armi' nelle profondità oceaniche".

A questo punto i ricercatori hanno deciso di analizzare la struttura delle spine di Etmopterus spinax. Hanno così scoperto che sono più traslucide rispetto alle spine di altri squali e che, grazie a questa loro proprietà, riescono a trasmettere circa il 10 per cento della luce dei fotofori.

Prendendo in considerazione le capacità visive di svariati animali marini, gli studiosi hanno stimato che predatori come la foca comune (Phoca vitulina), le focene (Phocoena phocoena) o lo squalo boccanera (Galeus melastomus) sono in grado di vedere le spine luminose da alcuni metri di distanza.

"La bioluminescenza associata alle spine ha tutte le caratteristiche per funzionare come un efficace segnale di pericolo", dice Mallefet. "È un ottimo sistema per dire 'eccomi, sono qui, ma fate attenzione perché pungo'".

Questi segnali luminosi comunque non impediscono allo squalo di cacciare la sua preda preferita, ovvero il maurolico (Maurolicus muelleri). Questo pesce abissale ha infatti una visione molto più scarsa rispetto a quella di cui sono dotati i predatori dello squalo, e riesce quindi a vedere le spine illuminate solo da piccole distanze - quando per lui è troppo tardi.
I ricercatori per il momento non sanno ancora come il sagrì nero riesca a produrre e a controllare la bioluminescenza dorsale; le pinne dorsali luminose potrebbero forse rispondere agli stessi ormoni che controllano la luminosità ventrale, suggerisce Mallefet, ma potrebbero entrare in gioco anche altri fattori.
Vi sono svariate altre specie, marine e non, che ricorrono alla bioluminescenza per scoraggiare i predatori, come ad esempio il gasteropode marino Hinea brasiliana, il coleottero Lampyris noctiluca o i millepiedi del genere Motyxia.

Edith Widder, biologa marina della Ocean Research and Conservation Association, che non ha partecipato alla ricerca, in passato ha scoperto una medusa bioluminescente che allontana possibili predatori. "Funziona come le banconote segnate che si usano in banca", dice la studiosa: "Ogni animale così avventato da aggredirla si ritrova coperto di particelle luminescenti che ne fanno a sua volta una facile preda".

Ma, sottolinea Widder, la capacità di produrre luce degli animali abissali serve anche a molti altri scopi. Mallefet concorda, e scherzando aggiunge che questi squali sono i "MacGyver [l'ingegnoso agente segreto della serie TV degli anni Ottanta] della bioluminescenza": sono in grado cioè di utilizzarla per gli scopi più diversi.
Widder inoltre, pur non escludendo l'ipotesi che le spine luminose servano a scoraggiare i predatori, suggerisce anche che questa caratteristica possa servire ad attrarre eventuali compagni del sesso opposto.
Quasi a conferma di questa possibilità, Julien Claes racconta di aver scoperto che "i sagrì neri hanno anche organi sessuali bioluminescenti": il che, aggiunge lo studioso, "rende molto più facile, anche per noi umani, distinguere al buio i maschi dalle femmine!".

di Helen Scales per nationalgeographic.it
foto: Jérôme Mallefet
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 05, 2013, 04:54:26
La Caravella Portoghese.....

.....non è una medusa, ma neppure può definirsi un animale, trattandosi in realtà di un sifonoforo, cioè una colonia di più organismi dipendenti l’uno dall’altro.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F04%2F27%2F111115293--3d613298-4ecd-4fd5-b6ec-d14eefb70977.jpg&hash=f0ed768ed7335aff352a8f8371b80013)

La caravella portoghese è composta da quattro diversi tipi di polipi. Prende il suo nome dal polipo che sta più in alto, una sacca contenente gas, o pneumatoforo, che galleggia a fior d’acqua e può ricordare per la sua forma un’antica nave da guerra a vele spiegate. Le caravelle sono conosciute anche col nome di “bottiglie blu” per via del colore azzurro violaceo dei loro pneumatofori.

I tentacoli sono il secondo organo delle caravelle portoghesi. Questi arti sottili e lunghissimi possono raggiungere una lunghezza di 50 metri sotto la superficie dell’acqua, sebbene la loro lunghezza media si aggiri intorno ai 10 metri. I tentacoli sono coperti di nematocisti piene di veleno, che servono a paralizzare e uccidere pesci e altre piccole creature. Per gli uomini la puntura della caravella portoghese è terribilmente dolorosa e urticante ma solo di rado mortale. Ma attenzione, anche da morta, sulla riva, la caravella può procurare brutte punture. I muscoli dei tentacoli avvinghiano la preda e la fanno risalire fino al polipo provvisto di enzimi gastrozoidi, detto anche organismo digestivo. Il quarto polipo infine contiene gli organi riproduttivi.

Le caravelle portoghesi, che si muovono in folti banchi di mille e più organismi, galleggiano nelle acque temperate di tutti gli oceani del globo. Non hanno mezzi di propulsione propri: per spostarsi seguono le correnti marine o sfruttano il vento con gli pneumatofori. Per evitare una minaccia in superficie sgonfiano la loro camera d’aria e si immergono velocemente.

Foto di O.S.F./Animals Animals—Earth Scenes
fonte articolo: nationalgeographic.it

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 09, 2013, 12:13:52

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F03%2F06%2F130643603-8a966b44-cd35-472d-a1fb-7ba37f8390c0.jpg&hash=c0bbd5db5ecc1b53b75994deacbb3617)

Il pesce pietra  è un maestro del mimetismo. Le sue sembianze, che ricordano quelle di una roccia colorata o di un pezzo di corallo, gli permettono di nascondersi e di tendere un'imboscata a pesci e crostacei di passaggio.
Quando minacciato, il pesce pietra brandisce le pinne dorsali, i cui aculei sono caricati di uno dei veleni più tossici del mondo marino, potenzialmente mortale per gli esseri umani.


(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F03%2F06%2F130537661-ed9279d0-0748-40b3-8f8c-d5192068608a.jpg&hash=059d7e5edfcf932d272f28cd9a77b743)

Il polpo dagli anelli  blu gode di un interessante rapporto simbiotico con le colonie di batteri che abitano le sue ghiandole salivari. I batteri producono potenti neurotossine in grado di uccidere un essere umano in pochi minuti ma sembrano non avere alcun effetto nocivo sul polpo. Questa saliva tossica, iniettata nelle prede attraverso il becco ad uccello del polpo, aiuta anche a digerire granchi e molluschi.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F03%2F06%2F130350977-d26d3b37-9161-4122-911b-c29c835f265a.jpg&hash=79340f58b61e01efb7202a3b10f372fb)

Quella che sembra un inoffensivo pallone da spiaggia è in realtà un pesce palla arenato sulla costa di Karnataka, in India. Il pesce, nel tentativo di assumere un aspetto poco appetibile per i predatori, ingerisce enormi quantità d'acqua (o d'aria) che lo gonfiano aumentando di diverse volte la sua dimensione tipica.
I predatori più insistenti mettono a repentaglio la propria vita: i pesci palla contengono infatti tetrodotossina, un veleno letale anche per gli esseri umani.
In Giappone il pesce palla è considerato una prelibatezza, anche se contiene tossine sufficienti a uccidere 30 persone.


(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F03%2F06%2F130143717-828a90b5-58a2-4545-a107-e6eb54e34e21.jpg&hash=a80e46d94ec600af54b59faec1724f95)

Il veleno letale del serpente di mareLaticauda colubrina è dieci volte più tossico di quello di un serpente a sonagli. Per fortuna questi serpenti sono mansueti, e i morsi agli umani sono rari.
Laticauda colubrina vive tra le acque basse e tropicali di barriere coralline e paludi di mangrovie. Ma, unico tra i serpenti di mare, è anche un anfibio. In grado di passare fino a dieci giorni sulla terraferma, Laticauda colubrina raggiunge la costa solitamente per digerire il cibo (soprattutto anguille e pesci), riprodursi, e deporre le uova.

fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 12, 2013, 10:17:30
I pesci luna....

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F03%2F22%2F130816789-media-85b27f2e-123c-4d96-a961-483b495d3e1d.jpg&hash=fbf0f0243b1da1bba5e79d1320215836)

.....o mola, hanno il corpo tronco a forma di proiettile perché la pinna caudale presente sin dalla nascita non si sviluppa ulteriormente, ma si piega su se stessa a mano a mano che la creatura cresce, formando un timone arrotondato denominato clavus. Dal colore argenteo e dalla pelle ruvida, questi pesci possiedono un nome, Mola, che in latino significa "macina", che descrive la loro forma ovale.
 
I pesci luna sono i pesci ossei più pesanti e gli esemplari più grandi possono raggiungere un'altezza di 4,2 metri, una lunghezza di 3 metri e un peso di circa 2.268 chilogrammi, superato in alcuni casi da squali e mante, che appartengono però alla classe dei cartilaginei.
 
Il loro habitat sono le acque temperate e tropicali degli oceani. Spesso li si vede sdraiati al Sole vicino alla superficie e non di rado vengono confusi con gli squali, a causa della loro pinna dorsale che emerge dall'acqua. Questa specie possiede una bocca relativamente piccola che non riesce a chiudere, i cui denti sono fusi tra di loro formando una specie di becco.
 
La pelle di questi giganti oceanici può essere in(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif)ta da parassiti, che vengono eliminati da altri pesci o anche dagli uccelli, oppure grazie all'impatto con l'acqua in seguito a salti che raggiungono anche i tre metri.
 
Sono dei nuotatori goffi, si servono della larga pinna dorsale e anale per muoversi, mentre usano il clavus per cambiare direzione. Si cibano prevalentemente di meduse, ma si nutrono anche di piccoli pesci e di enormi quantità di zooplancton e alghe. Sono innocui per l'essere umano, ma possono essere molto curiosi e spesso si avvicinano ai subacquei.
 
La loro popolazione è stabile, sebbene di frequente si impiglino in reti da pesca galleggianti o si soffochino ingerendo rifiuti, come le buste di plastica, che assomigliano alle meduse.

fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 18, 2013, 21:35:15
Lo Storione di lago

....è detto anche "fossile vivente" perché fa parte di una famiglia di pesci che è esistita per oltre 135 milioni di anni.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F03%2F22%2F130810071-media-c0b6b2bf-f64d-41d8-9691-5ca8c5796e7d.jpg&hash=8dcec69cc5b6d3ba4a345eadd7c0497b)

Questo gigante d'acqua dolce ha una colorazione verde grigiastra e un muso a punta munito di due organi tattili simili a dei baffi che penzolano vicino alla bocca. Questo organo, chiamato barbiglio, lo aiuta a localizzare le prede che vivono sul fondo del lago, come lumache, vongole, larve di insetti e uova di pesce.
 
Può raggiungere dimensioni notevoli, arrivando fino ai due metri di lunghezza e ai 90 chilogrammi di peso e vivere molto a lungo. Gli esemplari maschi vivono fino a circa 55 anni e le donne possono raggiungere i 150. Nonostante il loro nome, questi pesci possono essere trovati anche nei fiumi, anche se evitano l'ambiente marino. 
 
Un tempo questa specie faceva parte della maggior parte degli ecosistemi dei Grandi Laghi, della Baia dell'Hudson e del Missisipi, popolando il continente nordamericano dal Canada all'Alabama. Purtroppo, la pesca intensiva ha causato ingenti perdite diminuendo la loro popolazione. Veniva in principio ucciso perché danneggiava l'equipaggiamento da pesca e in seguito, quando la carne e le uova diventarono pregiati, divenne il bersaglio della pesca commerciale. Tra il 1879 e il 1900, venivano pescati nella zona dei Grandi Laghi una media di 1.8 tonnellate di storione ogni anno. A questa pesca insostenibile si aggiunsero ostacoli ambientali come l’inquinamento e la costruzione di dighe e altri sistemi di controllo delle piene. 
 
Lo storione, che ogni anno ritorna per la fregola nei corsi d'acqua in cui è nato, deve affrontare il blocco degli affluenti e la distruzione dei banchi di uova da parte degli scarti agricoli o del taglio del legname. Per tutto il secolo scorso si è assistito a un drastico calo della pesca allo storione, a un aumento della regolamentazione e alla chiusura delle zone di pesca più fruttuose. 
 
Attualmente è considerato specie minacciata o in via di estinzione in 19 dei 20 stati che fanno parte del suo ecosistema originario. Negli ultimi anni, tuttavia, questo grande pesce è ritornato sulla scena grazie agli sforzi fatti per riparare ai danni ambientali nella zona dei grandi laghi, che ne hanno migliorato le condizioni, e alle politiche di protezione adottate, facendo dello storione una specie sotto controllo.

fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 20, 2013, 05:42:23
Il Conus Geographus....

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F04%2F27%2F110714899--575d6d80-ce82-4080-b2fb-ee449a67c16c.jpg&hash=d297e9e3092cf42215b496aa6e4fa7d9)

....è il più mortale tra le circa 500 specie del suo genere. Il suo guscio elaborato è molto ricercato dai collezionisti (fotografia di Kerry Matz).
 
Il veleno del Conus geographus, straordinariamente tossico, deve essere abbastanza forte da paralizzare all'istante, altrimenti il pesce predato riuscirebbe a nuotare via per morire da un'altra parte e il lento gastropode si sarebbe sforzato invano.

Originario delle scogliere dell'Indo-Pacifico, questo animale cresce fino a 15 centimetri e ha un guscio bianco e marrone apprezzatissimo dai collezionisti.

Il Conus geographus è il più velenoso fra le 500 specie del suo genere ed è considerato responsabile anche della morte di alcuni esseri umani; il veleno, un miscuglio di centinaia di tossine diverse, viene trasmesso da un dente a forma di fiocina che sporge dalla bocca, che è estendibile.

Non esiste un antiveleno contro le punture del Conus geographus, e l'unico rimedio consiste nel cercare di tenere le vittime in vita fino a quando le tossine non scompaiono. Paradossalmente, il veleno è ricco di proteine che, isolate, sarebbero ottime come antidolorifici.

Studi scientifici hanno dimostrato che queste proteine attaccano alcuni ricettori umani del dolore e sono fino a 10.000 volte più efficaci della morfina, senza averne gli effetti collaterali o causare dipendenza.

Il conus geographus è detto anche "lumaca della sigaretta", un'esagerazione umoristica per dire che una persona punta da questo animale avrebbe appena il tempo di fumare una sigaretta prima di morire.

FONTE: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 26, 2013, 02:08:49
Il Grande squalo bianco .....ha piu' appetito di quanto creduto

L'appetito del grande squalo bianco (terrificante protagonista delle serie di film 'Jaws') e' assai piu' grande di quanto finora creduto dagli scienziati. Lo rivela una nuova ricerca australiana, che sfata anche la credenza diffusa, secondo cui il piu' grande predatore dei mari puo' sopravvivere a stomaco vuoto per lunghi periodi, anche un mese.

Gli scienziati dell'Istituto di studi marini e antartici dell'Universita' della Tasmania hanno 'etichettato' 12 grandi squali bianchi presso la Neptune Island al largo dell'Australia meridionale con sistemi di posizionamento radio, per registrare con che velocita' nuotavano e quindi calcolarne il metabolismo e i fabbisogni di energia.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F10%2F18%2F173307066-7d883839-3512-4ae2-b8ca-7f877e36ca5d.jpg&hash=6ddefd583d50910e2be331dd5b35e17a)
(Fotografia di Brian J. Skerry).

Obiettivo della ricerca erano le abitudini alimentari di creature ancora poco conosciute, e la localita' e' stata scelta perche' le acque attraggono gli squali che si nutrono di cuccioli di foca di una vicina colonia. ''Il solo studio precedente sul fabbisogno di energia degli squali, condotto in America negli anni '80, suggeriva che uno squalo bianco da una tonnellata puo' sopravvivere con un pasto di 30 chili per circa un mese e mezzo. Tuttavia la nostra ricerca indica che un simile pasto fornisce energia per molto meno, fra 12 e 15 giorni'', scrive il responsabile dello studio Jayson Semmens, sulla rivista Scientific Reports.

''Il loro tasso di metabolismo e' molto piu' rapido di quanto si credesse''. I risultati sul fabbisogno di energia dei predatori di vertice, come i grandi squali a rischio di estinzione, sono di importanza critica per comprendere il loro ruolo negli ecosistemi e le implicazioni di una diminuzione del loro numero, aggiunge Semmens. ''Lo squalo bianco e' piuttosto vulnerabile perche' e' longevo, si riproduce tardi nella vita e produce una prole di numero ridotto''.

FONTE: ANSA
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on March 28, 2013, 03:41:53
Lo Squalo Tigre (Galeocerdo cuvier)

deve il suo nome alle scure righe verticali che distinguono gli individui più giovani: con l’avanzare dell’età, la striatura si va sempre più attenuando fino a sparire quasi del tutto. Questo grande predatore dal muso schiacciato ha una meritata fama da mangiauomini: negli attacchi ai natanti è secondo solo allo squalo bianco, ma, a differenza di questo, di solito non scappa via dopo il primo morso a un essere umano, perché il suo palato quasi non distingue i sapori.

Se il gusto lascia a desiderare, vista e olfatto dello squalo tigre sono straordinariamente acuti. La sua dieta contempla una gamma quasi illimitata di alimenti, e anche le carogne sono molto apprezzate. Ha denti affilati e seghettati, e mascelle potenti che gli permettono di spaccare conchiglie di molluschi e gusci di tartarughe marine. Negli stomaci di squali tigre catturati sono stati ritrovati resti di pastinache, serpenti di mare, foche, uccelli, calamari e addirittura targhe e copertoni.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2010%2F04%2F27%2F110045547--81ccdca1-3312-4f3f-96db-12dc0ded2a85.jpg&hash=ac02132e0a9854b5d8d8e84ade6f72fe)
(Fotografia di Bill Curtsinger)

Gli squali tigre sono comuni nelle acque tropicali e sub-tropicali di tutto il mondo. I più grandi possono misurare fino a 6-7,5 metri in lunghezza e pesare più di 900 chilogrammi. Sono molto pescati per le pinne, la carne e la pelle: dal loro fegato, ricco di vitamina A, si estrae un olio terapeutico. I danni della pesca eccessiva sono aggravati dal basso tasso di ripopolamento degli squali tigre che, nella Lista rossa dell'IUCN, sono classificati “specie quasi minacciata" in tutto il loro areale.

fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on April 10, 2013, 01:42:51
Nella Fossa delle Marianne i gamberetti mangiano legno

Secondo un nuovo studio, gli anfipodi scoperti nella Fossa delle Marianne sopravvivono a 10 mila metri di profondità perché si nutrono di legno.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2012%2F08%2F31%2F113217766-79b6dbba-3844-4c4e-b3bd-50fbe1ded509.jpg&hash=0cb548cced43184d436909dddb359200)
Campioni di Hirondellea gigas furono raccolti nel 2009 nella Fossa delle Marianne nelle vicinanze del Challenger Deep, il punto più profondo della Terra raggiunto nel marzo di quest’anno dal regista James Cameron.

Durante la sua immersione, Cameron ha potuto osservare dal vivo alcuni esemplari di H. gigas, che con i loro cinque centimetri di lunghezza, sono tra gli anfipodi più grandi, addirittura il doppio dei loro parenti più comuni, le pulci di mare.

Questi piccoli gamberetti vivono in sciami a profondità di oltre 10.000 metri, dove il cibo che arriva dalla superficie è praticamente assente. In che modo, quindi, questi crostacei riescono a sopravvivere e a diventare relativamente così grandi? Lo studio ha rivelato che questi piccoli crostacei possiedono dei potenti enzimi in grado di digerire il legno che occasionalmente raggiunge le profondità oceaniche.

“Dipendono dai resti sommersi di legno”, ha spiegato il coautore dello studio Hideki Kobayashi, e biologo marino del Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology

Kobayashi ha raccontato che per raccogliere gli anfipodi hanno usato delle trappole in parte realizzate con bottiglie di plastica riciclate. Calate nel Challenger Deep, dopo tre ore, le trappole hanno catturato quasi 200 anfipodi. In laboratorio, i ricercatori hanno identificato gli enzimi che digeriscono il legno e si sono accorti che sono ancora più efficienti una volta ricreate le condizioni di alta pressione del mare profondo.

Enzimi digestivi simili sono stati trovati nelle interiora di altri animali che si nutrono di legno, come le termiti, ma a differenza di altre specie d'acqua profonda, H. gigas non usa funghi o batteri durante la digestione. “Pensiamo che gli anfipodi producano gli enzimi autonomamente nel loro intestino”, ha detto Kobayashi. Il team ha anche rilevato i sottoprodotti della digestione del legno all'interno dei tessuti degli anfipodi. Uno di questi composti, il cellobiosio, “è un componente della cellulosa, che si trova nelle piante e non viene mai sintetizzato dagli animali”.

Come gli autori della ricerca, anche Alan Jamieson, biologo marino dell’Università di Aberdeen, è d'accordo sul fatto che gli anfipodi utilizzino gli enzimi per nutrirsi di legno. “Non sprecherebbero tanta energia per sviluppare una capacità e poi non usarla”, ha commentato Jamieson, aggiungendo che non è affatto sorpreso dalla scoperta, dal momento che “si sapeva già che gli anfipodi si mangiano di tutto. Lo sappiamo che sono in grado quasi di morire di fame per tantissimo tempo, ma quando si presenta l'opportunità di un banchetto, si ingozzano al punto quasi di scoppiare”.

Come osserva Kobayashi, gli H. gigas “sono degli opportunisti e se una nave affondasse nella Fossa delle Marianne, se la mangerebbero volentieri tutta. Addirittura hanno inziato a mordicchiare le parti in legno di ASHURA, il sistema video montato sulle nostre trappole”.

Una nuova fonte di bioetanolo?

Oltre ad aumentare le conoscenze sulla vita degli anfipodi, la scoperta un giorno potrebbe avere dei risvolti positivi sulle tecniche di produzione di bioetanolo, il combustibile che si ottiene dalla fermentazione delle biomasse (canna da zucchero, mais o cereali). A temperatura ambiente uno degli enzimi (cellulase) ha ridotto un foglio di carta comune in glucosio, uno zucchero semplice che può essere utilizzato per produrre bioetanolo. L'enzima degli anfipodi “è in grado di produrre glucosio a partire da alberi, erbacce, paglia, così come dalla carta”, ha detto Kobayashi.

