PESCA A MOSCA E SURROGATI - di Mauro Nini -

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Author Topic: PESCA A MOSCA E SURROGATI - di Mauro Nini -  (Read 11695 times)

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on: March 07, 2013, 11:59:48
 Ricevo e pubblico con piacere per conto di mauronini 


                
Pesca a Mosca e surrogati

In questi ultimi anni stiamo assistendo a frequenti  e reiterate discussioni, che si arroventano specialmente nei forum e hanno come argomento la Pesca con la Mosca; in particolare quali tecniche di pesca possano essere considerate Mosca e quali no, e perchè. I pescatori sono molto divisi su questo argomento e ciò non giova ne alla categoria, ne tantomeno al sistema.

Come spesso accaduto anche in altre realtà, lo smarrimento delle proprie origini e tradizioni possono determinare la perdita di patrimoni culturali preziosi che andrebbero invece conservati e trasmessi alle nuove generazioni.  
Solo qualche decennio addietro, in Italia, era molto poco diffusa la pratica di pescare con imitazioni artificiali di insetti e  la tecnica Valsesiana o l’uso della “moschera” costituivano l’eccezione, insieme alla ancor più rara e celebrata Pesca a Mosca all’inglese, con la coda di topo e relativa attrezzatura. A quel tempo nel nostro paese le trote fario erano ancora autoctone ed i temoli avevano tutti la pinna blu; i pescatori d’acqua dolce erano già numerosi,  ma coloro che pescavano “a mosca” piuttosto rari. Quando si aveva occasione di incontrarne uno lungo il fiume, si salutava con rispetto e ammirazione perché la Mosca era considerata “la pesca difficile”, ricca di chissà quali segreti e alchimie, e paragonarla alle tradizionali tecniche non sembrava davvero possibile.

Il Pescatore a Mosca infatti, pareva assumere le sembianze di una creatura venuta da un altro pianeta. Arrivava sul fiume a tarda ora, spesso sul finire del giorno, mentre gli altri cominciavano a riporre canne e picchetti, quasi non fosse venuto per pescare. Generalmente si sedeva su un masso, limitandosi a contemplare lo scorrere delle acque e così rimaneva a lungo, come un passante che necessita di una sosta prima di riprendere il cammino. Poi, di colpo, si rizzava in piedi come destato dal suo torpore ed estraeva e innestava rapidamente una canna ed una lenza molto diverse dalle altre, in cima alle quali legava un insettino peloso. Nel frattempo la superficie si era riempita di creaturine simili ed era uno spettacolo anche soltanto osservare le trote che salivano a ghermirle producendo piccoli e grandi cerchi concentrici. Ce n’erano cosi tante che si faceva fatica ad immaginare dove fossero state nascoste fino ad allora, e il Pescatore sceglieva con cura quelle da insidiare, ignorando le altre. La luce del giorno andava sempre più esaurendosi, e di lì a poco l’incantesimo sarebbe cessato. Sulla superficie sarebbe tornata la calma e la notte avrebbe ingoiato tutto, Pescatore compreso.

Sono trascorsi decenni e succedute generazioni di pescatori, ma l’incantesimo continua a manirsi anche se non più con la ridondanza di un tempo, né con gli stessi pesci. La trota cerca continuamente cibo sul fondo e le ninfe costituiscono una parte prevalente nella sua dieta. In certi momenti però si porta in prossimità della superficie, appena sotto quella sottile pellicola che separa acqua e cielo e che, nell’alimentarsi,  tende continuamente a deformare e infrangere. In quei momenti produce la bollata che seppure con forme e suoni diversi, rappresenta il marchio di fabbrica della Pesca a Mosca e con essa si identifica. In presenza di una schiusa, o anche estemporaneamente, non esiste Pesca a Mosca senza la bollata. La Pesca a Mosca è diversa da tutte le altre e chi la sceglie lo fa per cimentarsi con alcune problematiche complesse dalla cui soluzione trae gioia e appagamento. Non la cattura dunque; quella è solamente una conseguenza, non il fine.

