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ATTREZZATURE PESCA PROVE E CONSIGLI / ActionDisc
« on: July 03, 2010, 21:33:00 »
Probabilmente ho scoperto l'acqua calda e magari gli amanti dello spinning in acque dolci lo conoscono benissimo. Si tratta dell'ActionDisc, un dischetto di plastica dalla forma particolare che conferisce all'esca artificiale dei movimenti davvero...speciali. Secondo me è ottimo anche per la spigola.
Purtroppo non sono riuscito a trovare i meravigliosi filmati contenuti nel sito del produttore da nessun'altra parte, per cui chi fosse interessato a vederli può richiedermi il link tramite MP (a meno che gli AMM non mi autorizzino ad inserirlo qui).
Questo è uno screenshot dell'ActionDisc:
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GUIDA ALLA PESCA ALL’INGLESE IN MARE

di Nonnoroby

Descrizione generale
Sono convinto che ormai siano ben pochi quei pescatori che non sappiano che la pesca all’inglese fu scoperta da noi italiani durante i campionati del mondo tenutisi sull’Arno a Firenze nel 1985, dove gli inglesi ci batterono solennemente e noi ci classificammo secondi anche per merito del grande Roberto Trabucco, oggi simpatico ed attempato produttore/distributore di articoli da pesca di interesse internazionale.
I nostri restarono colpiti da quegli strani galleggianti dal corpo tozzo e da una lunga antenna della quale sporgeva dall’acqua solo un centimetro scarso della punta, oltre che da quelle particolari canne in tre pezzi piene zeppe di microscopici anelli passafilo, quando quelle usate dai nostri, le classiche bolognesi, presentavano un solo anello per sezione.
Restarono colpiti anche dalle notevoli distanze a cui gli inglesi riuscivano a piazzare i loro galleggianti.
Ma quello che soprattutto colpì fu il notare che gli inglesi tenevano il cimino della canna completamente immerso nell’acqua e che i loro galleggianti, nonostante la brezza, non ‘scorrazzassero’ da nessuna parte ma restassero ben fermi nel punto iniziale in cui erano stati lanciati, senza dover fare quindi continue rettifiche per riportarli sul punto iniziale, dove ormai era stata fatta la giusta pasturazione. E gli inglesi vinsero proprio per questo: i loro galleggianti pescavano nel punto esatto in cui avevano pasturato con accuratezza.
Si scoprì poi che gli inglesi usavano anche una nuova ‘diavoleria’, frutto di nuove tecniche sulla pastosità  del nylon, e precisamente il filo affondante, e che proprio perché immerso non offriva appigli al vento e quindi non veniva trascinato via dalla zona di pesca così ben preparata e pasturata.
Col passare degli anni anche questa disciplina, tipica delle acque dolci, fu trasferita, come già era avvenuto per la bolognese, in acque salate e si videro i primi pescatori pescare ‘al colpo’ anche in mare.
Quello che fu subito evidente era la difficoltà di riportare pari pari la stessa metodologia in un ambiente, quello marino, dove le condizioni ambientali erano fortemente condizionate da un evento meteorologico che nelle acque dolci era facilmente affrontabile col metodo all’inglese, mentre in mare lo stesso metodo aggravava solamente la situazione: la presenza del vento.
Mentre nelle acque dolci il vento non crea effetti così rilevanti, salvo forse che nelle grandi distese dei laghi, e col ‘trucco’ di affondare la cima della canna e l’utilizzo di filo affondante si riesce ad affrontare la situazione senza problemi, in mare invece il vento causa uno stravolgimento della superficie dell’acqua dando origine alla formazione delle onde. Il trucco di affondare il cimino e di utilizzare il filo affondante non solo non risolve il problema, ma addirittura lo aggrava, in quanto il moto ondoso si trascina dietro il filo (e di conseguenza il galleggiante) causando non solo lo spostamento del galleggiante dalla zona di pesca, ma facendo correre il rischio di causare addirittura lo spiaggiamento o l’arroccamento di filo e galleggiante. Il galleggiante inglese resiste molto meglio al moto ondoso rispetto al galleggiante classico, ma non così il filo. Si è così arrivati alla prima modifica del sistema adottando due semplici accorgimenti: eliminare il filo affondante ed utilizzare una classica canna bolognese dalla lunghezza decisamente maggiore, che consente nei limiti del possibile di mantenere il filo alto sul livello delle onde.
Nota: stiamo ovviamente parlando di un vento e di un relativo moto ondoso sostenibile, non certamente di condizioni da meteo-surf.

Questa è probabilmente la sostanziale differenza tra  inglese in acque dolci ed inglese in mare. Se le condizioni meteo-marine sono buone, oppure se peschiamo da luoghi riparati o da banchine dei porti, la tecnica adottata nelle acque dolci può essere riportata pari pari nelle acque salate. Per quanto riguarda questa guida, però, la descrizione che verrà fatta sarà quella della pesca all’inglese in mare, e che le eventuali coincidenze con quella fatta nelle acque dolci la ritengo puramente casuale, non avendo alcuna nozione specifica sulla pesca all’inglese originale, quindi praticata in acque dolci. Quello che so di certo è che nelle condizioni di mare avverse di solito è sufficiente eliminare il filo affondante ed usare una lunga bolognese al posto di una canna inglese.

Passiamo ora alla descrizione dell’attrezzatura

Canna
La canna da pesca inglese (match rod, da match fishing, il termine inglese di ‘pesca al colpo’) differisce dalle canne bolognesi sia per struttura fisica che per concezione di utilizzo, ed è studiata particolarmente per dare maggior efficacia alla sua azione preminente, che è quella di consentire lunghi lanci di galleggianti che possono arrivare a grammature anche notevoli.
Sono generalmente in 3 pezzi ad innesto e dotate di un gran numero di anelli passafilo di piccolo diametro, ed entrambi questi accorgimenti ne favoriscono appunto questa caratteristica.
Hanno per lo più azione parabolica per ammortizzare meglio i tentativi di fuga dei pesci, in modo che la forza non venga scaricata solo sul filo ma anche sulla canna, consentendo pertanto l’utilizzo di ‘bave’ più sottili che, come ben sappiamo, si rivelano più catturanti specialmente quando abbiamo a che fare con prede molto sospettose. Canne più rigide hanno invece la tendenza a scaricare la forza prevalentemente sul filo, che se è particolarmente sottile potrebbe spezzarsi con facilità.
La loro lunghezza varia dai 12 piedi (mt 3,65) ai 15 piedi (mt 4,57) ed il loro cast (potenza di lancio) varia dai 5-15 gr per le prime ai  15-30 gr per le seconde.