E questo potrebbe rivelarsi un metodo molto efficace per produrre il biocombustibile senza dover usare il mais o la canna da zucchero e quindi intaccare le riserve alimentari globali.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista PLoS ONE.
Foto: JAMSTEC
Fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on April 10, 2013, 16:29:30
Negli abissi del nostro Mediterraneo si formano vortici d'acqua di 10 chilometri di diametro.

Si muovono lentamente, a 3.500 metri di profondità. Li hanno scoperti, assolutamente per caso, i fisici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) mentre raccoglievano dati per lo studio dei neutrini all'interno del progetto Nemo.

Nemo (Neutrino Mediterranean Observatory) è un osservatorio sottomarino ideato per rilevare il passaggio di neutrini di alta energia provenienti dallo spazio profondo. La collocazione è funzionale allo scopo, visto che i tre chilometri di acqua servono a schermare le altre radiazioni, al fine di ottenere dei dati validi.

Il progetto ha anche previsto l'installazione, nel Mar Ionio, di una serie di strumenti per la misura delle correnti e della temperatura; sono state così raccolte delle serie annuali di dati sulle acque profonde, che sono state poi analizzate dal team di Angelo Rubino, oceanografo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Ed ecco la sorpresa: la comunità scientifica non si attendeva di trovare, in un bacino chiuso, catene di grandi vortici simili a quelli che si osservano nell'Oceano Atlantico.

I dettagli della scoperta sono riportati su Nature Communications. Come e dove si formino queste strutture rotanti non è dato saperlo, al momento. L'origine potrebbe essere locale, ma non è escluso che i vortici si creino in zone lontane centinaia di chilometri e che poi arrivino nel Mar Ionio: i ricercatori, tra cui quelli Infn di Roma1, Catania e dei Laboratori Nazionali del Sud, “non escludono un’origine remota legata a processi di instabilità fluidodinamica nelle acque del Mar Adriatico e/o del Mar Egeo”. Per ora, simulazioni numeriche, risultati teorici e precedenti misure su diversi siti sembrano confermare questa ipotesi.

Riferimento: “Abyssal undular vortices in the Eastern Mediterranean basin”, A. Rubino, F. Falcini, D. Zanchettin, V. Bouche, E. Salusti.
Fonte: galileo.net



Nel 365 d.C. un violento terremoto colpì Creta generando uno tsunami nel Mediterraneo, che mobilizzò una gran quantità di sedimenti marini.


Grazie all'analisi proprio di quei sedimenti oggi, al largo delle coste siciliane, i ricercatori guidati da Alina Polonia dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) sono riusciti a ricostruire l'evento catastrofico che interessò il Mediterraneo secoli fa. I risultati delle loro analisi sono stati pubblicati su Scientific Report.

“Il deposito è noto con il nome di ‘Omogenite o megatorbidite Augias’ e occupa larga parte del Mediterraneo orientale”, racconta Alina Polonia illustrando la zona presa in considerazione dallo studio: “Per comprendere la sua origine erano state fatte varie ipotesi; tra queste, la più accreditata era l’esplosione del vulcano Thera (Santorini), avvenuta nel 1627-1600 a.C., che distrusse la civiltà minoica. Secondo gli studi del nostro team la causa di quest’enorme deposito sedimentario fu invece uno tsunami generato dal terribile terremoto che colpì Creta nel 365 d.C., con una magnitudo valutata tra 8 e 8,5 gradi della scala Richter”.

A confermare le ipotesi dei ricercatori le analisi del fondale, tra cui immagini acustiche e attività di carotaggio del sedimento eseguite a circa 4 km di profondità, che hanno mostrato un'origine diversa per i costituenti del deposito, come spiega anche Polonia: “L’effetto di un terremoto e dell’onda di tsunami può essere infatti la mobilizzazione di una quantità enorme di sedimenti, che da tutte le zone costiere vanno a depositarsi nella parte più profonda del bacino”.

Secondo i ricercatori, i cui risultati sono confortati anche dai racconti dello storico latino Ammiano Marcellino (330-397 d.C.) che parla di onde altissime penetrate in quel periodo ad Alessandria d'Egitto, l'evento del 365 d.C. non sarebbe stato l'unico a colpire il Mediterraneo. Altri tsunami, in tempi più lontani e a profondità maggiori avrebbero interessato il nostro mare.

Riferimenti: Mediterranean megaturbidite triggered by the AD 365 Crete earthquake and tsunami; Alina Polonia, Enrico Bonatti, Angelo Camerlenghi, Renata Giulia Lucchi, Giuliana Panieri & Luca Gasperini, Scientific Report.
Fonte: galileo.net
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on April 18, 2013, 09:19:34
.....Il Calamaro gigante

Nonostante il suo fascino misterioso, si sa ben poco del calamaro gigante, uno degli animali più enigmatici del pianeta. Ma ora un team di ricercatori ha scoperto che questi animali leggendari, diffusi in tutti gli oceani, sono molto simili a livello genetico, e contrariamente a quanto creduto sinora ne esiste una sola specie globale.

Protagonista fin dall’antichità dei racconti di marinai e pescatori, questo mostro marino fu descritto per la prima volta nel 1857 dal naturalista danese Japetus Steenstrup, che per definirlo utilizzò il termine Architeuthis dux.

Il calamaro gigante, anche se è uno dei più grandi invertebrati viventi, è conosciuto principalmente sulla base di resti ritrovati nello stomaco dei capodogli o di carcasse spiaggiate. Solo eccezionalmente i ricercatori hanno avuto a disposizione corpi interi, recuperati casualmente durante battute di pesca a strascico in acque molto profonde.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F03%2F25%2F130722218-bb9defb4-ebcb-4686-b005-adb5eab6b952.jpg&hash=50d5cac9912c9ae7f620801f1011f925)

Nel 2004 per la prima volta è stato documentato l’avvistamento di un esemplare vivo, mentre quest’anno è stato pubblicato il primo video. A causa quindi della scarsità di campioni di studio, sono statefatte molte speculazioni sulle loro reali dimensioni e sul numero di specie esistenti.

Dopo Steenstrup, gli scienziati, basandosi spesso su frammenti incompleti di tentacoli e resti decomposti, hanno descritto almeno 21 specie di calamaro gigante, una delle quali avrebbe addirittura raggiunto i 50 metri di lunghezza. Secondo gli autori dell’articolo, invece, la stima più realistica è di circa 18 metri di lunghezza per le femmine e qualche metro in meno per i maschi.

Così, per cercare di riordinare la confusione nella tassonomia del calamaro gigante, i ricercatori, guidati da Inger Winkelmann, dottoranda dell’Università di Copenaghen, hanno analizzato 43 campioni di DNA, appartenenti a esemplari raccolti in tutto il mondo.

Le conclusioni del loro studio sono chiare: a livello mitocondriale, sono praticamente identici e inoltre non vi è nessuna prova che vivano in popolazioni strutturate geograficamente. “Una possibile spiegazione di questo è che anche se ci sono prove che gli adulti vivono in aree geografiche relativamente ristrette, gli esemplari giovani che vivono sulla superficie dell'oceano si lasciano invece trasportare alla deriva dalle correnti, e una volta raggiunta una dimensione sufficientemente grande per sopravvivere negli abissi, pensiamo che si stabiliscano in un’area da dove poi ricomincierà il ciclo. Tuttavia, ci mancano ancora moltissime informazioni sulla vita e le abitudini di queste creature”, ha detto Winkelmann, commentando lo studio che è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B.

Non è ancora chiaro però il motivo di questa bassa diversità genetica e forse come suggeriscono i ricercatori, in passato i calamari giganti andarono incontro a un fenomeno conosciuto come "collo di bottiglia", cioè un evento o una serie di eventi che ridussero drasticamente il numero di individui a pochi esemplari, dai quali discenderebbe tutti i calamari attuali.

Tom Gilbert, genetista del Museo di Scienze Naturali di Copenhagen e supervisore della ricerca, ha detto: “Lavorare su un mostro marino leggendario come il calamaro gigante è stata un’esperienza fantastica. Nonostante i nostri risultati, non ho alcun dubbio che questi miti e leggende continueranno a far sgranare gli occhi ai bambini”.


Fotografia: Tsunemi Kubodera, Museo nazionale di Scienza, Giappone/AP
Autore: Alice Danti
Fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on April 23, 2013, 00:04:40
E' stata scoperta una nuova popolazione di rari delfini, nelle Filippine

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.greenreport.it%2F_new%2Fimmagini%2Fbig%2F2013_04_22_16_25_53.jpg&hash=90ceb0f2d8c45a5645f0c96f883b1b54)

Mavic Matillano, del team Wwf di Palawan, nelle Filippine, ha scoperto una nuova popolazione di delfini dell'Irrawaddy (Orcaella brevirostris), una specie ad altissimo rischio di estinzione, al largo dell'isola di  Palawan, lungo la costa del Mare delle Filippine occidentale. Jose Ma. Lorenzo Tan, del Wwf Philippines, spiega che «Questo branco di rari mammiferi marini, chiamati localmente Lampasut, è stato osservato un comportamento tipico, la caccia di prede recuperate in nasse e reti calate a circa un chilometro in mare aperto».

Nelle Filippine popolazioni di questi cetacei, con un muso attraversato da una specie di eterno buffo "sorriso"  sono state documentate a Malampaya Sound, al largo dell'isola di Panay e nel mare di Quezon.
Nonostante la loro rarità, i delfini dell'Irrawaddy sono in realtà animali molto adattabili, in grado di vivere in acque con salinità molto diversa: sottopopolazioni discontinue di questi cetacei vivono lungo le coste e negli estuari di grandi fiumi tra il Golfo del Bengala, il Myanmar, la Nuova Guinea e le Filippine.
L'Orcaella brevirostris ha di solito colori tenui, tanto che alcuni esemplari molto chiari possono sembrare beluga. Hanno la testa arrotondata, rostro praticamente assente e una piccola pinna dorsale triangolare. Sono noti anche perché sputano fiotti d'acqua.
Contrariamente a quanti molti credono l'Irrawaddy non è un vero e proprio delfino di fiume, ma un cetaceo oceanico che vive in acqua salmastra vicino a coste, foci di fiumi ed estuari ed è in grado di risalirli per lunghi tratti.
Questi rarissimi animali godono del più alto livello di protezione internazionale ed alcune popolazioni di delfini dell'Irrawaddy sono classificati dall'Iucn come vulnerabili in pericolo di estinzione, mentre alcune  popolazioni locali, come quella filippina di Malampaya Sound sono ritenute a grave rischio di estinzione.

L'avvistamento di Palawan è molto importante perché Matillano, ha contato almeno 20 individui in una sola volta. Per questi delfini si tratta di un branco di dimensioni non comuni, dato che di solito i delfini d dell'Irrawaddy si spostano in piccoli gruppi di massimo 6 animali.
«Per Palawan, questo è un ottimo segno - conclude . Jose Ma. Lorenzo Tan -  Anche se del tutto inaspettata, questa sorpresa è una nuova eccezionale scoperta tremenda per celebrare l'Earth Day nel Coral Triangle».

FONTE: greenreport.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on April 23, 2013, 03:41:07
A Genova rivive il Rex, eccellenza d'Italia
Modelli, foto, film d'epoca ricordano conquista Nastro Azzurro

Una enorme ricostruzione della fiancata del Rex, ispirata al film Amarcord di Federico Fellini, apre la mostra che Genova dedica al transatlantico piu' famoso d'Italia: capace di primeggiare nel mondo sulla rotta atlantica - nel 1933 conquisto' il mitico Nastro Azzurro - il Rex e' oggi, nei propositi degli organizzatori, simbolo delle capacita' e della tenacia italiane.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.ansa.it%2Fwebimages%2Ffoto_large%2F2013%2F4%2F22%2F71b1cebbc8de355a09825f32037bac94.jpg&hash=e2e2c37a8b589f50d266241accd092f5)

E' stata l'Autorita' Portuale di Genova a volere festeggiare l'80/o anniversario della conquista del primato, fino ad allora riserva di americani e inglesi, anche perche' fino a oggi nessuno ha ricordato degnamente il Rex. Quella genovese e' infatti la prima mostra dedicata al mito: ''c'e' una memoria collettiva straordinaria dietro al Rex - ha detto il presidente del Porto Luigi Merlo -, fino a oggi mai rievocata perche' il primato arrivo' sotto il regime fascista''.

Ospitata a palazzo San Giorgio, la suggestiva sede dell' Autorita', la mostra (fino al 30 settembre) ha un allestimento ispirato dalla famosa scena del film Amarcord di Federico Fellini con l'enorme fiancata illuminata del transatlantico che transita nella notte al largo di Rimini.

Curata da Paolo Piccione, propone modelli, fotografie, oggetti, grafica pubblicitaria e di propaganda, fotografie d' epoca e memorabilia della grande nave entrata nel mito.

Ne esce un Rex simbolo di tecnologia, coraggio, forza, capacita' umane. La piu' grande nave passeggeri di linea italiana fu varata nel 1931 a Genova ed entro' in servizio nel 1932: aveva una stazza di 51.062 tonnellate, era lunga 268,20 metri e larga 31 metri. Motori con 142.000 cavalli di potenza gli consentirono navigare a 29,5 miglia orarie. Un equipaggio di 756 persone assisteva 604 passeggeri di prima classe, 378 di seconda classe, 410 in classe turistica e 866 in terza classe.

Il 10 agosto 1933, al comando del capitano Francesco Tarabotto di Lerici, partiva da Genova alle 11.30 diretto a New York. Nei giorni 13 e 14 incontro mare agitato e venti contrari da ovest e sud ovest ma le 3.181 miglia da Gibilterra a New York (valide per il record), vennero coperte in 4 giorni, 13 ore e 58 minuti, alla velocita' media di 28,92 nodi.

Il Rex fece poi una brutta fine: distrutto e incendiato a Capodistria in un bombardamento alleato durante la seconda guerra mondiale, venne depredato prima dai tedeschi e poi dagli istriani. Tra i cimeli rimasti, e in mostra a Genova, le lettere del suo breve nome salvate dalla demolizione dello scafo e la campana originale. A Genova e' esposto anche il trofeo Hales, l'ambito premio per la nave piu' veloce dell' Atlantico.

Autore: Alessandro Carlevaro
Fonte e Foto: ANSA
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on May 12, 2013, 01:21:54
Il clima si studia grazie agli elefanti marini

Come si scopre la fonte di una massa d'acqua profonda antartica? Ci si arma di pazienza, una buona ipotesi di partenza, immagini satellitari, sensori sottomarini e, non ultimo, un buon numero di elefanti marini. È così almeno che un gruppo di ricercatori guidati da Kay Ohshima dell'Università di Hokkaido ha scoperto l'elusiva origine di una “corrente di acqua profonda antartica”, uno dei fiumi sottomarini di fredda acqua polare che contribuiscono a regolare il clima del pianeta. Nello studio, pubblicato su Nature Geoscience, i ricercatori hanno seguito gli spostamenti di un gruppo di elefanti marini (Mirounga leonina) equipaggiati con sensori satellitari. In questo modo sono stati raccolti dati preziosi, che hanno permesso di svelare la misteriosa origine della corrente oceanica.

Le acque profonde antartiche, in inglese Antarctic bottom water (o Abw), sono correnti di acqua fredda e particolarmente salina che si forma vicino alle coste antartiche. Essendo più densa della normale acqua marina, l'Abw sprofonda verso il fondale oceanico, raggiunto il quale scorre lentamente in enormi fiumi sottomarini che si diramano per tutto il globo, contribuendo a regolare il clima terrestre.

Fino a oggi erano noti solo 3 punti di origine di queste acque profonde antartiche: un primo scoperto nel mare di Weddell nel 1940, e altri due trovati nel mare di Ross e lungo le coste del territorio antartico di Terra Adelia, negli anni '60 e '70. Per anni gli oceanografi avevano speculato sulla probabile esistenza di altri punti di origine, senza riuscire però ad individuarli. In alcuni campioni erano stati trovati degli inquinanti atmosferici, noti come clorofluorocarburi, che suggerivano che la massa d'acqua profonda da cui provenivano fosse venuta in contatto con l'aria in una zona lontana dai tre punti di origine noti.

Utilizzando questa informazione, il team di Ohshima ha formulato l'ipotesi che i campioni potessero avere avuto origine in una polynya, una regione di acque aperte in cui le correnti marine e i venti impediscono la formazione di ghiaccio. Utilizzando le immagini satellitari, i ricercatori hanno quindi controllato diverse polynya, individuando un possibile candidato nella regione di Cape Darnley. È a questo punto che sono entrati in gioco gli elefanti marini. Utilizzando dei sensori installati sul fondale e monitorando gli spostamenti degli animali taggati, i ricercatori hanno analizzato la zona, alla ricerca di forti correnti discendenti che tradissero la presenza di una corrente di acqua profonda antartica. L'analisi dei dati ha quindi confermato che si trattava proprio della zona di origine cercata.

“Gli elefanti marini hanno raggiunto una zona della costa irraggiungibile con le barche”, spiega Guy Williams, oceanografo dell'Antarctic Climate and Ecosystems Cooperative Research Centre di Hobart, in Australia, coautore dello studio. “Alla ricerca di cibo, diversi esemplari hanno raggiunto una profondità di oltre 1.800 metri, attraversando in questo modo lo strato di acqua più densa che si inabissava verso il fondale dal polynya. Ci hanno fornito così misurazioni preziose per comprendere il funzionamento invernale di questo processo”. Secondo i ricercatori, i dati emersi dallo studio aiuteranno ora a comprendere con più precisione il ruolo svolto dall'Oceano Glaciale Antartico nella regolazione del clima a livello globale, un'informazione che potrebbe risultare preziosa nella lotta contro il riscaldamento globale.

Riferimenti: Nature Geoscience Doi:10.1038/ngeo1738

Articolo di Simone Valesini
FONTE: galileonet.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on May 20, 2013, 06:48:31
Lo spiaggiamento, singolo o in massa, di cetacei


è un fenomeno ormai conosciuto da tutti e da molto tempo. Le cause che determinano lo spiaggiamento di animali vivi sono al centro di un dibattito aperto che dura ininterrottamente ormai da molti decenni. Le teorie sono varie, ma si può con ragionevole prudenza affermare che tale evento può essere provocato di volta in volta da cause diverse, singole o combinate. Pertanto cause individuali, patologie o comunque situazioni di difficoltà individuale, possono indurre un animale a portarsi in prossimità della costa alla ricerca di un bassofondo sul quale appoggiarsi per poter respirare senza eccessivo sforzo. Se l’animale appartiene a una specie dal comportamento sociale particolarmente sviluppato, può succedere che gli individui del branco seguano fino a terra quello o quelli di loro che sono in difficoltà. Certamente anche cause ambientali, quali ad esempio anomalie locali nel campo geomagnetico, al quale sembra che i cetacei siano sensibili, possono provocare fenomeni di spiaggiamento talvolta anche massiccio.  Per i Cetacei che invece arrivano a terra ormai morti, spinti dalle correnti e/o dalle mareggiate, la determinazione delle cause di morte assume un aspetto di estrema importanza per la valutazione dello stato di salute delle popolazioni e dell’impatto antropico operato dalle attività umane direttamente in mare o sulla costa. Ma gli spiaggiamenti di Cetacei sono una fonte di informazioni notevole perché dalle carcasse recuperate si possono ricavare notizie e dati riguardanti la biologia, l’ecologia, le patologie delle specie mediterranee e il livello di contaminazione e quindi lo stato di salute dei nostri mari.

In Italia il monitoraggio degli spiaggiamenti di carcasse o il soccorso di animali vivi lungo tutti gli 8000 km di coste nazionali, viene effettuato dal Centro Studi Cetacei (CSC) della Società Italiana di Scienze Naturali. Questa struttura operativa è nata nel 1985 durante il I° Convegno Nazionale sui Cetacei tenuto a Riccione nei giorni 18/19/20 ottobre  per iniziativa del Museo Civico di Storia Naturale di Milano e su invito dell’Adriatic Sea World di Riccione, che ne curò l'organizzazione e l’ospitalità.

Per attivare il Progetto Spiaggiamenti fu determinante la sponsorizzazione di Europ Assistance Italia S.p.a., che offrì gratuitamente il proprio servizio di centralino telefonico 24 ore su 24, tuttora operante, per ricevere da tutta Italia le segnalazioni riguardanti i Cetacei spiaggiati o in difficoltà. Contemporaneamente ebbe fondamentale importanza la collaborazione che il Ministero della Marina Mercantile assicurò mediante le Capitanerie di Porto e rispettive suddivisioni amministrative, quali organi di controllo del litorale maggiormente qualificati a segnalare lo spiaggiamento di Cetacei.

Il CSC per il “Progetto spiaggiamenti” è organizzato sulla base di una rete periferica nazionale costituita da 17 Unità Operative distribuite in 12 regioni, facenti capo a 17 Corrispondenti di Zona (C. Z.). Questi ultimi sono responsabili nei confronti del Centro Studi Cetacei dell'operato nel loro ambito territoriale con una serie di compiti vari fra i quali i prioritari sono stabilire e mantenere contatti con tutte le Autorità locali che sono coinvolte durante ogni evento di spiaggiamento e organizzare e coordinare tutte le fasi dell'intervento.

Ogni volta che si verifica uno spiaggiamento si pone in atto la seguente procedura:

1) lo spiaggiamento viene rilevato dalle Autorità locali (Capitanerie di Porto, Carabinieri, Guardie di Finanza, Guardie Forestali etc.) o da privati cittadini;

2) viene data notizia dell'evento telefonando a Europ Assistance (02/58241) che provvederà ad informare la sede operativa del CSC;

3) dalla sede operativa viene avvisato il Corrispondente di Zona del CSC competente per territorio, al quale vengono trasmesse tutte le informazioni ricevute;

4) il Corrispondente di Zona, dopo aver controllato direttamente  e avuta conferma dell’evento, attiva il proprio gruppo di intervento e, d'intesa con le Autorità locali, organizza l’intervento.

