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PESCA FORUM BAR / HELP! HELP! HELP!
« on: January 31, 2016, 16:25:51 »
Aspettavo con estrema urgenza dei documenti da un amico tramite email. Stamattina è arrivata la mail ma nella fretta non ho fatto caso all'ora di arrivo (le 4 del mattino) ed altre cosette che di solito che normalmente mi avrebbero messo in allarme. Il file era zippato e l'ho istintivamente decompresso ma l'ho bloccato subito non appena ho visto un'estensione .exe. Sembrava non fosse successo nulla ma dopo un pò perdo l'immagine del desktop e non riesco più ad aprire alcun file. In ogni cartella sono comparsi una foto, un file txt e un link internet dal titolo "help recorver instruction + vbe" che mi informano che questi bastardi mi hanno criptato i file ecc. ecc. In sostanza ogni file di testo, fogli elettronici foto ecc, hanno assunto l'estensione ".micro" . La chiave di criptaggio è questa: RSA-4096. Non ho tradotto il resto del messaggio ma sicuramente vogliono dei soldi pena la perdita dei file. Ho contattato un mio amico esperto che forse domani viene a vedere ma mi ha anticipato che potrà rimuovere il virus ma sul decriptare i files la vede dura. Qualcuno di voi ha esperienze/notizie in merito? Ogni suggerimento è ben accetto. Grazie

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PESCA A FONDO / W.T.B. “walking on the beach”
« on: July 15, 2015, 10:07:17 »


La pesca alle mormore, attività gratificante fino a qualche anno fa per pescatori di ogni livello, continua il suo declino stagione dopo stagione. Salvo poche locali eccezioni, i faraonici cestini di una volta, sia per numero che per taglia delle catture, sono ormai un lontano ricordo. Quali siano le cause non si sa, o meglio, lo sappiamo ma evitiamo sempre più di addentrarci in disquisizioni su argomenti spesso fuori dal nostro raggio d’azione. Il guaio è che non solo evitiamo di affrontare il problema della rarefazione dei pesci ma diradiamo sempre di più le nostre uscite demoralizzati dagli scarsi risultati. L’altra diretta conseguenza è che ci disinteressiamo sempre più dell’argomento pesca in generale, magari a livello prettamente teorico come può essere una sana e coinvolgente partecipazione alle discussioni sul nostro Forum, privandoci così un aspetto ludico della nostra vita che, anche se spesso inconsapevolmente, rappresenta un’importante valvola di sfogo dei nostri problemi quotidiani. Il guaio è che spesso molti di noi legano la pesca al solo risultato per cui, mancando quest’ultimo, scema via via l’interesse per l’attività sportiva in sé sino ad arrivare al completo abbandono della stessa. Ovviamente son consapevole che continuare ad accumulare cappotti diventa deprimente ma a volte siamo anche noi ad essere troppo statici. Spesso vediamo la pesca alle mormore come il classico passatempo da pensionati quindi, lancia l’esca, mettiti sulla sdraietta e aspetta godendoti la brezza estiva. Occorrerebbe invece, visto anche i tempi che corrono e il periodo attuale, non certamente il massimo per insidiare i migliori esemplari dello sparide, tirar fuori un po’ di dinamismo e dare una mano alla sorte. In che maniera? Un primo consiglio sarebbe quello, molto ovvio, di incrementare il numero di uscite sperando che a maggior frequenza corrispondano maggiori catture, ma questo non è sempre possibile e veritiero. Sarebbe anche opportuno diversificare, quando è possibile, lo scenario di pesca: se constatiamo che diverse uscite a bonaccia non ci hanno portato a nessun risultato, aspettiamo magari la serata in cui la monotonia estiva viene rotta da una veloce perturbazione rinforzando il vento e muovendo il mare. Occorrerebbe poi una maggior dose di fortuna visto che spesse volte noi andiamo in bianco e quel tipo che sta poco più in la ne becca diverse? Ma com’è possibile calamitare i buoni auspici? O, molto più realisticamente, com’è possibile azzeccare il punto giusto? Molto difficile fare delle scelte visto l’appiattimento della spiaggia durante le battute di PAF. Il dato di fatto è che le mormore effettivamente accostano “a settori” ma noi non sappiamo quali: una sera le hai sotto i piedi e la sera dopo magari sono cento metri più a destra, quello che non ci è dato sapere è il perché e il per come. E’ il caso di  andare a cercare cause e spiegazioni scientifiche o ci limitiamo ad occupare il solito posto sperando che questa sia la serata buona? C’è un’alternativa ovvero seguire il vecchio detto che vuole Maometto andare verso la montagna se questa non va da lui (o viceversa). Adattando la branca itinerante del surfcasting ossia il wandersurf di cui abbiamo già parlato in passato e mutuando un termine dei nostri amici spinners, possiamo definire questo tipo di approccio di cui andiamo a parlare “walking the beach” più o meno “passeggiando sulla spiaggia” solo che al posto della morosa ci porteremo dietro l’attrezzatura da pesca. L’intento è appunto quello di andare ad intercettare i tratti in cui le nostre amiche accostano e, visto che non abbiamo basi certe su cui poggiare, dobbiamo operare un minimo di programmazione per non rischiare di avere risultati peggiori della postazione fissa.

Occorrente
Cominciamo dall’attrezzatura. Per quanto si possa trattare di battute estive a mare calmo è sempre meglio ridurre all’osso il tutto. Una canna (tele, 3 pz o 2 pz) tradizionale da PAF intorno ai 120/130gr. di potenza, un mulinello (il più leggero possibile) taglia massima 6000 o giù di lì caricato con uno 0.25 di buona qualità, un picchetto da circa 100cm. leggero in alluminio. Uno zainetto in cui posizionare pochi accessori (4/5 piombi di vario peso), qualche shock leader già pronto, qualche minitrave e travi lunghi, un paio di rocchetti di filo per terminali, ami, girelle, forbici, aghi e minuteria varia. Grossa raccomandazione: se siete indecisi se mettere un piombo o un rocchetto di filo in più nello zaino, lasciatelo a casa così vi rimarrà spazio per una bottiglia d’acqua e qualcosa da mangiucchiare. Completa l’armamentario il solito secchio. Personalmente trovo molto utili quelli rettangolari venduti nei brico per intingere i rulli per imbiancare, ci stanno a meraviglia le scatole d’arenicola e il mulinello quando non è sulla canna. Come esca non mi farei molti problemi, arenicola integrata magari da una scatoletta di americani.

Azione di pesca.
Dobbiamo anzitutto stabilire un punto di partenza che, salvo nostre esigenze particolari, può essere il tratto più vicino all’accesso alla spiaggia. Montiamo, inneschiamo e lanciamo. Nell’attesa, stabiliamo mentalmente un rapporto fra il tempo a nostra disposizione e lunghezza della spiaggia. Nel senso che se possiamo permetterci di stare in spiaggia sino all’alba su una spiaggia smisurata possiamo optare per un frazionamento in cinque settori passando un’ora di tempo circa in ciascuno di essi. Dobbiamo anche decidere di quanto spostarci di volta in volta. Possiamo magari optare, ad esempio, per una distanza di 50 metri.  Quindi, supponiamo di iniziare la nostra battuta alle 9 di sera, dopo 5 ore di pesca, intorno alle 2 di notte circa, ci troveremo a 250 metri dal nostro punto di partenza avendo battuto questo tratto di spiaggia ad intervalli di 50 metri per un’ora ciascuno. Riserveremo le successive cinque ore per il percorso a ritroso variando leggermente le distanze in più o in meno per non capitare esattamente sui punti utilizzati all’andata. In questo modo, alle 7 di mattina ci ritroveremo al punto di partenza avendo battuto palmo a palmo e ad orari diversi l’intero tratto di spiaggia. Per gli spostamenti ognuno si regola come crede: si cominciano a riporre nello zainetto una decina di minuti prima dello spostamento le cose tirate fuori. Se lasciamo la canna aperta cerchiamo di tenere ben fermo il piombo altrimenti continuerà a suonare il tamburo sul fusto della canna. Se non siete dei vecchietti come me potete decidere di allungare a cento metri ogni tratto in modo da perlustrare mezzo chilometro di spiaggia o di impostare tutta la battuta su una direzione evitando le soste del ritorno, ma ricordate che a fine pescata vi aspetterà un bel pezzo di strada per arrivare alla macchina. Ovviamente se il tempo è poco dovremo ridurre sia tempi di permanenza che distanze. Questi sono consigli basati sulla mia esperienza personale per cui, per esporli, ho dovuto necessariamente schematizzare. In sostanza, dobbiamo adattare il tutto alle nostre esigenze, l’importante è che continuiamo a passeggiare sulla spiaggia.
Alla prossima

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PESCA FORUM BAR / Buon compleanno Adrenalina
« on: March 10, 2015, 00:17:00 »
Tanti auguroni Gianni 


ci mancano le tue foto......e i tuoi pesci  ;D

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SURFCASTING / LA PESCATA PERFETTA
« on: November 07, 2014, 00:41:21 »
In questi giorni, causa le condizioni meteo avverse che continuano a flagellare la Liguria e buona parte della penisola, mi sono spesso trovato a dare una sbirciata ai siti meteo memorizzati sul mio pc addentrandomi anche nelle previsioni a 7 giorni e più (cosa che non faccio mai in quanto penso che siano dati poco attendibili). Non ho mancato comunque di dare anche un’occhiata alla condizione di mari e venti più per pura deformazione professionale in quanto non rientra nei miei programmi a breve scadenza una battuta di pesca e, passando da un giorno della settimana all’altro, c’è una cosa che colpisce la mia vista come un flash: le frecce. Si, le frecce direzionali del vento nella parte occidentale della nostra regione. Guardo l’evoluzione degli altri dati come pressione atmosferica, altezza d’onda, velocità del vento, temperatura dell’aria e dell’acqua sino all’evoluzione del tempo senza tralasciare lo stato di marea e sentenzio che questa è quella che, parafrasando un noto film, potrebbe rappresentare la “battuta di pesca perfetta”……almeno come condizioni tipo. Il dato che più mi ha colpito è la direzione del vento che compie una rotazione di 180 gradi da sud est a nord ovest nell’arco di poche ore, (una evenienza che stimola molto i pesci) sino a disporsi quasi frontalmente nella mattinata di sabato 8, come potete intuire da queste due immagini relative ai giorni 7 e 8.