Nota: le canne inglesi per il mercato italiano, a parità di lunghezza, possono superare anche di molto questi cast per venire incontro ai gusti dei pescatori italiani, che in genere preferiscono canne meno ‘mollaccione’. Sempre per questione di gusti, in Italia vengono commercializzate anche canne inglesi telescopiche, ad imitazione delle bolognesi.

Un’altra caratteristica che contraddistingue la match rod è la lunga impugnatura di sughero che può estendersi anche per 75-80 cm, ed il portamulinello che è formato da 2 anelli sagomati in alluminio o grafite che, strozzando il piede del mulinello contro il sughero, ne assicurano il fissaggio.
 
Anche per quanto riguarda questi anelli, stiamo assistendo alla loro graduale scomparsa per essere sostituiti da portamulinelli classici, mentre l’impugnatura in sughero ancora resiste.

Chi, per qualsiasi motivo, non si sente particolarmente attratto dalla match rod (che uno dei miei più cari amici di pesca definiva affettuosamente ‘il violino’), può utilizzare benissimo una bolognese che ne rispecchi le caratteristiche: calano notevolmente le performance sul lancio di pesanti galleggianti, ma salvo casi particolari non è necessario raggiungere distanze da primato.

Mulinello
Non esistono mulinelli specifici creati appositamente per la pesca all’inglese, a meno che non si vogliano considerare tali quelli dotati di Bait Runner. Le caratteristiche che maggiormente interessano i pescatori inglesi (che badano più alla sostanza che all’apparenza) sono la maneggevolezza (quindi piccoli e leggeri), la capacità di fare lunghi lanci (quindi bobina conica) e l’elevata velocità di recupero per il reinnesco ed il rilancio. Però noi italiani, che abbiamo un innato gusto estetico (per il quale, diciamolo pure, siamo invidiati), probabilmente preferiremo puntare su un mulinello più completo e dotato:
-   misura da 2000 a 3000 (max. 4000)
-   bobina conica
-   recupero a spire incrociate
-   nottolino guidafilo di grandi dimensioni su cuscinetto a sfera
-   almeno altri 4 cuscinetti come minimo
-   velocità di recupero da 5:1 a 6:1
-   ingranaggi in bronzo
-   frizione millimetrica
-   almeno 2 bobine di ricambio
-   ottima fattura complessiva
-   aspetto aggraziato
   
Filo
Abbiamo già visto nell’introduzione come il filo da imbobinare per la pesca all’inglese debba avere una caratteristica peculiare: non deve galleggiare nell’acqua ma deve affondare.
Tutti i fili di nylon assorbono acqua. Per ridurre questa caratteristica vengono usati vari accorgimenti (quali per esempio la siliconatura o altri ingredienti che vengono aggiunti alla pasta di base durante la polimerizzazione, prima della filatura). Il match line (il filo affondante) subisce un processo particolare per il quale, pur assorbendo acqua per affondare, questa tuttavia non indebolisce la sua struttura, cosa che invece avviene per i fili normali quando perdono qualcuna delle loro caratteristiche iniziali.
Ovviamente i produttori hanno ciascuno i propri ‘segreti’ e, come per tutte le cose, ci sono marche e modelli di filo che sono migliori di altri. Una caratteristica un po’ in contrasto con quelle che dovrebbe avere un filo da bobina è che il match line è alquanto rigido, mentre i migliori fili da bobina dovrebbero essere morbidi. Però il basso diametro dei fili sopperisce in parte a questo inconveniente.
In presenza di moto ondoso, per quanto detto in precedenza, è altamente sconsigliabile il match line.
Disponendo di 3 bobine, si possono utilizzare i diametri 0.14,  0.16 e 0.18. Se in qualche spot sono segnalati pesci di grossa taglia e preferiamo non rischiare, possiamo arrivare anche allo 0.22.
Per il montaggio del terminale (che vedremo più avanti) serve poi uno spezzone di filo di 5-6 centesimi superiore alla madre (p.e. madre 0.14, spezzone 0.20), che va interposto tra la madre ed il bracciolo in modo da impedire che durante il lancio quest’ultimo vada ad aggrovigliarsi nel galleggiante o nel resto della lenza (una specie di ‘coda di topo’).
Come bracciolo si utilizzano fili sottili da 0.10 a 0.14 (ovviamente in proporzione alla madre) che possono essere anche in fluorocarbon.

Galleggianti
Ed eccoci arrivati all’aspetto più caratteristico di questa pesca: i galleggianti all’inglese. La prima cosa che colpisce è la loro forma, così diversa da quella dei comuni galleggianti da bolognese. La seconda cosa è la loro pre-piombatura. La terza cosa è il modo in cui vengono collegati alla lenza: all'apice del corpo sono dotati di un anellino entro cui scorre la lenza, metodo questo che ha contribuito a coniare per essi il termine di ‘wagglers’ (dondolatori: se teniamo tra le mani un pezzo di lenza in cui abbiamo infilato un galleggiante inglese e muoviamo le mani a destra e a sinistra, ci rendiamo subito conto del perché di questo nome):