Questo si articola in varie fasi. Nella prima viene effettuata l’ispezione della carcassa, la sua identificazione specifica e il rilevamento di standard biometrico. è compito del C. Z., inoltre, provvedere per l'esecuzione dell'esame necroscopico da parte di personale veterinario specializzato, coordinare il prelievo di campioni di organi e di tessuti per analisi batteriologiche, virologiche e parassitologiche e per le varie ricerche di coloro che, tramite il CSC, ne hanno fatto richiesta.  Di estrema importanza è la seconda fase dell'intervento, a completamento della prima, consistente nel recupero irrinunciabile, totale o parziale, dei reperti osteologici e nella loro musealizzazione, che deve essere garantita con ogni mezzo dal Corrispondente di Zona.

Dalla sua costituzione il CSC ha effettuato circa 2600 interventi con un ingente recupero di materiali osteologici che sono andati ad arricchire le collezioni di molti Musei naturalistici. Inoltre la mole di dati raccolti è tale da costituire una preziosa banca a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale.

L’Italia è l’unico paese del Mediterraneo e dell’Europa ad avere organizzato e attivato una rete nazionale per il monitoraggio degli spiaggiamenti dei Cetacei e a pubblicarne un consuntivo annuale. 

AUTORE: M. Borri
FONTE: unipv.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on May 24, 2013, 07:57:23
I Tornado in Italia

I tornado sono possibili anche in Italia, dove pero' sono molto meno intensi e decisamente piu' rari di quanto non lo siano negli Stati Uniti. Le zone nelle quali la loro formazione e' piu' frequente sono le zone costiere e, soprattutto,la Pianura Padana.

''In queste zone possono formarsi sistemi connettivi che in particolari condizioni possono dare origine a dei tornado'', osserva Massimiliano Pasqui, dell'Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ibimet-Cnr). ''I meccanismi che li generano sono gli stessi che agiscono ovunque, la differenza - spiega - e' nell'energia''.
Cio' che in Italia rende impossibile la formazione di violenti tornado, declassandoli a trombe d'aria, sono le caratteristiche tipiche del Mediterraneo e quelle del territorio italiano. Innanzitutto c'e' la grande vicinanza fra il mare e le zone piu' interne del Paese: ''Il Mediterraneo non e' mai lontano dall'entroterra e in queste condizioni la formazione di vortici puo' essere facilmente disturbata dagli ostacoli, primi fra tutti i monti'', rileva Alfonso Sutera, del dipartimento di Fisica dell'universita' Sapienza di Roma.

Per questo motivo la Pianura Padana e' la zona nella quale piu' facilmente possono formarsi le trombe d'aria. Qui le masse d'aria fredda e secca possono incontrare quelle di aria calda e umida, innescando i moti convettivi all'origine degli uragani. ''Tuttavia non si verifica mai una situazione confrontabile a quella degli Stati Uniti'', osserva l'esperto.
Le stagioni piu' frequenti sono quelle che segnano il passaggio dalla stagione fredda a quella piu' calda. ''La primavera e' una delle stagioni piu' a rischio - spiega Pasqui - perche' in questo periodo dell'anno e' piu' frequente la presenza di masse d'aria fresca capaci di accentuare l'instabilita', associati a sistemi convettivi''.

Tuttavia, rileva Sutera, bisogna considerare che le differenze stagionali nel Mediterraneo non sono mai troppo marcate: ''Possiamo distinguere nettamente due stagioni: una fredda ed una calda'', osserva. ''Il Mediterraneo - prosegue Sutera - e' un grande mediatore di eventi meteorologici. E' un mare chiuso e mantiene una temperatura sufficientemente alta da far si' che le instabilita' siano rare: e' difficile che si verifichi la formazione di aria molto calda e umida al di sotto di masse d'aria molto secca e fredda''.

FONTE: ANSA
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on May 26, 2013, 06:44:12
Mongolfiere sottomarine catturano energia di sole e vento
Allo studio una sperimentazione lungo coste Sicilia e Calabria

(ANSA) - MILANO, 20 MAG - Intrappolare l'energia del sole e del vento in fondo al mare per usarla solo quando necessario: è possibile grazie a vere e proprie 'mongolfiere' sottomarine, degli enormi palloni ancorati al fondale che accumulano al loro interno aria compressa per liberarla sotto forma di energia elettrica quando richiesto.

Questi innovativi sistemi di accumulo sono allo studio nei laboratori di Rse (Ricerca sul Sistema Energetico), e presto potrebbero essere testati lungo le coste di Sicilia a Calabria.

"Si tratta di grandi palloni che si gonfiano e sgonfiano come delle fisarmoniche, raggiungendo quasi 4.000 metri cubi di volume", spiega Federico Cernuschi, l'ideatore del progetto nato nel 2011.

'Figli' della ricerca aerospaziale, i palloni sono composti da un tessuto impermeabile ed elastico montato sopra un'intelaiatura metallica. Ancorati al fondale a 5-10 chilometri dalla costa, ad una profondità di circa 500 metri, possono immagazzinare sotto forma di aria compressa l'energia prodotta in maniera discontinua dalle fonti rinnovabili, in modo da liberarla secondo le esigenze del mercato elettrico. In uno scenario di lungo periodo potrebbe prendere forma anche un'ipotesi di particolare interesse, cioé quella di associare i palloni agli impianti eolici off-shore. "L'idea però non sembra di facile applicazione - afferma Cernuschi - perché le piattaforme con le pale eoliche vengono di solito installate dove la profondità del mare e la pressione esercitata dall'acqua non sono adatte ai palloni per l'accumulo".

Per chiarire tutti i problemi tecnici che possono sorgere dall'installazione e dalla gestione di questi serbatoi sottomarini, gli esperti Rse stanno valutando la possibilità di avviare una sperimentazione con un piccolo prototipo del pallone. Al momento sono state individuate tre possibili località dislocate lungo le coste calabresi e siciliane.(ANSA).

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on June 01, 2013, 17:02:37
Ambiente: in Messico ong compra e libera squali catturati
Pelagic life li acquista da pescatori, vivi valgono piu' che da morti

(ANSA) - ROMA, 27 MAG - La loro fama è da sempre pessima. Film, racconti, leggende, persino i cartoni animati li descrivono come spietate macchine da guerra, cacciatori d'uomini, sempre affamati. Gli squali però sono responsabili di appena una manciata di vittime l'anno in tutto il mondo e sono un pezzo importante dell'ecosistema. Per questo l'Organizzazione messicana Pelagic Life compra ai pescatori della Baja California, a un prezzo superiore a quello di mercato, gli squali presi reti e negli ami per liberali di nuovo in mare. Il 'prezzo' di uno squalo varia a seconda della sua grandezza e specie. Si va dai 100 pesos (circa 6 euro) di un piccolo Mako fino ai 500 pesos degli esemplari di maggiori dimensioni come lo squalo martello. L'idea è quella di far capire ai pescatori che uno squalo vivo vale di più di uno morto sia per il ricavo immediato che per la salvaguardia dell'ecosistema e quindi del proprio futuro. Sul lungo termine si punta a fare delle acque Messico un 'santuario' degli squali per sviluppare forme di ecoturismo. "Dobbiamo tutti renderci conto - spiega Monica Lafon di Pelgic Life - che dobbiamo unire i nostri sforzi per arrivare a un cambiamento positivo" della salute dei nostri mari. Un modo per invertire una caccia senza quartiere che, al contrario delle leggende, sono gli squali a soffrire per mano dell'uomo. In un anno si calcola che ne vengono pescati oltre 100 milioni, magari per il consumo delle sole pinne particolarmente apprezzate dalla cucina cinese. Con la crescita dell'economia in Cina è infatti salita la domanda e in Messico é partita una caccia indiscriminata. I primi segnali, secondo Pelagic Life, da parte dei pescatori locali sono incoraggianti e la maggiore cooperativa locale sta collaborando al progetto. Fino a ora sono 100 gli squali salvati.(ANSA).
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on July 01, 2013, 20:24:29
Un tempo era possibile osservare il fantastico scenario offerto dal fenomeno dell’aurora boreale fin sul bacino centrale del Mediterraneo.

La testimonianza diretta del singolare evento arriva proprio dagli antichi romani. Nel 37 a.c., l’imperatore Tiberio osservò da Roma un esteso fascio di luci rosse provenienti dal quadrante occidentale (verso il mar Tirreno) che illumino d’improvviso il cielo dall’oscurità della notte. Stupito dall’insolito fenomeno, Tiberio, decise di inviare alcune squadre di uomini verso il litorale di Roma, per comprendere la natura del fenomeno. In un primo tempo si penso ad un grande incendio scoppiato sul litorale. Ma le squadre inviate sul posto non trovarono alcuna traccia. Dichiarando allo stesso Tiberio di non aver osservato nulla, a parte delle strane scie luminose colorate di rosso che libravano nel cielo della notte, sopra le acque del mar Tirreno. E’ chiaro che l’insolito fenomeno può essere attribuito all’aurora  boreale. Anche nei tempi medievali, quando l’attività solare era piuttosto intensa, troviamo  parecchie testimonianze di affascinanti aurore che illuminavano i cieli del Mediterraneo (inclusa l’Italia), forse legate ad una attività solare molto forte. Forse non sarà un caso se in quel periodo si sperimento il periodo del cosiddetto “optimum climatico medioevale”, fra l’anno 1000 e il 1200-1300, una fase climatica piuttosto calda, tanto che in Inghilterra e in Scozia si coltivava la vite.

FONTE: METEOWEB
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on July 04, 2013, 18:57:34
Dissetarsi in estate è una necessità, ma purtroppo spesso ci si imbatte in bevande dannose per la salute che non ci si aspetta di incontrare. Il caldo è un nemico subdolo, soprattutto quando  è veramente insopportabile, e può essere causa di colpi di calore che vanno combattuti, come tutti ormai ben sanno, bevendo parecchio, molto più del solito, solo che a volte si fanno le scelte sbagliate, anche se inconsapevolmente, e si assumono bevande che di salutare hanno veramente ben poco. Nulla è meglio di un bel bicchier d’acqua, semmai con l’aggiunta di una fettina o di un po’ di limone spremuto, ma invece ci si fa irretire dalle tante bevande che fanno bella mostra di sé sui banchi dei supermercati, che in molte occasioni invece sarebbe meglio evitare.

Succhi di frutta, bevande gassate, acqua aromatizzata e tante altre ancora, sono tutte bevande che, di primo acchito, sembrano dissetare, me dopo pochi minuti ci si ritrova nelle stesse condizioni di arsura di prima. I malpensanti, o forse solo i più maliziosi, potrebbero anche pensare che questo sia voluto, un po’ come avviene con gli snack per nulla sazianti ma che fanno crescere il giro vita, per cui una bottiglia tira l’altra, a tutto vantaggio del produttore e con scarsi vantaggi, se non addirittura danni, per l’assetato consumatore.

Ma vediamo quali sono queste bevande poco raccomandabili che sarebbe meglio evitare, in particolar modo  per dissetarsi.

I succhi di frutta, tanto amati dagli italiani, quelli confezionati ovviamente, che hanno avuto negli anni passati il loro periodo di gloria anche grazie a campagne pubblicitarie molto ben orchestrate. In questi, in quasi tutti almeno, la presenza della frutta è del tutto occasionale, si potrebbe dire, mentre invece sono a base di acqua addizionata da coloranti e zuccheri artificiali. All’atto dell’acquisto bisognerebbe leggere attentamente l’etichetta, e non dare solo una frettolosa occhiata alla data di scadenza, in modo da verificare le reali quantità di frutta in esso contenute. La soluzione migliore, se proprio si vuole bere un succo di frutta, è quella della preparazione casalinga, cosa che consente anche di verificare lo stato della frutta utilizzata, mentre questo nei succhi confezionati è un controllo impossibile da fare.

Nel periodo estivo in particolar, fanno la loro comparsa le bevande a base di acqua aromatizzata alla frutta, ovviamente, e negli ultimi anni anche a base di fiori. La presenza dei tanto pubblicizzati Sali minerali o vitamine è incerta, mentre è quasi sempre certa la presenza di coloranti e conservanti. La soluzione migliore, come detto anche in precedenza, è un bicchiere d’acqua con l’aggiunta di limone o di una foglia di menta.

Gli energy drink potrebbero essere una buona soluzione se invece non fossero, come quasi sempre accada, eccessivamente ricchi di caffeina e di zuccheri raffinati, che danno una carica pressoché immediata, anche se altrettanto rapidamente questa si esaurisce, ma che qualche danno all’organismo lo fanno, proprio per l’eccessiva loro concentrazione. La soluzione migliore, se si vuole una bevanda energetica, è quella della preparazione casalinga di un bel tè verde freddo, con una spruzzata di limone.

Tanto per restare in argomento, il tè freddo confezionato è quasi sempre eccessivamente ricco di coloranti e conservanti, oltre che del solito zucchero raffinato. Bisogna tener presente che le bevande zuccherate sono dei falsi dissetanti, mentre fanno assorbire una gran quantità di zuccheri, cosa molto poco raccomandabile.

Infine, le bevande gassate. Il fascino delle bollicine, anche se non si sta parlando di spumante, è sempre irresistibile, solo che di buono hanno ben poco. A parte il fatto che sono una delle principali cause del gonfiore intestinale, in quanto l’organismo non riesce ad eliminare i gas in eccesso, sono anche spesso troppo ricche di zuccheri raffinati e sono state accostate ad obesità e diabete. Quindi, per dissetarsi, la cosa migliore a farsi le bevande in casa, senza zucchero e senza nessun’altra cosa che possa essere dannosa per la salute.

Fonte: tuttasalute.net
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: AndreaGentile on July 04, 2013, 20:35:34
Da aggiungere che di contro sudare molto e bere molta acqua porta a perdere molti sali minerali: mangiare quindi molta frutta fresca che contiene anche fruttosio (zucchero altamente digeribile), acqua e vitamine... esistono poi integratori da aggiungere all'acqua per compensare le perdite ;)
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on July 07, 2013, 00:13:10
La cernia dei coralli.....  

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F05%2F02%2F123502401-afa71c65-e269-464c-a12a-0cf076a16e2f.jpeg&hash=3fddbb8d65e8ea72be29a1aa6b2f5d25)

....è un abile cacciatore, veloce nell'inseguire e nell'attaccare la preda in mare aperto. Ma quando la preda si infila nelle fessure e negli anfratti della barriera corallina, questo pesce ricorre a una sorta di linguaggio dei segni per chiedere rinforzi.

Il pesce infatti "chiama in aiuto" altri due predatori, la murena gigante e il labro Napoleone, aspettando anche 25 minuti che uno dei due si presenti sulla scena.  Lo rivela un nuovo studio apparso ad aprile 2013 su Nature Communications. Quando uno di questi due pesci arriva, la cernia indica col naso la preda nascosta e comincia a scuotere il corpo. È  un segnale che equivale a suonare il campanello per chiamare tutti a tavola: il pranzo è servito!

E a quel punto la squadra di "killer" di varie specie si mette al lavoro. Il labro è quello forzuto, che si lancia contro la barriera corallina e la fa a pezzi, costringendo la preda a scappare per evitare di restare ferita.

"Il labro ha delle fauci possenti, e può distruggere tane che non siano costruite particolarmente bene", afferma il co-autore dello studio Redouan Bshary, etologo dell'Università di Neuchâtel, in Svizzera. "Questi pesci sono in grado di rompere il corallo."
"Così, per evitare di essere schiacciata insieme al suo rifugio, la preda esce dalla tana", continua Bshary, che ha osservato questi comportamenti durante le immersioni effettuate nelle spedizioni di ricerca nel Mar Rosso.

Pur non avendo questa capacità distruttiva, le murene non sono meno letali. I loro corpi sottili permettono loro di penetrare nelle fenditure dei coralli per inseguire la preda al loro interno. Se poi il pesce riesce a sfuggire sia al labro che alla murena, allora la cernia ha una chance in più di procurarsi un pasto.

"Infatti, anche se hanno imparato a lavorare in squadra, i pesci non condividono il cibo", sottolinea Bshary. "Chiunque conquisti la preda, la divora tutta intera."

Anche se, in questo modo, più partecipanti competono per una sola fonte di cibo, le cernie hanno più successo lavorando in gruppo.
Quando cacciano da sole, infatti, catturano una preda ogni 20 tentativi, afferma Bshary. "Quando invece ricevono aiuto, il risultato è decisamente migliore: circa un tentativo su sette va a buon fine".

Caccia di gruppo

Le cernie ricorrono al linguaggio dei segni anche per una "chiamata alle armi". A volte, ancor prima che la preda sia stata avvistata, si avvicinano a un labro o a una murena scuotendo il corpo, movimento che viene interpretato come una richiesta di cacciare in squadra. Il trio inizia quindi a pattugliare l'oceano utilizzando ognuno le proprie capacità specifiche.

"Vanno a cacciare insieme", spiega Bshary, autore dello studio. "Vederli arrivare tutti assieme e cominciare a ispezionare la zona è uno spettacolo abbastanza impressionante".

Gli scienziati non hanno ancora capito perché le cernie siano in grado di comunicare con altre specie. Mentre è risaputo che gli eseri umani, le scimmie antropomorfe e alcuni uccelli sono in grado comunicare, la comunità scientifica finora riteneva che il minuscolo cervello di un pesce non fosse adeguato a questo scopo.

Bshary e il suo gruppo hanno collezionato molte ore sott'acqua per studiare lo stravagante balletto della cernia. "In genere si pensa che sia necessario avere un cervello di grandi dimensioni per poter comunicare gestualmente", afferma Bshary. "Questa scoperta invece dimostra che le abilità cognitive sono indipendenti dalla dimensione del cervello".

Il prossimo passo, continua il ricercatore, sarà ripetere l'esperimento portando queste specie all'interno di un laboratorio, per capire quali altri segreti potrebbero nascondersi dietro gli strani segnali della cernia.

Autore: Mollie Bloudoff-Indelicato
Fonte: nationalgeographic.it
Fotografia di Reinhard Dirscherl, WaterFrame/Getty Images
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on July 13, 2013, 12:01:57
..Un tubo nel cielo

Il sito della NASA che raccoglie le immagini astronomiche del giorno ha pubblicato questa immagine, corredata da una spiegazione molto più semplice di quello che si possa immaginare. Quella fotografata sulla spiaggia  di Las Olas a Maldonado, in Uruguay, ormai qualche anno fa, ma che non smette di essere riproposta in rete, è infatti una cosidetta nube a rullo:

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F06%2F05%2F121622872-3036c58a-add2-4b99-af43-9ffb0a8e1785.jpg&hash=8bd319ef658b99a78ab1a9afa512d0ce)

Si tratta di una formazione nuvolosa allungata e piuttosto rara che può formarsi nelle vicinanze di un fronte freddo in avanzamento. Una corrente d'aria discendente proveniente da un fronte temporalesco provoca il sollevamento dell'aria umida e il suo successivo raffreddamento, formando una nube. Quando questo accade in maniera uniforme lungo un fronte esteso si forma una nube a rullo. Questo tipo di nubi ha effettivamente dell'aria che circola lungo l'asse orizzontale della formazione.

Fotografia di Daniela Mirner Eberl/NASA
FONTE: nationalgeographic.it

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on August 19, 2013, 18:34:05
Andare al mare fa bene, può persino essere miracoloso ecco perchè  

Il mare è un ambiente unico e benefico nel quale il nostro organismo si rigenera e si rilassa.

Le vacanze al mare, oltre ad essere un momento di divertimento, sono utili per alleviare alcuni malesseri, come per esempio problemi dermatologici e le allergie respiratorie. I campi nei quali il mare apporta benefici alla nostra salute non finiscono così ma comprendono l’osteoporosi, la ritenzione idrica e le patologie di tipo reumatico.

L’aria marina è ricca di iodio, di potassio e di altri sali minerali che si sviluppano in seguito all’azione dell’acqua sulla riva, questo fenomeno è ancora più evidente quando il mare si infrange sugli scogli. Quando si sta a riva, si può usufruire di un aerosol salutare a costo zero utile per tutti ed in particolare per chi ha problemi di tipo respiratorio.

Al mare si migliora la circolazione e diminuisce la ritenzione idrica. Per ottenere questi benefici, è sufficiente camminare con le gambe immerse nell’acqua oppure posizionarsi sul bagnasciuga sfruttando il massaggio della risacca.

L’acqua marina, ricca di sali, favorisce l’eliminazione dei liquidi in eccesso, combattendo contemporaneamente anche il gonfiore. Se si soffre di cattiva circolazione e vene varicose, è bene proteggere le gambe dall’azione diretta dei raggi, prediligendo le ore meno calde o stando spesso in acqua e sotto l’ombrellone. Per accentuare l’effetto benefico dell’acqua di mare, è opportuno praticare attività fisica e seguire una dieta ricca di acqua e verdura.

Le vacanze al mare portano giovamenti anche a chi soffre di osteoporosi. Questa è fra le patologie più pericolose perchè non dà sintomi e spesso viene scoperta quando ha già procurato numerosi danni. Per combattere questa malattia, nota anche come “ladro silenzioso”, è fondamentale l‘esposizione solare, da effettuare sempre con i dovuti accorgimenti. E’ bene evitare le ore centrali della giornata, cioè quelle comprese fra le 11.00 e le 16.00, utilizzando anche una crema solare adeguata.

I raggi del sole hanno un’importanza fondamentale perchè favoriscono la produzione di vitamina D che è indispensabile per la salute delle ossa. Il sole è benefico a tutte le età, nei bambini previene il rischio di rachitismo e garantisce un corretto sviluppo scheletrico. Il sole è ideale per il benessere fisico ma anche per quello psicologico perchè migliora l’umore e ci rende più rilassati e felici.

L‘acqua marina è un valido aiuto anche per la nostra cute e chi soffre di problemi come arrossamenti o eczemi. Questi benefici sono possibili grazie alla presenza di alcune sostanze, tra le quali il sodio; i bagni al mare, salvo diversa indicazione specialistica, sono indicati anche per i pazienti affetti da psoriasi o da chi deve curare delle ferite.

In spiaggia, si può sfruttare anche la sabbia che diventa un buon supporto per camminare o correre, smaltendo molte calorie. E’ adatta anche per ottenere un effetto benefico se si soffre di artrosi o di problemi reumatici; alcune sabbie sono particolarmente calde e quindi più adatte per effettuare le sabbiature.