Ed è proprio quest'ultima la giornata che secondo me occorre sfruttare. Teniamo anche conto che il tempo sarà in  miglioramento con piogge  scarse o assenti e soprattutto con vento in attenuazione e mare in leggera crescita dopo un abbassamento dovuto ai venti di spalle nella giornata precedente. Poi c’è la ciliegina sulla torta: culmine di alta marea alle ore 10.05 (riferito a Tropea). Non vi allego altre tabelle in quanto l'evoluzione del tempo è visibile su qualunque sito meteo.
Ovviamente si parla di condizioni da vero surfcasting anche se in prima scaduta per cui è meglio evitare di presentarsi con canne da beach e arenicola.
Penso che possa essere una buona occasione per tutta la nostra costa occidentale con particolare riguardo agli spot del Golfo di S. Eufemia. E se i risultati mancheranno, pazienza, sarà comunque una buona palestra per una lezione di surfcasting.
Attendo report   calabria

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Ci scommetto che pensavate di trovare belle ragazze in succinti costumi da bagno, beh non è così. calabria
Il due pezzi è semplicemente riferito alla pezzature delle canne di cui si parla, ovvero le canne a  ripartizione. Anche il collocamento temporale, l’estate, non è esaustivo perche il periodo di utilizzo di questi attrezzi è più ampio. In sostanza coincide con il periodo del beachlegering e della paf ovvero 12 mesi l’anno.
Dovendo affrontare delle classiche battute a PAF personalmente cerco di alternare le canne di cui dispongo per questo tipo di pesca. Per cui a volte mi porto dietro una coppia di canne da beach, altre volte utilizzo una coppia di canne standard da fondo, altre volte opto per due canne di media potenza. Faccio così non per un motivo o un’esigenza particolare ma per il semplice fatto che mi spiace far impolverare le canne nella rastrelliera. Le ho acquistate nel tempo per passione e convinzione per cui sono tutte “piezz’ e core”. Al momento di prendere le canne e infilarle nella sacca c’è, però, sempre un attimo di tentennamento. Le mani, guidate da un inconscio comando, si dirigono verso ciò che non era in programma e facciamo parecchia fatica a mantenere l’imparzialità che ci eravamo prefissati nell’attuare il turn over. Ma questi dubbi sono davvero una questione inconscia o, sotto sotto, c’è un meccanismo di scelta razionale? Chiariamo subito che il tipo di canne che ci fa titubare sono le canne a ripartizione e qui qualcuno magari storcerà il naso. Nell’immaginario di tante persone infatti il concetto di canna a ripartizione coincide spesso con criteri di estrema rigidità, pesantezza, mare grosso e difficoltà d’utilizzo. Occorre premettere che anche per le ripartite, così come avviene per altre tipologie di canne, c’è una suddivisione per categorie o classi a seconda dell’utilizzo cui sono destinate che ci può fornire una prima indicazione di scelta. Infatti a noi non interessano tutte le ripartite ma solo quelle che potremmo definire, con un termine magari non esaustivo, “leggere”. Trattando di canne a ripartizione dobbiamo fare un po’ l’abitudine all’uso di termini anglofoni atteso che questo tipo di canne hanno avuto origine nella terra d’Albione. Nulla di trascendentale, termini senz’altro già sentiti come cast weight, ossia la potenza, il peso lanciabile. Questa caratteristica di solito è espresso in misure inglesi, precisamente in once (oz) così come la lunghezza che è espressa in piedi (feet) e pollici (inch). Altri termini che incontreremo individuano la tipologia e la versione della canna. Sentiremo pertanto parlare di versione multiplier o fixed per distinguere la canna anellata per mulinello rotante da quella da mulinello fisso. Avremo poi le cime, rough e match per distinguere cimini ad azione più rigida da quelli più flessibili ecc.ecc.  Tornando a noi, la potenza che ci interessa ha un range limitato e di solito spazia da 1 oz (oncia) a 5 oz. Essendo l’oncia pari a circa 28,35 grammi, le corrispondenze metriche decimali varieranno pertanto da questo peso sino a poco più di 140 grammi. All’interno di questo ventaglio c’è poi una certa gamma di scelta che annovera range diversi come 1/3 - 1/4- 2/4- 2/5- 3/5 ecc. Giusto per tornare alla terminologia anglosassone, in questo gruppo rientrano quelle canne che gli inglesi definiscono “flattie rod”, “bass rod” ed “estuary rod”, canne di potenza limitata ma con ottime doti balistiche e di reattività.
Includendo il range più basso, l’1/4, sconfineremmo in quelli che, tradizionalmente, rappresentano i canoni del beachlegering e qualche puritano potrebbe inalberarsi ritenendo disdicevole pescare a beach con canne ripartite (per quanto leggere). Ebbene faccio presente che alcuni produttori inglesi consigliano le loro canne più leggere, come le 1/3, proprio per la pratica del beachlegering. Personalmente queste grammature non mi allettano molto; delle canne che ho provato trovo che non abbiano molto in evidenza quel nerbo e quella reattività tipica delle rip, peferisco range di potenza poco più alti come le 2/4 o le 3/5 ed è proprio su questo segmento che cercherò di focalizzare le mie indicazioni. A parte questa mia considerazione personale, oggettivamente e obiettivamente, una 1/3 ha tutte le carte in regola per cimentarsi nel beachlegering e chi afferma il contrario non conosce minimamente le ripartite leggere, ma di questo magari ne parliamo un’altra volta.
 Evito di addentrarmi nei meandri delle caratteristiche tecniche e costruttive di queste canne perché esiste un’abbondate letteratura e cerco di tenere in maggior considerazione l’aspetto e l’impiego pratico. Quello che infatti ci interessa in questo contesto è di fornire consigli utili che possano guidarci nella scelta e nell’acquisto di queste canne “estive” ma anche di fornire motivazioni valide a chi ha delle perplessità. Partiamo con l’esaminare gli aspetti negativi, pochi peraltro, cui potremmo andare incontro acquistando una canna a ripartizione. Il primo, universalmente riconosciuto, è una certa difficoltà nel trasporto essendo la misura minima d’ingombro prossima ai due metri. Nulla a che vedere con la duttilità delle telescopiche, è vero, ma proviamo per un attimo a vedere il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto.
Proviamo ad immaginare per un momento di essere appena arrivati sulla spiaggia, al crepuscolo o addirittura in condizione di buio avanzato e valutiamo, sempre mentalmente, quanto tempo e con quali difficoltà riusciamo ad armare una telescopica, una tre pezzi e una due pezzi. Penso che non ci sia alcun dubbio che la contesa volga a favore della rip. Con la telescopica, anche se abbiamo piombo e terminale già montati, come qualcuno usa, occorre estrarre 5/6 sezioni,  allineare gli anelli e poi incastrare bene le sezioni. Con la ripartita basta inserire la cima nel pedone, spingere ed il gioco è fatto. Anche con la tre pezzi il gioco è facile ma gli elementi da allineare e innestare sono tre ovvero uno in più. Ovviamente quello del montaggio (e anche dello smontaggio) è un aspetto secondario in quanto se andiamo a divertirci non badiamo al tempo impiegato per queste operazioni ma per qualcuno può essere una questione rilevante.
Posto il concetto indiscutibile che il formato di canna prossimo alla perfezione sia il monopezzo e che la canna in due pezzi è quella che più si avvicina a questo stereotipo di perfezione del quale raggruppa e conserva le migliori doti tecniche quali reattività, potenza e sensibilità, vediamo quali sono gli aspetti veramente rilevanti. Partiamo dalla gestibilità includendo in questo concetto peso, dimensioni e versatilità. Le canne di questo range sono dei veri e propri fuscelli, dei fioretti che potremmo tenere in mano per un’intera battuta di pesca senza accusare la minima fatica e non parlo solo dei modelli di ultima generazione ma anche delle nonnette prodotte vent’anni fa. Non ho riferimenti precisi in fatto di pesi ma penso di non sbagliare dicendo che una rip leggera da 12 piedi equivalga ad una canna da beachlegering o ad una da paf leggera di livello qualitativo elevato.  Per quanto concerne la scelta del mulinello da abbinare, valgono gli stessi criteri delle altre canne: non devono sbilanciare e appesantire la canna. Un 4500 direi che rappresenta la scelta migliore  anche se si può arrivare fino ad un 6000 in caso di modelli superleggeri. L’optimum naturalmente è rappresentato da un mulinellino rotante classe 8/10 lb come gli Abu 5000/5500. In questo caso non ci sarebbe più storia in fatto di leggerezza e godibilità. Naturalmente è sul campo che saltano fuori le differenze, quelle comportamentali e caratteriali. Per quanto io possa sforzarmi di spiegare, le parole non sarebbero sufficienti, occorrerebbe provare per rendersi conto. Utilizzando una ripartita ci si rende conto che si ha la possibilità di pescare a dieci metri dalla battigia come se usassimo la più leggera delle canne da beach ma al momento di andare più in là non si fa certo dei problemi: montato un piombo da 3 o 4 once, a seconda del range, la schiena e la grinta vengono in evidenza e le distanze arrivano con naturalezza. Due parole sulla sensibilità che rimane immutata tanto sulla brevissima che sulla lunghissima distanza. L’architettura costruttiva delle canne a ripartizione permette di raggruppare tutte queste qualità senza la necessità di ostentare effetti speciali e qualità mirabolanti: il tutto è insito nel suo dna, già da parecchio tempo. In parole molto povere è come avere una canna polivalente: docile e sensibile ma che allo stesso tempo sa tirare fuori i muscoli quando vogliamo qualcosa di più. E tutto ciò a tempo pieno: lanci tecnici senza limitare il piombo e senza limitazioni di tempo e di numero di lanci, la scelta di una canna ripartita ci affranca dall’ansia di dover tenere sempre a mente la franchigia sul piombo. Altro aspetto saliente è che nelle ripartite non c’è, di solito, un margine di sicurezza per la zavorra massima utilizzabile come avviene per le tre pezzi e le telescopiche. Spesse volte addirittura la portata reale si rivela addirittura superiore a quella dichiarata ovviamente senza mettere in crisi e a rischio la canna.  Ovviamente anche in questo campo c’è il concetto del peso ottimale da tenere distinto dal peso massimo. In sostanza le ripartite possono agevolmente “lanciare” la zavorra indicata sulla serigrafia ma, ai fini della massima distanza raggiungibile, questa zavorra si riduce. Qualcuno obietterà che, in quanto ripartite, devono essere usate con lanci tecnici come ground e pendolare, che sottintende la necessità di acquisire praticamente la loro esecuzione. Ovviamente, se si vuole ottenere il massimo, un discreto lancio aiuta ma posso assicurarvi che con questo cast di potenza un discreto side o un buon above restituiscono degli ottimi risultati. E’ comunque sempre saggio ricordare che la distanza la fa il pescatore non la canna, qualunque essa sia. Mettiamo poi anche in conto che di fronte ad un’improvvisa variazione delle condizioni marine, con la crescita del moto ondoso, la nostra rip manterrà comunque le capacità di affrontarle.
Quale modello scegliere? Ritengo doveroso fare una premessa: dopo un periodo glorioso di qualche lustro fa in cui vennero sfornati dei prodotti diventati nel frattempo dei cult come le Tecnofish All Bass o le varie Mitchell in due pezzi o le Veret Vrt, queste canne sono un po’ cadute nel dimenticatoio. Una certa produzione esiste, sia italiana che estera ma l’interesse del pubblico è rivolto verso modelli di potenza superiore. Sfogliando i cataloghi on line, di modelli papabili ve ne sarebbero parecchi ma qui occorre tener presente un aspetto di cui parlo sempre, ovvero l’individualità di queste canne. Ossia ciascuna canna ha una propria “personalità”  spesso molto diversa dalle altre canne di pari range. Per cui, se in questo topic abbiamo creato, per questioni di comodo, un range di attrezzi idonei per la PAF, non vuol dire che tutte le canne che sulla carta vi rientrano possano andar bene. Vi sono delle canne da 5 once che hanno buone attitudini con condizioni di mare già abbastanza formato e risulterebbero piuttosto sorde per i nostri usi mentre, viceversa, vi sono modelli di range superiore che si prestano ottimamente ai nostri scopi. Oltre ai vecchi modelli di cui si parlava prima e che, per me, rimangono insuperabili, mi permetto di indicare qualche modello attuale in produzione. Purtroppo i prezzi non sono sempre popolari ma guardando bene sul web vi accorgerete che esistono parecchi modelli abbordabili. Rimane poi il mercato dell’usato che offre quasi sempre attrezzi di buone qualità e condizioni e a volte si ha la fortuna sfacciata di incappare in qualche possessore delirante ha deciso di mettere in vendita uno dei cimeli sopra citati.
Per le considerazioni di cui sopra, nelle mie indicazioni non troverete modelli molto noti come la Greys GRX (vecchio modello) nonostante sia una 5 once o la Century TTUL o le Italcanna Fireball S1 e S2 o altri modelli che non sto ad elencare. Ciò non toglie che questi attrezzi abbiano un loro validissimo utilizzo nella pesca a mare calmo magari sulla lunghissima distanza ma nel nostro caso non garantiscono quelle doti di sensibilità indispensabili.
Vi propino ora una breve carrellata di alcuni modelli.
Partendo dalla produzione italiana è doveroso annoverare la