I wagglers si suddividono (vedi figure più avanti) in Bodied (‘panciuti’), Straight Loaded (‘zavorrati dritti’) e Stick Float (‘bastoncini senza zavorra).
I bodied e gli straight loaded contengono ad una estremità un’appendice di piombo o di ottone fissata saldamente al corpo che ha lo scopo di conferire queste funzioni: funge da zavorra per appesantire il galleggiante in modo che possa essere lanciato più facilmente; conferisce più stabilità al galleggiante; consente un minor scarroccio in presenza di correnti. Gli stick float sono invece privi di zavorra (e sono utilizzati tantissimo come galleggianti scorrevoli con la bolognese).
Cominciamo poi col notare lo ‘strano’ metodo con cui vengono stampati i numeri che contraddistinguono la loro grammatura: 2+1, 4+1, 6+2 ecc., che crea forte curiosità in chi, per la prima volta, si imbatte su questi insoliti galleggianti nel bancone del negoziante. Il primo numero indica il peso del solo galleggiante, il secondo numero indica il peso max. in grammi della zavorra aggiuntiva (indicata dal segno +) che bisogna applicare alla lenza perché venga fatta affondare senza però tirarsi giù anche il galleggiante: in parole più semplici 2+1 significa che il galleggiante, di per se, pesa 2 gr e che è in grado di sostenere un ulteriore grammo aggiuntivo da applicare alla lenza. Mentre, volendo, è possibile applicare un peso aggiuntivo inferiore a quello dichiarato, un peso superiore farebbe inesorabilmente affondare il galleggiante. La zavorra aggiuntiva, come vedremo meglio nella descrizione dei terminali, può essere costituita da un pezzo unico oppure da un insieme di pallini il cui peso complessivo non superi quello dichiarato.
La seconda cosa da notare è che all’apice della zavorra inserita nel corpo del galleggiante è presente un anellino che serve per ‘appenderlo’ alla lenza: o si fa passare direttamente la lenza dentro l’anellino, oppure nella lenza viene inserita una speciale girella munita di moschettone, per cui l’anellino viene agganciato al moschettone. La prima soluzione non consente la sostituzione rapida del galleggiante (se non tagliando la lenza), la seconda invece consente una sostituzione rapida. Entrambe le soluzioni presentano pro e contro: la prima non consente la sostituzione rapida ma crea meno appigli durante il lancio; la seconda esattamente il contrario. Questo metodo di appendere il galleggiante gli conferisce un’oscillazione ondulatoria che gli ha dato il nome (waggler).

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Se si ha difficoltà a reperire questo utilissimo accessorio, si può ricorrere ad una piccolissima micro girella N. 22 munita di moschettone.
Va infine notata la lunghezza notevole del galleggiante, che ha il duplice scopo sia di favorire il lancio che di favorire l’affondamento del filo. Per aumentare l’efficienza durante il lancio, le lunghe aste del galleggiante sono spesso dotate di alette come le frecce di un arco.
 
Galleggiante bodied (panciuto).        
Come si vede dalla figura, il bodied è costituito da un corpo abbastanza massiccio e goffo (panciuto, appunto) costruito in legno di balsa. Ad una estremità è attaccata la zavorra sagomata (in piombo od ottone) solidale con un anellino che serve per appenderlo alla lenza. Dall’altra estremità fuoriesce una lunga asta (penna di pavone o plastica), dotata o meno di alette direzionali. La zavorra favorisce i lunghi lanci, la lunga asta (specie se dotata di alette direzionali) serve per stabilizzare il galleggiante durante il volo, oltre che favorire l’affondamento del filo una volta raggiunta l'acqua. La zavorra può essere fissa o variabile: quest’ultima è dotata di un’astina filettata sfilando la quale è possibile aggiungere o togliere piccoli dischetti di piombo o di ottone per variare il peso complessivo del galleggiante. Questo metodo di regolazione ‘fine’, per la verità, non è molto diffuso e (secondo il mio parere, ovviamente) è riservato ai veri maniaci della pesca all’inglese, che vogliono intervenire anche nei minimi dettagli.
L’utilizzo dei bodied (di solito in elevate grammature) è suggerito quando si vogliono raggiungere lunghe distanze oppure quando si pesca in situazioni di forti correnti.





Straight Loaded (‘zavorrati dritti’)
Sono galleggianti a forma di tubo dritto in plastica in basse grammature (2+1, 3+1) e vengono utilizzati quando non è necessario raggiungere lunghe distanze e quando è necessaria una maggior leggerezza di tutto l’apparato. La forza della corrente deve essere assente o molto debole.

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Stick Float (bastoncino senza zavorra)
Anche questi galleggianti sono a forma tubolare ma assolutamente privi di zavorra incorporata. Questo suggerisce che vanno usati in tutte quelle occasioni in cui è necessaria un’estrema sensibilità e in tutte quelle occasioni in cui è possibile calarli senza doverli lanciare (quindi da usare con lunghe bolognesi di 6-7 mt e oltre), da moli, porti, porticcioli, pontili e rocce con alti fondali sottostanti ed al riparo dal vento e onde.

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Accessori
Girelle.
Le girelle servono per congiungere tra loro le varie parti che compongono la lenza all’inglese (vedi sezione Terminali). La buona qualità dei materiali usati oggi per la costruzione nonché quella dei macchinari che servono per assemblarle, ci consente di usare un’unica misura piccolissima di micro girelle (la cui numerazione varia dal N.18 al N.22 a seconda della marca).
Sono da scartare quelle classiche (ed antiche) a barilotto in ottone, assolutamente inadeguate per carico di rottura e scarico delle torsioni. Tra le migliori, segnalo le Mustad cromate.