I numerosi effetti positivi che il mare sortisce sulla nostra salute sono alla base dei centri di talassoterapia dove è possibile immergersi in speciali piscine usufruendo di percorsi benessere appositamente studiati per ritrovare la perfetta forma fisica e la salute.

Eleonora Casula - tuttasalute.net

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on August 30, 2013, 21:30:49
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F08%2F26%2F121111869-72e4da86-43b6-4d22-9d2f-07026018707c.jpg&hash=79091469468fa6b8979972d50460855f)

L'autore di queste "architetture" sul fondo del mare non è un alieno degli abissi, ma il maschio di una specie di pesce palla recentemente scoperta, del genere Torquigener, che in questo modo attira l'attenzione della femmina.

Queste strutture circolari larghe due metri furono avvistate per la prima volta una ventina d'anni fa in Giappone, vicino all'isola di Amami-Oshima. La loro origine è rimasta a lungo misteriosa, ma un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports ha svelato l'arcano: si tratta "nidi" che questo pesce palla maschio, lungo meno di 13 centimetri, crea con il suo corpo, strusciandosi sulla sabbia in modo da produrre collinette e avvallamenti.

Questo lavoro meticoloso gli porta via circa 10 giorni, e comprende non solo la costruzione dell'architettura, ma anche la sua decorazione, costituita da disegni irregolari nella parte più interna del cerchio e da conchiglie e frammenti di corallo sulle collinette più esterne.

Quando una femmina giunge nelle vicinanze, il maschio solleva la sabbia fine del cerchio più interno del nido, pronto ad affrontare l'ispezione femminile; se il giudizio è positivo, lei depone le uova al centro del nido e se ne va.

Non è ancora chiaro quali siano i criteri di valutazione della femmina, se si basino sui disegni centrali, sulle decorazioni esterne o sulla dimensione e la simmetria del nido. Tuttavia, è probabile che la dimensione abbia un suo peso: un nido più grande potrebbe suggerire che l'autore sia forte e prestante.
Non solo il maschio costruisce il nido, ma si dedica anche alle cure parentali: una volta che la femmina se ne è andata, resta a vegliare le uova fino alla schiusa, che avviene sei giorni dopo la deposizione.


Fotografia per gentile concessione di Kimiaki Ito
Fonte: nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on September 01, 2013, 02:34:02
Il viaggio segreto dello squalo balena

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F08%2F22%2F124905052-54c820c9-4e76-486f-9062-a82d56d136c7.jpg&hash=6c9297a85b66f12eb97e8c6861ea5d77)

Il pesce più grande del mondo è un formidabile migratore, secondo i risultati di uno studio di localizzazione che ha mappato i lunghi viaggi intorno al Golfo del Messico e ai Caraibi di alcuni squali balena che si radunano, per nutrirsi, in una zona al largo della penisola dello Yucatan.

Anche una sola incredibile nuotata di uno squalo balena, di 7.200 chilometri, potrebbe contribuire a risolvere un mistero di lunga data: dove partoriscono gli squali balena? L'evento non è mai osservato da alcuno scienziato.

Il più ampio studio mai condotto sulle migrazioni dello squalo balena, che ha richiesto nove anni di rilevamenti, ha mostrato che le centinaia di animali delle dimensioni di uno scuola-bus che si riuniscono periodicamente in una zona ricca di plancton al largo della costa messicana arrivano da lontano.

Questo gigante gentile - che può raggiungere più di 12 metri di lunghezza e pesa in media 5 tonnellate - si nutre filtrando plancton, di piccoli pesci o uova.

È risaputo che gli squali balena si radunano per nutrirsi in una dozzina di luoghi privilegiati, dall'Australia occidentale all'Indonesia e al Belize. Ma tra maggio e settembre le acque dello stato messicano di Quintano Roo, nella parte nord-orientale della penisola dello Yucatan, attraggono un numero molto maggiore di animali rispetto ad altre zone: più di 800 esemplari in una sola stagione.

"Da questo punto in cui si alimentano, gli animali viaggiano su vaste aree della regione: nel Golfo del Messico, più a sud verso il Mar dei Caraibi, attraverso gli Stretti di Florida fino all'Oceano Atlantico aperto", spiega Robert Hueter, direttore del Center for Shark Research del Mote Marine Laboratory in Florida e tra gli autori dello studio. "Abbiamo scoperto animali che sono tornati per sei anni. Chiaramente ritornano per fare rifornimento di cibo per buona parte del resto dell'anno".

Questa disponibilità regolare di squali balena nel sito ha suggerito a Hueter, nel 2003, di iniziare ad accumulare dati applicando targhette agli animali e usando la localizzazione satellitare. Lo studio, portato avanti dal Mote Marine Lab e dalla Commissione Nazionale delle Aree Naturali Protette del Messico, è durato nove anni.

Secondo Mike Maslanka, direttore del Department of Nutrition Science allo Smithsonian's National Zoo di Washington, D. C., la quantità di tempo investito e i dati raccolti dagli studiosi sono eccezionali.

"Il lavoro che svolgiamo d'estate quando gli animali si ritrovano per mangiare fornisce soltanto 'un'istantanea' della vita di uno squalo balena", dice. "Questi sforzi di seguire gli animali nei loro spostamenti ci consentono invece di scoprire qualcosa in più su cosa accade negli altri momenti. Senza ricorrere a questo rilevamento non potremmo sapere nulla di quella parte della loro vita. È la cosa più bella di questa ricerca".

Maslanka aggiunge che "Queste creature sono così enormi che pensare che 'scompaiano' è a dir poco sorprendente. Si tratta del pesce più grande dell'oceano e non sappiamo dove si trovi per sei mesi all'anno".

Tra gli oltre 800 individui studiati, un animale in particolare si è distinto. Una femmina matura e presumibilmente gravida, soprannominata Rio Lady, è stata seguita nel corso di un'odissea di 7.800 chilometri, fino a quando, dopo cinque mesi di osservazione, la sua targhetta non si è staccata.

"Ha semplicemente continuato ad andare", dice Hueter. "Ha nuotato tra il Brasile e l'Africa, fino ad oltrepassare l'equatore, ed è lì che se ne sono perse le tracce".

Ma lo studio del suo viaggio e altre osservazioni di squali balena in quelle zone sperdute potrebbero aiutare a rispondere a una domanda che ha assillato gli studiosi di squali balena per anni: dove sono tutte le femmine? Nelle acque di Quintana Roo più del 70 per cento degli esemplari sono maschi, e anche in altri assembramenti nel mondo si osserva lo stesso sbilanciamento di genere.

"Non è possibile che una popolazione rimanga stabile con tutti quei maschi. È qualcosa che non si osserva in natura", dice Hueter. "Le femmine devono trovarsi da qualche parte, e crediamo che quelle gravide effettuino lunghe migrazioni verso il centro dell'oceano, vicino a montagne sottomarine o isole sperdute ... e che partoriscano lì", spiega Hueter. "Nelle zone costiere in cui si radunano per nutrirsi, per i piccoli - che appena nati sono lunghi meno di un metro - potrebbe essere più alto il rischio di essere predati".

"Riteniamo che l'ipotesi sia corretta, ma non è ancora stata verificata. Vedremo se questo accadrà nei prossimi anni", aggiunge lo studioso.

In natura sono stati osservati pochi squali balena molto giovani. Scoprire dove nascono questi animali, secondo Maslanka, rappresenta "il 'sacro graal' della biologia dello squalo balena".

Ma il punto non è semplicemente capire in quale o quali aree si trovino i piccoli. Di certo scoprirlo porterebbe a una comprensione migliore della biologia di base dello squalo balena, ancora lacunosa perché gran parte della vita di questi animali si svolge lontano dai nostri occhi.

"In una prospettiva di gestione dell'ecosistema, sarebbe importante assicurare che quell'area venisse tutelata, in modo che gli animali possano continuare a crescere indisturbati", conclude lo studioso.

Utilizzare questo tipo di ricerche per capire dove viaggino, si nutrano e si riproducano questi animali è la chiave per proteggere una specie sempre più amata non solo dagli ecoturisti.

"È il pesce più grande dell'oceano, ed è rappresentativo della salute di ecosistemi marini", dice Maslanka. "Potrebbe avere il ruolo di 'ambasciatore per la tutela degli oceani', specialmente nella striscia di mare intorno all'equatore".

Ma, come sottolineano alcuni ricercatori del gruppo di Huetere, la tutela di animali che viaggiano su così grandi distanze richiederà una cooperazione internazionale, perché la loro comparsa in una determinata zona potrebbe dipendere, in altre stagioni, da risorse che si trovano a molte centinaia di chilometri di distanza.

E anche se il loro accoppiamento rimane un mistero, studi genetici suggeriscono che lo scambio di geni tra squali balena avvenga tra animali che si spostano su vaste aree geografiche, e che esistano soltanto due grandi metapopolazioni: una nell'Atlantico e un'altra nell'Indo-Pacifico.

Ogni popolazione richiede una gestione su larga scala. L'intera specie è attualmente classificata come "vulnerabile" dalla Lista Rossa delle Specie Minacciate della International Union for Conservation of Nature (IUCN), e in alcune acque asiatiche viene ancora cacciata per le pinne e l'olio che se ne può ricavare.

Secondo Hueter ci sono buone possibilità che lo squalo balena possa essere protetto, con un processo che, nell'area da lui studiata, è già iniziato, grazie alla decisione del governo messicano di rendere le aree "di raduno" una Riserva della Biosfera dello Squalo Balena.

Bisogna fare ancora di più, sottolinea, ma la sopravvivenza di questa specie giustifica del tutto l'impegno necessario.

"Si tratta del pesce più grande che sia mai vissuto", dice Hueter, che lo definisce un animale "carismatico". "Non è pericoloso per le persone che amano osservarlo e nuotarci. Potrebbe essere il più grande animale del pianeta a cui è possibile avvicinarsi in natura senza correre alcun pericolo".

di Brian Handwerk per nationalgeographic.it
Fotografia di Mauricio Handler, National Geographic Stock
(La ricerca sullo squalo balena è stata finanziata parzialmente da una donazione della National Geographic Society).

Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on September 05, 2013, 01:07:52
Lo sguardo ingannevole del pesce damigella

Alcuni animali hanno macchie a forma di cerchi scuri circondati da un anello colorato, a simulare un'iride intorno a una pupilla, su diversi punti del corpo. Secondo uno studio condotto dall'ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies (CoECRS) e pubblicato di recente su Scientific Reports, la dimensione di questi "falsi occhi" - e dei veri occhi  -  di cui sono dotati i giovani pesci damigella della Grande Barriera Corallina australiana sarebbero condizionate dalla presenza o meno di predatori nelle prime fasi della vita.

I falsi occhi si trovano in diverse specie di pesci sia di mare che d'acqua dolce, oltre che in molti insetti terrestri, specialmente nei lepidotteri; di solito su parti del corpo non vitali. Anche se il loro significato evolutivo è ancora oggetto di dibattito, la loro diffusione in specie diverse spinge i biologi a ritenere che svolgano un ruolo importante per la sopravvivenza, deviando gli attacchi dei predatori verso parti del corpo meno importanti, o anche spaventandoli.

La funzione del "falso occhio" sulla pinna dorsale posteriore del pesce damigella di Ambon (Pomacentrus amboinensis) sarebbe proprio quella di trarre in inganno i predatori, inducendoli a sferrare il proprio attacco in direzione della coda piuttosto che della testa.

"Pensiamo che queste macchie portino il predatore ad avventarsi sull'estremità 'sbagliata' del pesce, lasciandogli la possibilità di scappare accelerando nella direzione opposta", spiega Oona Lönnstedt della James Cook University di Townsville, in Australia, tra gli autori dello studio, "e che riducano anche il rischio di ferite mortali alla testa".

In natura anche altre specie ricorrono a espedienti estetici simili per ottenere un risultato analogo. Per esempio, la colorazione scura dell'estremità della coda nelle donnole dalla coda lunga (Mustela frenata) bianche in ambienti innevati devia l'attacco dei falchi verso un punto "sbagliato".

Il nuovo studio ha indagato per la prima volta come l'esposizione continua ai predatori influenzi lo sviluppo dei falsi occhi dei pesci damigella e, più in generale, l'aspetto - lunghezza e spessore, dimensione del falso occhio e dell'occhio  -  e il comportamento di questi animali. Quindi le loro possibilità di sopravvivenza.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F09%2F02%2F101638835-945786f3-1f91-4dc8-aad7-c86b332136ae.jpg&hash=84ab28b742c6393d9e76f8b905dd5502)

I giovani pesci damigella oggetto dello studio e alcuni esemplari del predatore Pseudochromis fuscus sono stati raccolti nei reef della parte settentrionale della Grande Barriera Corallina australiana intorno alla Stazione di Ricerca di Lizard Island per poi essere inseriti in una serie di vasche appositamente progettate: ognuna conteneva una sezione principale riservata al predatore, separata tramite una pellicola trasparente forata da comparti più piccoli, che ospitavano i pesci damigella.

In questo modo le prede, oltre che vedere il predatore, potevano sentirne l'odore. Per rendere l'ambiente il più possibile simile a quello naturale, inoltre, le vasche erano all'aperto e venivano irrorate di acqua dell'oceano.

Una procedura sperimentale analoga è stata poi ripetuta sostituendo però il pesce predatore con un pesce erbivoro (Amblygobius phalanea), per testare l'effetto di un'altra specie non predatrice, e lasciando crescere il pesce damigella isolato.

Monitorando il comportamento dei pesci con uno specchio sospeso su ogni vasca e tramite una rete immersa al suo interno - per quantificarne i movimenti contando il numero di volte che i pesci la attraversavano - i ricercatori hanno scoperto che l'esposizione a stimoli visivi e olfattivi del predatore modificava il comportamento delle prede rendendole più "caute": andavano meno in cerca di cibo, restavano più a lungo nei rifugi e, in generale, riducevano i propri livelli di attività.

Ma l'effetto non si limitava al comportamento. Dopo sei settimane di osservazione, infatti, i pesci avevano sviluppato falsi occhi più grandi rispetto a quelli dei compagni cresciuti in presenza del pesce erbivoro o in isolamento, mentre le dimensioni dei loro veri occhi si erano ridotte.

Inoltre i pesci "minacciati" avevano sviluppato un corpo più massiccio, caratteristica che, oltre a renderli meno semplici da ingerire, ne migliora velocità, accelerazione e manovrabilità.

Quando i giovani pesci damigella sono stati rilasciati in mare - ognuno in una colonia di corallo (Pocillopora damicornis) ben circoscritta  -  i biologi hanno osservato che la percentuale di sopravvivenza dei pesci che erano stati esposti ai predatori superava notevolmente quella degli altri, se si pensa che dopo 72 ore ne erano stati predati soltanto il 10%, contro il 60% dei pesci cresciuti con il pesce erbivoro o isolati.

Questo risultato, oltre a sottolineare l'importanza che può rivestire l'esperienza dei predatori nella prima fase della vita, "è una prova del fatto che la strategia del falso occhio funziona: aumenta davvero le possibilità di sopravvivenza dei giovani pesci", spiega Lönnstedt.

"E dimostra che anche un pesce molto giovane e lungo soltanto pochi millimetri è in grado di sviluppare una serie di strategie di sopravvivenza da sfoderare quando si sente minacciato", conclude la ricercatrice.

di Valentina Tudisca per nationalgeographic.it
Fotografia di Dave Fleetham/Design Pics/Corbis
Title: L'inquinamento da mercurio è più esteso del previsto
Post by: ^VITTORIO^ on September 06, 2013, 02:03:21
La contaminazione da mercurio potrebbe essere più estesa del previsto: lo indica la scoperta che anche i microrganismi che vivono nell'oceano aperto, e non solo quelli delle coste, convertono il mercurio inorganico in una sostanza tossica che può essere assimilata dai pesci.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Geoscience, si deve al gruppo coordinato da Joel Blum, dell'università del Michigan, e chiarisce il mistero di come il mercurio contamini il pesce in mare aperto.
I dati indicano che la quantità di mercurio negli oceani aumenterà nei prossimi decenni e, nel Pacifico in particolare, potrebbe raddoppiare entro la metà del secolo.

I ricercatori mostrano che l'80% della forma tossica del mercurio presente nei pesci dell'Oceano Pacifico settentrionale, e chiamata metilmercurio, è prodotta nelle profondità oceanica dai batteri che si cibano di materia organica.
Per nutrirsi, i batteri scompongono la materia organica e trasformano il mercurio presente in essa nella forma tossica. Disciolto in acqua, il mercurio contamina la catena alimentare marina e arriva anche all'uomo, che lo assimila soprattutto consumando pesci di grossa taglia, come pesce spada e tonno.
Gli effetti sulla salute umana possono includere danni al sistema nervoso centrale, al cuore e al sistema immunitario. Ad essere particolarmente vulnerabile è il cervello in via di sviluppo nei feti e nei bambini.

E' noto da tempo che i grandi pesci predatori marini contengono alti livelli di metilmercurio, ma finora non era molto chiaro il perché. Ora si è scoperto che, nel determinare la quantità di mercurio tossico contenuto nei pesci, la profondità alla quale una specie si ciba è importante quasi quanto la sua posizione nella catena alimentare perché è al di sotto di 50 metri dalla superficie che è presente la maggior parte del mercurio tossico.

Scoprirlo è stato possibile analizzando campioni di tessuto prelevati da nove specie di pesci (fra cui tonno pinna gialla, tonnetto striato, pesce luna, pesce spada e il pesce lanterna) che si nutrono a diverse profondità e pescati in una regione vicino alle Hawaii. ''Abbiamo scoperto - osserva uno degli autori, Brian Popp, dell'università delle Hawaii - che i predatori che si nutrono a maggiori profondità, come il pesce luna e il pesce spada, hanno concentrazioni di mercurio più elevate di quelli che si nutrono nelle acque vicino alla superficie, come il tonno pinna gialla''.

fonte: ANSA
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on September 25, 2013, 19:51:14
La ridistribuzione delle precipitazioni potrebbe fare inaridire Medio Oriente, West Usa ed Amazzonia

Secondo uno studio pubblicato dai ricercatori del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University su Proceedings of the National Academy of Sciences, «mentre gli esseri umani continuano a riscaldare il pianeta, uno spostamento verso nord delle ‘cinture’ di vento e pioggia della Terra potrebbe rendere una vasta banda di regioni più secche anche in Medio Oriente, West americano e Amazzonia, rendendo inoltre l’Asia monsonica e l’Africa equatoriale più umide».

Gli scienziati americani basano la loro previsione sul riscaldamento che ha fatto uscire il pianeta dall’ultima glaciazione, circa 15.000 anni fa. Con il riscaldamento dell’Oceano Atlantico settentrionale si cominciarono a sciogliere i ghiacci marini dell’Artico, creando contrasto di temperatura con il Sud del mondo, dove il ghiaccio marino si stava espandendo intorno all’Antartide.

Il gradiente di temperatura tra i poli sembra aver spinto la cintura tropicale della pioggia ed il jet stream delle medie latitudini nord, ridistribuendo l’acqua in due bande intorno al pianeta. Attualmente, con il ghiaccio marino artico di nuovo in regresso e l’emisfero settentrionale in riscaldamento più veloce di quello meridionale, la storia potrebbe ripetersi.

Secondo il principale autore dello studio, il climatologo Wallace Broecker, «se i tipi di cambiamenti che abbiamo visto durante la deglaciazione dovessero verificarsi oggi, avrebbero un impatto molto grande».

Confrontando i dati climatici raccolti da tutto il mondo, dagli anelli di crescita degli alberi, carote di ghiaccio polari, formazioni rupestri e sedimenti oceanici, Broecker ed il suo collega Aaron Putnam ipotizzano che le cinture di vento e pioggia si siono già spostate a nord circa 14.600 e 12.700 anni fa, mentre l’emisfero nord si stava scaldando.

Al margine meridionale della cintura tropicale della pioggia, il grande antico lago Tauca, nelle Ande boliviane si era quasi prosciugato, mentre i fiumi nel Brasile orientale erano diventati ruscelli e le stalagmiti nella stessa regione avevano smesso di crescere. Alle medie latitudini, lo spostamento del jet stream a nord potrebbe aver provocato la riduzione del lago Lisan, un precursore del Mar Morto nella Rift Valley giordana, insieme a diversi laghi preistorici negli Stati Uniti occidentali, compreso il lago Bonneville dell’odierno Utah.

Nel frattempo, uno spostamento verso nord delle piogge tropicali fece ingrossare i fiumi del Bacino Cariaco in Venezuela e dei laghi Vittoria e Tanganica nell’Africa orientale. Le Stalagmiti nelle grotte di Hulu, in Cina, diventarono più grandi ed anche le carote di ghiaccio trivellate in Groenlandia mostrano un rafforzamento del monsone asiatico durante lo stesso periodo.

Il team della Columbia University ha lavorato a ritroso, dal 1300 circa al 1850, ed ipotizza che un fenomeno simile si sia verificato nell’Europa settentrionale con la transizione dalla relativamente calda epoca medievale ad un periodo più freddo noto come la Piccola Età Glaciale. Con la circolazione oceanica e l’espansione del ghiaccio nel nord Atlantico, ci furono record climatici spettacolari.

Allo stesso tempo, le precipitazioni diminuirono nell’Asia monsonica, provocando una serie di siccità   che sono state collegate all’improvviso declino della civiltà Khmer in Cambogia, della dinastia Ming in Cina ed al crollo dei regni negli attuali Vietnam, Myanmar e Thailandia.

Nell’emisfero meridionale, la ricostruzione dell’estensione dei ghiacciai delle Alpi neozelandesi del suggerisce che le medie latitudini durante il medioevo potrebbero essere state più fredde, sostenendo l’idea di un contrasto di temperatura tra i due emisferi che ha alterato la circolazione di pioggia e venti.

