Petrolieri all’assalto del nostro mare
La “Princess” della Northen Petroleum lascia il nostro mare Adriatico dopo aver effettuato sondaggi con la tecnica degli air gun allo scopo di individuare giacimenti di petrolio. E’ il primo atto di quello che può essere definito un vero e proprio assalto al nostro mare e alla salute pubblica, un primo atto al quale seguirà, in mancanza di azioni politiche forti, quello definitivo dell’installazione di piattaforme e dell’estrazione del greggio, con effetti devastanti per l’ecosistema marino e per un’economia, quale quella pugliese, in gran parte incentrata sul turismo, la pesca e l’agricoltura. Anche quest’ultimo settore infatti sarà duramente soggetto alle fonti di inquinamento delle piattaforme petrolifere con oggettivi effetti dannosi sulla salute dei cittadini. Prosegue quindi con forza l’azione delle multinazionali del petrolio che in barba al principio di autodeterminazione dei popoli, nel caso specifico quello pugliese, continua la sua politica con una mossa alquanto astuta, quella di spostare il bacino d’azione a 12 miglia dalla costa mettendo di fatto fuori gioco gli enti locali che in questo modo non sono coinvolti nel procedimento amministrativo. La “Princess” lascia dietro di sé uno strano fenomeno di moria di cetacei, segnalato dal gruppo fb Folgore SalvaGuardia Ambientale, proprio di questi giorni e, anche se non vi sono elementi tali da far pensare ad una correlazione, sta di fatto che la tecnica degli air gun, consistente nell’utilizzo di aria compressa sparata in mare a intervalli brevissimi che non può che essere dannosa per l’udito e l’orientamento dei cetacei. Ora, forse con un po’ di ritardo, si muove la classe politica pugliese e le associazioni ambientaliste, ma la strada è davvero difficile e soprattutto si deve cominciare a pensare che la “guerra” contro lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico, preso d’assalto da nord a sud, non si conduce isolati, non può un singolo comune o regione pensare di sconfiggere le multinazionali del petrolio, la voce di dissenso va portata a Roma, possibilmente con quella di altre regioni (Abruzzo, Basilicata ad esempio) per sollecitare un moratoria internazionale che impedisca alle multinazionali di aggirare l’ostacolo spostandosi in acqua internazionali che, pur essendo tali, non devono rappresentare uno spazio dove regna il vuoto in materia di tutela ambientale. Intanto la senatrice Poli Bortone ha presentato una interpellanza sull’argomento, che si può leggere integralmente. E a supporto scientifico di quanto asserito riportiamo uno stralcio dell’intervista rilasciata dalla prof.ssa D’Orsogna, fisico italo-americano di origini abruzzesi, docente all’Università della California, da anni impegnata contro lo sfruttamento petrolifero dell’Adriatico (vedasi dorsogna.blogspot.com) che, a proposti della Puglia boccia senza mezzi termini ha bocciato l’idea di installare piattaforme petrolifere in Adriatico ritenendole assolutamente dannose per la salute e del tutto incompatibili con un territorio, come la Puglia, fortemente legato ad attività del tipo pesca, agricoltura e turismo: “non si può fare turismo – dice la D’Orsogna – e nello stesso tempo pensare di estrarre il petrolio, o si fa l’una o l’altra cosa”. Tesi supportata la con dati e pubblicazioni scientifiche, che evidenziano come già per le perforazioni vengono utilizzate sostanze chimiche assolutamente dannose per la salute: “già nel corso dei sondaggi è prassi ordinaria – dice ancora la D’Orsogna – il rigetto in mare di fanghi perforanti contenenti benzene, toluene, xylene, ethylbenzene, (BTEX), nitrati, cadmio, cromo, bario, arsenico, mercurio, piombo, zinco, rame, anidride carbonica, idrogeno solforato, mentre le acque di scarto contengono sali, radon, biocidi, anti-corrosivi, idrocarburi. I detriti possono viaggiare anche per decine di chilometri. Pesci e crostacei amano le piattaforme ove le concentrazioni di mercurio sono 25 volte superiori alla media: da uno studio del 1996 del governo federale USA si apprende che il mercurio provoca danni al cervello dei bimbi e ai feti, oltre al sistema circolatorio e immunitario. Le piattaforme in mare non sono un habitat naturale e sano, piuttostogenerano una minestra tossica alla vita marina che inavvertitamente vi e’ attratta (Linda Sheehan,California Coastkeeper Alliance). Una piattaforma nel mare genera 90,000 tonnellate di inquinanti nella sua vita provocando danni ai sedimenti marini, pesca, turismo, uomo. Tra le minacce maggiori vi è anche la dispersione nell’atmosfera di idrogeno solforato, un gas incolore, facilmente infiammabile, la cui tossicità è paragonabile al cianuro, impedisce all’ossigeno di arrivare alle cellule e si caratterizza per lo sgradevole odore di uova marce. E’ altamente inquinante e a lungo andare provoca danni permanenti. I soggetti più vulnerabili sono malati di asma e con condizioni pre-esistenti, persone anziane, donne incinte (L’H2S nell’atmosfera innalza i rischi di aborti spontanei), bambini, che respirando più in fretta degli adulti e maggiori volumi di aria fisico più vulnerabile, più sensibile ai danni problemi di apprendimento sviluppo intellettivo rallentato. Nel corso del convegno la relatrice si è soffermata sui rischi, non frequenti ma possibilissimi, di scoppi e sulla legislazione in materia che in Italia è assolutamente carente. Si pensi che negli USA è vietato trivellare ad esempio nei Grandi Laghi, più grandi dell’Adriatico, mentre in Italia si può trivellare anche a pochi Km dalla costa senza alcun riguardo per l’ambiente e le popolazioni. Le distanze minime per trivellare negli USA sono di 160 Km dalla costa e in Danimarca di 50 Km. I danni provocati da eventuali incidenti, oltre a quelli che già provocherebbe il “normale” ciclo vitale di una piattaforma, coinvolgono non solo la pesca, ma anche l’agricoltura, si pensi al caso Basilicata, il turismo e i settori ad esse connessi”. Non va sottovalutato anche l’entourage delle piattaforme petrolifere: petroliere, oleodotti, desolforatori.
La Regione Puglia sta promuovendo a Monopoli una grande mobilitazione No Petrolio, ma la data che si sta ventilando tra gli organizzatori, si parla addirittura della seconda metà di gennaio, appare un po’ troppo tardiva e più che un “NO” festoso e colorato, ma netto, al petrolio in Adriatico dietro il Gonfalone della Regione, come si legge nel comunicato regionale, potrebbe somigliare di più ad un requiem per il nostro mare.
FONTE: monopoli.tv
AUTORE: Cosimo Lamanna