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Non tutti gradiscono un uso intensivo delle girelline, preferendo unire le varie parti della lenza con un nodo. Bisogna allora porre particolare attenzione a scegliere il nodo più adatto: trattandosi di unire spezzoni di lenza di diametro variabile tra loro, suggerisco di specializzarsi in un unico nodo che si è rivelato tra i più efficaci nella congiunzione di lenze in diametri o material diversi (nylon+fluorocarbon), e cioè l’Albright Special:

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Piombini
L’argomento sui piombini merita un trattamento molto approfondito, in quanto da essi dipende non solo la perfetta taratura del galleggiante ma l’integrità stessa della lenza.
Quelli che dobbiamo utilizzare sono i piombini calibrati: la particolarità di questi piombini risiede in un taglio perfettamente centrale e nella consistenza del piombo detta consistenza media, cioè non sono né troppo duri ne troppo morbidi. Ciò viene garantito da una piccolissima percentuale di antimonio, che rende la struttura del piombo dura al punto giusto, oltre che a funzionare da anti ossidante (rallenta cioè la formazione di quella patina biancastra che dopo un po’ di tempo si forma sul piombo a causa dell’umidità). La salinità dell’acqua aumenta l’ossidazione dei piombini, che è anche la prima causa del loro sfaldamento: questi piombini deteriorati vanno subito sostituiti usando l’apposita pinza levapiombo creata dall’onnipresente Stonfo:

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Ma il vantaggio maggiore dato dai piombini calibrati è il loro perfetto taglio centrale (taglio calibrato, da cui il nome) privo di qualsiasi sbavatura e che consente il loro esatto posizionamento sulla lenza senza che intacchino il filo, uno dei peggiori nemici occulti del nylon. E’ stato calcolato che un piombino tagliato bene ed applicato in modo corretto riduce la tenacità del nylon del 5%, contro il 50% di un piombino tagliato male ed applicato peggio. Inoltre i piombini calibrati sono perfettamente sferici. I migliori produttori di piombini calibrati sono (manco a dirlo!) gli inglesi.
La grandezza dei pallini è contraddistinta da un numero, ciascuno dei quali corrisponde ad una determinata grammatura del pallino. Sotto è riportata una tabella di comparazione della numerazione standard e di quella inglese: mentre la numerazione standard è approssimativa (in quanto dipende dalla casa produttrice), la numerazione inglese è specifica ed ogni numero corrisponde ad una grammatura ben precisa a prescindere dal produttore (notare come i numeri, per certe grammature, sono sostituiti dalle lettere dell’alfabeto):

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Molti produttori indicano comunque nelle confezioni l’esatta corrispondenza tra numeri e grammature dei propri pallini.
I piombini calibrati consentono inoltre la loro perfetta centratura sulla lenza, che non è solo una questione estetica, in quanto nei fili più sottili consente alla lenza di distendersi in modo più uniforme sia in fase di pesca che di lancio, limitando i grovigli dovuti proprio al lancio. Per centrare perfettamente un piombino sulla lenza è però indispensabile abbinare il più possibile la grandezza dei pallini al diametro del nylon. Quella sotto è una tabella che indica il rapporto tra la numerazione di un pallino calibrato ed il diametro del nylon a cui andrebbe applicato, per ottenere la centratura del piombino:

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Ovviamente ognuno potrà ricavarsi l’esatto abbinamento facendo le dovute proporzioni in base alle indicazioni della tabella.
Infine un suggerimento da non sottovalutare: a volte è più conveniente asportare un pallino mal posizionato e metterne uno nuovo, anziché farlo scorrere lungo il nylon. Per chi non vuole perdere tempo, ricordarsi di inumidire sempre il nylon prima di far scorrere i pallini e, soprattutto, non farli scorrere a gruppi ma singolarmente.

Esche ed ami
Le prede insidiabili con la pesca all’inglese in mare sono molteplici: diciamo che tutti i pesci costieri sono catturabili. Per nostra fortuna la variabilità degli ami e delle esche può essere limitata e non ci costringe ad adottare un amo o un’esca specifica per ciascuna specie. Per quanto riguarda le esche, la parte da leone la fa il bigattino, seguito dagli anellidi, dal gamberetto vivo e dalla mollica di pane o dalla pastella. Queste sono le esche più sperimentate e sono moltissimi i pescatori che usano quasi esclusivamente il bigattino.
E siccome l’amo deve essere proporzionato all’esca, possiamo adottare, volendo, due sole misure, la N.12 e la N.14. Ovviamente ciascuno è poi libero di usare la numerazione che vuole, però vi posso assicurare che queste due numerazioni sono più che sufficienti per affrontare tutte le situazioni, dallo sparlotto alla spigola che supera abbondantemente il kg.
Per quanto riguarda il modello di amo, personalmente ho deciso di usare esclusivamente quelli ad occhiello anziché quelli a paletta, e questo da quando i migliori produttori di ami (ovviamente i giapponesi) hanno immesso sul mercato ami con occhielli così microscopici da avere un volume addirittura inferiore a quello della paletta. Inoltre gli ami ad occhiello sono più veloci e meno complicati da legare, vantaggio questo da non sottovalutare se siamo costretti a sostituire l’amo durante una battuta notturna mentre il pesce sotto di noi è al massimo dell’attività.

Terminali
Ed eccoci arrivati alla parte che, son sicuro, attendevate con più ansia: la preparazione dei terminali.
Ma prima di addentraci nel loro assemblaggio, è utile tener presenti queste considerazioni.
Dalla descrizione fatta nell’introduzione, se ne deduce che la tecnica all’inglese produce dei vantaggi rispetto alla classica pesca con la bolognese, non fosse altro perché ci è costato il campionato del mondo del 1985… Tra questi annoveriamo:
- una maggior sensibilità alle tocche dovuta sia alla particolare conformazione del galleggiante che al suo sistema di collegamento alla lenza: anche la toccata più timida viene segnalata da questo sistema
- una ferrata più pronta in quanto la lenza (al contrario di un galleggiante bolognese) è sganciata dal galleggiante e quindi non deve ‘trascinarselo dietro’ al momento della ferrata: c’è una linea diretta tra amo e cimino senza l’interposizione del galleggiante
- l’immersione completa del filo affondante e del cimino della canna evitano gli effetti di trascinamento dovuti al vento di cui soffre il filo tradizionale e quindi il conseguente scarroccio del galleggiante lontano dal punto di pesca
- la facilità con cui si può sostituire il galleggiante (ovviamente mediante l’interposizione dell’apposito accessorio), cosa che invece nella bolognese con galleggiante classico poteva avvenite solo tagliando la lenza
- annullamento quasi totale dei grovigli dovuti al lancio (o alla presenza di vento frontale) per la particolare montatura all’inglese.