Ultramarine 2/4


e la Exploit 2/4


e mi sentirei di aggiungere l'arcinota Unica 3/6, di range superiore a quello che ci interessa, ma dalla sensibilità eccezionale.

Fra le Italcanna inserirei la Fireball L2


e la Millennium 120.


Non dimentichiamo la produzione Bad Bass con le Cardinal,


le International light


e le Mareggiata light ecc.


e la Veret con le  Tenax sp 2010


e le  Domino2.


Da oltremanica arrivano sempre ottimi prodotti dei quali citiamo alcuni modelli che frequentano anche le nostre spiagge come: Conoflex Flattie Fanatic MK2,


ZZiplex Powertex Bass,


Anyfish Anywhere con la Four & bait


e la Estuary,


la Sonik SK3.


Naturalmente, come è facile in questi casi, avrò tralasciato qualche modello, sono solo delle mie sviste, perdonatemi.

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PESCA FORUM BAR / BUON COMPLEANNO VITTORIO
« on: May 24, 2014, 00:33:27 »


 
  MILLE DI QUESTI GIORNI GIOVANOTTO  

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SPINNING ATTREZZATURE / ITALCANNA EXILIS
« on: April 25, 2014, 18:51:59 »
Naturalmente non è il mio campo ma sbirciando sul sito Italcanna ho visto questa nuova nata che mi pare in linea con le richieste di tanti utenti. Lo spinning non è il terreno forte di Italcanna ma son sicuro che se ha dato un certo risalto a questo prodotto ci ha investito e creduto. Il prezzo non è ancora in giro sul web.

Questa è la nuova nata


e questa la carta d'identità fornita dalla casa madre
Italcanna Exilis
Sezioni: 1
Lunghezza/ingombro: 191 cm.
Anelli: Fuji sic serie k
Azione: moderate
Power: Medium light
Line: 4-12 lb.
Peso lanciabile: 2-11 gr. (1/16-3/8 oz.)


e queste le note caratteristiche
La Exilis e' una monopezzo di 6'6", light, appositamente ideata e creata per lo spinning leggero alla spigola. In tutte quelle situazioni in cui la sensibilita', la dimensione ridotta delle esche, i fili sottili, possono fare la differenza la Exilis risultera' l'attrezzo ideale. Il blank, realizzato in carbonio alto modulo, molto sensibile, permette al pescatore di percepire anche le abboccate più subdole e, grazie al cambio di conicità, ha una buona riserva di potenza nella parte bassa del fusto che consente di aver ragione anche di prede di tutto rispetto. La gestione degli artificiali, purché rientrino nel range, è ottima: la grande sensibilità della Exilis permette di sentire le più piccole vibrazioni dei siliconici, anche se innescati senza piombo. Altrettanto diretto sarà il contatto con tutte le piccole hardbaits che vengono comunemente utilizzate nello spinning leggero alla spigola: lipless, jerk, minnows e piccoli top water saranno animati egregiamente dal cimino scattante di questa canna. La componentistica è di prim'ordine come da tradizione Italcanna. Il portamulinello è un Fuji a vite. L'anellatura rigorosamente Fuji S.I.C. serie K antigroviglio. L'impugnatura è realizzata in Eva, materiale molto leggero e che consente una presa sicura e confortevole anche in condizioni di pioggia e freddo. Il rear-grip è suddiviso in 2 parti (splittato) per ridurre ancor di più il peso della Exilis che già fa della leggerezza una delle sue armi vincenti.

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SURFCASTING / SPIAGGE E FONDALI
« on: March 16, 2014, 19:24:16 »
La conoscenza dello spot che andiamo ad affrontare, se non determinante è quantomeno rilevante ai fini dell’impostazione della strategia di pesca. Ma se per noi la spiaggia è nuova e non possiamo avvalerci quindi dell’esperienza personale o dell’indicazione di amici fidati o se dovremo operare una scelta fra più soluzioni possibili, avremo necessità di fare una valutazione di massima basata su pochi ma fondamentali elementi ovvero: l’esposizione, la granulometria, il tipo di spiaggia e il tipo di fondale.
L’esposizione è un aspetto da tenere sempre in considerazione: dobbiamo prediligere le spiagge in cui il vento del momento picchia in faccia con la capacità quindi di produrre moto ondoso. La questione non è purtroppo semplicissima ma abbiamo già parlato di questo aspetto Non sei autorizzato a visualizzare i link. Registati o effettua Login
La tipologia di spot è la cosa più semplice da determinare atteso che la classificazione contrappone spiagge aperte

a pocket beach.