I ricercatori del Lamont-Doherty Earth Observatory avvertono che «una migrazione simile delle cinture di vento e di pioggia della Terra avviene ogni anno. Durante l’estate boreale, la cintura di pioggia tropicale e la corrente a getto delle medie latitudini migrano a nord, mentre l’emisfero nord si riscalda in modo sproporzionato al sud, con i continenti che assorbono l’energia del sole. Mentre l’emisfero nord si raffredda in inverno, i venti e le piogge tornano a sud. A volte i venti e le piogge si sono riorganizzate per lunghi periodi di tempo. Negli anni ‘70 e ‘80, uno spostamento verso sud della fascia tropicale, attribuito a inquinamento dell’aria, con un raffreddamento dell’emisfero settentrionale, che si pensa abbia provocato la devastante siccità nella regione del Sahel in Africa».

La cintura tropicale della pioggia è poi ritornata al suo posto ma ora potrebbe essersi rispostata verso come suggerito da una serie di recenti siccità, anche in Siria, Cina settentrionale, West Usa e nord-est del Brasile.

Coerentemente con lo studio, almeno un modello climatico mostra lo spostamento della cintura di pioggia tropicale verso nord, mentre aumentano i livelli di CO2 e salgono le temperature. «E’ davvero importante guardare e dati paleo – Questi cambiamenti sono stati enormi, proprio come ci aspettiamo che avvenga con il global warming».

Il ricercatori della Colombia University riconoscono che le loro ipotesi hanno dei “buchi”: «In passato, i cambiamenti nella copertura del ghiaccio marino hanno condizionato il gradiente di temperatura tra i due emisferi, mentre oggi ne sono responsabili le emissioni industriali di carbonio in rapido aumento. Finora, non c’è inoltre alcuna prova evidente che la circolazione oceanica sia in aumento nel Nord Atlantico o che le piogge monsoniche dell’Asia si stiano rafforzando (anche se c’è una speculazione sul fatto che gli aerosol di solfati prodotti dalla combustione di combustibili fossili potrebbero mascherare questo effetto)».

Per Jeff Severinghaus, un climatologo della Scripps Institution of Oceanography, che non ha partecipato allo studio, ci potrebbe essere addirittura un effetto inaspettato: «Con il declino dell’inquinamento atmosferico nell’emisfero nord, le temperature potrebbero riscaldare, creare il tipo di contrasto di temperatura che potrebbe spostare i venti e le piogge di nuovo a nord. Gli aerosol di solfati probabilmente saranno  ripuliti nei prossimi decenni a causa dei loro effetti sulle piogge acide e la salute. Così Broecker e Putnam avranno probabilmente una solida base per prevedere se il riscaldamento del Nord finirà per superare notevolmente il riscaldamento del sud».

FONTE: greenreport.it
Title: Vita breve per l'isola nata dal terremoto in Pakistan
Post by: ^VITTORIO^ on September 25, 2013, 22:38:39
E' un grande 'vulcano di fango'

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.ansa.it%2Fwebimages%2Ffoto_large%2F2013%2F9%2F25%2F5dd6c27e814bf1a4fd2e67b4df3bd7da.jpg&hash=60472a15920c672a398c5b3ba0d532b0)

E' destinata d una vita breve e a scomparire in poche settimane, la piccola isola generata dal violento terremoto che il 24 settembre ha colpito il Pakistan. Ne sono convinti i sismologi, che escludono comunque un legame diretto fra il terremoto e l'affiorare dell'isolotto a forma di mezzaluna, lungo circa 200 metri, largo 100 e alto una ventina di metri.

''Si esclude che l'isola sia nata dalla deformazione causata dalla faglia a causa della grande distanza, di circa 500 chilometri'', osserva il sismologo Gianluca Valensise, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). ''Piuttosto - aggiunge - potrebbe essere un effetto indiretto del terremoto''. Quest'ultimo potrebbe avere generato pressioni elevate che avrebbero causato la liquefazione dei sedimenti sottomarini, che potrebbero essere emersi in superficie attraverso una frattura. Il fondale, poco profondo in quel punto, avrebbe fatto il resto.

Per i sismologi del Servizio di sorveglianza geologica degli Stati Uniti (Usgs) potrebbe essere un grande vulcano di fango, paragonabile a quelli, molto più piccoli, portati in superficie dal terremoto in Emilia Romagna del 2012. ''Sono fenomeni piuttosto simili, anche se su scala molto diversa'', osserva Valensise. Isole effimere generate dallo stesso meccanismo sono nate anche in passato, come quelle generate nel 1945 e nel 2001 dal terremoto di Makran, scomparse nell'arco di un anno. Vulcani di fango si sono formati inoltre nell'Azerbaijan nel 1902, in Mongolia nel 1957 e nel 2006), a Sumatra nel 2004.

Intanto, per studiare meglio il fenomeno, gli esperti sono in attesa delle prime immagini dell'isola prese dai satelliti, mentre i curiosi di tutto il mondo stanno già inviando dei tweet agli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale nei quali chiedono se hanno già le prime foto dell'isola.

FONTE E FOTO: ANSA 25 settembre ore 19:00
Title: Pesci elettrici, sorpresa in Sud America: scoperta una nuova specie
Post by: ^VITTORIO^ on September 27, 2013, 21:39:23
Un team di ricercatori provenienti da Colombia, Canada, Usa e Guyana ha pubblicato su Zoologica Scripta lo studio “Akawaio penak, a new genus and species of Neotropical electric fish (Gymnotiformes, Hypopomidae) endemic to the upper Mazaruni River in the Guiana Shield” che rivela l’esistenza di un genere finora sconosciuto di pesci elettrici, individuato in una remota regione del Sud America.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.greenreport.it%2Fwp-content%2Fuploads%2F2013%2F09%2FAkawaio-penak-2.jpg&hash=f209502f65200b81afdf9fe69cff7089)

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.greenreport.it%2Fwp-content%2Fuploads%2F2013%2F09%2FAkawaio-penak-1.jpg&hash=f4177ee64953de8e4119da7e56564d43)

Si tratta dell’Akawaio penak, un pesce elettrico sottile come un’anguilla, che è stato scoperto nelle acque basse e torbide del corso superiore del fiume Mazaruni, nord Guyana.

Il team guidato dal colombiano Javier Maldonado-Ocampo, della Pontificia Universidad Javeriana di Bogotá, e dal canadese Nathan R. Lovejoy dell’università di Toronto, ha analizzato campioni di tessuto raccolti nel corso di una recente spedizione di ricercatori guidati da Hernán López-Fernández, del Royal Ontario Museum di Toronto e, grazie al sequenziamento del Dna ed alla ricostruzione dell’albero evolutivo del pesce, ha scoperto che l’Akawaio penak è tanto distinto dalle altre specie da rappresentare un nuovo genere.

Il corso superiore del Mazaruni è un hotspot della biodiversità, ma è ancora in gran parte inesplorato causa della sua posizione remota. Nell’area scorrono numerosi fiumi che scendono da altipiani isolati dal resto del Sudamerica da oltre 30 milioni di anni. Lovejoy spiega che ««Il fatto questa zona sia così remota e che è stata isolata per così tanto tempo significa che è abbastanza probabile trovare nuove specie. Il Mazaruni contiene molte specie uniche che non si trovano in nessun’altra parte del mondo. Si tratta di un settore estremamente importante in Sud America, in termini di biodiversità». Ma nella regione gli habitat d’acqua dolce sono sempre più inquinati dai reflui delle miniere d’oro abusive e legali sorte nella zona.

Come gli altri “knifefish” elettrici l’Akawaio penak ha un lungo organo corre lungo la base del corpo e che produce un campo elettrico che è troppo debole per stordire la preda, ma viene invece utilizzato per navigare, rilevare oggetti e comunicare con gli altri pesci elettrici. Tutti “poteri” molto vantaggiosi, dato che questi pesci vivono in acque molto torbide.

La specie è chiamata così in onore degli amerindi Akawaio che popolano il Mazaruni superiore, i biologi hanno così riconosciuto il loro aiuto prezioso durante lo studio dei pesci delle loro terre ancestrali. 

Gli esemplari di Akawaio penak sono stati stato catturati sia nel corso principale che negli affluenti del fiume Mazaruni superiore. I campioni del raccolti nel Mazaruni e nel torrente Mambaru sono stati catturati durante la notte su spiagge derivanti dall’accumulo artificiale di sabbia e ciottoli che sono il sottoprodotto del dragaggio delle miniere d’oro. Questi individui sono stati catturati a profondità non superiore a 1 metro e si stavano presumibilmente alimentando. Invece, gli esemplari del fiume Waruma sono stati catturati durante il giorno in rifugi lungo le rive di uno ristagno superficiale. Gli esemplari trovati nel corso principale del Mazaruni nuotavano in una corrente lenta in una relativa calma, ma davanti ad una spiaggia aperta e in acque libere, mentre gli esemplari del Membaru e del Waruma sono stati trovati in habitat caratterizzati dalla presenza di alcuni detriti legnosi sommersi e vegetazione. In tutte e tre le località dove è stata trovata la specie aveva una clorazione che variava dal nerastro al rosso-nerastro, con pH compreso tra 4,4 e 4,8, temperatura di 22 – 23,5° C e conducibilità di <10 mS.

Attualmente l’Akawaio penak è conosciuto solo nel corso principale superiore del Mazaruni superiore, nella foce del Kamarang e nel Waruma Creek, un piccolo affluente del fiume Kako, che a sua volta è un importante affluente del Mazaruni superiore. «Questa distribuzione disgiunta – conclude Maldonado-Ocampo – suggerisce che l’ Akawaio penak  abbia una distribuzione più ampia all’interno del bacino di drenaggi del Mazaruni superiore, ma sono necessarie ulteriori raccolte per accertare quanto sia diffusa la specie».

Fonte: greenreport.it
Title: Perché alcuni animali ne adottano altri (anche di specie diversa)?
Post by: ^VITTORIO^ on October 17, 2013, 05:53:49
Qualche tempo fa, la commovente storia di un gruppo di capodogli che ha "adottato" un tursiope con una malformazione spinale ha riscosso un enorme successo su internet. Ma i mammiferi marini non sono gli unici a creare strane alleanze, spiegano gli esperti.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F05%2F13%2F132354116-a7060ffc-15b5-4bdb-8b1f-e239694f83cc.jpg&hash=580fed270cde8b33b6dec403920da2f5)
Fotografia per gentile concessione di Alexander Wilson e Aquatic Mammals

Secondo Jennifer Holland, autrice del libro Unlikely Friendships del 2011 e giornalista del National Geographic, queste adozioni sono piuttosto comuni tra gli animali domestici, e talvolta si possono osservare anche in natura.

Tra gli esempi citati dall'autrice vi sono un cane che ha allevato uno scoiattolo neonato assieme alla sua prole, scimmie antropomorfe in cattività che trattavano gatti come loro cuccioli, e infine un cane che si è preso cura di un gufo neonato (foto piccola a destra).

Nel suo prossimo libro, Unlikely Loves, Holland mostrerà un cane dalmata che adotta un vitello nato con un mantello maculato simile al suo, una capra che aiuta una giovane giraffa ad acquisire fiducia in se stessa, e una gallina seduta sui suoi "cuccioli" per tenerli al caldo.

Le ragioni dell'adozione
Ma quali sono le ragioni dell'esistenza di queste famiglie adottive? "Vorrei entrare nella testa di questi animali per chiederglielo! Ma possiamo comunque avanzare delle ipotesi plausibili in base a quello che sappiamo del cervello animale, e del nostro", afferma Holland. Per esempio, in alcuni casi un animale adotta un individuo della sua stessa specie, che è un atteggiamento istintivo.

"Gli animali si prendono cura istintivamente dei piccoli, per aiutarli a sopravvivere e quindi trasmettere il DNA della famiglia", continua Holland. "Dunque penso ci sia un meccanismo fisiologico che li spinge a offrire cure a un altro animale che ne abbia bisogno. Se non è un parente, forse c'è un po' di confusione, ma penso che quel comportamento sia giustificato dalla stessa funzione".

"Un motivo è anche il mutuo beneficio", sottolinea l'etologa Jill Goldman. "Per far durare la relazione, credo che debbano trarne vantaggio entrambe le parti, in qualche modo", continua Goldman, che ha studiato il comportamento dei lupi. "Cosa s'intenda per beneficio poi è altra questione. La compagnia, in alcuni casi, è in realtà un beneficio sufficiente, finché non subentrano competizione o minacce".

Per esempio, l'aggiunta di un individuo a un gruppo potrebbe contribuire nel procacciare il cibo o offrire una protezione maggiore al gruppo; che probabilmente è ciò che è accaduto nel caso del delfino malformato, dice Goldman. "Nessuno ti consente di circolare lì intorno se non servi a qualcosa".

Goldman aggiunge che molte di queste adozioni avvengono quando una madre che sta allattando accoglie un giovane orfano. "Le mamme potrebbero avere un desiderio maggiore di adottare un piccolo perché, nel momento in cui hanno partorito, nel loro corpo circola un livello alto di ossitocina, l'ormone del legame", continua Goldman. In questo periodo, se la madre adotta un cucciolo, "la relazione diventa molto stretta".

Ma, sottolinea, una madre che sta allattando i suoi cuccioli non adotterebbe mai un adulto esterno alla famiglia, che potrebbe invece essere percepito come una minaccia per la sua prole.

Holland aggiunge che molti animali, in particolare mammiferi, sono capaci di empatia, "e potrebbero adottare un altro animale per alleviarne il dolore, la fame o la solitudine", afferma. "I mammiferi hanno le stesse nostre strutture cerebrali e lo stesso nostro sistema cerebrale relativo all'emozione, e quindi perché no?", prosegue.

Holland afferma che "queste storie ci offrono un'altra prospettiva sugli animali non-umani. Troppo spesso non riconosciamo loro quanto siano complessi, intelligenti ed empatici".

di Christine Dell'Amore per nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on October 18, 2013, 00:59:04
Le sculture sottomarine di Cancùn

Alla scoperta di un eccezionale museo subacqueo a largo della città messicana. Una collezione di statue realizzate per favorire lo sviluppo della barriera corallina.
Più di 400 sculture permanenti sono state installate nel National Marine Park di Cancùn, nell'isola di Mujeres e Punta Nizuc, come parte di una grande opera d'arte chiamata "La silenziosa evoluzione".

L'installazione è il primo "prodotto" partorito da un nuovo museo subacqueo chiamato MUSA, o Museo Subacuático de Arte.
Create dallo scultore messicano Jason deCaires Taylor, l'installazione caraibica è destinata a coprire più di 420 metri quadrati, che lo dovrebbero rendere "uno delle più grandi attrazioni subacquee al mondo" secondo quanto annunciato dallo stesso museo.
Nel fare ciò, Taylor spera che le barriere coralline, che sono già messe a dura prova da inquinamento marino, riscaldamento delle acque e pesca selvaggia, possano essere "alleggerite" dalla grande massa di turisti (circa 750,000) che le affollano ogni anno.
"Questo fenomeno mette costantemente sotto pressione le barriere coralline" afferma Taylor a National Geographic. "Parte del nostro progetto è destinato quindi a cercare di allontanare i turisti dalle barriere coralline esistenti e portarli verso un'area caratterizzata da barriere coralline artificiali".

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F01%2F10%2F095749041-091dcafc-2b3b-41e9-bde0-c995f0b64963.jpg&hash=308b601cd46233de8b2eff6f4822ae18)
Fotografia su gentile concessione di Jason deCaires Taylor

La popolazione del "L'evoluzione silenziosa" è stata creata da calchi viventi di una larga gamma di persone, molti dei quali abitanti del posto - incluso Lucky, un carpentiere messicano.
I personaggi variano da un bambino di 3 anni di Santiago, a un nonno di 85 anni di Rosario, e includono un ragioniere, un maestro di yoga e un acrobata fra gli altri.
"Il posizionamento ravvicinato delle statue è teso ad illustrare come riusciamo a fare fronte comune nei confronti dei seri problemi che concernono il nostro ambiente e il nostro impatto sul mondo naturale".
 
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F01%2F10%2F095826995-917bb799-2560-4447-b8ff-655b7f70f7aa.jpg&hash=c9d52ce68f2b09a12d4750601b95b4fb)
Fotografia di Jorge Silva, Reuters

Le sculture sono composte di uno speciale tipo di cemento marino che serve a favorire la crescita dei coralli, secondo quanto affermato dal suo creatore. Questo dovrebbe incoraggiare i pesci e le altre creature marine a colonizzare gli scogli.
"Ci sono già centinaia di pesci che vivono sopra queste sculture come aragoste e pesci angelo (Pterophyllum), oltre a un grande strato di alghe, che è una delle prime cose a prendere piede".

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F01%2F10%2F100005610-34d3e302-d9c8-4386-a5e2-adc4ab5cbce2.jpg&hash=eef21b50ceb001e77615cb14ab020a37)
Fotografia di Jorge Silva, Reuters

"Cerchiamo di conservare un buon equilibrio nel quale cerchiamo di proteggere la barriera corallini e di far riscoprire ai turisti l'area naturale" ha dichiarato Roberto Diaz, presidente dell'Associazione nautica di Cancù e del museo a National Geographic.
"Stiamo provvedendo a rendere queste opere d'arte belle, ma anche utili".

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F01%2F10%2F095901638-f600527c-e85a-4cd6-8f57-a0632e3b042a.jpg&hash=1740b818628aa5e720ab9a92104cd602)
Fotografia su gentile concessione di Jason deCaires Taylor

"Sarah", composta sul calco di una professoressa di linguistica britannica, è la sola statua della serie, con un "falso polmone".
I visitatori possono riempire il polmone della statua soffiando bolle in una buca dal di dietro o immettendo aria dalle bombole ad ossigeno. L'aria scivola poi lentamente verso l'alto attraverso la bocca aperta (sotto forma di bolle).

Il MUSA, il museo subacqueo, ha in programma di continuare a produrre sculture finché i fondi lo permetteranno. Ma "La silenziosa evoluzione" in ogni caso continuerà fino a quando la vita marina apporterà il suo tocco nel corso dei prossimi secoli.

di Fritz Faerber per nationalgeographic.it
Title: Halloween: storia, miti, costumi
Post by: ^VITTORIO^ on October 31, 2013, 05:16:12
Ecco alcune cose da sapere su una (https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif) che sta diventando sempre più popolare anche in Italia.

Le origini della (https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif) di Halloween risalgono a oltre 2.000 anni fa. In corrispondenza dell'attuale primo novembre le popolazioni celtiche d'Europa festeggiavano il primo giorno del nuovo anno, chiamato Samhain. Alla vigilia di Samhain - l'attuale Halloween - si pensava che gli spiriti camminassero sulla Terra mentre erano in viaggio verso l'aldilà, e che con loro vi fossero fate, demoni e altre creature.

Oltre a sacrificare animali agli dei e riunirsi attorno ai falò, i Celti spesso indossavano costumi - forse pelli di animali - alo scopo di confondere gli spiriti e magari evitare di venirne posseduti. Si ritiene anche che i Celti, indossando maschere o annerendosi il viso, volessero impersonare antenati defunti. I giovani uomini si vestivano da donne, e viceversa, rompendo per un breve periodo le convenzionali divisioni sociali. In una sorta di primitiva forma di "dolcetto o scherzetto”, secondo alcuni i Celti vestiti da spiriti andavano di casa in casa esibendosi in gesti buffi in cambio di cibo e bevande: una pratica ispirata forse dall'uso di lasciare fuori dalla porta qualcosa da mangiare o da bere come
offerta agli esseri soprannaturali.

In seguito i leader cristiani fecero propria e trasformarono la (https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif) di Samhain, come peraltro altre festività pagane. Nel VII secolo il papa Bonifacio IV decretò che il 1 novembre si celebrasse Ognissanti (All Hallows' Day). Alla vigilia della (https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif) si continuarono ad accendere falò e indossare costumi, ma sotto un altro nome: All Hallows' Eve, che in seguito sarebbe diventato "Halloween".

Furono gli emigranti europei a portare Halloween negli USA: infatti le celebrazioni divennero davvero popolari nell'Ottocento, in corrispondenza del culmine dell'immigrazione irlandese. È forse Anoka, nel Minnesota, il luogo dove si tenne la prima (https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif) ufficiale di Halloween: a partire dal 1920, la cittadina iniziò a ospitare dei falò e una parata.

 Secondo l'associazione dei commercianti americani, ogni anno si traverse circa il 40% della popolazione americana, per un totale di 120 milioni di individui fra bambini, adulti e persino animali domestici: oltre l'11 per cento dei cani o gatti di casa americani viene - suo malgrado - travestito.
econdo il censimento USA, negli Stati Uniti sono circa 36 milioni i bambini dai 5 ai 13 anni, la fascia d'età che bussa alle porte dicendo "dolcetto o scherzetto”. Nel 2009, l'americano medio ha consumato 11 chilogrammi di dolci, molti dei quali durante il periodo di Halloween.

Lo stato americano che produce più zucche - originarie dell'America Centrale - è il freddo Illinois, con 252 milioni di chilogrammi. Ma la zucca più pesante del mondo, secondo il Guinnes dei Primati, è stata prodotta nel 2012 da Ron Wallace di Greene, Rhode Island, che si è presentato alla Topsfield Fair del Massachusetts con un "mostro” da 911 chilogrammi.

Circa il 90 per cento del peso dell'ortaggio è composto da acqua. Una zucca da record può crescere di oltre 15 chilogrammi al giorno e raggiungere le dimensioni di un maggiolino Volkswagen.
Secondo un sondaggio AP-Ipsos condotto per Halloween 2007, oltre un terzo degli americani dichiara di credere nei fantasmi; il 23 per cento afferma di averne visto uno o di averne avvertito la presenza. Sempre secondo il sondaggio, un americano su 5 crede che gli incantesimi e la stregoneria siano reali.

Certe storie paurose che si raccontano ad Halloween sembrano trovare sempre persone disposte a crederci, anche se dietro ai racconti c'è ben poca sostanza. Una di queste riguarda il fatto che i seguaci delle sette sataniche - un fenomeno più presente nella finzione che nella realtà - ad Halloween sacrifichino gatti neri. Ma i rari casi di violenze registrate sui gatti neri sono perlopiù opera di qualche isolato adolescente disturbato.

