2008 Acque in Italia A rischio molte specie WWF

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lucignolo

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La condizione della fauna ittica italiana è piuttostoì grave ed è lo specchio di una situazione di degrado generalizzato della rete idrografica superficiale: delle circa 50 specie autoctone di pesci solo una, il Cavedano, può essere oggi considerata non a rischio (Zerunian, 2007); tutte le altre, comprese le 22 specie endemiche
o subendemiche, sono da considerare a diverso grado in pericolo di estinzione.
I pesci delle acque interne: tra interessi e tutela

I pesci rappresentano senza dubbio una delle componenti biologiche più significative e a rischio degli ecosistemi di acque dolci, ma rivestono anche una notevole importanza per il loro valore commerciale e ricreativo. Vi è, quindi, un’alta complessità di aspetti, ecologici e naturali, economici e
sociali, che è indispensabile considerare per garantire una corretta tutela e gestione dell’ittiofauna.L’attività di pesca sportiva è certamente di estrema importanza soprattutto se si pensa che in Italia ci sono circa due milioni di pescatori dilettanti, 60.000 dei quali praticano attività agonistica, e sono aggregati in circa 3000 associazioni che fanno parte alla FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva
ed Attività Subaquee). Nonostante sia un’attività “ricreativa”, l’indotto economico ad essa legato è certamente significativo: va, infatti, dall’abbigliamento specialistico all’attrezzatura da pesca che ha raggiunto livelli estremamente sofisticati, considerando anche le strutture e le attività legate alle “pesche sportive”.
Tutto ciò, consente la vita e diffusione di numerose testate giornalistiche rivolte ai pescatori. Insomma, un mondo ampio ed articolato che gravita intorno alla “risorsa ittica”costituita dai pesci d’acqua dolce.
La pesca nelle acque interne è regolamentata da un vecchio testo unico nazionale, il Regio Decreto 8 ottobre 1931, n.1604 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla pesca - Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 1932, n. 18), ma attualmente è delegata alle Regioni che hanno normato l’attività con proprie leggi, delegando poi alle Amministrazioni provinciali il ruolo preminente nella gestione dell’ittiofauna; in particolare le funzioni amministrative provinciali vanno dal rilascio della licenza di pesca, sia
per la pesca dilettantistica che professionale, a tutte le concessioni che la legge prevede, dall’autorizzazione dei centri privati di pesca, all’utilizzo degli elettrostorditori, alle autorizzazioni per lo svolgimento di gare e manizioni di pesca, cioè a tutte quelle forme di attività che in un modo o nell’altro hanno a che fare con la fauna ittica. Inoltre, sempre alle Province è delegato lo svolgimento dell’istruttoria per l’erogazione di contributi, per esempio rivolti ai pescatori professionisti,
piuttosto che alle associazioni di dilettanti. Di notevole interesse è anche la comparsa di manuali e linee guida per la gestione della pesca in un’ottica di tutela della fauna ittica 2.
Molte Amministrazioni provinciali si sono dotate di carte ittiche o carte delle vocazione ittiche, a seguito di leggi regionali, allo scopo di “fotografare” le varie realtà e soprattutto dentificare le azioni di tutela e gestione dell’ittiofauna; in molti casi, insieme alle carte ittiche sono stati redatti dei veri e propri piani
ittici provinciali dai quali derivano anche le differenti regolamentazioni sul territorio; il problema è che spesso questi piani o regolamenti provinciali non “parlano” tra loro . Tutto ciò segue logiche di tutela diverse, legittime, ma che poco o niente hanno a che fare con una gestione oculata di popolazioni ittiche presenti su uno stesso bacino o addirittura nello stesso fiume! Come per molti altri aspetti (per esempio avviene lo stesso per le concessioni in agricoltura o per la regolamentazione dei minimi deflussi vitali) è la mancanza di coordinamento e di politiche su vasta scala (o che almeno si rifanno al bacino idrografico), la base di queste
disfunzioni controproducenti.


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