L’uomo ha utilizzato per millenni esche come vermi, larve, insetti terrestri, pesci, pane e altre sostanze commestibili con cui farcire i propri ami. Poi, un bel giorno, un uomo un po’ più curioso o sensibile, di fronte allo spettacolo di trote che appostate sotto il pelo dell’acqua risucchiavano delicatamente gli insettini eterei che, adagiati sulla superficie, venivano trasportati dalla corrente, sentì dentro di se l’irrefrenabile stimolo di provare a catturare quelle stesse trote utilizzando quelle stesse esche. E’ da lì che nasce tutto, data l’impossibilità di innescare un’effimera  su un amo. L’uomo di cui sopra, così fortemente stimolato, dovette rassegnarsi a riconoscere che con le attrezzature di cui disponeva non era assolutamente possibile innescare e lanciare esche così esili.
 Evidentemente però le sue motivazioni non furono sopraffatte dai limiti tecnici dei suoi strumenti, visto che egli imparò prima a costruirsi (non senza difficoltà) le prime imitazioni di insetto (che considerato ciò di cui disponeva dovevano assomigliare molto poco agli originali, ma i pesci erano tantissimi e meno smaliziati di oggi) e contestualmente provò e riprovò a realizzare una canna e soprattutto una lenza avente le caratteristiche adatte a proiettare “esche senza peso”.

La pesca a mosca rappresenta il gusto per il difficile oltre che per il bello, e anche un uomo non più primitivo, ma neanche troppo moderno, pur dovendo ogni giorno far fronte agli stimoli della fame, possiede dentro di sé degli stimoli ugualmente forti che lo spingono verso la creatività e l’arte, piuttosto che verso la cruda praticità del quotidiano.
Questo percorso irto di difficoltà di ogni genere, eleva coloro che avvertono lo slancio di affrontarlo in una dimensione superiore, che consente di godere ogni momento di ogni uscita di pesca indipendentemente dalle catture e dalla bellezza del contesto naturale in cui sono immersi. Nella pesca siamo soliti ridurre, o eliminare, ogni ostacolo frapposto tra noi e la cattura. Nella Mosca, al contrario, ricerchiamo le difficoltà. Una mosca non deve dragare e la soluzione potrebbe consistere nel portarsi a monte del pesce e srotolare man mano la lenza fino a fargli arrivare l’esca davanti al muso. Questo nella pesca. Nella Mosca, attraverso lo studio, l’impegno e l’esercizio continuo, si può coltivare l’abilità che ci consente di risolvere diversamente lo stesso problema.
Queste differenze, enormi, afferiscono a dimensioni culturali lontanissime tra loro.

Quando è in atto una schiusa di effimere, la trota si porta a pelo d’acqua dove sono presenti gli insetti in tutti gli stadi. Ci sono le ninfe mature, che emergendo dal fondo si sono portate sotto il film. Alcune vi arrivano ancora integre, mentre molte altre presentano una spaccatura in corrispondenza della sacca alare, attraverso la quale le future subimmagini tenteranno di fuoriuscire. Non tutte avranno identico destino. Qualcuna morirà annegata, altre usciranno illese dai loro involucri intrappolati nella pellicola superficiale, e qualche insetto aericolo già libero dall’esuvia tenterà, con esito incerto, di forare la tensione superficiale oltre la quale c’è l’aria di cui già necessita. La maggior parte degli insetti, derivano sulla superficie nella attesa di asciugare le ali e scaldare i muscoli, prima di poter volare via. Con il trascorrere del tempo arriveranno anche le immagini e infine le spent. In pochi centimetri, separati da un nulla, si trovano gli insetti in ogni loro stadio e le trote si pescano a Mosca.

La pesca a ninfa è una cosa diversa e, nel tempo, è mutata divenendo un equivoco, trasformato successivamente in sotterfugio. La ninfa era un’esca, imitante uno stadio evolutivo importante. E’ stata trasformata in un sistema, del tutto in contrasto con il sistema Mosca ed i suoi principi. La Mosca ha sempre avuto ed ha tutt’ora, dei limiti di spazio e di tempo, oltre i quali non è produttiva in termini di catture come le altre tecniche, ma non se ne cura perché ha ben altri fini. Una trota di taglia ferma sul fondo di una buca profonda, può essere osservata e studiata per capire in quali situazioni ed orari si porterà in caccia in acque basse. Lo studio è alla base della Mosca e nel tempo consente di ottenere risultati incredibili. Ci sono molti pescatori che non amano studiare, né impegnarsi per ottenere tali risultati, e soprattutto non accettano l’idea di dover investire il tempo necessario. Vogliono tutto e subito. Costoro sono molto attratti da un sistema alternativo alla Mosca, che consenta di catturare continuamente, tutto il giorno, perché la cattura è il loro unico fine. La trota di taglia sul fondo della profonda buca la insidiano in tutt’altri modi e tempi.  Nessuno studio e nessuna particolare osservazione, bastano una o più ninfe piombate con qualche grammo di tungsteno, un finale adatto, magari piombato anch’esso ed una coda scelta di conseguenza, e la cattura diventa assai probabile.