Le prime sono quelle distese sabbiose o miste senza soluzione di continuità, a volte per chilometri e chilometri. Le seconde sono delimitate da manufatti o formazioni rocciose naturali o incastonate in essi, spiaggette in cui a volte trovano posto solo un paio di amici. Personalmente preferisco queste ultime in quanto non si perdono i riferimenti e le misure dell’ambiente che ci circonda e inoltre perché le delimitazioni laterali creano una sorta di golfo in cui i pesci bazzicano più volentieri. Gusti personali naturalmente, poi c’è chi predilige le immense distese full open.
Il secondo riferimento ha per oggetto la granulometria della spiaggia ovvero lo “spessore” della sabbia. Senza stare a scomodare  le classificazioni scientifiche ci basta sapere che si va dalla sabbia molto fine ai ciottoli, passando per la sabbia media, la ghiaia ecc.




Questo elemento, unitamente al grado di inclinazione della spiaggia, ci possono fornire una prima attendibile valutazione sul tipo di fondale che molto probabilmente ci troveremo di fronte, ovvero uno specchio acqueo profondo o basso. In linea di massima, più è fine la granulometria della sabbia e più il fondale è basso se poi ci troviamo anche in presenza di una spiaggia piana con inclinazione verso il mare lieve o nulla possiamo essere quasi certi che di fronte a noi abbiamo quella che, in gergo, viene definita spiaggia a bassa energia. Viceversa, più aumenta il calibro della granulometria, spostandosi verso la sabbia grossa, la ghiaia ecc., generalmente associata ad una inclinazione accentuata della battigia, e più probabilità avremo di trovarci di fronte ad una spiaggia profonda, tipologia conosciuta come spiaggia ad alta energia.
Oltre alla profondità dell’acqua ci interessa molto conoscere la morfologia del fondale, ovvero se si tratta di fondo misto o fondo sabbioso. Per una prima identificazione ci possiamo affidare alle valutazioni visive ovvero osservare se vi è la presenza di rocce affioranti o appena sotto il pelo dell’acqua o di formazioni rocciose che circondano o abbracciano una parte dello spot. La conferma di questi elementi ci può far presupporre che anche sul fondo possano essere presenti zone rocciose.


Un’ulteriore conferma potremo averla dall’esame visivo della superficie dell’acqua per cercare di cogliere variazioni cromatiche fra le varie zone oppure, se siamo in presenza di moto ondoso pronunciato, l’improvvisa creazione di schiumate ci indica quasi certamente ostacoli sul fondo come grossi massi, scogli o secche. E’ ovvio che un responso certo possiamo solo averlo con una perlustrazione subacquea del fondale o con una esplorazione tramite il lancio del solo piombo ed il suo successivo lento recupero.
Dunque la spiaggia non ci crea problemi di sorta se non quello del posizionamento dei picchetti, molto agevole sui siti sabbiosi ma difficoltoso su quelli ciottolosi, sempre che non ci affidiamo ad un tripode altrimenti utilizziamo picchetti robusti, magari auto costruiti, piantandoli con un movimento circolare. Qualche altro problemino le grosse granulometrie ce lo possono creare in caso di lanci piombo a terra: io di solito cerco di ovviare preparando, se possibile, un corridoio su cui effettuare la strisciata del piombo spostando le pietre più grosse, altrimenti si va di pendolare, side e above. Oltre alle formazioni rocciose possiamo incorrere in ostacoli di tipo organico come le formazioni di posidonia. Per queste non abbiamo grosse soluzioni nel senso che possiamo provare a pescare con braccioli corti posizionati molto in alto sul trave o shock ma se la distesa è imponente e compatta c’è poco da fare. Piuttosto non dobbiamo arrabbiarci per gli agganci, casomai cambiamo posto pensando che queste formazioni sono indispensabili per l’ecosistema marino e sono indice di buona salute del nostro mare. Chi invece ci può mettere in difficoltà anche serie è il fondale. Se abbiamo a che fare con un fondo disseminato di ostacoli l’aggancio è sempre in agguato ma non dobbiamo assolutamente escludere questi spot perché possono rivelarsi molto interessanti. Ci sono degli accorgimenti di massima che possono scongiurare qualche problema. Evitiamo anzitutto di adoperare finali troppo lunghi che in caso di corrente sostenuta o durante il recupero rischiano di agganciarsi ovunque e usiamo piombi spike. Vi sembrerà assurdo ma così non è. Siccome non mi piace riproporvi la minestra riscaldata, per i calamenti da misto vi rimando al topic specifico, Non sei autorizzato a visualizzare i link. Registati o effettua Login
Passiamo poi a quella che può essere considerata la distinzione principale, quella fra spiagge a bassa ed alta energia. Per semplificare le cose limitiamoci alle sole spiagge sabbiose, quelle ritenute più facili da affrontare. Anche qui non mi dilungo e vi rimando a Non sei autorizzato a visualizzare i link. Registati o effettua Login topic.
Ma è poi vero che le spiagge sabbiose creano meno problemi di gestione? A parte i problemi delle correnti più o meno sostenute, c’è un altro fenomeno che si può verificare ed è quello del fondo chiuso, di cui si è accennato in un recente topic e che, secondo me, merita di essere approfondito perché a volte può compromettere o far addirittura saltare una battuta a surfcasting. Il fenomeno è molto semplice e son sicuro che tanti di noi hanno avuto modo di verificarlo pescando a PAF con mare calmo. In sostanza il fondo marino si compatta e non accoglie il nostro piombo che non fa presa e ruzzola in balia delle correnti. La prova pratica è molto semplice: si lancia il solo piombo, si attende alcuni secondi e si comincia a recuperare. Se il piombo ritorna saltellando e senza opporre alcuna resistenza significa che il fondo è chiuso. La sensazione fastidiosa è che quando andiamo a recuperare il filo in bando continuiamo a girare la manovella senza avvertire il blocco del piombo che ci mette il cimino in tensione e a volte la zavorra ci arriva sotto i piedi senza che abbiamo avvertito alcun segno di arresto. A paf e beach non è un problema visto che i grufolatori si catturano lo stesso, l’accorgimento è di non pretendere di avere la cima in tensione e confidare, anzi, sul passeggiare del piombo. Il problema sorge nelle battute a surfcasting e sta nel fatto che il fondo marino è chiuso come uno scrigno e nemmeno la corrente e le onde più forti riescono a scavare e sollevare la sabbia disseppellendo quegli organismi che avviano la catena alimentare. Ma perché si verifica ciò? Le teorie sono diverse: c’è chi lega il fenomeno all’abbassarsi della pressione atmosferica che nella sua azione di schiacciamento compatterebbe la sabbia del fondo, altri sostengono che si verifica quando una corrente prevale sulle altre, come ad esempio una forte primaria che sovrasta la laterale, altri ancora ad un semplice questione di immobilità dovuta a periodi più o meno lunghi di bonaccia. Per la mia personale esperienza posso dire che questo fenomeno è più frequente sulle spiagge a bassa energia e quindi a granulometria più fine. A me personalmente è capitato di trovarlo su alcune spiagge toscane e della Liguria ma molto raramente su spiagge profonde. Probabilmente la sabbia fine si lega e si compatta più facilmente di una sabbia più grezza. Inoltre ho potuto constatare che il fondo chiuso si mani prevalentemente ad inizio mareggiata o con l’approssimarsi della stessa. Il problema non è logistico nel senso che spesso non serve spostarsi di qualche decina di metri se la tipologia di fondale è la medesima, per sperare di trovare condizioni diverse bisogna cambiare proprio tipo di spot spostandosi magari a km di distanza dove le condizioni marine o la morfologia del fondale siano molto diverse. Ma conviene poi spostarsi? L’esperienza dice di no. Il fenomeno è esclusivamente di ordine temporale nel senso che bisogna solo attendere l’evolvere della situazione. Nella stragrande maggioranza dei casi il progredire della mareggiata, intesa anche come mutazioni delle condizioni climatiche, variazione delle correnti ecc, comporta l’apertura del fondo e se si ha la fortuna di beccare questo momento le sorprese potrebbero essere piacevoli. Il problema è che non si può stabilire quando ciò avverrà se non si conosce molto profondamente lo spot. Cosa facciamo nel frattempo? Non possiamo permetterci di pescare in queste condizioni con il piombo che dopo due minuti è già arrivato sulla battigia. L’unico modo per riuscire a stare in pesca se mare e corrente sono davvero forti è lo spike. L’unico accorgimento, dopo aver lanciato, è di raccogliere il filo in bando e mettere in leggera tensione senza forzare per evitare che si aprano le marre. Ogni altro piombo, anche quelli più tenaci, ruzzoleranno mentre lo spike, anche se passeggia un po’ prima o poi farà presa. I nostri colleghi anglosassoni usano sempre gli spike per pescare su fondali “rough” ossia misto molto spinto o addirittura da rock infatti questo piombo è l’unico che garantisce una certa presa anche su lastroni di pietra. Volendo tirare le somme si può dire che l’optimum possa essere rappresentato da una pocket beach ad alta energia con fondale lievemente misto e posidonia a macchia di leopardo, il tutto affrontato già dalla prima fase di scaduta. Ma ciò è pura utopia calabria.