Un altro timore diffuso fra i genitori è la possibilità che i figli ingeriscano dolci avvelenati o in cui sono stati inseriti oggetti taglienti o appuntiti. Secondo il sociologo Joel Best della University of Delaware, le dicerie sui dolci pericolosi sono in realtà una mani(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif)zione di paure e ansie riguardo al futuro. In un mondo pieno di minacce incontrollabili - terrorismo, mercati finanziari in caduta libera - per un genitore può essere rassicurante concentrarsi su un pericolo che è invece in grado di prevenire, spiega Best. Il sociologo ha condotto un'inchiesta su questa eventualità, ma afferma di non essere riuscito ad imbattersi in un solo caso provato in cui un bambino sia rimasto ucciso o ferito da un dolce manomesso durante il giro "dolcetto o scherzetto”.

Ecco i dieci costumi più popolari fra gli adulti nel 2013:

1. Strega
2. Batman
3. Vampiro
4. Zombie
5. Pirata
6. Supereroe
7. Superman
8. Dracula
9. Gatto
10. maschera/costume pauroso

Mentre questi sono stati i dieci costumi più popolari fra i bambini nello stesso anno:

1. Principessa
2. Animale
3. Batman
4. Supereroe
5. Spiderman
6. Strega
7. Zombie
8. Principessa Disney
9. Superman
10. Fata

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F10%2F27%2F161047068-7f92fd97-e4eb-4a94-ba44-24300f26c561.jpg&hash=da999d2fcafcba027c7ebc5976aa4d21)
Una persona mascherata da fantasma in posa a fianco ad una tavola piena di decorazioni.
Siamo in una scuola di campagna e la fotografia risale al 1905.

(Fotografia per gentile concessione Historic Photo Archive, Getty Images)

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2011%2F10%2F27%2F161245914-57c3be14-066c-4c31-b617-2e101b616791.jpg&hash=4b20cba9753f1f6c1bd5bcdd3dc49f96)
Evocando di volta in volta, una strega, un mago o un clown, il costume da donna del 1910 nella foto sopra, non sembra possedere un unico significato. Le riproduzioni di luna e stelle per esempio, riflettono una certa fascinazione nei confronti del misticismo, rimasto connesso con l'aura di mistero di Halloween per secoli.
(Fotografia per gentile concessione Vintage Images, Alamy)

di Brian Handwerk per nationalgeographic.it
Title: Lo squalo limone è un tipo nostalgico
Post by: ^VITTORIO^ on December 09, 2013, 23:55:55
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F12%2F09%2F120650227-1fbc1591-d606-4186-99ca-54b9d0a8faf8.jpg&hash=4842b8a77c20c6fa88dcb0c96bcf4bee)
Fotografia di Matthew Potenski

Gli squali limone non sono poi così diversi dalle tartarughe marine e dai salmoni, se non altro quando si parla di maternità: lo ha scoperto un team di ricerca guidato da Kevin Feldheim, biologo del Field Museum of Natural History di Chicago, la cui ricerca è stata pubblicata sulla rivista Molecular Ecology.

Negli anni '90 gli scienziati si sono accorti che ogni due anni le femmine di squalo limone facevano ritorno alla stessa laguna presso Bimini, alle Bahamas, per far nascere i propri piccoli. Hanno così ipotizzato che -proprio come i salmoni e le tartarughe marine- questi animali stessero tornando presso il loro luogo di nascita. Feldheim e il suo team hanno iniziato la ricerca nel 1995, catturando gli squali limone all'interno della laguna, marchiandoli per renderli facilmente identificabili e rilasciandoli poi allo scopo di monitorarne gli spostamenti. Lavorando a questo progetto per 18 anni hanno misurato più di 2.000 esemplari, raccogliendo anche preziosi campioni per le analisi del Dna.
Grazie alle operazioni di monitoraggio il team di Feldheim ha confermato l'ipotesi iniziale, in quanto le femmine nate nella laguna vi ritornavano 15 anni dopo per dare alla luce i propri piccoli, un comportamento peculiare e assolutamente atipico per gli squali: si tratta infatti della prima specie di squalo nella quale viene documentato.

Una vita da squalo limone

Nonostante siano pesci a tutti gli effetti gli squali limone partoriscono i propri piccoli, che si sviluppano all'interno di un involucro simile alla placenta e vengono nutriti tramite un cordone ombelicale. Una volta nati cercano subito riparo tra le mangrovie, dove rimangono dai quattro agli otto anni durante la crescita prima di avventurarsi in mare aperto. Come spiega l'autore dello studio, nel caso di Bimini non c'è traccia di questi animali nelle acque della laguna durante gli altri periodi dell'anno. Grazie ai test genetici, i ricercatori hanno inoltre scoperto che le femmine spesso danno alla luce altri piccoli durante l'anno, grazie allo sperma dello stesso maschio.

Gli squali limone sono infatti in grado di immagazzinare lo sperma, perciò accade che lo stesso venga utilizzato per più di una cucciolata; è altresì possibile, spiegano i ricercatori, che due individui si accoppino più di una volta in annate consecutive, anche se questa rimane un'ipotesi poiché gli accoppiamenti in natura non sono ancora stati osservati.

La domanda rimane una: perché ritornare al proprio luogo di nascita?
 
Secondo Feldheim, la spiegazione potrebbe essere la più semplice, ovvero la sicurezza di un luogo conosciuto che già una volta si è dimostrato un buon nido dove crescere in tranquillità. È molto probabile che anche altre specie di squali abbiano la stessa attitudine quando si tratta di far nascere i propri piccoli, e i campionamenti genetici vanno a sostegno di questa teoria. Rimane tuttavia molto difficile tracciare gli spostamenti di questi animali dalla nascita fino al momento della riproduzione, e saranno necessari molti altri studi a lungo termine per averne certezza.
La scoperta di queste aree adibite ad asilo nido per squali offre un prezioso spunto per le politiche di conservazione, suggerendo la possibilità di concentrarvisi per salvaguardare gli animali. Ogni anno vengono infatti uccisi più di 100.000 squali, e i numeri più allarmanti arrivano dall'Asia dove vengono catturati per preparare la tradizionale zuppa di pinna di squalo. Non si può escludere che, nel caso una di queste aree vada distrutta, diventi estremamente difficile per uno squalo adattarsi e adibirne una nuova a "nursery", compromettendo l'intero ciclo di riproduzione. Secondo gli autori dello studio anche le attività di pesca andrebbero ridotte e controllate nei periodi sensibili, quando le femmine fanno ritorno al loro luogo di nascita. Il primo passo in questa direzione, piuttosto significativo, è stato fatto alle Bahamas dove recentemente è stata proibita la pesca di squali a scopi commerciali.

di Eleonora Degano per nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on December 12, 2013, 02:59:55
Lo scorso anno i governi di Australia e Nuova Caledonia hanno annunciato la loro intenzione di creare un vasto parco marino nel Mar dei Coralli che si estende fra i due paesi. Gran parte della porzione di mare appartenente alla Nuova Caledonia è tutt'ora inesplorata, soprattutto gli isolati Chesterfield Banks, situati nella parte più occidentale dell'area interessata.

La National Geographic Society, assieme al Waitt Institute e all'Institute de Recherche pour le Developement (IRD) della Nuova Caledonia ha assunto l'impegno di esplorare queste barriere coralline lanciando la spedizione "Pristine Seas" (Mari incontaminati).

Durante la spedizione, che si è svolta dal primo al 21 novembre 2013, i membri della spedizione - guidata dal biologo marino Enric Sala - hanno attraversato i Chesterfield e gli Entrecasteaux Reefs al nord, e i Petri e gli Astrolabe a est. Lo scopo principale di Pristine Seas era quella di raccogliere informazioni scientifiche nella zona e produrre un documentario.

Queste barriere sono il regno di questi predatori marini: squali grigi del reef (nella foto), squali pinna nera, pinna bianca, nutrice erano presenti in abbondanza.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F24%2F151817276-f30b3498-dbca-4e6c-9686-a940f2f470fa.jpg&hash=1631ac860c30f9a5ac110c3e6d7bd08f)

Nella foto, un grande anemone marino e due cernie.
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F24%2F151916432-969b1cce-f0ab-4005-a033-a2e4eee93f59.jpg&hash=2dc9fc349971f838a6aa51bef959af68)

Amori burrascosi
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F24%2F152217132-bbfc9003-9af4-437e-87ab-be0ea77142a7.jpg&hash=4181d74d128f08fa173408123121193d)

Un esercito di pesci pappagallo nuota attorno all'Astrolabe Reef, un isolato atollo corallino
a nord est della Nuova Caledonia, secondo Sala "il posto più bello esplorato finora"
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F25%2F025627831-3ba81b4d-d39e-404d-9197-a4ce2add84c3.jpg&hash=5e78637baa1283dffdf214b0a5ab8857)

Un crinoide (o giglio marino) multicolore ricorda un'esplosione di fuochi d'artificio.
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F24%2F151419527-394c3d55-9e7a-4a10-a68d-64acbb9821af.jpg&hash=072ade1ad8849f559d545587a9434bce)

Un serpente di mare bianco e nero osservato in Nuova Caledonia.
(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2013%2F11%2F24%2F151347277-74fe0bda-7801-4b84-8e84-ea678c96d9fa.jpg&hash=e06bb547acef28d52c64224534d4ea98)

Fotografie di Enric Sala e Manu San Félix
Fonte: nationalgeographic.it


Title: Direzione marittima di Reggio Calabria: i risultati del 2013
Post by: ^VITTORIO^ on January 08, 2014, 02:17:59
Nel corso dell’anno 2013 la Direzione marittima di Reggio Calabria ha proseguito e ulteriormente sviluppato le linee di attività già avviate ormai da alcuni anni e basate sulla metodologia programmatica finalizzata a fornire un concreto contributo allo sviluppo sicuro e sostenibile delle attività che si svolgono per mare e lungo le coste. A tal fine la Direzione marittima ha coordinato le attività di tutte le capitanerie della Calabria e Basilicata Tirrenica che hanno espletato i compiti istituzionali in modo uniforme e su basi comuni offrendo all’utenza servizi omogenei e regole conformi in tutta la zona di competenza.

L’anno è stato caratterizzato dall’intensa attività di vigilanza dei flussi migratori a causa dell’intensificarsi del fenomeno che con sempre maggior frequenza sta interessando le coste ioniche calabresi, richiedendo un crescente impegno da parte della Guardia Costiera cui sono demandati i compiti di ricerca e soccorso. Le operazioni in mare sono state caratterizzate da elevati fattori di rischio e complessità che hanno messo in evidenza il coraggio e la perizia degli equipaggi delle motovedette che sono riusciti a trarre in salvo uomini, donne a bambini in pericolo di perdersi a bordo di imbarcazioni fatiscenti e spesso in presenza di condizioni meteo-marine particolarmente avverse.

Nell’anno 2013 lungo le coste calabresi sono avvenuti nr. 68 sbarchi con un numero complessivo di 3877 migranti di varie etnie, prevalentemente siriana provenienti dalle coste egiziane, di cui 3016 assistiti in mare e 861 hanno raggiunto inosservati la costa e quindi rintracciati a terra.
Il fenomeno, come negli anni precedenti, ha colpito maggiormente le coste crotonesi e quelle ricadente nell’ambito del circondario marittimo di Roccella Ionica; ha visto l’intervento delle motovedette della Guardia Costiera dislocate nei porti di Reggio Calabria, Crotone e Roccella Jonica, per un totale di 10 unità, percorrendo complessivamente 5809 miglia in circa 350 ore.
In relazione al precedente anno, il numero di eventi è aumentato del 62% circa, di conseguenza e incrementato lo sforzo sostenuto da parte del personale e dei mezzi navali impiegati nelle operazioni SAR a favore dei cittadini stranieri, sbarcati irregolarmente sul territorio calabrese, infatti, nell’anno 2012, gli stessi mezzi sono stati impiegati per circa 184 ore, ed hanno percorso 2208 miglia. Uno degli eventi ritenuto di maggiore rilievo si è verificato in data 1 dicembre 2013, in concomitanza al devastante passaggio del “ciclone Nettuno” che determinava il mani(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/Smileys/piombo/36_16_26_001.gif)rsi di critiche condizioni meteorologiche specialmente sul versante ionico della Calabria mettendo in pericolo la vita di n. 142 migranti di nazionalità siriana ed egiziana, di cui 15 donne e 27 minori, a bordo di un fatiscente peschereccio in balia delle onde con motore in avaria, a circa 70 miglia al largo delle coste crotonesi. La complessa operazione di soccorso in mare, coordinata dalla Direzione marittima di Reggio Calabria, ha visto l’impiego di 4 motovedette Guardia Costiera, una nave della marina Militare e di 5 mercantili dirottati in zona ed ha consentito di salvare tutti i migranti nonostante le pessime condizioni del mare.

L’attività di ricerca e soccorso in mare non è ovviamente limitata al solo fenomeno migratorio. Nel corso dell’anno sono stati infatti soccorsi 107 mezzi navali e salvate 392 persone. Tale attività si è concentrata maggiormente durante la stagione estiva nel corso della quale il dispositivo di uomini e mezzi dell’operazione “mare sicuro” ha garantito il sicuro svolgimento dell’attività balneare e della navigazione da diporto.

Tra le iniziative della stagione estiva finalizzate all’implementazione della sicurezza in mare ed alla promozione delle attività legate al mare, di particolare rilievo l’apertura al pubblico degli uffici delle Capitanerie di porto anche nelle ore pomeridiane e nei festivi al fine di garantire massima vicinanza all’utenza nei periodi in cui più è intensa l’attività balneare e la navigazione da diporto.

È proseguito anche nel 2013 il costante monitoraggio dello stato delle coste e del mare finalizzato ad individuare criticità sotto il profilo ambientale e mirato in particolare alla verifica del sistema fognario e depurativo dei Comuni costieri.

Gli accertamenti si sono svolti ad un livello di ulteriore approfondimento sulla base di apposite deleghe impartite dalle Procure inquirenti. Gli approfondimenti richiesti dalle Autorità giudiziarie hanno riguardato in particolare l’accertamento di omissioni e/o negligenze da parte dei soggetti responsabili e controlli tecnici attinenti alle carenze strutturali e manutentive degli impianti. Come da qualche anno a questa parte, la metodologia usata è stata quella programmatica svolta in materia sistematica su tutti i depuratori dei comuni costieri, 365 giorni all’anno, con finalità non solo repressive ma in un ottica costruttiva volta alla individuazione delle cause delle situazioni di compromissione dell’ambiente ed alla concreta risoluzione delle problematiche sulla base del costante confronto e collaborazione con i soggetti istituzionali interessati. L’accertamento di criticità è stata, quindi, sempre seguita dalla informazione e dialogo con Comuni e Enti gestori al fine di consentire una pronta soluzione delle problematiche.

I controlli complessivamente effettuati in materia di tutela dell’ambiente sono 16864. La vasta attività di monitoraggio condotta congiuntamente con Arpacal e ulteriormente implementata nel periodo estivo con le iniziative anche quest’anno promosse dall’Assessorato regionale all’ambiente tramite il numero verde per le segnalazioni dei cittadini, ha confermato che lo stato della depurazione in Calabria rimane una criticità.
In particolare nei 195 depuratori verificati si è rilevato che permangono le criticità precedentemente riscontrate nella generalità degli impianti, sia sotto il profilo della carente manutenzione ordinaria e straordinaria (consistenti principalmente nella mancanza di programmazione nei lavori di manutenzione e nell’intempestività degli interventi di riparazione, nella carenza di personale negli impianti, nell’assenza di un monitoraggio costante delle condizioni di funzionamento) sia sotto quello strutturale. Permangono e si sono in certi casi aggravate anche le criticità riguardanti la rete fognaria, con scarichi in mare di liquami privi di alcuna depurazione.
È quindi elevato il numero di illeciti rilevati in questo settore e pari a 272 (di cui 181 amministrativi e 91 penali). Inoltre, 24 depuratori permangono in stato di sequestro penale e 62 sono tuttora privi di autorizzazione allo scarico, 18 sono risultati del tutto inattivi.

Spicca nell’ambito di questa attività di vigilanza ambientale, l’operazione “Calipso”, condotta dalla Capitaneria di porto di Corigliano Calabro, su delega della Procura della Repubblica di Rossano su diversi depuratori e stazioni di sollevamento della Provincia di Cosenza. In particolare, l’operazione ha portato al sequestro del depuratore comunale a Rossano (località Sant’Angelo) e due stazioni di sollevamento a Corigliano Calabro (località Schiavonea e Pentino), nonché alla conseguente denuncia all’Autorità Giudiziaria di n. 17 persone, tra sindaci, amministratori, dirigenti e dipendenti di civiche Amministrazioni.
L’attività a tutela dell’ambiente deve essere inquadrata nell’ambito della più vasta attività programmatica di vigilanza e monitoraggio degli arenili che viene svolta tutto l’anno al fine di fornire un contributo ai soggetti che esercitano funzioni di gestione sulle aree costiere nonché di prevenire e reprimere eventuali abusi. In tale ambito permane elevato il numero di illeciti riscontrati in danno del pubblico demanio marittimo pari a 320 reati penali, perlopiù di occupazione abusiva, e 64 sequestri convalidati dalle competenti Procure.

Con riguardo alla tutela delle risorse ittiche la Direzione marittima ha esercitato il coordinamento delle attività amministrative e operative, di vigilanza e controllo, assicurando una gestione uniforme in ambito regionale al fine di garantire la crescita sostenibile del comparto della pesca marittima in Calabria.
L’attività di vigilanza ha riguardato l’intera filiera della pesca marittima e precisamente:
- la cattura o la produzione, riferibile alle unità da pesca ed agli impianti di acquacoltura;
- lo sbarco e la pesatura del pescato;
- la vendita al dettaglio, attraverso pescherie, supermercati ed ambulanti;
- la distribuzione all’ingrosso, attraverso mercati ittici dedicati e/o centri di lavorazione o trasformazione dei prodotti ittici.

Inoltre, come ogni anno, si disposizione del Comando generale delle Capitanerie, sono state effettuate delle mirate campagne per il contrasto all’uso delle reti da posta derivanti (così dette “spadare”) e per la tutela del tonno rosso. In particolare, il fenomeno dell’utilizzo abusivo delle spadare in Calabria può considerarsi ormai superato grazie alla costante attività di vigilanza ed al percorso di legalità e crescita verso il quale la Guardia Costiera e le amministrazioni locali hanno indirizzato i pescatori professionali.
I controlli complessivamente effettuati nel corso dell’anno sulla filiera ittica sono 12750 di cui 11277 a terra e 1473 in mare. Le sanzioni elevate sono 380 per un importo complessivo di € 528.620 i sequestri effettuati 205 per un totale di kg. 108.147 di prodotto ittico e 189 attrezzi da pesca abusivi. I settori più critici sono quelli della pesca di esemplari sotto misura e della commercializzazione di prodotto ittico in cattivo stato di conservazione ove i controlli vengono effettuati in collaborazione con le Autorità sanitarie.

Con riguardo alla materia della sicurezza della navigazione la Direzione marittima ha coordinato lo svolgimento dei controlli PSC (Port State Control), che sono verifiche di sicurezza effettuate alle navi straniere ai sensi delle convenzioni internazionali. Grazie all’alto numero di navi ispezionate pari a 119, in particolare nel porto di Gioia Tauro, anche quest’anno la Direzione marittima di Reggio Calabria si è collocata al primo posto a livello nazionale per verifiche di sicurezza contribuendo in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi assegnati all’Italia dalle organizzazioni internazionali.

Infine, non certamente ultime in ordine di importanza, le competenze in materia portuale ove le capitanerie della Calabria hanno contribuito allo sviluppo e crescita delle attività portuali assicurando la sicurezza globale dei porti tramite la costante attività di controllo e discipline moderne e uniformi delle attività portuali adottate in tutti i porti della zona di competenza. Infatti nello sviluppo dei moderni traffici marittimi l’offerta di sicurezza che un porto può garantire costituisce uno dei fattori fondamentali di sviluppo. In tale ambito la collaborazione con le iniziative promosse dalla Regione Calabria ha contribuito al primo avvio di un traffico crocieristico nei porti della regione ( in particolare Crotone, Corigliano e Reggio calabria) che quest’anno hanno visto lo scalo di 13 navi da crociera.
Con riguardo al traffico commerciale, si registra una crescita dei porti di Corigliano (olio combustibile, sansa, nocciolino, granaglie e ferro) e Crotone (ceppato di legno).
Continua anche il trend di crescita del porto di Gioia Tauro. Il traffico di containers infatti, dopo che negli alcuni anni in cui si era registrata una flessione continua e preoccupante per l’economia locale e per l’occupazione, ha avuto una inversione di tendenza, che ha consentito negli ultimi giorni dell’anno a raggiungere e superare la soglia simbolica dei 3 milioni di TEU (unità di misura dei containers).
Le navi giunte in porto sono state 1560 (1473 nel 2012). Il trend pertanto è sicuramente positivo ed è rafforzato dalla notizia che dalla primavera del 2014 si avrà il ritorno nel porto di Gioia Tauro della MAERKS, con ulteriori importanti volumi di traffico, che si avvarrà di unità tra le più grandi al mondo, di circa mt. 400 di lunghezza e mt. 56 di larghezza. Nel frattempo si preannunciano importanti investimenti dell’Autorità Portuale per il dragaggio del porto e per aumentare la concorrenzialità dell’approdo calabrese.

Fonte: il cirotano.it
Title: Differenza tra cicloni, uragani e tifoni!
Post by: ^VITTORIO^ on February 12, 2014, 01:45:58
In realtà si tratta dello stesso fenomeno atmosferico: gli scienziati chiamano queste tempeste con nomi diversi a seconda di dove si verificano.

Nell'Atlantico e nel Pacifico settentrionale le tempeste violente prendono il nome di "uragani" da Hurrican, il dio caraibico del male.
Nel Pacifico nord-occidentale le stesse potenti tempeste sono chiamate "tifoni", da un termine di origine incerta (sia in greco che in cinese ci sono due parole simili per indicare una tempesta).
In altri luoghi del mondo prendono il nome più generico di "tempeste cicloniche" o più semplicemente "cicloni", dalla forma tipicamente circolare che assume la tempesta.