Questa non è Pesca a Mosca, ma soltanto una squallida imitazione, laddove lo squallore è la conseguenza del sotterfugio. Questo modo di concepire la cattura di una trota trae ispirazione dalla Pesca al Tocco, che nel nostro paese vanta una grande tradizione ed è molto efficace. Lo squallore è duplice in quanto questo sistema alternativo alla Mosca non è che un surrogato del “Tocco” o della “Passata”, con l’uso di attrezzatura per coda di topo. Quest’ultimo aspetto poi, rappresenta una forzatura ed un alibi. Forzatura perché, per lanciare quelle ninfe farcite con palle di piombo o tungsteno, sarebbero molto più indicate e performanti le normali canne da lancio con relativo mulinello tradizionale, piombatura scalata sulla lenza e galleggiante classico quando serve. In questa maniera, l’azione di lancio e di pesca risulterebbero molto più pulite e piacevoli e meno stancanti. In fondo si stanno usando le versioni artificiali delle stesse esche naturali, per il cui uso queste attrezzature sono state concepite e nel tempo evolute. Alibi, perché grazie all’utilizzo di attrezzature per coda di topo, per quanto inadatte e inappropriate, queste persone si autodefiniscono Pescatori a Mosca. Nella realtà invece, sono soltanto dei pescatori tradizionali che si arrogano false credenziali.

Basta andarsi a cercare l’elenco dei Mosca Club attivi sul territorio nazionale, per appurare che nel 90% dei casi il simbolo scelto come emblema raffigura  una mosca secca, o un pesce che staziona a galla, o che sale in superficie a prendere un insetto, che è quasi sempre un’effimera, dun o spinner. Non ne esiste neanche 1 che sfoggi una ninfa o un’immagine che richiami questo sistema di pesca e men che meno, che faccia riferimento a esche piombate, altre zavorre e galleggianti. L’iconografia ha sempre avuto grande importanza nella storia dell’uomo e la Mosca non fa eccezione. Questo a dimostrazione di quanto ho scritto all’inizio, parlando dell’identità della Mosca, dei suoi principi e delle finalità, nelle quali la cattura è soltanto il fine ultimo, ma non certo unico. La Mosca non vuole e non deve essere concepita per sfoggiare atteggiamenti inclini a presunte superiorità, ma non può in alcun modo rappresentare un paravento per i molti che, abusando del suo titolo, praticano sistemi di pesca più essenziali, già esistenti, e unicamente rivolti a catturare un pesce dietro l’altro.
 
Alcuni di costoro accampano le scuse più incredibili e patetiche, nel tentativo di ricondurre le loro personali prospettive all’interno del sistema Mosca, che non può e non potrà mai accoglierle, perché vuole continuare ad essere diverso, come diverso è l’approccio di una trota verso una mosca che galleggia in superficie rispetto al suo consueto “brucare” sul fondo. Ho letto alcune esternazioni di questi “pescatori tradizionali che utilizzano attrezzature con coda di topo”, i quali ritengono che piombare le ninfe, i finali, usare galleggianti e altri ammennicoli, rappresenti  addirittura un’evoluzione nel campo della Pesca a Mosca.  Insistono dicendo che nel mondo, gli altri, lo fanno da decenni, che si sono scritti libri e manuali per insegnare a farlo e se in Italia persiste questa riluttanza nei confronti del “nuovo”, è perché siamo privi di una cultura della Pesca a Mosca.
Voglio rispondere a questi millantatori, comparsi dal nulla, autocelebratisi come “esperti” e che hanno incominciato a riprodursi con una velocità preoccupante, che in Italia la cultura della Mosca esiste già senza bisogno del loro discutibile contributo, con delle eccellenti peculiarità che essi stanno cercando di demolire e che vanno invece conservate e protette da ogni tentativo di contaminazione.

Ogni anno nel mondo, si producono e consumano migliaia di tonnellate di “parmesan” per la soddisfazione di imprese e consumatori di tale sottoprodotto che tutti ben conosciamo ed evitiamo. Di “Parmigiano DOC” se ne produce e consuma assai meno, perché necessita di molto più tempo, impegno e cura. Frutta molto meno e costa infinitamente di più, ma ne basta una lieve spolverata nel piatto per accorgersi della differenza. E’ tutt’altra cosa, proprio come la Mosca. La canna da mosca è stata inventata per lanciare ami ricoperti da pochi giri di filo e una manciata di fibre, e grazie al grande patrimonio tecnico sviluppato in Italia, è divenuto uno strumento con cui si possono produrre cose meravigliose, che al mondo nemmeno si sognano. Proprio come accade per gli strumenti musicali, le differenze possono essere enormi tra coloro che strimpellano e gli altri che suonano. Le stesse differenze che separano un violino o un pianoforte dai piatti o dalla grancassa, definiti anch’essi strumenti.
Non ritengo, ne auspico, che in futuro la pesca debba essere praticata da tutti esclusivamente a “mosca secca”, ma è doveroso chiamare le cose con il proprio nome e poterle riconoscere per ciò che sono e rappresentano, senza contraffazioni ne imbrogli. Il piombo, il galleggiante, e le catture in serie dei pesci appartengono ad un altro mondo. E’ anch’esso un mondo di svago che può offrire divertimento ed emozioni a chi vuole, ma nell’Universo della Pesca è confinato in un’altra galassia.