Immagini in parte tratte dalle raccolte di Google

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PESCA FORUM BAR / Buon compleanno Adrenalina
« on: March 10, 2014, 00:18:05 »


      UN GRANDE GRANDE AUGURIO DI BUON COMPLEANNO

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PESCA ALL'INGLESE & BOLOGNESE / A GALLA SENZA GALLEGGIANTE
« on: February 23, 2014, 17:25:52 »
Ci sono condizioni e situazioni in cui il galleggiante risulta inadeguato, penso ad esempio alla pesca all’aguglia quando le nostre amiche si fanno desiderare e forse un po’ di pasturazione cambierebbe le sorti. Oppure quando condizioni di mare e vento molto forte rendono indomabile il galleggiante, di qualunque foggia. O ancora quando siamo costretti a pescare a distanze proibitive dove occorrerebbe un mortaio per far arrivare una manciata di bigattini. Ho notato che in tanti utilizzano l’accoppiata galleggiante + pasturatore ma, forse mi sbaglierò, a me fa storcere il naso. In effetti esistono i galleggianti integrati al pasturatore ma è una soluzione piuttosto ingombrante che può anche creare dei problemi in caso di vento forte.
Qual’è la soluzione che vi propongo? E’ il “feeder”, esatto proprio il pasturatore. Ma stiamo parlando di pesca a galla direte voi, non di beach o pesca a fondo. In effetti il feeder, intesa come tecnica di pesca, è una fra le più apprezzate e remunerative in Inghilterra, paese dove è nata ma anche da noi, dove ha avuto una trasposizione in acque marine. Di questa tecnica esiste anche una versione a galla, denominata appunto “floating feeder” e qualcuno la colloca anche come tecnica a se stante.
Questa tecnica si basa sull’impiego di un particolare accessorio, un pasturatore galleggiante conosciuto, nella versione più in voga sul mercato, come “chomper” e che potete vedere in questa immagine.


Esso è disponibile in due diverse grandezze e grammature. Non è un semplice feeder a cui è stata eliminata la piombatura ma un vero e proprio sistema galleggiante  dotato di un attacco passante in teflon nella parte inferiore, proprio come i galleggianti inglesi, ed un’ogiva rossa in plastica nella parte superiore che ha la funzione di asta di segnalazione. Il chomper galleggia in posizione verticale proprio come un galleggiante e quando i bigattini sono usciti dal suo interno comincia a coricarsi. Può essere montato sia fisso che scorrevole, esattamente con un galleggiante inglese utilizzando magari un apposito porta galleggiante o una semplice girellina con moschettone da inserire sul filo madre e poi fermare nei modi consueti. In questo modo potremo velocizzare l’azione di pesca staccando il pasturatore vuoto e sostituendolo in pochi secondi con un altro già carico. Consiglio anche, qualora venga usato in modo scorrevole, di inserire un piccolo paracolpi tipo un minuscolo pezzo di tubicino in silicone per preservare il nodo sulla girella. Il funzionamento è semplice, si apre la parte superiore, si carica di larvette, si richiude e si lancia. Personalmente preferisco tappare qualche buco sulle pareti perché quelli che ci sono per i miei gusti sono troppi.
In definitiva è un’alternativa da avere sempre nella cassetta  da utilizzare nei casi sopra elencati ma, perché no, anche da adottare come sistema prevalente magari per perlustrare un tratto di mare il cui fondale è irto di pietre e scogli.
Per chi preferisce adoperare sfarinati e altre pasture esiste il fratello a gabbietta denominato Chummer, con attacco e funzionamento pressoché identico, eccovi l'immagine.
 

Trovo che sia un metodo simpatico ed economico per far divertire quei nostri utenti che non hanno ancora un’idea ben precisa sulla tecnica da adottare. Si potrebbe utilizzare una delle tante inglesone presenti sul mercato ed acquistabili a prezzi piuttosto bassi. Magari una telescopica fra i 4.20 e i 5 metri accoppiata ad un mulinello di taglia 3000 caricato con uno 0.18.


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SURFCASTING / A CACCIA DI...... OMBRINE
« on: December 04, 2013, 12:03:19 »
        

PREMESSA
Se dovessi stilare una mia personale classifica  dei pesci preferiti inserirei l’ombrina al primo posto ma non per valenza sportiva o ricorrenza nelle catture. Molto probabilmente è l’aspetto, il portamento “regale” e imperturbabile che condiziona il mio giudizio. In effetti, oltre a quello estetico, vi sono altri motivi che, nel corso degli anni, hanno fatto sviluppare il mio debole per questa specie. Il primo riguarda una battuta di pesca a Nouadhibou in Mauritania organizzata e programmata nei minimi dettagli una trentina d’anni fa con altri due amici e mai portata a termine per sopravvenuti problemi di ordine pubblico in quel paese. Lo stato africano era (forse ora non lo è più) considerato il paradiso della pesca al Bocca d’oro e riuscire a battere le sue spiagge oceaniche probabilmente ci avrebbe segnato per tutta la vita…… peccato. Il secondo riguarda un altro paradiso più vicino a noi, la Corsica. In effetti non vi ho fatto molte spedizioni ma la cosa peggiore è che quelle poche volte in cui ci sono stato non sono mai riuscito a battere le spiagge più quotate per questo pesce oppure son capitato in condizioni poco favorevoli. L’ultimo motivo è un’ombrina persa non molto tempo fa durante una battuta. Un esemplare di taglia inusuale per le spiagge liguri e in uno spot poco avvezzo a questa specie. A questi miei personali aneddoti si aggiunga la sporadicità di catture lungo la penisola ed ecco giustificato il gradino più alto del mio podio.
DOVE
In effetti ci sono zone dove l’ombrina è più frequente ed anche di pezzatura considerevole come il centro tirreno (Toscana e Lazio) ed anche in Liguria è abbastanza presente anche se non in maniera costante. Non conosco le statistiche relative alla nostra regione ma è comunque segnalata ad ogni latitudine della penisola, sia su spiagge basse che profonde, comunque sabbiose o fangose, anche se la scienza ci dice che depone le uova e si riproduce su fondali bassi e questo ha contribuito alla rarefazione del numero di esemplari in circolazione. Da ciò ne consegue che andremo ad insidiare la nostra amica su spiagge e spiaggioni sabbiosi anche se personalmente, per mia indole, preferisco sempre spiagge piccole e delimitate. Non occorreranno grandi gittate per portare l’esca davanti al suo muso ma, ricordo, che ciò è un aspetto sempre molto relativo per cui, se non ci son segnali, si varia la distanza. Un dato statistico che posso affermare in base alla mia esperienza e a quella di alcuni amici è che bazzica spesso le foci dei fiumi e pare anche che, al pari della spigola, ne risalga brevi tratti. La maggior parte delle catture da me effettuate è infatti avvenuta davanti alla foce di un fiume. Ricorderò sempre, diversi anni fa, che un amico sub un giorno mi diede indicazioni sulle zone da evitare nel posizionare le esche in questo spot. “Non tirare lì perché è una distesa di fango che inghiotte tutto” mi disse.  Ebbene, alla prima occasione posizionai un calamento con un bracciolo da poco più di un metro attaccato ad uno snodo posto a due metri dal piombo che mi regalò tre ombrine discrete. Ovviamente alla prima mareggiata con scarico copioso del fiume il pascolo fangoso sparì.
COME
E’ un grufolatore di indole tranquilla che non richiede grossi mezzi per essere insidiato sempreché non lo si tenti in condizioni d’alta turbolenza nel qual caso occorrono i soliti attrezzi specifici da surf. Nelle condizioni ottimali di scaduta può andar bene una robusta telescopica da 170/180 gr. abbinata ad almeno un 7000 affidabile caricato con nylon dello 0.28/0.30 più shock di diametro idoneo al piombo impiegato ed alle condizioni del mare. Un’attrezzatura in grado comunque di contrastare le potenti reazioni dopo l’abboccata. Bisogna ricordare che l’ombrina è quasi sempre un incontro casuale, almeno in certe zone, per cui non esistono tecniche specifiche o accorgimenti finalizzati alla sua cattura. Come detto prima è un grufolatore nel senso più stretto del termine e d’altronde basta vedere dov’è posizionata la sua bocca. Ciò ci indirizza verso calamenti e terminali che lavorino attaccati al fondo. Dalle statistiche in mio possesso non risulta un calamento specifico su cui indirizzarsi per aver maggior possibilità di successo, forse l’unico accorgimento da adottare è di non eccedere con la lunghezza dei braccioli. Quindi short con attacco basso, long non esagerati, scorrevoli ecc. Se vado ad esaminare le mie personali catture vedo però la maggior parte delle ombrine appese ad un bracciolo attaccato in alto, doppio short o short/long rovesciato. E’ probabile che sia una caratteristica degli spot da me frequentati, molto profondi, per cui è sempre valido il detto “proviamole tutte”.
Per le esche non ci son problemi di sorta: anellidi di buone dimensioni compreso (sigh!) l’arenicola più cicciotta con preferenza per americano, bibi e muriddu e poi molto valido e selettivo il cannolicchio senza disdegnare tutti gli altri bivalve. E attingendo anche qui ai miei dati personali, metto il cannolicchio al primo posto. L’azione di pesca è anch’essa semplice: una canna fuori e l’altra più vicina, leggera tensione e qualche giro di mulinello di tanto in tanto giusto per solleticare la curiosità. L’abboccata non è quasi mai decisa, specie con gli esemplari più grossi (almeno per la mia esperienza). Sembra di aver a che fare con un saraghetto che cerca di sfilare impunemente l’esca dall’amo a piccoli morsi. Una volta che ha abboccato parte come una locomotiva e, se si tratta di grossi pesci, c’è da sudare. Altre volta imitano le mormore venendo velocemente verso riva e riavvolgendo si ha quasi l’impressione di aver perso il calamento.
QUANDO
Un altro aspetto che mi affascina di questa specie è l’imprevedibilità. Si può catturare in qualunque periodo dell’anno a seconda delle zone anche se il clou è rappresentato dalla primavera e dall’autunno. Per la mia esperienza diretta il periodo migliore è settembre/ottobre. E’ un pesce annoverato fra le prede tipiche del surfcasting e quindi è in queste condizioni che va, prioritariamente, ricercato. La scaduta, quando le acque sono ancora opache ma non più torbide, è il momento migliore.
CONSIDERAZIONI FINALI
E’ un vero peccato che questo pesce maestoso sia piuttosto raro lungo le nostre coste. Qualche amico mi racconta di grossi esemplari presi a traina anni fa ma io penso che si trattasse di altre specie di ombrina non quella di cui stiamo parlando, assolutamente inadatta a predare. Quello che mi fa sperare che non sia imminente la scomparta definitiva e totale è che, periodicamente, si rifanno vive. Magari quest’anno non se n’è vista una e l’anno successivo ci faranno divertire. In fine la solita raccomandazione: gli esemplari giovani viaggiano spesso in folti branchi e pesc… assassini senza scrupoli ne fanno delle stragi. Ridiamo loro la libertà e se continuano imperterrite ad abboccare, cambiamo posto.