Perché la tempesta sia classificata come uragano, tifone o ciclone, i venti devono raggiungere una velocità di almeno 117 chilometri orari. Se i venti di un uragano raggiungono la velocità di 179 chilometri orari, la tempesta diventa allora un "uragano intenso".
Se un tifone colpisce a 241 chilometri orari - come Usagi, che ha colpito Hong Kong e la costa cinese, allora diventa un "supertifone".

Stagioni differenti

Mentre la stagione atlantica degli uragani va dal 1° giugno al 30 novembre, le stagioni di tifoni e cicloni seguono modelli leggermente diversi.

Nel nord-est del Pacifico, la stagione ufficiale va dal 15 maggio al 30 novembre. Nel Pacifico nord-occidentale i tifoni sono più comuni da fine giugno a dicembre. E il nord dell'oceano Indiano vede cicloni da aprile a dicembre.

Con qualunque nome scegliate di chiamarli, queste mostruose tempeste sono potenti eventi naturali con la capacità di causare diversi gravi danni. Secondo il National Hurricane Center della National Oceanic and Atmospheric Administration, l'occhio di un uragano - la parte centrale dove la pressione è più bassa e la temperatura dell'aria è più alta - si estende in media per 48 chilometri di diametro, ma può raggiungere anche i 200 chilometri.

Nelle tempeste più forti, equivalenti alla categoria 5 sulla scala Saffir-Simpson, il vento soffiano a oltre 250 chilometri all'ora. Con l'aiuto dei satelliti e dei modelli a computer, queste tempeste possono essere previste con diversi giorni di anticipo e sono relativamente facili da rintracciare. Ma, come mostrato di recente dall'uragano Sandy, prevedere il percorso che un uragano, un tifone o un ciclone seguirà dopo la sua formazione è ancora difficile.

Effetti del riscaldamento globale?

Da qualche anno la comunità scientifica dibatte sulla possibilità che il riscaldamento globale causato da attività umane stia avendo effetti sugli uragani, rendendoli più forti o più frequenti.

In teoria infatti l'aumento della temperatura atmosferica dovrebbe causare un riscaldamento della superficie marina, che a sua volta contribuirebbe alla formazione di uragani più potenti. In tutto il mondo il numero delle tempeste di categoria 4 e 5 è quasi raddoppiato tra i primi anni Settanta e l'inizio degli anni 2000. Inoltre, sia la durata dei cicloni tropicali sia i picchi di velocità del vento sono aumentati di circa il 50 per cento negli ultimi 50 anni.

Ma tra gli scienziati non c'è unanimità di pareri su una diretta connessione tra cambiamenti climatici e uragani. "La velocità massima del ciclone tropicale medio è destinata ad aumentare, anche se gli aumenti potrebbero non riguardare tutti i bacini oceanici", sostiene un rapporto del 2012 dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).  "È probabile che la frequenza globale dei cicloni tropicali diminuirà o rimarrà sostanzialmente invariata".

fonte: nationalgeographic.it
Title: Così il Mar Adriatico cambia il clima globale
Post by: ^VITTORIO^ on February 13, 2014, 18:49:15
Si è appena conclusa nell'Adriatico settentrionale la campagna oceanografica internazionale 'Carpet, Characterizing Adriatic Region Preconditioing EvenTs'. La missione ha impegnato ricercatori dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ismar-Cnr) di Venezia, si è svolta a bordo della nave oceanografica Urania del Cnr e si è focalizzata sulle cosiddette ‘acque dense’ che, formatesi nel Nord Adriatico in inverno, scendono verso sud assumendo grande importanza nelle dinamiche di trasporto ed influenzano il clima dell’intero bacino. Si tratta infatti di un efficace sistema di rinnovamento delle acque costiere e di trasporto di ossigeno verso gli strati profondi. I risultati emersi sono di particolare rilievo considerato l’inverno caratterizzato da temperature miti e da una piovosità eccezionale, soprattutto nel Nord-Est del Paese.

“Abbiamo osservato nel Golfo di Venezia un processo fondamentale per il clima dell’area”, afferma Sandro Carniel, responsabile scientifico di Carpet, “ma anche per la stabilità del clima terrestre. La dinamica delle acque dense è infatti uno dei principali motori della circolazione oceanica globale a lungo termine: per quanto curioso appaia, quindi, la conoscenza di questi processi è fondamentale per decifrare il trasporto di calore e salinità da parte delle correnti oceaniche Mediterranee e quindi cruciale per il clima del pianeta”.

Il Nord Adriatico è una delle aree-chiave in cui questi processi avvengono. “Durante l’inverno 2013-14 questo evento è stato però contrastato da temperature miti e apporti fluviali eccezionali”, continua Carniel. “A crociera conclusa, i dati parlano di una temperatura dell’acqua sul fondo di circa 2° C superiore alla media degli ultimi 30 anni. Questo ha rallentato di molto il ‘rinnovamento’ delle acque, che nel solo gennaio-febbraio 2012, complice un inverno estremamente freddo, aveva invece interessato circa il 60% del volume, stabilendo un record assoluto di densità da quando sono iniziate le misure in Adriatico settentrionale (ovvero circa un secolo). A distanza di soli due anni siamo, per così dire, agli antipodi”.

Per stimare gli effetti del blocco o della riduzione della produzione invernale di acque dense servirà ancora un’accurata analisi dei dati, tramite modelli che comprendano atmosfera, oceano e onde. Per questo, i risultati di Carpet saranno diffusi e discussi dall’Ismar-Cnr  in una sessione ad hoc, durante un convegno della European Geosciences Union a Vienna, dal 27 aprile al 2 maggio.

“È lecito quindi attendersi conseguenze significative sulla circolazione delle acque del bacino (e anche del Mediterraneo Orientale), sul clima della terraferma e un abbassamento dei livelli di ossigeno sul fondo marino già in primavera, a seguito della crescita fitoplanctonica stimolata dai rilevanti apporti fluviali in corso”, conclude Carniel.

Oceanografi e ingegneri della campagna Carpet, guidata da Alvise Benetazzo dell’Ismar-Cnr, hanno eseguito misure tramite metodologie di avanguardia, sperimentando mezzi autonomi sottomarini tra cui, per la prima volta a livello nazionale, un sofisticato ‘siluro’, il Remus 100 (Hydroid-Kongsberg), che cattura importanti informazioni sulle caratteristiche fisiche della colonna d'acqua, in particolare sull'evoluzione della distribuzione delle enormi quantità di acque dolci legate all’eccezionale apporto fluviale del periodo e agli effetti dell’interazione tra onde e correnti sul fondale.

Riferimenti: via Cnr
Fonte: galileonet.it
Title: Il lungo viaggio di Lydia, grande squalo bianco
Post by: ^VITTORIO^ on March 13, 2014, 01:28:40
A marzo del 2013 i ricercatori hanno taggato una femmina di squalo bianco per monitorarne gli spostamenti. È la prima volta che osserviamo uno di questi predatori attraversare l'Oceano Atlantico.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.giornalettismo.com%2Fwp-content%2Fuploads%2F2014%2F03%2Fsqualo-bianco-irlanda-1-770x512.jpg&hash=243ff7970fef13ab39d27a22037b05f9)

Al momento Lydia, un esemplare di 4,4 metri, si trova a est della dorsale medio atlantica - una catena montuosa sottomarina che spazia sia verso nord che verso sud attraverso l'oceano - e si dirige verso la costa della Cornovaglia. I ricercatori considerano l'attraversamento della dorsale il punto ufficiale di passaggio nell'Atlantico orientale. Da quando è stata taggata, Lydia ha percorso 32.187 chilometri, incluse alcune deviazioni lungo la costa degli Stati Uniti. Ocearch, l'organizzazione che ha sviluppato il metodo usato per catturare e taggare il grande squalo bianco, ne mostra il viaggio in tempo reale sul suo sito.

Il record per la maggior distanza percorsa apparteneva, prima di Lydia, a una femmina che nel 2004 percorse 20.000 chilometri: nuotò dal Sudafrica fino alle acque a ovest dell'Australia per poi tornare indietro, attraversando l'Oceano Indiano in entrambi i viaggi. “Conosciamo davvero poco del mondo degli squali bianchi”, commenta Greg Skomal del Massachussetts Marine Fisheries. "Controllare gli spostamenti di questi predatori finora non era fattibile, perché mancavano le tecnologie adatte". Il tag satellitare di Lydia trasmette la sua posizione ogni volta che lo strumento, attaccato alla pinna dorsale, emerge dalla superficie dell'acqua. Finora non era possibile avere accesso alle informazioni fino a quando i ricercatori, recuperati gli strumenti dagli squali, potevano scaricare i dati raccolti ed elaborarli per ricostruire l'itinerario degli animali.

Una grande famiglia

Gli scienziati hanno sempre considerato le popolazioni di squali bianchi del Mediterraneo distinte da quelle della costa est degli Stati Uniti. Tuttavia ci sono stati avvistamenti di questi grandi predatori anche al largo di altre coste europee e alle isole Azzorre, a ovest del Portogallo, spiega Skomal. Ma ora che abbiamo i dati di Lydia, commenta, “cominciamo a pensare che si potrebbe trattare di un'unica grande popolazione. È quanto emerso anche dalle osservazioni transoceaniche di altre specie: ad esempio, pare che ci sia un'unica popolazione di verdesche nell'Oceano Atlantico settentrionale, e si potrebbe dire lo stesso per lo squalo mako”. È molto probabile che anche altri esemplari di squalo bianco percorrano simili distanze, spiega Skomal, ma Lydia è la prima che riusciamo a seguire durante il viaggio.

Seguire il cibo

Perché Lydia si dirige verso l'Europa? Probabilmente per i ricchi banchetti che incrocia lungo il tragitto: il 7 marzo i dati hanno mostrato che stava nuotando a nord della Dorsale medio atlantica. “Non si spinge in profondità verso la catena”, spiega Skomal, “si limita a nuotarci sopra, come un animale che cammina lungo un recinto”. Lydia conosce le peculiarità del luogo, spiega Skomal, probabilmente perché percepisce le anomalie magnetiche. Ma l'area è anche ricca di opportunità per nutrirsi, ed è probabile che sia proprio per questo che temporeggia vagando sopra questi picchi sottomarini.

Nell'Oceano Pacifico gli spostamenti su lunghe distanze degli squali bianchi sono solitamente legati proprio all'approvvigionamento di cibo, spiega Peter Kimley, esperto di questi predatori all'Università della California, Davis. Da settembre a novembre, ad esempio, vengono attirati dalle colonie di foche e leoni marini delle isole Farallon, vicino a San Francisco, oppure si dirigono verso l'isola di Guadalupe, al largo di Baja California. Poi riprendono a nuotare verso il Pacifico. I ricercatori stanno ancora cercando di scoprire cosa facciano in quelle zone, ma gli squali in ogni caso ritornano sempre verso le stesse coste frequentate da colonie di mammiferi marini.

Il viaggio di ritorno

Le coste degli Stati Uniti vedranno tornare Lydia? Secondo Dewar è molto probabile, perché si tratta di uno schema tipico degli esemplari femmina: danno alla luce i piccoli, nuotano al largo per nutrirsi e viaggiano a lungo, per circa due anni. Poi tornano indietro. “Però non abbiamo così tante femmine sotto controllo per poterne essere sicuri, c'è sempre la possibilità che ci sorprenda. Le femmine sono una componente fondamentale della popolazione, ed è importante sapere come si comportano per sviluppare le strategie di conservazione”.

Foto: R.Snow/OCEARCH
Fonte: nationalgeographic.it
Title: Exxon Valdez, 25 anni dopo il disastro
Post by: ^VITTORIO^ on March 25, 2014, 17:45:14
Come ci ha ricordato solo pochi anni fa il drammatico incidente sulla Deep Water Horizon, i disastri petroliferi, purtroppo, rimangono un problema più che mai attuale. Se quello che ha colpito il golfo del Messico è stato il più grave disastro ambientale della storia americana, il più famoso invece rimane probabilmente quello della Exxon Valdez, la petroliera della ExxonMobil incagliatasi su una scogliera dello stretto di Prince William, in Alaska, il 24 marzo 1989.

La nave era una superpetroliera a scafo singolo lunga oltre 300 metri, capace di trasportare un milione e mezzo di barili di petrolio. Il giorno dell’incidente aveva deviato dalle normali rotte commerciali, a causa di alcuni piccoli iceberg incontrati all’imbocco dello stretto. Nonostante si trovasse a navigare in acque pericolose, la sera del 24 il capitano Joseph Hazelwood abbandonò la cabina di comando, lasciando la nave nelle mani del terzo ufficiale e di un membro dell’equipaggio. A causa di una serie di errori nella catena di comando, e di un monitoraggio insufficiente della navigazione, intorno alla mezzanotte la nave effettuò una virata troppo lentamente, incagliandosi nella scogliera dello stretto, e disperdendo in mare buona parte del suo carico: quasi 50 milioni di litri di petrolio.

Nel processo che seguì emerse in pieno la responsabilità del capitano: Hazelwood prima della collisione aveva bevuto diversi bicchieri di vodka, e le sue capacità di giudizio erano quindi offuscate a causa dell’alcol. Gli uomini che aveva lasciato alla guida della nave inoltre non avevano completato il turno di riposo obbligatorio di sei ore previsto prima di intraprendere un periodo di vedetta, e non erano quindi in condizione di rispondere adeguatamente all’emergenza.

In seguito all’incidente, la ExxonMobil mise in piedi quella che all’epoca era la più costosa operazione di bonifica ambientale mai realizzata: due miliardi di dollari furono spesi per pulire gli oltre 1.900 chilometri di costa inquinati dal petrolio della nave. Ma non fu abbastanza. L’impatto ambientale del disastro infatti è stato tra i peggiori della storia.

La stretto di Prince William ospitava un ricco ecosistema marino, composto prevalentemente di piccoli anfratti e scogliere. È in queste insenature che andò ad accumularsi la maggior parte del petrolio, distruggendo gli habitat delle specie acquatiche che vi abitavano, e inquinando i luoghi di nidificazione di moltissimi uccelli. Le statistiche oggi ci dicono che a seguito dell’incidente morirono oltre mezzo milione di uccelli marini, circa mille lontre, 300 foche, 250 aquile calve e 22 orche, oltre a milioni di pesci tra salmoni e sardine.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.baronslawgroup.com%2Fwp-content%2Fuploads%2F2009%2F03%2Fexxon-valdez.jpg&hash=3a5cfee54667cc0318afa156830c9ac2)

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.alaskadispatch.com%2Fsites%2Fdefault%2Ffiles%2Fstyles%2Fad_slideshow_normal%2Fpublic%2Fimages%2Ftopic%2Fnews%2Fexxon-valdez-archive-14.jpg%3Fitok%3Df8fKAyHQ&hash=3269ed770596b1204940f14ecd7999be)

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Ffaculty.buffalostate.edu%2Fsmithrd%2FExxonPix%2Fcleanup.jpg&hash=65391274bd94531c08cd4907075ef319)

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fadikanda.files.wordpress.com%2F2010%2F11%2F4566c-oil-spill-on-sea-otters.jpg&hash=61a800b3d5f78291e6fea66e40e18148)


A 25 anni dall’incidente della Exxon Valdez, quali sono le conseguenze ambientali del disastro? Sul tema la comunità scientifica sembra dividersi. Uno studio del 2007 della National Oceanic and Atmosferic Administration ha stimato infatti che circa 98mila litri di petrolio contaminino ancora le coste della zona, e da analisi svolte nel 2013 è emerso che la popolazione di lontre locale mostra ancora i segni di un possibile avvelenamento da idrocarburi. Altri studi però indicherebbero che le sostanze inquinanti sono ormai localizzate unicamente in zone poco frequentate, e non rappresenterebbero quindi più un pericolo per la fauna locale.

Sul piano legale, a pagare è stata principalmente la Exxon Mobil, costretta a versare un risarcimento di oltre un miliardo di dollari. Nonostante sia stato ritenuto il principale responsabile dell’incidente, il capitano Hazelwood invece se l’è cavata con poco: una sospensione dal servizio, 50mila dollari di multa, e 1.000 ore di servizi sociali, da scontare ovviamente sulla terra ferma.

Autore: Simone Valesini
Fonte: galileonet.it
Foto: alaskadispatch.com
Title: Clima, nelle acque del Mediterraneo arrivano nuovi inquilini
Post by: ^VITTORIO^ on March 27, 2014, 18:54:56
Boom di specie tropicali, diminuiscono quelle di acqua fredda

(ANSA) - ROMA, 21 MAR - Specie tropicali che arrivano, specie d'acqua fredda che se ne vanno. Nel Mar Mediterraneo la biodiversità sta mutando e la causa principale è il cambiamento climatico che riscalda le acque. A spiegarlo il biologo marino Ferdinando Boero, dell'università del Salento, nel convegno 'Gestione sostenibile del Mare Mediterraneo', organizzato a Roma dall'Accademia dei Lincei per la Giornata mondiale dell'acqua.

Nel Mediterraneo, a causa del riscaldamento, si registrano due fenomeni: ''la meridionalizzazione, cioè lo spostamento delle specie verso Nord, e la tropicalizzazione, cioè l'insediamento di specie tropicali che formano popolazioni importanti e sono competitivamente superiori alle specie preesistenti, che in acque più calde si trovano in condizioni sfavorevoli'', ha detto Boero.

A portare nuovi inquilini nel Mare Nostrum sono anche le navi, che ''trasferiscono circa 10-12 miliardi di tonnellate di acqua di zavorra in tutto il mondo ogni anno, insieme a migliaia di specie marine'', ha osservato Andrea Cogliolo, deputy general manager della Rina Services. ''In qualsiasi momento da 3.000 a 4.500 specie diverse sono presenti nelle acque di zavorra; la stragrande maggioranza non sopravvive al viaggio, ma alcune possono trovare condizioni favorevoli e diventare invasive, modificando interi ecosistemi''.

Proprio le navi, secondo Boero, hanno portato nell'Adriatico una specie di medusa finora sconosciuta, appartenente al genere Pelagia, che prenderà il nome del biologo marino croato Adam Benovic scomparso 2 anni fa. A cambiare la biodiversità, non solo nel Mediterraneo, è poi la pesca insostenibile. ''Con un eccesso di pesca abbiamo tolto i pesci grandi dal mare, e ora peschiamo i pesci più piccoli per farne mangime per l'itticoltura. La natura non ama il vuoto, che è stato riempito dalle meduse'', ha osservato Boero. In pratica ''siamo passati da un mare di pesci a un mare di meduse''. (ANSA).


Mari di 500 milioni di anni fa popolati da giganti gentili
Mangiavano microrganismi come le balene

(ANSA) - ROMA, 26 MAR - I mari di 500 milioni di anni fa erano popolati da giganti gentili: erano crostacei simili agli attuali gamberi, ma lunghi quasi 2 metri, ma niente affatto aggressivi perchè si nutrivano di animali microscopici, in un modo molto simile a quanto fanno oggi le balene. La scoperta, pubblicata su Nature, si deve al gruppo di ricerca britannico coordinato dall'Università di Bristol che ha studiato fossili trovati in Groenlandia. I ricercatori hanno potuto ricomporre un vero e proprio enigmatico puzzle relativo all'Anomalocaride (Temisiocaris borealis), un bizzarro animale simile ai gamberi vissuto circa 500 milioni di anni fa nel periodo Cambriano, ossia nel periodo che vide una vera e propria esplosione di nuove specie. Il particolare aspetto di questo animale, come anche di molti gli altri 'strani' animali del Cambriano, aveva reso finora quasi impossibile capire le caratteristiche dell'Anomalocaride. Si ipotizzava infatti che le particolari appendici mobili presenti sulla testa dell'animale, all'altezza della bocca, fossero in qualche modo utilizzate per afferrare le prede e che quindi questi enormi gamberi fossero dei voraci predatori. Tuttavia i nuovi fossili dimostrano ora che le appendici erano costituite da spine poco distanziate tra loro, utilizzate per filtrare l'acqua e intrappolare piccoli organismi. Le appendici avrebbero quindi avuto un ruolo simile ai fanoni che le balene usano per catturare il plancton. La scoperta dimostra quindi che l'Anomalocaride fosse in realtà un gigante 'gentile' e permette di far luce sull'ecosistema marino di 500 milioni di anni, ricco di microrganismi. (ANSA).
Title: Sardegna: rischio idrogeologico nell’80% dei comuni
Post by: ^VITTORIO^ on May 26, 2014, 02:57:09
L’80% dei comuni della Sardegna ha almeno una porzione del suo territorio ad elevato rischio idrogeologico. Sono 280 i Kmq di territorio che presentano superfici a pericolosità di inondazione,  ed a cui vanno aggiunte le superfici non comprese e indicate dal Piano stralcio delle Fasce Fluviali, 1523 i fenomeni franosi censiti che ricoprono una superficie complessiva di circa 1471 Kmq, pari a circa il 10% del territorio sardo, dato peraltro non comprensivo del rilievo di alcuni settori non censiti, quali le aree militari, le aree minerarie dismesse del Parco Geominerario e numerosi tratti di fasce costiere.

In Sardegna 337 sono i ponti stradali che in caso di eventi meteorologici intensi potrebbero essere causa di inondazioni  mentre sono 15 i ponti ferroviari, 128 edifici costruiti in aree di pertinenza fluviale ,  44 strutture fognarie sono ancora insufficienti, 31 opere di difesa del suolo non sono più efficienti o non sono correttamente manutenute,198 sono i punti di alvei o fiumi che necessitano di manutenzione.

E non certamente migliore è la situazione nel merito dei Piani di Emergenza.  Allo stato attuale infatti sono solo 233  su 377 (pari al 62%) i Comuni sardi che si sono dotati di un piano di emergenza strumento indispensabile per la prevenzione dei rischi e atto a fronteggiare l’emergenza, e 147 su 308 i comuni che hanno un Piano Rischio Idrogeologico.  Ribadiamo  l’importanza dell’istituzione degli Uffici Geologici di Zona e qualcosa la Regione ha fatto mettendo a disposizione  un piccolo fondo per convenzionare i geologi a supporto delle unioni dei comuni. Bisogna fare di più . Certamente è importante ricostruire quella strada o quel ponte , danneggiati dall’alluvione di Novembre , per riportare una naturale quotidianità alle popolazioni colpite ma poco o nulla si sta facendo per la manutenzione del territorio.