Mauro Nini
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Reply #1 on: March 07, 2013, 14:52:02
Ciao Mauro, per me è sempre un piacere leggerti, specialmente quando esponi concetti che condivido appieno.

mi vengono i mente alcune righe scritte dal Maestro Pragliola che riporto:

"I più grandi autori sono concordi nel dividere la vita di un pescatore in tre stadi. Primo quando si è principianti e il piacere è direttamente proporzionale al numero delle catture. Segue un momento in cui più che il numero è fondamentale la loro taglia, dunque pochi pesci ma grandi. Infine il terzo stadio, quando non interessa più il numero delle catture o la loro mole, ma la “difficoltà”; dunque meglio una sola cattura purché difficile. Quest’ultimo stadio è equiparato alla maturità, quasi il sigillo della vita di un pescatore. Condivido tutto, salvo il fatto che a mio parere esiste anche un quarto stadio, quello della “conoscenza”. Un momento della vita del pescatore, l’ultimo, dove più che il numero delle catture, più che la taglia, prima ancora delle difficoltà, prima di tutto insomma, c’è la “conoscenza”. Quando la scoperta di un dettaglio, poco importa se connesso alle acque, alla vita di un insetto, del pesce o altro, ti dona quelle gioie in precedenza dipendenti dal numero dei pesci, dalla loro taglia o addirittura dalla stessa difficoltà. Una concezione “diversa” della pesca. Più vicina alla Natura, dunque al modo di intendere la vita, piuttosto che l’altra che vede la pesca esclusivamente come un’attività ricreativa. E allora parlare della pesca, cioè condividere la conoscenza, anche ponendo qualche interrogativo, diviene un elemento importante, direi anche indispensabile per chi, come me, ha la presunzione, o l’illusione, di essere giunto al quarto stadio."

Se mi permetti vorrei aggiungere alcune mie considerazioni: Perché spendere tanti soldi per l'acqiusto di canne mulinelli code ecc. quando tutto si può fare, come giustamente affermi, con canne e mulinelli normali spendendo molto di meno? Sarà perché vogliono sentirsi dire che pescano a mosca?
E' proprio vero! la pesca a mosca è tutta un'altra cosa!
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donatot

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Reply #2 on: March 08, 2013, 19:05:01
Condivido il pensiero di Mauro, ma, la pesca a mosca e la sua completezza per quanto riguarda la costruzione, la ninfa fa parte della metamorfosi dell'insetto.

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Il modo di come la vedo io, oltre che pescare in superficie, dov’é la maggior parte delle mie pescate, credo che anche sotto, sia divertente … pescando con sola ninfa … lasciata andare a favore della corrente.
Mentre la pesca pesante, come dici Mauro, anch'io sono contrario e la vedo come lui ... una pesca di fondo che si può fare con i vecchi attrezzi e di lasciare stare quelli attrezzature da mosca.
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mauronini

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Reply #3 on: March 08, 2013, 20:43:21
Ciao Donato
la pesca è divertente per sua natura, sia quella praticata con esche artificiali, che quella con le naturali. Ognuno di noi sceglie ciò che gli piace, come è giusto che sia, ma ciò che il mio articolo sottolinea è la deriva che il concetto di Pesca a Mosca ha subito negli ultimi anni e che non può essere ignorato.

Tu hai iniziato prima di me e ricorderai certamente che le ninfe erano costruite con materiali assorbenti per consentire l'affondamento di pochi centimetri solamente. Dato che la corrente ostacola il processo, riportando velocemente la ninfa sotto la superficie, già i modelli classici prevedevano l'utilizzo del filo di rame e la Pheasant tail ne è la prova più lampante e conosciuta.
Anche allora (e stiamo parlando del XIX secolo) il fatto di appesantire l'esca per portarla verso il fondo, veniva considerato un sotterfugio per catturare di più e più facilmente, e i puristi lo ritenevano blasfemo. Come fare a dargli torto, solanto perchè cercavano con ogni mezzo di proteggere la purezza di un sistema di pesca che si prefiggeva obiettivi diversi e unici?