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SURFCASTING / A CACCIA DI ......GRONGHI
« on: November 23, 2013, 18:11:24 »
PREMESSA
                                    
Conger conger è il nome scientifico del nostro amico serpentiforme.  A volte osannato, altre denigrato, rimane comunque per noi un fiero combattente degno di essere annoverato a pieno titolo fra le prede  tipiche del surfcasting. Potrebbe sembrare una preda facile o addirittura un ripiego su cui puntare per fare cestino quando specie di più alto lignaggio latitano. In effetti l’esperienza ci insegna che quando lo vai a cercare specificamente sembra quasi che anche lui faccia lo snob e si fa desiderare.
DOVE
In effetti, anche se distribuito su quasi tutto il pianeta, non è detto che tutte le spiagge lo possano elencare fra gli abituali frequentatori. E’ un predatore molto vorace che si ciba di qualunque creatura marina gli arrivi a tiro di muso. La tana è rappresentata da buche fra scogli, pietre, anfratti ecc. Anche se durante le scorribande copre discrete distanze rimane comunque una specie piuttosto territoriale per cui, durante la pesca, dovremo tener conto di questo fattore e, scegliendo lo spot, dare la preferenza a spiagge che presentino, almeno nelle immediate vicinanze, delle possibili tane. Non dobbiamo necessariamente cercare spiagge a fondale misto o roccioso, che rimangono comunque l’optimum, ma posti nei cui paraggi sia accertata la presenza di formazioni rocciose o manufatti sommersi. Per cui potremo insidiarlo su spiagge prettamente sabbiose a patto che queste non distino anni luce dalla sua probabile residenza.
Le spiagge profonde offrono maggiori possibilità di cattura rispetto a quelle basse anche perché il suo sistema di caccia si basa sull’agguato più che sull’inseguimento per cui braccare in acque basse non è proprio il suo forte.
La distanza di pesca è un elemento che passa in secondo ordine. Poche decine di metri possono essere più che sufficienti e spesso gli attacchi avvengono nell’immediato sottoriva, appena oltre il gradino di risacca. E’ infatti questa una zona ove il nostro amico può catturare e nutrirsi di pescettame vario. Un mio caro amico, espertissimo cacciatore di questi serpenti, li insidiava senza piombo, affidandosi esclusivamente sul peso della sardina intera innescata.
COME
Il grongo è un pesce che può arrivare a dimensioni e pesi ragguardevoli. Qui in Liguria non sono rari gli esemplari superiori ai 30 Kg. Ovviamente sono mostri pescati con i palamiti ma da riva non si scherza nemmeno e si è sempre di fronte ad un avversario forte ed agguerrito che ci darà del filo da torcere anche nel sottoriva dove spesse volte si attanaglia con la coda a pietre e ciottoli rendendo la cattura incerta fino alla fine. Queste sue qualità ci indirizzano verso attrezzi robusti, diciamo da surfcasting….o quasi.
Se usiamo una canna telescopica questa deve avere un range superiore ai 150 gr. Il mulinello non dovrà essere inferiore ad un 7000, dotato di ottima frizione e rapporto di recupero non elevatissimo. Se utilizziamo una ripartita dovrà essere adeguata alle condizioni del mare ed alla stazza degli esemplari presenti nello spot. Il mulinello può essere scelto fra i rotanti più potenti in circolazione. In entrambi i casi uno 0.35 in bobina sarà d’obbligo con l’aggiunta di uno shock leader dello 0.60. Sui travi da utilizzare non c’è molto da dire:  attacco basso o attacco alto sono le uniche alternative scartando senza indugi  soluzioni pluriamo che ci complicherebbero solo la vita. Non adopereremo gli snodi classici per evitare lo slittamento degli stessi con la conseguente possibile rottura del trave sotto la possente trazione del grongo. Adotteremo invece soluzioni solide ricorrendo magari al dimenticato “pig” oppure adopereremo delle robuste girelle a tre vie, tipo questa .
In questo modo eviteremo qualunque scorrimento dello snodo. E’ ovvio che in caso di attacco basso non avremo un  trave vero e proprio perché lo shock verrà annodato direttamente all’anello superiore della girella e il piombo fissato a quello inferiore mediante un anello o un oval split ( a sinistra) 
sempre che non decidiamo di inserire alcuni cm. di deriva per alzare lo snodo e quindi il bracciolo (a destra)




.
La lunghezza dei braccioli dipende un po’ dai gusti e dall’esperienza personale. Consiglio comunque di stare sempre fra il metro e il metro e mezzo di lunghezza anche per non offrire occasioni d’appiglio alla coda di un’eventuale preda.
 In caso di attacco alto del bracciolo adotteremo un classico short rovesciato, ma non tanto short, diciamo un trave di circa 140/150 cm. di lunghezza, di diametro pari allo shock, che ci permetterà di ospitare un bracciolo di una decina di cm. più corto.



Io adotto questa soluzione prevalentemente quando si tratta di perlustrare il sottoriva. E’ un calamento che oltre ad offrire un’elevata resistenza ai garbugli svolge un’azione a Non sei autorizzato a visualizzare i link. Registati o effettua Login.
I terminali potranno essere confezionati sia con l’aggiunta di cavetto d’acciaio che con solo nylon. Personalmente preferisco evitare il cavetto per una questione di sportività ma anche perché ho notato che il metallo riduce le abboccate. Un terminale dello 0.50/0.60 può assolvere egregiamente il suo compito, se non incocciamo un mostro. Possiamo eventualmente rivestire qualche cm. di terminale a contatto con l’amo con del sottile tubicino, tipo quello impiegato per il rivestimento dei singoli fili all’interno dei cavi telefonici.
Anche il piombo non rappresenta un grosso problema. La taglia va scelta in base alle condizioni del mare preferendo fogge ad alta tenuta come piramide, cono, sfera ecc. Se impostiamo due canne per la ricerca del grongo su una (quella in favore di corrente) possiamo montare un piombo leggermente sottodimensionato e a bassa tenuta il cui scarroccio potrebbe invogliare l’attacco.
L’amo va scelto in base alle preferenze personali ma sempre robusto e di dimensioni generose. Personalmente preferisco degli Aberdeen a filo robusto fra l’1/0 ed il 3/0 perché ho notato che con questi ami la possibilità di ingoio è nettamente inferiore rispetto ai beack dandoci la possibilità di un’eventuale rilascio meno traumatico.
Quali sono le esche migliori? Abbiam detto che mangia di tutto e non va certo a notare la freschezza di quel che gli proponiamo. Nella scelta dell’esca dobbiamo però anche tener conto della sua consistenza e resistenza agli attacchi dei pescetti ed all’azione disgregante del sottoriva in movimento. Direi quindi la sarda, intera o a filetto rovesciato e non, inserendo magari all’interno le interiora per un miglior richiamo olfattivo. Filetto di buga, cefalo, sgombro,sugarello ecc. Seppie, totani, tentacoli di polpo ecc. o magari un bel filetto di sarda rivestito con un mantello di totano. L’unica esca che escluderei è il cannolicchio atteso che non ho riscontri personali né di conoscenti di catture effettuate con questo bivalve. Tralasciamo anche gli anellidi anche se ho visto gronghi di discrete dimensioni abboccare al bibi.
QUANDO
In quanto preda da surf predilige condizioni e periodi da surf quindi gli esemplari di maggior taglia cominciano a girare proprio ora sino agli inizi della primavera. Si cattureranno anche in altre stagioni, con mare in movimento, ma questo è il periodo clou. Le sue abitudini sono prettamente notturne per cui durante il giorno se ne sta tranquillo tranquillo nella sua tana anche se qualche cattura diurna viene sporadicamente effettuata ma con l’acqua molto sporca. Sempre per lo stesso motivo va ricercato prevalentemente con condizioni di mare mosso, con la scaduta che rappresenta il momento clou e, se vogliamo proprio essere pignoli, nelle ore prossime al  culmine di alta marea e in assenza di luna.