Ed i geologi vanno nelle scuole della Sardegna .  Nel 2014 abbiamo deciso di devolvere il premio Panetto (dal nome dell’ex  Vice Presidente dei Geologi della Sardegna , scomparso prematuramente ), alle scuole medie di Laconi e Nurallao  due paesi dell’entro terra sardo che l’estate scorsa hanno visto il loro boschi devastati da un incendio, con l’innesco di tutta una serie di problematiche riconducibili a fenomeni di dissesto idrogeologico.  Ci sembrava utile dare un messaggio che dalla scuola e dai ragazzi forse occorre ripartire per stimolare una nuova cultura dell’ambiente e del territorio.

Davide Boneddu , Presidente Ordine dei Geologi della Sardegna

FONTE: greenreport.it (http://www.greenreport.it/news/urbanistica-e-territorio/sardegna-rischio-idrogeologico/#sthash.vsl9OtRo.dpuf)
Title: Scoperto il più grande insetto acquatico del mondo
Post by: ^VITTORIO^ on July 27, 2014, 20:18:37
Delle foto scattate il 17 luglio 2014 da Zhong Xin per  China News Service e pubblicate sul sito web cinese Ecns.cn, mostrano un esemplare di un insetto dell’ordine Megaloptera che è stato scoperto in una montagna del Chengdu, nelle provincia cinese dello Sichuan e che, con un’apertura alare di 21 centimetri, potrebbe essere l’ insetto acquatico più grande del mondo.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.repstatic.it%2Fcontent%2Fnazionale%2Fimg%2F2014%2F07%2F23%2F083813105-ae4a7a0c-d66b-44fc-bfb3-af781ee81236.jpg&hash=2e0a8dde042d83d80b605e64e042af37)

Non si sa molto di questo gigantesco insetto ma, come spiega Bec Crew su Scientific American e anche l’ecologia dell’intera famiglia Megaloptera, che include circa 300 specie descritte, resta in gran parte avvolta nel mistero: «Anche i  membri dei Megaloptera sono abbastanza poco conosciuti, dato che le larve passano tutto il loro tempo in acqua, avventurarsi fuori solo una volta quando arriva il momento di trasformarsi in pupe e diventare adulti. Di solito stanno  nei torrenti limpidi e in fiumi, paludi, stagni e laghi puliti, ma sono anche perfettamente in grado di sopravvivere nell’acqua fangosa e inquinata, il che li rende in più difficili da individuare».

Gli adulti hanno una vita relativamente breve che utilizzano soprattutto per cercare di accoppiarsi. Anche se sono dotati di enormi mandibole simili a zanne e di un apparato boccale, in realtà non mangiano praticamente nulla ed i maschi utilizzano queste vistose mandibole per attrarre le femmine e per trattenerle mentre si accoppiano.

Comunque il nuovo insetto gigante non è il più grande in assoluto: come peso è battuto dalla weta (Deinacrida heteracantha), con  un esemplare molto noto che  pesava 71 grammi, tre volte più di un topo, trovato dal biologo Mark Moffett in una remota regione della Nuova Zelanda.

La larva record, 58 grammi, è quella della  falena  Attacus atlas del sud-est asiatico, mentre l’insetto terreste più grande del mondo è lo scarafaggio rinoceronte (Macropanesthia rinoceronte),con  un peso di circa 35 grammi e che vive in Australia.

A vincere in lunghezza con 35,7 cm  è la femmina dell’insetto stecco gigante  Phobaeticus Chani, che con le zampe arriva a 56,7 centimetri.

fonte: greenreport.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on November 24, 2014, 12:34:18
Gli squali cacciano a riva

Un video postato su Youtube ci mostra un centinaio di squali che divorano un banco di pesci serra (Pomatomus saltatrix) in prossimità della battigia su una costa del North Carolina, una circostanza piuttosto rara. Gli squali sono talmente concentrati sul loro pasto che molti di loro vengono trascinati sulla sabbia dalla corrente, mettendo così a rischio la propria vita.

http://www.youtube.com/watch?v=liijgHmbBzg

In base alla descrizione su Youtube, il video è stato girato nella zona degli Outer Banks della North Carolina da Donnie Griggs, esperto pescatore, subacqueo e surfista. La data delle riprese è il 9 ottobre, intorno a mezzogiorno, lungo la Cape Lookout National Seashore.

Gli squali si nutrono spesso in gruppo, mirando a banchi di piccoli pesci che in inglese vengono chiamati "baitfish". Normalmente però si cibano a svariate decine di metri dalla costa, spiega Gregory Skomal, biologo esperto di fauna ittica che studia gli squali per conto dello stato del Massachussetts. “Non avevo mai visto degli squali nutrirsi in prossimità della battigia, finendo per essere trascinati
fino alla zona intertidale”, commenta Skomal. “Penso si tratti di una circostanza piuttosto rara”.

Secondo le informazioni date da Griggs, gli squali stavano inseguendo i pesci serra. È plausibile, dice Skomal, aggiungendo che probabilmente si trattava di esemplari giovani (chiamati in inglese snapper blues), non più lunghi di 20 centimetri. Gli squali nel video “rischiano la vita” nuotando così vicino alla spiaggia, spiega Skomal, poiché potrebbero rimanere bloccati. “Sono talmente affamati che non pensano ad altro che a mangiare. È straordinario”. Secondo Skomal è difficile determinare a quale specie appartengono gli squali per via della bassa risoluzione del video. Ma sospetta si tratti di squali orlati o squali grigi.

Skomal fa notare che sopra a questi banchetti è normale veder volare molti gabbiani e pellicani. I pesci che predano come fanno gli squali, o i tonni, spesso portano le prede verso la superficie, dove gli uccelli riescono facilmente a catturarli. “I pescatori hanno ormai imparato che se vogliono trovare i pesci devono cercare gli uccelli”, commenta il biologo.

Riguardo al motivo per cui gli squali si nutrono in gruppo, molti scienziati ancora non sono sicuri se si tratti di una vera e propria cooperazione nella caccia o se semplicemente accada che si trovino nello stesso posto allo stesso momento: “un po' come quando trovi più persone affamate in un ristorante rispetto a una via qualunque. Perché è lì che si trova il cibo”. Che si tratti di coordinazione o meno, la presenza di un tale numero di squali concorre a far avvicinare i pesci predati tra loro, rendendone più facile la cattura.

Per rassicurare i bagnanti, Brian Recker, che ha caricato il video di Grigg su Youtube, scrive: “vogliamo sia chiaro che a Cape Lookout e nelle spiagge circostanti, nella zona est della North Carolina, si può fare il bagno senza alcun pericolo. La presenza di questi squali e di grandi banchi di pesci è la prova che si tratta di un ecosistema in ottime condizioni”.

di Donnie Griggs per nationalgeographic.it
Title: Re: [CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on December 05, 2014, 13:51:30
Le megattere del Mar Arabico sono isolate da 70.000 anni.

Le megattere sono note per i loro canti, per le acrobazie fuori dall’acqua e anche per essere il mammifero marino che detiene il record per la più lunga migrazione del mondo: alcuni esemplari hanno percorrono oltre 9.000 chilometri per spostarsi dalle aree di alimentazione polari alle zone di riproduzione tropicali. Ma lo studio “The World’s Most Isolated and Distinct Whale Population? Humpback Whales of the Arabian Sea”, pubblicato su PlosOne da un team internazionale di ricercatori rivela una scoperta affascinante fatta nell’Oceano Indiano settentrionale che mette in dubbio le convinzioni sulle megattere migratrici: la popolazione di questi giganteschi cetacei misticeti che vive nel Mar Arabico non solo è la più geneticamente distinta al mondo, ma potrebbe essere la popolazione di balene più isolata del pianeta. «I risultati . dicono gli scienziati – suggeriscono che sono rimaste separate dalle altre popolazioni di megattere per forse 70 mila anni, il che è  estremamente insolito in una specie famosa per le migrazioni sulla lunga distanza»

Gli autori dello studio sono Cristina Pomilla (Sackler Institute for Comparative Genomics dell’American Museum of Natural History); Ana R. Amaral (Universidade de Lisboa); Tim Collins (Wildlife Conservation Society- Wcs); Gianna Minton (Wwf Gabon); Ken Findlay (University of Pretoria); Matthew Leslie (Amnh e Wcs); Louisa Ponnampalam (University of Malaysia); Robert Baldwin (Environment Society of Oman); Howard Rosenbaum (Ocean Giants Program Wcs).

Collins sottolinea che «Le epiche migrazioni stagionali delle megattere altrove sono ben note, così questa piccola popolazione non migratoria rappresenta un meraviglioso ed intrigante enigma. Pongono anche molte domande: da dove e perché proviene, come si mantengono e come i loro comportamenti differiscono dalle  altre megattere?»

Precedenti studi sulle megattere avevano rivelato diversità tra le megattere dell’emisfero settentrionale e quelle di molte aree dell’emisfero Sud, in particolare per motivi di riproduzione. Guardando a livello di bacino oceanico, gli scienziati stanno ottenendo una comprensione migliore del flusso genetico delle megattere, comprese quelle dell’Oceano Indiano meridionale. Ma la dinamica e movimenti di questi cetacei  nel Mar Arabico sono poco conosciuti.

Rosenbaum spiega: «Abbiamo investito un sacco di energia lavorando a chiarire la struttura della popolazione di alcuni grandi specie di balene in tutto il mondo. I livelli di differenze genetiche per le megattere del Mar Arabico sono particolarmente suggestivi: sono la popolazione di megattere più distinta del mondo e potrebbe anche far luce sui fattori ambientali che determinano le popolazioni di cetacei».

Per capire quale siano  le origini della popolazione megattera del Mar Arabico, il team di ricerca internazionale ha esaminato il DNA nucleare e mitocondriale estratto da campioni di tessuto che sono stati raccolti da biopsie provenienti da 47  balene. I dati sono stati poi confrontati con quelli di megattere sia dell’emisfero sud che del nord del Pacifico. Tutto il campionamento delle megattere del Mar Arabico è stato condotto al largo dell’Oman, un noto hotspot di questi cetacei e Collins sottolinea: «Non avremmo potuto condurre  questo studio senza il magnifico sostegno del Sultanato dell’Oman, e in particolare senza la nostra partnership con l’ Environment Society of Oman».

Gli autori dello studio pubblicato su PlosOne ipotizzano la separazione avvenuta 70.000 anni fa potrebbe essere collegata a vari episodi glaciali nel tardo Pleistocene ed associati allo spostamento del monsone indiano. La separazione delle megattere del Mar Arabico si è poi probabilmente rafforzata  a causa dei cicli di allevamento che sono asincroni: le megattere del Mar Arabico si riproducono nello stesso eriodi di quelle dell’emisfero settentrionale, mentre le popolazioni più vicine di megattere dell’Oceano Indiano occidentale (al di sotto dell’equatore) lo fanno in una stagione diversa.  L’areale noto della popolazione di megattere del Mar Arabico comprende Yemen, Oman, Emirati Arabi Uniti, Iran, Pakistan ed India, e forse le Maldive e Sri Lanka.

Altre evidenze supportano i dati genetici, compresa l’assenza di esemplari foto-identificati del Mar Arabico tra le megattere fotografate nell’Oceano Indiano Occidentale (e viceversa). Le megattere arabe hanno anche molti meno cicatrici delle balene dell’emisfero Sud ed una totale assenza di segni di morsi di squalo che invece sono comuni nelle megattere che vivono a sud dell’equatore. Comunque ci vorranno altri studi per capire quali meccanismi abbiano causato l’isolamento delle megattere del Mar Arabico.

Lo studio genetico ha rivelato anche altri problemi: il livello di diversità genetica è relativamente basso rispetto ad altre popolazioni megattere; i segni di colli di bottiglia genetici, sia lontani che recenti, eventi causati da una diminuzione della popolazione. Il più recente collo di bottiglia potrebbe essere  dovuto alla caccia illegale: tra il 1965 e il 1966 le baleniere sovietiche uccisero 242 megattere nel Mare Arabico, tra le quali 39 femmine gravide, una perdita potenzialmente devastante per una popolazione così piccola.  Oggi, i pericoli principali per questa popolazione sono l’impigliamento nelle reti da pesca e le collisioni con e navi, comprese le numerose petroliere che frequentano il Mar Arabico.

Secondo la principessa Sayyida Tania Al Said dell’Environment Society of Oman «Questo ultimo studio rafforza l’evidenza che abbiamo da sbrigare una priorità di conservazione urgente, non solo nell’Oman, ma con partner degli Stati di tutto l’areale. Stiamo lavorando con gli stakeholders in Oman per sostenere per l’importanza della conservazione di questa specie e tenerla in considerazione nei piani di sviluppo. Stiamo anche cercando di lavorare con i partner internazionali per migliorare la più ampia salvaguardia dei mammiferi marini nel Mar Arabico, compresa la partecipazione ad un’iniziativa regionale di di conservazione della megattera».

Rosenbaum conclude: «Le megattere del Mar Arabico sono la popolazione più isolata al mondo di questa specie e sicuramente la più in pericolo.  Il noto e crescente rischio per questa popolazione unica comprende le collisioni con le  navi e l’impigliamento nelle reti da pesca,  minacce che potrebbe essere devastanti per questa popolazione diminuita; è necessario un maggiore impegno regionale per fornire una migliore protezione a queste balene. La migliore stima corrente della dimensione della popolazione delle megattere Mar Arabico è di meno di 100 individui, anche se questo si basa esclusivamente sul lavoro svolto in Oman». Lo stato della popolazione di megattere del Mar Arabico viene rivisto annualmente dal Comitato Scientifico dell’International Whaling Commission e gli autori dello studio raccomandano che la popolazione sia passata dalla categoria di “pericolo” a quella  “in pericolo critico” nella Lista Rossa Iucn delle specie minacciate.

fonte: greenreport.it
Title: Come la custodia di un dvd ha ucciso una balena
Post by: ^VITTORIO^ on January 12, 2015, 14:54:07
Nell’agosto 2014 ai biologi dello Stranding Response Team del Virginia Aquarium and Marine Science Center è stato segnalato uno strano avvistamento nell’Elizabeth River, un affluente molto trafficato della baia di Chesapeake. Si trattava di una giovane femmina di balenottera boreale lunga più di 13 metri, che nuotava lungo il fiume ben lontana dalle profonde acque dell’Atlantico dove questa specie, minacciata secondo la Lista Rossa IUCN, si trova normalmente.

“Si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato”, commenta la coordinatrice delle attività di ricerca dell’acquario, Susan Barco. La balenottera appariva disorientata. Barco e i suoi colleghi l’hanno seguita per diversi giorni, cercando di proteggerla dallo scontrarsi con un’imbarcazione, un’eventualità che le sarebbe stata fatale. Nonostante tutti questi sforzi la balenottera è stata trovata morta pochi giorni più tardi.

(https://www.calabriapescaonline.it/home/forum/proxy.php?request=http%3A%2F%2Fwww.nationalgeographic.it%2Fimages%2F2015%2F01%2F08%2F114452000-bd421b89-a7d7-4ab1-a5d6-b34bbfdc012d.jpg&hash=56527292faf3993f55e1110495e0a5f1)
Fotografia per concessione del Virginia Aquarium & Marine Science Center

La necropsia ha rivelato che l’animale aveva ingoiato un pezzo di plastica nera rigida, che aveva lacerato il suo stomaco impedendole di nutrirsi. La balenottera indebolita era anche stata colpita
da un’imbarcazione, scontro che le aveva fratturato una vertebra. “È stata una morte dolorosa e decisamente molto lunga”, commenta Barco.

Il frammento che ha causato la morte è stato identificato come un pezzo della custodia di un DVD. Molto probabilmente il mammifero lo ha ingoiato mentre cercava cibo in superficie. “Mi intristisce molto che un pezzo di plastica che non è stato buttato via nel modo corretto abbia finito per uccidere una balenottera”, continua. “Una morte che si poteva evitare”.

L’ingestione di plastica è un problema molto grave per gli animali marini, in particolare gli uccelli e le tartarughe che spesso confondono quei rifiuti per cibo. Il materiale non è digeribile perciò può ostruire lo stomaco o l’intestino portando l’animale a morire di fame. Mentre aumenta la quantità di rifiuti presente in mare, aumenta anche il rischio che corrono tutti i suoi abitanti.

Le balene muoiono di fame con la pancia piena di spazzatura

Ad aggravare il problema c’è il fatto che gli scienziati stanno ancora cercando di capire quale sia il vero impatto sui cetacei dei detriti presenti in mare. Uno studio del 2014 ha riportato che l’ingestione di rifiuti è stata confermata in oltre il 56% delle specie di cetacei, arrivando a una percentuale del 31% degli animali in alcune popolazioni particolarmente colpite.

“Le balene che finiscono spiaggiate sono solamente una piccola percentuale di quelle che muoiono”, spiega Frances Gulland, ricercatrice capo al Marine Mammal Center di Susalito, in California. I capodogli sono particolarmente suscettibili all’ingestione di frammenti di plastica; li scambiano per calamari, la loro preda principale. “Ogni capodoglio al quale mi sia capitato di fare la necropsia aveva dentro lo stomaco un sacco di reti e di pezzi di plastica”, racconta.

Il caso più estremo che Gulland ha incontrato nella sua carriera risale al 2008, con due capodogli spiaggiati lungo la costa settentrionale della California con gli stomaci pieni di reti da pesca, corde e spazzatura di plastica. Uno dei due aveva lo stomaco aperto e l’altro era emaciato, segno che non aveva potuto nutrirsi per un certo tempo. In entrambi i casi i rifiuti ingeriti sono stati fatali.

La varietà e l’età di alcuni pezzi di plastica hanno suggerito che fossero stati accumulati nel corso di svariati anni. Secondo Gulland, che ha condotto la necropsia, una delle balene aveva almeno 180 chilogrammi di plastica dentro lo stomaco. “Sono lentamente morte di stenti”, commenta la ricercatrice, “era la prima volta che mi capitava di vedere una balena morta perché aveva mangiato rifiuti”.

Blair Mase, coordinatrice del programma della NOAA Fisheries Southeast che si occupa dello spiaggiamento dei mammiferi, racconta che il numero di balene e delfini che vengono seriamente danneggiati dai rifiuti marini sta aumentando. Nonostante le statistiche possano ingannare, Mase ricorda almeno 35 spiaggiamenti di tursiopi tra il 2002 e il 2013 dovuti proprio all’ingestione di spazzatura.

Ma i detriti in superficie non sono gli unici colpevoli. Le balene grigie si nutrono sul fondale oceanico e inavvertitamente ingeriscono anche i rifiuti insieme a piccoli organismi come gli anfipodi. Nel 2010 John Calambokidis, biologo della Cascadia Research di Olympia, Washington, ha assistito agli esami condotti su una balena grigia morta che si era spiaggiata vicino a Seattle. I detriti trovati in questo maschio di oltre 11 metri comprendevano più di 20 sacchetti di plastica, piccoli asciugamani, guanti chirurgici, un paio di pantaloni di tuta, nastro adesivo e una pallina da golf. “Era la rappresentazione drammatica del livello del nostro impatto sull’ambiente marino”, conclude Calambokidis.

di Isabelle Groc
per nationalgeographic.it
Title: Re:[CURIOSITA'] Forse non tutti sanno che.....
Post by: ^VITTORIO^ on July 15, 2019, 02:45:59
Il significato delle bandiere al mare

In Italia, secondo le disposizioni delle Ordinanze di Sicurezza Balneare emanate dall’Autorità Marittima, le bandiere presenti degli stabilimenti balneari devono essere tre.

BANDIERA BIANCA: segnala che il servizio di salvataggio è attivo e le condizioni meteo marine permettono il noleggio di natanti e la balneazione, senza pericolo

BANDIERA GIALLA: segnala l’obbligo di chiusura degli ombrelloni  a causa di forti raffiche di vento.

BANDIERA ROSSA: segnala che la balneazione è pericolosa per cattivo tempo o che il servizio di salvataggio non è attivo. In questo secondo caso oltre alla bandiera rossa vanno esposti uno o più cartelli, redatti in più lingue, ben visibili con la dicitura: ATTENZIONE – BALNEAZIONE NON SICURA PER MANCANZA DEL SERVIZIO DI SALVATAGGIO.

BANDIERA VERDE: è un riconoscimento dei Pediatri Italiani alle migliori spiagge adatte ai bambini
Per l’assegnazione di questo riconoscimento vengono presi in considerazione diversi aspetti.
In primis l’arenile della località che deve essere molto ampio, dotato di ombrelloni distanziati l’uno dall’altro. La sabbia deve essere fine e deve degradare dolcemente verso il mare. Quest’ultimo dovrà avere fondali bassi e acque chiare e pulite. La spiaggia deve essere dotata di soccorritori e bagnini in caso di emergenza.
In secundis vengono presi in considerazione i locali di ristorazione,le gelaterie e le aree attrezzate per i bambini.

La bandiera verde, per l’anno 2019, è presente sulle spiagge dei Comuni di:
Bianco (RC), Bova Marina (RC), Bovalino (RC), Capo Vaticano-Ricadi (VV), Cariati (CS), Cirò Marina-Punta Alice (KR), Isola di capo Rizzuto (KR), Locri (RC), Melissa-Torre Melissa (KR), Mirto Crosia-Pietrapaola (CS), Nicotera (VV), Palmi (RC), Praia a Mare (CS), Roccella Jonica (RC), Santa Caterina dello Jonio Marina (CZ), Siderno (RC), Soverato (CZ), Squillace (CZ).

BANDIERA BLU: è un riconoscimento assegnato dalla ONG danese Fee, Foundation for Environmental Education, in materia di educazione ambientale, ai comuni rivieraschi e agli approdi turistici con le acque più belle e pulite.

Per l’anno 2019 in Calabria sono state premiate, con la bandiera blu, 11 spiagge

Tortora, Praia a Mare, Roseto Capo Spulico, Trebisacce, San Nicola Arcella e Villapiana in provincia di Cosenza. Cirò Marina e Melissa per la provincia di Crotone; Sellia Marina e Soverato per la provincia di Catanzaro e Roccella Jonica per la provincia di Reggio Calabria.