Tanto per fare un esempio, valido anche per i giorni nostri, prenderò lo spunto dalla religione.
Si può essere liberi di pregare e celebrare funzioni, se si prova fede, oppure di non farlo in caso contrario. Sono due scelte diverse, ma entrambe legittime e rispettabili, perchè il fatto di non provare fede non può essere considerato un'offesa.
La bestemmia invece, che è l'esatto opposto della preghiera, è giustamente considerata inopportuna ed inqualificabile e se non si ha fede basta non pregare, ne frequentare la chiesa, ma bestemmiare per esercitare il diritto alla laicità non è consentito, neanche dalla legge.

Facendo le opportune proporzioni, la Pesca a Mosca nasce con l'intenzione di riprodurre qualcosa che avviene sulla superficie o appena sotto il film (per cui sempre a profondità zero), e chiunque voglia cimentarsi con essa lo può fare secondo le finalità che essa si prefigge da sempre.
Oppure può fare altro, chiamandolo per nome in modo da non fare confusione, ne furbate.
Te lo immagini Donato se Halford avesse avuto modo di vedere quelle che oggi chiamano ancora ninfe e che somigliano alle bombe di profondità?

Non basta vestirsi in giacca e cravatta per risultare eleganti, ne usare canna e coda per sentirsi pescatori a mosca. Io, ad esempio, talvolta pesco il Persico Trota con piccoli poppers a galla e mi diverto un mondo. Attacchi spettacolari e violenti, sempre rigorosamente a galla, ed uso la solita 7'6 e coda 3 accorciando un poco il finale. Mi diverto si, ma non mi sogno lontanamente di chiamarla pesca a mosca...!!!
C'è la canna, il mulinello e la coda e le esche sono pure galleggianti, ma non basta. Mancano gli insetti senza peso, mancano le correnti ed i conseguenti dragaggi, su cui la Mosca è articolata.

Tornando a quanto dici sulla ninfa, è vero che rappresenta uno stadio importante nell'evoluzione dell'insetto, ma lo puoi trovare al 90% sul fondo e al 10% sotto il film superficiale e tra le due diverse percentuali esistono differene enormi, che i soli numeri non riescono a sottolineare.
Ti faccio 3 nomi noti:
Cirò rosso di Calabria, Aglianico del Vulture e Negroamaro del Salento. Te la sentiresti di considerare "Vino" pure il tavernello...???

Un grosso abbraccio

Mauro


mauronini

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Reply #4 on: March 08, 2013, 20:45:29
Solo per precisare, che la faccina ingrugnita che appare alla fine del mio post, è uscita da sola, io ho solo digitato 3 punti interrogativi dopo i puntini.
Un saluto a tutti

Mauro


donatot

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Reply #5 on: March 08, 2013, 21:15:00
Ciao Mauro, ho compreso benissimo il significato del tuo messaggio e hai ragione di non voler condividere certe scelte.

Comunque, ci ho provato tante volte anche io, sempre con risultati negativi. Si vede che il catturare conta di più di che cos'è la Pesca con la Mosca Artificiale ... siamo ancora degli immaturi.

Ti saluto a x rivederci presto ... Donato
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Reply #6 on: March 10, 2013, 08:41:46
una delle cose che mi ha fatto innamorare della pesca a mosca secca è proprio
la spettacolarità del lancio, che senso avrebbe senza
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Reply #7 on: March 10, 2013, 10:06:07
La bellezza della Pesca a Mosca Artificiale...
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Reply #8 on: March 10, 2013, 11:31:46
Ciao Giovanni
hai ragione, senza il lancio la Pesca a Mosca non potrebbe vantare granchè nei confronti di tutte le altre tecniche.

Ciao Donato
hai inserito la scena topica di un film di cui tutti parlano (soprattutto su quello che forse è il forum più seguito in Italia) con esaltazione, per poi continuare a pescare con piombi e galleggianti. Eppure in tutto il film si esalta l'uso di mosche galleggianti, stigmatizzando nel contempo la pesca sommersa. In un'altra scena fondamentale, il padre dei fratelli MacLean, racconta ai propri figli che anche nell'antica Galilea i discepoli di Cristo erano pescatori e usavano anche le mosche, e Pietro, il prediletto, pescava solo con mosche galleggianti.