CONSIDERAZIONI FINALI
Come al solito tengo a precisare che quelli sopra sono consigli ricavati dalla mia esperienza personale e pertanto totalmente personalizzabili. Quello che ci tengo invece a dire è che questo amico ci può risolvere una battuta di pesca facendoci divertire parecchio per cui massimo rispetto. Se rientra nei nostri gusti culinari cerchiamo di sopprimerlo in fretta magari nella maniera meno cruenta possibile, se non apprezziamo la sua carne, invece, altrettanto velocemente cerchiamo di slamarlo (attenti alle mani nude vicino alla bocca) o recidiamo il finale evitando gratuite sevizie o abbandoni sulla spiaggia.
Potrei raccontarvi qualche episodio di catture ma preferisco limitarmi all’aspetto tecnico e ricordarne solo uno. Diversi anni fa, durante una battuta intorno al porto di Montecarlo, io e i miei amici aiutammo un anziano e minuto signore francese a salpare un bestione mai visto. Ho sempre vivo il ricordo della manona di un mio amico il cui palmo non riusciva a coprire la larghezza della testa del grongo.

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SURFCASTING / ECCOCI DI NUOVO
« on: November 13, 2013, 14:49:47 »
Eccomi qui, come ogni anno, puntuale come un orologio svizzero, a suonare la carica ai nostri ipotetici pionieri calabresi del surfcasting. Le temperature miti fino a ieri ci hanno tenuto in letargo ma, al contrario delle marmotte, NOI ci svegliamo ai primi freddi, ai primi temporali e ci affacciamo al balcone in attesa della prima vera mareggiata che rimescoli i fondali come potrebbe fare un grosso aratro su un campo arido. La stagione si può considerare ufficialmente iniziata.
Perdonate questa mia ostinazione nel rinnovare ad ogni nuova stagione l’invito, ma è una cosa che mi ero promesso dall’inizio. Mi rendo conto di aver avuto, finora, pochi seguaci sul campo ma non demordo: prima o poi ci si accorgerà dell’enorme potenzialità di questa nostra fantastica regione.
Ogni tanto qualcuno mi chiede perché non scrivo più come prima. Qualche “amico” che mi segue da dietro le quinte invece, con sorrisetto beffardo, mi chiede se ho esaurito la mia “vena narrativa” riducendomi ormai a ricordare l’inizio di ogni nuova stagione surfereccia. Potrebbe anche essere vero. Quello che c’era da dire sul surf penso di averlo detto in maniera esaustiva agli inizi, quando entrai in questa meravigliosa famiglia e da allora ritengo che nulla sia cambiato nei concetti di base e nella filosofia di questa disciplina, come non era cambiato in precedenza. E’ vero, ci sono i progressi della tecnica, i miglioramenti dell’attrezzatura ma, proprio per questo, nei miei topics ho sempre tralasciato di scendere nei dettagli di questi aspetti. Ma anche a voler essere pignoli, possiamo constatare che, anche in fatto di accessoristica e soluzioni, non ci sono state rivoluzioni copernicane. Certe “invenzioni” ed “effetti speciali” venuti fuori dal cilindro di alcuni fulgidi ideatori si sono persi subito per strada e si è ritornati al “vecchio”. Il surfcasting è quindi una disciplina tradizionalista? Concettualmente si ma semplicemente per necessità e perché le tradizioni continuano a funzionare. Alla luce di quanto premesso ho ritenuto e continuo a ritenere che i concetti di base del surf, ovviamente espressi secondo un mio personale punto di vista, sono presenti nell’archivio del Forum, consultabili da chiunque come d’altronde avviene quotidianamente. Certo, i miei topics non sono molto farciti di immagini e paillettes di corredo ma prometto che rimedierò quando sarò in pensione. Non mi è mai sfiorata l’idea di riproporre argomenti da me già trattati e poi triti e ritriti da altri. Sarò esagerato ma son convinto che se facessi una cosa del genere sarebbe come prendere per i fondelli gli amici e gli utenti del forum. Finirei e finirebbe CPOL in quel vortice che caratterizza la stampa di settore e dal quale, modestamente,siamo riusciti sempre a stare fuori e cioè di porre e riproporre fino alla nausea sempre la stessa minestra riscaldata. Le discussioni sono comunque sempre aperte nel tempo e, come spesso accade, vengono riprese anche a distanza di anni.

Certo potrei, con cadenza annuale o mensile, riproporre  come nuovi i capisaldi del surf quali “Cos’è il surf”,  “le attrezzature” o “gli spot” ma, ribadisco, non rientra nel mio stile ed ho un profondo rispetto di questo Forum e di chi lo frequenta. Preferisco casomai estrapolare dall’argomento generale un particolare sul quale intavolare una nuova interessante e costruttiva discussione.
Ecco, preferisco ad ogni autunno strillarvi nelle orecchie “SVEGLIATEVI” piuttosto che sentirmi dire “che palle” ma, giusto per non essere accusato di inoperosità, cercherò di riprendere ogni mio vecchio topic ma giusto solo per presentarlo a chi fosse sfuggito o l’avesse dimenticato.
Appuntamento al rewind calabria

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PESCA FORUM BAR / LA FAMIGLIA E' PRESENTE
« on: October 19, 2013, 18:36:46 »
Tante volte capita che per le vicissitudini della vita ci si allontani da un ambiente a noi caro. Poi il tempo passa, cerchiamo di approcciare nuovamente ma qualcosa ce lo impedisce. Forse una sorta di timidezza, di pudore che ci impedisce di rientrare in quella comunità a cui tenevamo e teniamo ancora. Se ci lasciamo vincere da questo disagio non faremo mai questo passo.
Caro Ivano (Ivo) qui penso che tutti si ricordino di te e tutti sono pronti a ravvivare animate discussioni di pesca. Ora si va verso il freddo, puoi mettere per un momento da parte il bolide, aprire quella porta e rientrare in  ;D magari cominciando a rispondere a questo stupido topic  calabria

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PESCA FORUM BAR / Buon compleanno Davide
« on: October 06, 2013, 21:01:39 »
Anche se navighi distante dalle nostre rotte.......tanti carissimi A U G U R O N I 

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PESCA FORUM BAR / CHE CORAGGIO
« on: September 28, 2013, 13:29:30 »
Mondiali di surfcasting under 16 sul LAGO di Melilla (spagna)  ;D



Basta guardare lo specchio acqueo accanto ai concorrenti. Ma questi ragazzi, quando vedranno un'onda vera che faranno?  ;D
E continuano a chiamarlo surfcasting