La prima scelta da fare è se montare il galleggiante in posizione fissa o scorrevole. Col passare degli anni vi accorgerete di preferire un’impostazione più di un'altra, e ciò è dovuto a molteplici fattori tra i quali hanno la prevalenza i gusti personali, i successi ottenuti e la frequentazione di spot fissi. Al sottoscritto, che ha la fortuna di abitare in un luogo relativamente vicino al mare ed a spot particolarmente adatti alla pesca all’inglese, è per esempio venuta la ‘fissa’ di usare in prevalenza il galleggiante scorrevole, riservando solo ad alcuni spot l’utilizzo del galleggiante fisso. Però un ‘trucco’ c’è per aggirare l’angoscia che a volte ci attanaglia quando ci troviamo a pescare in una zona poco conosciuta, oppure quando lo stesso spot, in quel determinato giorno, non vuol sentirne di regalarci una preda neanche a pregarlo in ginocchio: portarsi sempre dietro due canne armate una con il fisso e l’altra con lo scorrevole.
Negli esempi che seguono è stata presa in considerazione una lenza madre con diametro di 0.14 mm, bracciolo con diametro di 0.10 mm, amo N.14 e galleggiante bodied. Per diametri maggiori è sufficiente fare le dovute proporzioni.

Nota: le figure dei terminali non sono volutamente in scala per mettere in risalto particolari più caratteristici di altri.
 
Galleggiante in posizione fissa

a) Pesca a fondo su bassi fondali. Galleggiante Bodied.
Un galleggiante fisso ovviamente impone che il fondale sia adeguato alla lunghezza della canna (p.e. usando una canna da mt 3,60 il fondale non deve superare i 2,6 mt). Bisogna cioè che ci sia almeno 1 mt di tolleranza tra la lunghezza della canna e la profondità max. del fondale, in quanto bisogna tener conto della curvatura che assumerà la canna con il pesce agganciato. Se non calcoliamo questa tolleranza, non riusciremo neanche ad avvicinare il pesce a portata di guadino, specialmente se è di grosse dimensioni.
Per evitare ingarbugli durante il lancio, è meglio interporre tra lenza madre e bracciolo uno spezzone di 1,5 mt di nylon di diametro più grosso (p.e. 0.20), che per comodità (anche se impropriamente) chiamerò ‘coda di topo’, e su cui andranno attaccati i pallini calibrati. La coda di topo serve da anti groviglio sui lunghi lanci, ma se non facciamo lanci esagerati (diciamo sui 10 mt) e soprattutto se li ‘accompagniamo’, è meglio evitare la coda di topo, in quanto rappresenta pur sempre un ispessimento dell’apparato pescante. Sui lunghi lanci diventa invece indispensabile per evitare i grovigli. Per la stessa ragione, dobbiamo diminuire la lunghezza del bracciolo (max. 1 mt), per eventualmente aumentarlo se non facciamo lanci lunghi. I pallini calibrati, ammassati in due gruppi, vanno messi a ‘scalare’ di grossezza, mettendo il più piccolo vicino alla girella del bracciolo per poi aumentarli di grossezza man mano che si sale verso il galleggiante. E’ ovvio che il peso complessivo di tutti i pallini (compreso i due che fungono da stopper per il galleggiante) non deve superare quello massimo sopportato dal galleggiante: usando una bottiglia di plastica piena d’acqua, oppure l’apposito dosa pallini della Stonfo, possiamo regolarci con precisione sulla quantità di pallini che il galleggiante può reggere.

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Stoppaggio della lenza. Questo accorgimento, che è indispensabile nei due metodi di pesca descritti sotto, ma è valido per tutti i tipi di lancio, consiste in questo: appena fatto il lancio, quando ci accorgiamo che il galleggiante ha raggiunto la distanza che ci interessa, distendiamo completamente il braccio in avanti con un’inclinazione di 45° e facciamolo poi scendere lentamente verso la superficie dell’acqua sino a quando la canna non vi si trovi parallela. Contemporaneamente, durante la discesa del braccio, appoggiamo il dito indice sul bordo della bobina del mulinello per fermare la fuoriuscita del filo, ‘stoppandolo’. Quando il galleggiante sta per toccare l’acqua, riportiamo velocemente il braccio ad un’altezza di 45°. Questo stoppaggio favorisce la distensione completa del filo, che a sua volta diminuisce notevolmente il ‘ritorno’ del bracciolo e del terminale sulla lenza madre o sul galleggiante, evitando così un possibile groviglio. Chiudiamo quindi l’archetto.
 
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Terminale per pesca a fondo su bassi fondali

b) Pesca che sfrutta la calata. Galleggiante Bodied.  
Questo metodo è rivolto a quei pesci che sono soliti mangiare seguendo l’esca che si sposta lentamente dalla superficie verso il fondo. Personalmente l’ho battezzata “anti noia”, in quanto ci tiene sempre occupati tra recupero e rilancio continui e si rivela veramente micidiale con quei pesci che hanno quelle abitudini (tra i quali c’è anche la spigola).
I pallini da usare sono di grammatura piccola (con una scalatura poco accentuata) e vanno posizionati distanziati tra loro.
Questo metodo è fortemente legato alla buona esecuzione dello stoppaggio della lenza descritto sopra. Questo è il disegno del terminale:

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Terminale che sfrutta la calata

b) Pesca a galla o a mezzo fondo. Galleggiante Bodied con supporto ultra leggero.
Questo metodo richiama molto da vicino quello appena visto, ma con queste differenze: non dobbiamo lanciare e recuperare in continuazione e la lenza non scende sul fondale, in quanto pesca appena sotto la superficie o a mezz’acqua (metodo micidiale per occhiate, boghe, surelli, lecce stella, ecc.). Come galleggiante ci serve un bodied per poter fare lunghi lanci, ma adatti a reggere un peso il più basso possibile, in quanto la lenza deve stazionare tra la superficie ed il mezzo fondo. I pallini da usare sono quindi pochi e leggerissimi e la coda di topo va ridotta a 40 cm max. Data la leggerezza del terminale, estremamente soggetto ai ‘ritorni’ sulla madre e sul galleggiante, bisogna acquisire una notevole capacità nello stoppaggio della lenza.