Mauro


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Reply #9 on: March 10, 2013, 13:13:10
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una delle cose che mi ha fatto innamorare della pesca a mosca secca è proprio
la spettacolarità del lancio, che senso avrebbe senza

Se un giorno dovessi stufarti, ricorda che di spettacolare c'è anche il ground e il pendolare  calabria
Scusate l'OT ma sapete che vi ammiro 
STATE TRANQUILLI.........LO SHOCK LEADER NON MORDE

TUTTO QUEL CHE DICO SONO MIEI PARERI PERSONALI

PREFERISCO DI GRAN LUNGA CHI SI ESPONE ALL'ERRORE A CHI SE NE STA ALLA FINESTRA A GUARDARE (cit. Peppino)

- se peschi festeggia con una bottiglia di vino e del buon cibo - se non peschi consolati con una bottiglia d vino e del buon cibo -  (motto del gruppo PAM & PAM)


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Reply #10 on: March 10, 2013, 19:05:45
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Se un giorno dovessi stufarti, ricorda che di spettacolare c'è anche il ground e il pendolare  calabria

Nicola, senza dubbio i lanci menzionati sono spettacolari e ci vuole maestria per eseguirli però non si possono fare paragoni tra le due tecniche in quanto sono due cose completamente diverse. I paragoni, invece, si possono fare all'interno della tecnica con canna da mosca e coda di topo (notare che non ho scritto pesca a mosca). Pescare con la mosca secca significa studiare ogni decimetro quadro della superficie dell'acqua, capirne le correnti e posare la mosca dove si vuole in modo che non draghi. Per questo motivo si studiano lanci particolari: curvi; ribaltati; raggruppati ecc. Con la sommersa, per giunta piombata, tutto questo non esiste, addirittura oggi si pesca con canne lunghe utilizzando solo il finale, la coda rimane raccolta nel mulinello senza adoperarla... perché chiamarla pesca a mosca? Come dice Mauro la coda di topo è stata inventata per proiettare un artificiale senza peso, che deve imitare effimere, tricotteri, plecotteri ecc. che si trovano sulla superficie o appena sotto il pelo e un movimento innaturale di questi compromette inesorabilmente il risultato.

Noi non diciamo che non si deve pescare a sommersa o a ninfa piombata, ognuno pesca come gli pare! Però, per piacere, non chiamiamola pesca a mosca.
Soprattutto, e qui cito una bella frase dell'articolo di Mauro:

"Come spesso accaduto anche in altre realtà, lo smarrimento delle proprie origini e tradizioni possono determinare la perdita di patrimoni culturali preziosi che andrebbero invece conservati e trasmessi alle nuove generazioni." 

Nicola, intanto non sei OT, il tuo intervento da spunti interessanti alla discussione, e poi l'ammirazione è ricambiata:
Un abbraccio, Aldo.
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Reply #11 on: March 10, 2013, 19:54:36
Sarebbe meglio definire i metodi: quello della ninfa e pescare in superficie (quella che faccio da sempre).

Oltre la pesca, costruisco gli artificiali e per fare ciò, mi devo documentare, dalla ninfa fino al suo ultimo stadio. Questo poi mi porta anche usarli per vedere se funzionano, comunque, x me la pesca preferita e sempre la secca.

Per l'esperienza che ho fatto, voglio precisare che non é il lancio che serve ... ma la tecnica di pesca x la ninfa, che é difficile, quanto un lancio fatto in superficie. Tenere una ninfa in profondità in modo che si muova naturale, come tutti sappiamo almeno per le effimere che sono quattro tipi e ognuno a un modo di muoversi e, poi ci sono Plecotteri e tricotteri e altro.

La pesca con la ninfa come la intento io, deve essere fatta con un solo artificiale ... come avviene in superficie con una mosca sola ... giusto per dare loro l'effetto del vivo, il loro movimento naturale, tanto da stuzzicare l'appetito del pesce.

Non condivido invece quello che si vede in giro, la pesca con esche piombate non solo, ma addirittura sono montate a scalare su unica lenza...
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Reply #12 on: March 10, 2013, 20:49:31
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Per l'esperienza che ho fatto, voglio precisare che non é il lancio che serve ... ma la tecnica di pesca x la ninfa, che é difficile, quanto un lancio fatto in superficie. Tenere una ninfa in profondità in modo che si muova naturale,

Donato, ho precisato che ognuno pesca come meglio crede e fa bene perché si diverte, in fondo la pesca di qualsiasi genere è divertimento. Anche nella tecnica alla passata con esche naturali bisogna far lavorare l'esca ad una certa profondità ed in modo più naturale possibile.

Nel libro di Mario Albertarelli " A pesca con i Campioni" L'autore parla di Dante Zavattoni, grande pescatore di temoli con camolera (famosissime le sue imitazioni di camole). Il Zavottoni parla della difficoltà di far lavorare gli artificiali in profondità e dice più o meno così: bisogna presentare l'artificiale come se fosse sulla punta di una forchetta, in questo modo arriva prima l'esca e poi la lenza..... Non è una cosa abbastanza difficile? Ma è una cosa diversa della pesca a mosca!