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SURFCASTING / ANTICIPI DI STAGIONE
« on: September 17, 2013, 22:34:36 »
Il tempo sta cambiando e i primi nuvoloni neri carichi d’acqua sono spinti dai primi venti di una certa consistenza che, oltre ad imbiancare la superficie del mare, increspano le nostre labbra nel consueto primo sorrisino annuale.
Il clou della stagione è ancora distante ma noi ci accontentiamo anche di un solo degli elementi che caratterizzano il nostro sport, magari solo del vento insieme, naturalmente, ad un minimo di moto ondoso.
Siamo a fine estate, quasi inizio autunno e le forze della natura non hanno ancora l’energia necessaria per produrre i fenomeni che a noi tanto piacciono ma possiamo accontentarci anche perché noi stessi non siamo al massimo della forma.
Dobbiamo riprendere confidenza con tutto: attrezzature, tecnica, azione, strategia e natura. Occorre però andar per gradi, proprio come si fa in altri sport con allenamenti leggeri e dosando tutto.
La temperatura ancora gradevole ci invita alla leggerezza e ci riporta alla mente il wandersurf di pionieristica memoria e cosa c’è di male a riesumarlo, anche se leggermente rivisitato?
Quindi cosa ci porteremo dietro? Questi sono i miei suggerimenti: un picchetto in alluminio, leggero ma resistente, una rip media tipo una 6 once ed un rotante classe 12 libbre caricato con uno 0.30 completano l’armamento. Non abbiate paura, noi rotantisti, in caso di necessità ci arrangiamo con i nodi sul nylon. Qualche problemino in più lo può avere chi usa il fisso perché i pesi saranno leggermente superiori, ma vi consiglio di evitare il secondo mulo nello zaino.
Tutto il resto, l’essenziale, dovrà stare all’interno di uno zainetto. Il concetto di essenziale è molto soggettivo, lo capisco e, anche se è difficile, provo a dare qualche indicazione.
Quattro/cinque piombi tra 4 e 6 oz, tre rocchetti di filo da 50/100 m. 0.25/0.30/0.35 per i braccioli, più uno dello 0.60 per eventuali travi da fare al momento, qualche bustina di ami tipo dei beack n° 4 e degli Aberdeen n° 0. Due minitravi, due short rovesciati, due paternoster confezionati tutti con lo 0.60 senza stare troppo a diversificare. Un paio di shock leader già tagliati, della stessa misura. Una minuscola cassettina per girelle, moschettoni, perline e accessori vari. Forbici, pinzette, aghi e filo elastico completeranno la dotazione. Lasciate perdere il carrello con il box sopra. E’ vero che potete cacciarci dentro ogni cosa e portarlo dietro con poca fatica ma qui c’è di mezzo un obiettivo particolare che è quello di sviluppare una sorta di istinto di sopravvivenza: adattarsi alle varie situazioni con pochi mezzi a disposizione. Questa tattica di pesca non si concilia con some e fardelli perché è basata su vari spostamenti.
Scegliamo qualche esca generica ma selettiva allo stesso tempo come americani di taglia, cannolicchi, due sardine, una seppia ed eventualmente degli occhi di canna.
Cercheremo di sfruttare le condizioni di scaduta, quindi occorrerà una certa consultazione delle previsioni meteo ed una conseguente programmazione. Le grosse spigole non sono ancora accostate ma qualche giovane esemplare può essere sempre presente insieme a qualche bel sarago, ombrine, orata e l’immancabile serra.
Individuata la nostra spiaggetta, possibilmente una pochet beach lunga un centinaio di metri, la suddivideremo mentalmente in tre spicchi e ci posizioneremo inizialmente al centro di questa prima porzione. Infiliamo il picchetto e cominciamo a saggiare lo specchio acqueo con una delle esche a disposizione, magari un tandem di esse, lanciando a varie distanze o nei punti strategici convenzionali tipo canaloni, frangenti ecc. se visibili. Altrimenti lanceremo a ventaglio e a varie distanze facendo rimanere l’esca in acqua circa 15 minuti per ogni tiro. Si faranno così 3/4 lanci fino ad assorbire 45/60 minuti di tempo dopo di che canna in spalla ancora montata, picchetto sotto l’ascella e si parte per il centro della spiaggia dove si ripeterà lo stesso copione del primo step, per poi passare, dopo un’altra oretta, all’ultima porzione di spiaggia. Una raccomandazione: non tralasciamo il sottoriva nelle spiagge profonde e non buttiamo via le esche quando alla verifica dovessero risultare intatte: limitiamoci a staccare il bracciolo che riutilizzeremo nelle fasi successive.
I tempi suddetti sono puramente indicativi, significando che il tutto è poi rapportato al nostro tempo a disposizione ed alle eventuali risposte positive che un settore dovesse fornire.
Se il nostro spot è invece uno di quegli spiaggioni kilometrici, cerchiamo di individuare un tratto con la presenza di foci o con la vicinanza di zone di misto.
Una battuta di pesca impostata in questa maniera, ad inizio stagione ci farà riprendere dimestichezza con la nostra disciplina. Beninteso che eventuali gradite sorprese non saranno trasportate nel secchio (assente) ma sulla spalla legate con un pezzo di nylon che passa tra bocca e branchie.  calabria

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PESCA A FONDO / IL ROSARIO
« on: May 24, 2013, 18:41:13 »
Visto che se ne è parlato di recente e considerato che siamo ormai in piena stagione da P.A.F. o quasi, visto che al nord sembra di essere in pieno autunno, ho voluto rinverdire questo semplice accessorio che ho sempre trovato particolarmente utile e funzionale in quanto a volte ci permette di pescare con maggior tranquillità evitandoci qualche garbuglio di troppo. Mi riferisco al c.d. "rosario", sequenza di perline ed altri materiali atti a svolgere un'azione divergente del terminale rispetto al trave. Siccome è sempre difficile spiegare le cose semplici, specie il loro funzionamento, mi sono affidato a delle immagini/disegni. In effetti era mia intenzione proporre delle immagini reali di un paio di versioni di calamenti dotati di rosario ormai dimenticati in qualche cassetta del mio garage ma proprio stamattina si sono rotte le molle della serranda, quindi accesso vietato all'attrezzatura da pesca. Dovete quindi sorbirvi un paio di composizioni che spero rendano l'idea.
Vediamo anzitutto come funziona, o meglio, qual'è l'azione che svolge e per questo mi affido ad un'immagine.


A sinistra, è illustrato quello che a volte può accadere in volo ad un calamento scorrevole privo di "rosario": il bracciolo tende ad avvinghiarsi al trave causando inestricabili garbugli. A destra invece c’è lo stesso calamento ma dotato di rosario. L'effetto divergente del bracciolo è determinato dalla posizione ad U che assume la coroncina permettendo al bracciolo stesso di viaggiare distante dal trave. Spero di aver reso l’idea.
Per la realizzazione del rosario si possono impiegare materiali diversi, quelli che ci suggerisce la nostra fantasia. Quindi perline tonde, ovali, a barilotto, tubetti morbidi o rigidi, tutto fa brodo. C'è chi adotta solo perline, chi le intervalla con dei tubetti, chi alterna perline piccole con perline grandi ecc. ne ho viste di tutti i colori. Anch’io ho utilizzato diverse soluzioni nel corso degli anni. Le perline rigide o semirigide rimangono comunque la base di partenza, A queste ho provato ad alternare tubetti di silicone con buoni risultati a patto che gli spezzoni siano molto corti, non più di 2/3 mm. Ho provato ad intercalare tubetti rigidi o l’interno bianco del cavo tv ma i risultati non mi hanno entusiasmato a causa, presumo, della differente forma dei materiali. Alla fine sono arrivato ad adottare una soluzione con materiale tutto sferico anche se di diversa consistenza, e ritengo che sia la forma che garantisce la maggior linearità, il miglior compromesso fra elasticità e rigidità e la perfetta esecuzione di quella U di cui si diceva sopra. Per l'esattezza impiego perline rigide o semirigide e perline di gomma morbida, (preferisco quelle nere che sembrano spugna). Le dimensioni sono medie, diciamo 3/5 mm di diametro esterno. Dopo aver infilato il capo del trave/shock nel piombo a foro passante, si inseriscono, sempre sullo stesso filo, alternativamente, una perlina rigida/semirigida ed una morbida. Io utilizzo 4/5 perline per tipo fino a completare la sequenza lunga 8/10cm che deve finire con  due perline morbide. Alla fine si lega la girella con un nodo clinch. In questo modo le due perline morbide finali andranno a coprire e riparare il nodo sulla girella che non si troverà sotto la spinta di quelle rigide.
Nella seconda immagine ho cercato di schematizzare questa versione di rosario aggiungendo un’esemplificazione del materiale utilizzato.

Le perline potranno essere fluorescenti o colorate ma, assolutamente sferiche: è questa la forma che, per la mia esperienza, garantisce i migliori risultati. Il rosario così concepito svolge anche una funzione ammortizzante sul piombo durante il lancio, ciò grazie all’impiego delle perline morbide e, naturalmente, da salvanodo. E’ appena il caso di dire che il rosario è un accorgimento esclusivo dei calamenti a piombo scorrevole e derivato e può essere utilizzato in tutte le tecniche di pesca a fondo. Naturalmente qualche garbuglio è sempre possibile e se vogliamo raggiungere la perfezione possiamo integrare il rosario con un piccolo pop-up ed un bait clip ma, si sa, che nel nostro sport la perfezione non esiste.
Ovviamente io non sono l’ideatore del rosario e non so nemmeno chi l’abbia creato. Ho solo personalizzato nella maniera suddetta questo accessorio come potrebbe fare chiunque di voi.  Questa versione garantisce una perfetta funzionalità testata sul campo in tanti anni e condizioni quindi, se vi fa piacere, potete tranquillamente copiarla tale e quale. Non sono un VIP strapagato del settore ma spero che vi fidiate lo stesso di un semplice ed umile “artigiano della pesca” calabria.

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PESCA FORUM BAR / RIECCOLA IN PIEDI
« on: May 14, 2013, 18:14:54 »
Non vi stupite, purtroppo non l'hanno ancora tirata su e non ha ripreso a solcare i mari con i suoi quasi 300 metri di lunghezza. E' che un tre anni fa circa ero su una spiaggetta con i bambini ed all'improvviso vedo uscire dal porto di Savona questo colosso che ci ha lasciato a bocca aperta per la vicinanza. Oggi ho ritrovato questo scatto con cui l'avevo immortalata ma ho paura che non la rivedremo mai più così.

LA COSTA CONCORDIA



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PESCA FORUM BAR / UN PICCOLO PENSIERO
« on: May 10, 2013, 00:57:47 »
Non so se qualcuno ha avuto la mia stessa idea ma mi pare di no.
Il pensiero è per quei poveretti che hanno perso la vita sul lavoro nel porto di Genova.
Ironia della sorte erano tutti ragazzi che amavano il mare e avevano la fortuna di lavorare a contatto di esso.
Spero che i fondali restituiscano presto alle famiglie i due dispersi.

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