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Terminale per pesca a galle e a mezzo fondo

Galleggiante in posizione scorrevole

Pesca a fondo su alti fondali. Galleggiante Bodied.
Il terminale per questo metodo è una via di mezzo tra la Pesca a fondo su bassi fondali e Pesca che sfrutta la calata, dalle quali si differenzia per l’assenza dei due pallini stopper del galleggiante e dall’inserimento di un peso superiore in pezzo unico (pallettone o torpilla) appena sopra la spallinatura.
Il pallino di stop a monte del galleggiante deve essere sostituito da un nodino di stop fatto con un filo di seta (o altro materiale), in quanto questo nodino è soggetto a continui spostamenti per adeguare l’altezza del terminale a quella del fondale, ed il materiale di cui è fatto lede in maniera molto meno cruenta il nylon rispetto al pallino di piombo. Lo stop a valle del galleggiante viene invece dato dal pallettone o dalla torpilla. Bisogna usare una zavorra in pezzo unico in quanto questa favorisce notevolmente la velocità di discesa rispetto alla sola spallinatura.
Suggerimento: tra il nodino di stop ed il pallettone inserire due micro perline che evitano la battuta diretta dell'anellino del galleggiante sul nodino e sul pallettone. La perlina superiore evita che l'anellino possa fuoriuscire dal nodino, quella inferiore che l'anellino batta direttamente sul pallettone o sulla torpilla.

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Terminale con galleggiante scorrevole

In tutti gli esempi visti sin qui è stato preso in considerazione il galleggiante Bodied in quanto abbiamo supposto di poter raggiungere il punto di pesca solo con lunghi lanci.
Ove questo non fosse necessario, chiaramente non dobbiamo ricorrere ai bodied, ma ci conviene usare i Straight Loaded (per lanci brevi) o i Stick Float se dobbiamo solo calare la lenza sotto i nostri piedi o appena più in là.
La preparazione dei terminali invece non varia, in quanto è indipendente dal galleggiante usato. Possiamo però evitare di usare la coda di topo.
Suggerimento per lanci brevi. Non dovendo imprimere forza, un lancio a breve distanza ci conviene farlo stando in posizione eretta: tenere la canna davanti a noi bassa sulla superficie dell'acqua e sollevandola velocemente verso l'alto liberare la lenza (anziché fare la classica frustata).

La pesca ibrida inglese/bolognese  
Tutto quanto esposto sino a questo punto riguarda i puristi della pesca all’inglese in mare, che in alcuni passaggi può anche differire dall’originale pesca al colpo in acque dolci, per la quale rimando alla lettura dei testi specifici redatti dagli specialisti del settore.
Ma in Italia il tipo di pesca più diffuso in acque salate che maggiormente si avvicina alla pesca all’inglese in mare è la pesca ibrida, che è un misto tra la pesca all’inglese e quella con la bolognese, e che moltissimi confondono con la vera pesca all’inglese, vista la grande somiglianza tra i due tipi. Le differenze fondamentali risiedono in:
- Canna. Per la pesca ibrida si usano solamente canne bolognesi, con misure che spesso vanno ben oltre la canonica misura dei 4,5 mt max. di un’inglese (non è raro vedere pescatori che usano canne anche di 8 mt e perfino di 9 mt, vento permettendo). La bolognese è completamente diversa dall’inglese: è solo telescopica e possiede un numero esiguo di anelli, con diametri ben maggiori. Pur effettuando buoni lanci, non raggiungeranno mai le performance delle inglesi (se volete sperimentare di persona, provate a lanciare un bodied da 40 gr con una bolognese da 7 mt, a patto però che non mi addebitiate la canna per averla spaccata in vari pezzi….). La bolognese quindi è una canna per lanci brevi e di galleggianti con basse grammature, ma è soprattutto una canna da ‘calata’ che sfrutta le correnti per portare l’esca nella zona di pesca, compito che gli è facilitato anche dalla lunghezza.
- Galleggiante. Non ha senso montare un bodied su una bolognese, per le cose che abbiamo appena detto. Molto meglio montare uno Straight Loaded ed ancora meglio montare uno Stick Float, lasciando alla spallinatura il compito di far raggiungere la zona di pesca qualora dovessimo fare un breve lancio. E’ proprio l’utilizzo di questi due galleggianti, tipici della pesca all’inglese, che portano a convincerci di fare una vera pesca inglese anche con la bolognese. Invece stiamo facendo una pesca ibrida.

Il termine ‘ibrido’ suona stonato, sembra quasi che stiamo dicendo una parolaccia, abbiamo timore di pronunciarlo o di usarlo nei nostri post, in quanto dire ‘io pesco all’inglese’ fa più ‘figo’, mentre invece non ci rendiamo conto che facciamo solo sorridere coloro che la pesca all’inglese la fanno per davvero.
Invece non c’è nulla di più sbagliato: la pesca ibrida in acque salate sta dando grandissimi risultati, e se praticata in porti, porticcioli, pontili e zone rocciose riparate dal vento è quella che da i risultati migliori. Con la ‘regina’ agognata dalla maggior parte dei pescatori, poi, (la spigola), la pesca ibrida (od anche la pura pesca alla bolognese, con tanto di galleggiante tradizionale) si rivela quella che porta ad un maggior numero di catture.
Come avviene sempre tra i sostenitori di due fazioni contrapposte, ci saranno i fautori della pesca all’inglese ‘canonica’ che sosterranno anche sotto tortura che il loro metodo è il migliore al mondo, a cui si contrapporranno i sostenitori della pesca ibrida (magari un po’ meno disposti a sacrificarsi sotto tortura…forse...) che invece sosterranno il contrario.
Io non voglio entrare nella diatriba (semplicemente perché non mi interessa), per cui descriverò comunque altri due tipi di terminali da usare con la bolognese, visto che comunque la pesca con la bolognese rappresenta il nostro tipo di pesca ‘nazionale’ e soprattutto…rende!
Dato che le immagini sono abbastanza esplicite, ritengo non siano necessari i commenti. Anche queste immagini non sono in scala per mettere in risalto i particolari

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Montatura ibrida per bolognesi corte. Su bolognesi lunghe, la torpilla può essere sostituita da una spallinatura a scalare ed il galleggiante può essere bloccato in posizione fissa.