Comunque permettimi di dissentire, per me il lancio è tutto, ricordati che sono cresciuto a pane e Pragliola e tu che ci sei stato vicino mi hai insegnato tanto!
 
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Reply #13 on: March 11, 2013, 11:21:51
No! Aldo, non volevo dire niente di particolare su quello che dicevi tu, ma solo spiegare a modo mio ... che c'è un lato della pesca meno praticato, per chi poi ha fatto una scelta personale ... pescando solo con la secca, anche se poi la bellezza sta lì.

Conoscere le attività giornaliere di come vive la trota ... mi ha sempre affascinato, cercando di scoprire il ciclo biologico alimentare. Anche se poi oggi, mi limito a vedere solo sotto le pietre cosa c'è é come si può cibare il pesce.
Una volta portavo il cucchiaio x far rimettere dentro ... tutto ciò che aveva mangiato e stabilire quale insetto aveva preso per prima, diciamo, che l'ottanta x cento si cibano di ninfe ... quelle che trovano sul posto e pochi insetti adulti.

Non voglio prolungarmi più di tanto e pensiamo, dove andare a pesca, non appena arriva la primavera. Ciao
>(((((((((°><°)))))))))<
Molto meglio la riva silenziosa di un fiume in una calda giornata di primavera con gli insetti che ti schiudono tutto intorno e accompagnati solo da qualcuno che è capace di assaporare questa magica atmosfera.


mauronini

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Reply #14 on: March 11, 2013, 17:25:20
Ciao Aldo
mi fa piacere essere in sintonia con te, ma ancora di più constatare di essere riuscito ad esternare chiaramente dei concetti che troppo spesso vengono mescolati con altre semenze.

Anche io sono cresciuto con le letture di Mario Albertarelli (tra le altre) e oltre all'intervista/capitolo dedicata a "Dante dei temoli", possiamo citare quella di Mario Riccardi, il quale dichiarava che il vertice della raffinatezza, nella pesca, consisteva nel riuscire catturare un pesce a mosca secca e che il temolo era il pesce da collocare al vertice. Sosteneva, come ricorederai, che tra 20 trote da un kg e 3 temoli da quattro hg, preferiva prendere i 3 temoli, pesci che non hanno eguali.

Stiamo parlando di un'intervista rilasciata verso la fine degli anni '60 (considerato che il libro "A pesca coi campioni" è uscito nel 1971 e che Albertarelli ha impiegato alcuni anni a costruirlo), le trote di cui si parlava erano fario autoctone ed i temoli esclusivamente "Italici" (i cosiddetti Pinna blu); quelli che ormai da decenni popolano i nostri fiumi, appartengono ormai quasi tutti al ceppo Danubiano, raggiungono dimensioni maggiori e sono molto più aggressivi, tanto che mi è capitato in passato di catturarne con il rotante ed il Ràpala addirittura (oltre 20 anni fa, quando ancora pescavo a spinning). La loro maggiore tenacia nel combattimento li fa spesso preferire dai pescatori, ma la superiorità del temolo dichiarata da Riccardi, faceva riferimento ad altri animali, molto più difficili da catturare, attenti al seppur minimo dragaggio e capaci di esaurire la pazienza e la determinazione del più duro dei Pescatori con la Mosca.

Penso di poter asserire senza ombra di dubbio (o quasi) che Mario Riccardi e Roberto Pragliola, hanno rappresentato e ancora rappresentano il top della Pesca a Mosca italiana. Ognuno con il proprio percorso ed i propri personali traguardi, hanno esportato nel mondo l'abilità, la creativita e l'innovazione made in Italy, ed entrambi hanno sancito che la "mosca secca" è la massima espressione della Pesca, contribuendo tra l'altro, in maniera significativa a spostare l'asticella verso l'alto.

Un saluto a tutti

Mauro


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Reply #15 on: March 12, 2013, 01:48:15
Mauro, mi trovi perfettamente d'accordo.  Hai fatto bene a citare Riccardi che pescava a mosca secca con lanci lunghissimi... se ricordo bene il racconto: "una mosca a 53 metri".

Mi auguro che il made in Italy di Riccardi e Praglola possa perpetuarsi nella sua purezza senza essere inquinato.
Purtroppo, da quello che si legge in giro, si va verso altre direzioni.
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Reply #16 on: March 12, 2013, 13:38:34
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Nicola, senza dubbio i lanci menzionati sono spettacolari e ci vuole maestria per eseguirli però non si possono fare paragoni tra le due tecniche in quanto sono due cose completamente diverse. ...addirittura oggi si pesca con canne lunghe utilizzando solo il finale, la coda rimane raccolta nel mulinello senza adoperarla... perché chiamarla pesca a mosca?

