Tanti e tanti anni fa veniva stampata una specie di rivista che era riservata ai negozianti. In questa rivista venivano riportate informazioni su vari produttori di articoli da pesca (italiani e stranieri), tra i quali veniva menzionato un nuovo produttore italiano, la Maver, i cui titolari erano due giovani imprenditori, marito e moglie (Maver è l'acronimo dei nomi di battesimo della giovane coppia), che stavano cominciando ad affermarsi soprattutto perché son stati i primi ad utilizzare in Italia il tessuto in carbonio, quando gli altri ancora utilizzavano il fenolico.
Erano i tempi d'oro del made in Italy, quando la produzione della Shimano era ancora composta per il 90% di accessori per biciclette e si affacciava timidamente sul mercato della pesca sportiva con i suoi primi mulinelli, e quando la Daiwa ancora produceva le sue canne in vetroresina a basso costo. Erano i tempi, tanto per capirci, in cui l'Europa era invasa delle radioline portatili a transistors giapponesi, dal costo irrisorio. Erano i tempi in cui i Giapponesi copiavano in tutto e per tutto i prodotti europei, che poi riproducevano identici ma con materiali di bassissima qualità, che venivano snobbati come ora snobbiamo i prodotti cinesi.
La manodopera italiana era (come lo è tutt'oggi) la più qualificata al mondo, i materiali erano di primissima qualità, ed i produttori non si sognavano neanche lontanamente di far produrre i loro manufatti nei paesi che allora rappresentavano realmente il 'terzo mondo', dove p.e. i campi venivano ancora dissodati con la zappa e l'aratro di legno trainato dai buoi, mentre i nostri contadini usavano già da decenni i trattori.
Le cose poi sono cambiate, compresa la mentalità dei produttori europei, e quindi anche italiani, che cominciarono a considerare il profitto come primissimo obbiettivo (se non l'unico) da perseguire.
Le produzioni cominciarono quindi a spostarsi man mano in questi Paesi, dove gli operai erano pagati con un pezzo di pane condito con calci in culo, ma con macchinari di ottima fattura perché importati dall'Europa. Anche gli operai cominciarono pian piano a specializzarsi ed anche la qualità di quello che producevano andava sempre più migliorando.
Ho fatto questa lunga introduzione per mettere in dubbio che tutti i prodotti marchiati Made in italy siano realmente prodotti in Italia, in quanto una legge consente di marchiare Made in Italy un manufatto che, anche se prodotto all'estero, venga comunque assemblato in Italia. Pertanto una canna marchiata semplicemente Paioli potrebbe non essere una garanzia di una reale produzione italiana ma di un semplice assemblaggio in Italia.
Diverso è invece il discorso di una canna Maver marchiata con il logo che ho pubblicato nel post precedente, che è garanzia di un manufatto prodotto interamente in Italia (la Reglass non è una 'fabbrica' a se stante, ma è un marchio che la Paioli (Maver) utilizza su alcune sue canne, diciamo che è il 'settore tecnico' del suo stabilimento).
Condivido in pieno e ti faccio i miei complimenti per questo tuo pensiero "Ma scegliere italiano adesso significa per me dare un contributo a chi si ostina a fare ricerca e dare occupazione nel nostro paese". Io la penso esattamente come te, prima di tutto perché è un modo concreto di dare una mano al nostro Paese (tanti pochi fanno un assai...), in secondo luogo perché sono orgoglioso di essere italiano e sono contro ogni luogo comune che ci vuole come incapaci, indolenti, opportunisti, ladri, imbroglioni e chi più ne ha, più ne metta. In terzo luogo perché non è vero che altre popolazioni ci 'sono superiori', ognuna ha i suoi pregi e i suoi difetti. Prendi i Giapponesi, davanti ai quali mi levo il cappello per tantissimi loro pregi, ma contemporaneamente disprezzo per il loro spregevole opportunismo di fare stragi di delfini e balene solo per incrementare i loro sporchi profitti.
Tornando al tema, le bolo Maver marchiate Reglass e Nanolith sono canne di qualità eccezionale apprezzatissime in tutto il mondo. Hanno un prezzo non indifferente, ma qualsiasi bolognese che si rispetti non te la regalano di certo...
Ovviamente la disponibilità finanziaria è il primo parametro che ci guida nella scelta della nostra attrezzatura da pesca, per cui tutto dipende da quanto ognuno di noi può spendere.