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Montatura classica per bolognesi lunghe (almeno 6 mt). Per bolognesi più corte è meglio usare la montatura ibrida della figura precedente (con galleggiante scorrevole).

Pasturazione e Importanza della precisione del lancio
La pesca con il galleggiante (inglese, ibrida o tradizionale) difficilmente restituisce dei risultati se non è accompagnata dalla pasturazione. La pasturazione è così importante che mi sento di affermare che se per caso la dimentichiamo a casa, tanto vale non scaricare neanche l’attrezzatura e tornarcene indietro, a meno che non sia una bella giornata di sole e ne approfittiamo per abbronzarci, oppure qualche bella turista non ci strizzi l’occhio…
Lo scopo della pasturazione è, prima di tutto, quello di richiamare il pesce a tiro della nostra lenza ed in secondo luogo quello di addensarlo in un branco il più numeroso possibile. Quello che è ovvio è che la pastura serve ad ‘eccitare’ i pesci, e non a sfamarli, e non esagero dicendo che la pasturazione può arrivare ‘allo stato dell’arte’ come dimostra questo episodio a cui ho assistito quand’ero ragazzo. Il mio pontile preferito era, come al solito, brulicante di pescatori. A quei tempi eravamo talmente in tanti che per starci tutti lo spazio tra l’uno e l’altro non superava il metro. Si pescava con la solita cadenza del primo pomeriggio (un pesciolino ogni tanto), in attesa del tramonto sia per dedicarci alla spigola e sia perché il pontile sfollasse della maggior parte delle persone. Ad una certa ora ecco arrivare tre pescatori mai visti prima, due con una lunga bolognese ed una sacca ciascuno, ed il terzo con un grosso contenitore di bigattini, una gigantesca nassa portapesci ed un enorme guadino. Visto che la gente cominciava a sfollare, trovarono posto tutti e tre vicini e mentre due armavano le canne, il terzo iniziò a pasturare abbondantemente la postazione e a calare la nassa. Appena i due misero le canne in acqua, pescarono contemporaneamente due spigolette sui 300 gr, che il terzo uomo infilò nella lunghissima nassa. E riprese a brumeggiare con cadenza continua. Dopo pochissimo altre due spigolette della stessa taglia. E la cadenza del brumeggio riprese. Altre due spigole sul mezzo chilo. Brumeggio…Altre due spigole sul kg… Il terzo uomo si dedicava esclusivamente a brumeggiare, a guadinare ed a infilare le spigole nella rete. E continuò così per circa 4 ore, con alcune spigole che, ad occhio, superavano i 3 kg. Tutti noi smettemmo di pescare e ci posizionammo alle spalle dei tre, alcuni ammirati da quella mattanza, altri intenzionati a buttare a mare i tre, ma tutti rosi dall’invidia. Uno dei miei amici non smise di contare, era arrivato a 37, di cui un buon numero erano bestioni.
I tre (che poi sapemmo essere turisti bresciani) smisero di pescare perché avevano consumato l’intero contenitore di bigattini. Per tirare su la rete ci si misero in tre, selezionarono le spigole al di sotto del kg ributtandole a mare, si tennero le tre più grosse e, con un grande sorriso, ci dissero che le altre erano per noi. Non ho mai più visto quei tre bresciani, ne nell’arco della stagione ne in tutti gli anni successivi. Il giorno dopo, manco a dirlo,  prendemmo d’assalto i negozianti di zona per accaparrarci i bigattini in ‘quantità industriali’, ma il numero di spigole che furono catturate a partire da allora sino a tutt’oggi rimase nella media che sempre c’era stata e c’è tuttora in quel pontile (4-5 spigole max, senza contare le innumerevoli giornate buche).
Sembra una favola, vero? Ma è la pura verità, e quel giorno è impresso nella mia memoria in modo indelebile. Per anni abbiamo rimuginato su quell’episodio, senza mai venirne a capo. Mai e poi mai abbiamo scoperto in cosa era consistito il ‘trucco’ di quei tre, se non riconoscere loro una bravura al di fuori delle possibilità umane non solo nel pescare ma soprattutto nel pasturare. Ma probabilmente non c’era alcun trucco, quei tre erano semplicemente arrivati ‘allo stato dell’arte’ a cui ho accennato.

Ma torniamo a noi. La pasturazione può consistere in bigattini (i più usati), mischiati o meno con sfarinati, pellets o farina di pesce. Non essendomi mai neanche lontanamente avvicinato alla bravura di quei tre extraterrestri, mi sono sempre trovato comunque bene operando in questo modo: pasturazione abbondante appena arrivati ed un pugnetto a cadenza fissa nella fase successiva, per poi scendere ad una decina di bigattini ogni 5 minuti durante le fasi di cattura. Se la pasturazione avviene al largo (per cui è necessaria la fionda), bisogna essere il più precisi possibile per lanciare sempre nello stesso punto. Anche il galleggiante, di conseguenza, va lanciato sempre nello stesso punto. Scostamenti grossolani dal bersaglio non fanno altro che disperdere i pesci.
Per centrare meglio il bersaglio con il galleggiante, è meglio superare il punto di pesca di una decina di metri, immergere il cimino in acqua e dare un colpo secco verso l’alto per favorire l’affondamento del filo (se stiamo usando un filo affondante e non ci sono onde). In caso di filo normale, tenerlo ben sollevato sulle onde. In entrambi i casi, recuperare poi lenza sino a rientrare nel bersaglio.
Se dopo un ragionevole lasso di tempo non vediamo alcuna mangiata, recuperiamo la lenza e controlliamo che non sia aggrovigliata, in quanto questo inconveniente, quando peschiamo al lancio, si presenta più frequentemente di quanto non vorremmo.