Ciao Aldo, ovviamente non c'era nessun paragone fra le due tecniche. Il longcasting è tecnica ma esprime anche forza fisica. La PAM è tecnica e architettura  calabria. Condivido il tuo stato d'animo sul fatto che la coda di topo rimanga a prendere la polvere, tanto vale levare il mulinello e pescare a canna (da mosca) fissa.
La mia battuta, tirata lì giusto per scherzare, mi ha riservato delle piacevolissime sorprese in quanto ho scoperto che il nostro caro Giovanni ha dei gloriosi trascorsi quale surfcaster e longcaster che non mi sarei aspettato  calabria
Un abbraccione anche a te.
STATE TRANQUILLI.........LO SHOCK LEADER NON MORDE

TUTTO QUEL CHE DICO SONO MIEI PARERI PERSONALI

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Reply #17 on: March 29, 2013, 23:24:07
Per Luigi, Admix, Giovanni, Vittorio, Donato, Aldo e X tutti
ricollegandomi ai contenuti del mio articolo, vi chiedo, senza alcuna polemica: secondo voi dove inizia e soprattutto dove termina ciò che considerate "Pesca a Mosca"?
E inoltre che attrezzatura utilizzate e in quali acque preferite pescare? Avete imparato una tecnica particolare o seguite il vostro istinto e la vostra esperienza?
E per concludere quali sono gli artificiali che non lascereste mai a casa e perchè?
A voi la parola.

Mauro


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Reply #18 on: March 29, 2013, 23:42:31
La mia considerazione sulla pesca a mosca:


Alle spalle delle mie esperienze c'è solo lui :


Gli artificiale sono raffigurati in foto:


Scusami Mauro, se ti ho fatto un ragguaglio fotografico ...   così ho scritto di meno e mi sono fatto capire di più...

Ciao un abbraccio Donato

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Reply #19 on: March 30, 2013, 11:58:52
Per rispondere alle tue domande devo prima raccontare da dove nasce la mia passione per la pesca.

Sono nato in un paesino alle falde della Sila. All’epoca gli svaghi non erano tanti, il mio preferito era quello di andare per campi assieme al mio cane, un pastore tedesco di nome Omar. Spesso mi recavo sulle rive di un torrente a raccogliere fragolette, more, giuggiole e a osservare le trote che stazionavano nelle buche.

Un giorno chiesi a mio padre, pescatore appassionato di spinning, se mi attrezzava una canna per poter insidiare quelle trote. Mi diede una cannetta auto costruita lunga circa 150 cm, con un mulinello Alcedo colibrì (tutto ancora in mio possesso) e alcuni piccoli rotanti Martin. All’inizio è stata dura, ma una volta capito come lanciare e recuperare il rotante iniziarono le prime catture.

 Andai avanti per un po’ con quel sistema ma non ero del tutto soddisfatto, potevo pescare solo nelle buche più grandi mentre in quelle più piccole non riuscivo a far lavorare l’artificiale. Intanto leggevo la rivista “Pescare” a cui mio padre era abbonato e iniziai ad interessarmi agli articoli sulla mosca di Pragliola. Ero talmente preso da questa tecnica che iniziai a girare tutti i negozi di caccia e pesca presenti a Cosenza. La maggior parte di questi non conosceva neanche l’esistenza della pesca a mosca finché, in un ultimo tentativo, in un negozio della periferia , trovo una canna di 8 piedi di colore giallo in fibra di vetro, un mulinello e una coda senza nessuna scritta o marca, c’era pure una scatolina di mosche tutte nere. Chiesi al gestore quando costava il tutto, pur di toglierseli dai piedi mi dette tutto per 25.000 lire. Non dimenticherò mai la prima trotella che è salita su quella strana mosca nera che scendeva sulla corrente di una buchetta non più lunga di un metro. E’ stato allora che
ho preso il virus della mosca.

Senza nessuna polemica, per me la pesca a mosca inizia con il lancio e termina con la posa di un mosca galleggiante su l’acqua. Tutto il resto lo considero, come dici tu, un surrogato.
La mia canna è una  Shimano  7,6 per coda 4 su cui ho montato una coda DT3. La tecnica è quella “fai da te” con qualche nozione della TLT. Le mie mosche preferite sono le Devaux 699/700/836/837 nelle taglie 14/16 ; Red Spinner e qualche sedge in pelo di cervo, non mi hanno mai deluso.

Infine, per la varietà di situazioni che presenta preferisco il torrente, mi stimola a pensare, osservare le correnti e inventare volta per volta il lancio più adatto.
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