Gli habitat dei mari europei versano in cattivo stato a causa della pressione delle attività umane, e le politiche di conservazione adottate negli ultimi anni stanno migliorando la situazione troppo lentamente: è questa la fotografia scattata da due rapporti dell'Unione Europea. Solo l'ampliamento delle aree protette e lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine potranno garantire un futuro a tutte le attività economiche che ruotano intorno al mare
I mari europei non godono affatto di buona salute: è quanto risulta da due diversi rapporti appena pubblicati, il primo dalla Commissione europea, il secondo dall'Agenzia europea per l'ambiente (EEA), che saranno presentati alla Conferenza "Healthy Oceans – Productive Ecosystems" (HOPE), che si terrà a Bruxelles il 3 e 4 marzo prossimi.
Il mare rappresenta da millenni una risorsa importante per il sostentamento e il benessere delle popolazioni europee, ma la possibilità di sfruttare questa risorsa è sempre più minacciata dal degrado, dovuto soprattutto alla pressione esercitata delle attività umane.
I due rapporti, i primi a fornire una valutazione complessiva dello stato dei mari europei, arrivano a sei anni di distanza dalla formulazione della Direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (Marine Strategy Framework Directive, MSFD), elaborata per ristabilire, entro l'anno 2020, un buon livello di conservazione delle acque marine dell'Unione Europea e assicurare così un futuro non solo agli ecosistemi ma anche anche a tutte le attività economiche che si basano sullo sfruttamento delle risorse del mare, il cui prodotto lordo viene valutato attualmente tra 330 e 485 miliardi di euro, con 5,4-7 milioni di lavoratori impiegati direttamente.
I motivi di preoccupazione evidenziati nel rapporto della Commissione europea sono numerosi. In primo luogo, i livelli di diversi inquinanti hanno superato i limiti accettabili, con effetti molto evidenti nel processo di eutrofizzazione, cioè di eccessivo sviluppo degli organismi vegetali nelle acque e del conseguente impoverimento dell'ossigeno, che si osservano nel Mar Baltico e nel Mar Nero.
Il secondo problema rilevante è che il 39 per cento delle riserve ittiche dell'Atlantico nord orientale e l'88 per cento di quelle del Mediterraneo sono ancora sfruttate in modo eccessivo: le politiche di conservazione adottate in anni recenti stanno migliorando la situazione con notevole lentezza.
Il terzo grande capitolo riguarda i rifiuti solidi, soprattutto materie plastiche, che vengono dispersi in mare in grande quantità. Per dare un'idea della gravità del problema, in un tratto di spiaggia lungo la costa atlantica si trovano in media 712 frammenti solidi ogni 100 metri.
Altrettanto preoccupanti le conclusioni del rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente, che riporta dati raccolti tra il 2001 e il 2006. Lo stato di conservazione degli habitat è giudicato cattivo o inadeguato nel 50 per cento circa dei casi, mentre per quanto riguarda la fauna e la flora marine, solo il 3 per cento delle specie è considerato in buone condizioni, e per oltre il 70 per cento non si può neppure formulare una valutazione per la mancanza di dati attendibili.
Relativamente al Mediterraneo, risultano in buono stato il 17 per cento circa degli habitat del fondo marino e il 10 per cento circa dei rettili marini, mentre solo una minima parte degli habitat della colonna d'acqua, degli uccelli marini e dei mammiferi marini viene valutato positivamente. Per gli invertebrati marini, infine, salta all'occhio una quasi totale mancanza di dati.
Fotografata a grandi linee la situazione, il rapporto dell'EEA traccia alcuni punti chiave che dovrebbero ispirare in futuro l'implementazione di politiche di conservazione. Il primo obiettivo è incrementare la percentuale di aree protette sul totale delle aree marine che sono sotto la giurisdizione dell'Unione europea, passando dal 5,9 per cento del 2012 al 10 entro il 2020. Il secondo obiettivo è superare le difficoltà che negli ultimi anni hanno impedito di raggiungere uno sfruttamento delle risorse ittiche effettivamente sostenibile, promuovendo l'adozione delle normative più adatte in tutti i paesi membri.
“Il messaggio è chiaro: i mari e gli oceani dell'Europa non sono in buono stato”, ha commentato Janez Potonik commissario europeo per l'Ambiente. “Ciò significa che occorre trovare un modo per sfruttarne il potenziale economico senza aumentare la pressione su un ambiente già fragile, creando crescita e lavoro che siano sicuri anche a lungo termine”
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