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SURFCASTING / Riflessione sul surf casting
« on: May 07, 2010, 20:28:57 »
Che cos'è per me il surf casting

La definizione del termine anglosassone, in se stesso, è abbastanza semplice: 'surf' significa onda, 'casting' significa lancio, per cui surf casting = lancio sull'onda. I connottati del surf casting sono quindi ben delineati già nel suo termine: non ci può essere surf casting se non ci sono le onde.
Ma il surf casting va ben oltre il semplice termine del suo lemma, in quanto rappresenta una 'filosofia' praticamente unica di intendere la pesca, che supera la pura e semplice azione di 'andare a pesca' e di 'cercare di pescare qualcosa', azioni senza le quali la pesca sportiva in generale non avrebbe senso.
E' infatti proprio questa 'filosofia' che ha fatto del surf casting la pesca sportiva tra le più ambite e contemporaneamente tra le più difficili e 'misteriose', e che l'ha fatta definire nel passato (ma è tutt'ora valido) come una disciplina che è "per molti ma non per tutti", perché richiede una 'formazione mentale' alla quale molti non sono disposti a soggiacere, in quanto il surf casting comporta tutta una serie di sacrifici e di rinunce che mal si addicono ad un passatempo che per sua natura deve essere affrontato con mente libera e col massimo diletto.
Come tutte le cose ritenute misteriose ed esoteriche, il surf casting esercita un fascino ed un richiamo a cui non sappiamo inizialmente rinunciare, per poi magari scoprire (come di solito accade per le cose misteriose ed esoteriche) che il surf casting non è fatto per noi e ci rinunciamo dopo un breve o lungo periodo, perché non siamo disposti ad accettarne le ferree regole. Ma questo avveniva per lo più nel passato, quando avevamo il coraggio di essere più 'onesti' con noi stessi e di ammettere i nostri limiti.
Oggi infatti le cose sono travisate, perché abbiamo adattato quelle ferree regole originali al "nostro" modo di concepire il surf casting, il più delle volte deformandole talmente che più nulla hanno a che fare con quelle originali. In tantissimi infatti siamo convinti di praticare il surf casting, ce ne riempiamo la bocca e ce ne vantiamo con gli altri, spesso (fortunatamente) perché non ce ne rendiamo conto, ma ancor più spesso perché lo abbiamo letto in qualche articolo di una rivista del settore o in qualcuno degli ultimi libri sull'argomento, scritti da persone che per incapacità, ma di solito per denaro, hanno 'venduto la loro anima al diavolo', rappresentato in questo caso dai produttori e dagli editori che fanno della parolina magica surf casting il classico specchietto per le allodole, con lo scopo di incrementare le vendite. In realtà, anziché surf casting, stiamo praticando il più delle volte una generica pesca a fondo.
Questa riflessione si prefigge lo scopo di riportare il surf casting alle sue vere origini, senza le quali non ha senso parlare di questa disciplina: tanto varrebbe parlare di pesca in mare generica, per praticare la quale sono necessarie poche cose altrettanto generiche, alla portata di tutti.
E riportare il surf casting alle sue vere origini non può che rendere onore a questa disciplina,  difficile è vero, ma piena di gratificazioni per tutti coloro che riusciranno ad imporsi un modo completamente diverso di concepire la pesca.

Ho detto prima che il surf casting è "per molti ma non per tutti", ma ciò non è legato solamente ad una particolare 'formazione mentale': un altro motivo che rende il surf casting tale è dovuto anche alla specifica attrezzatura da usare ed al suo costo, di gran lunga superiore a quello di una 'buona' attrezzatura da fondo. Se non si dispone di un minimo di volontà per imparare ad usarla e di risorse finanziare per acquistarla, è meglio rinunciarci da subito per evitare grosse delusioni: non si può affrontare il surfcasting con attrezzature inadeguate, ma anche supponendo di possederle, a poco servono se non ci imponiamo di imparare ad usarle nel modo giusto. Comprarsi una super attrezzatura solo per far scoppiare di invidia gli altri, credetemi, a pesca ha poco senso, perché alla fine gli unici che stiamo ingannando siamo noi stessi.

Il teatro in cui si svolge la scena del surf casting è ben preciso: la coltre sabbiosa. Sabbia sotto i nostri piedi (la spiaggia), sabbia nel fondo marino (la zona di pascolo). Sotto la coltre sabbiosa del fondale vive una moltitudine di organismi di cui si nutrono i pesci: durante l'estate proviamo ad immergerci con maschera e boccaglio anche a breve profondità, rivoltiamo due o tre manate di sabbia e restiamo in attesa di vedere il risultato. Noteremo di aver portato in superficie alcune telline e qualche vermetto. Immediatamente vedremo avvicinarsi incuriositi i granchietti, microscopiche mormorette, piccolissime tracine e trigliette. Raccogliamo qualche tellina e spappoliamola con le dita: il gruppetto di piccoli pescetti si avventano su quel cibo inaspettato. Giriamo lo sguardo attorno e vediamo avvicinarsi una spigoletta un pò più grande, a sua volta attirata da tutto quel movimento. Più si avvicina e più si fanno guardinghi i piccoli pescetti, che hanno riconosciuto nella spigoletta un pesce predatore con cui magari dovranno fare i conti.
La nostra è stata solo una piccola azione, avendo solo rivoltato alcune manate di sabbia. Ebbene, provate ad immaginare questa azione moltiplicata per mille, per diecimila, per milioni, per miliardi di manate. Provate cioè ad immaginere questa azione di rivoltamento del fondo marino fatta per tutto il fronte dall'impetuoso infrangersi delle onde che, spinte dal vento, stravolgono il fondale scoperchiando un'enorme quantità di organismi che, da quel momento, restano in balia delle immancabili correnti che si formano e che li trascinano via secondo direzioni ben precise. Inizia a formarsi la così detta 'catena alimentare', formata cioè da quelli organismi, dai piccoli pesci richiamati da essi e dai pesci più grandi a loro volta richiamati da quella moltitudine di pesci più piccoli, che rappresentano anch'essi un pasto succulento. In queste condizioni meteo marine, i pesci vengono richiamati sotto costa anche da distanze considerevoli, consapevoli che quella è l'occasione che aspettavano da tempo per sfamarsi con facilità.
Queste condizioni possono formarsi già a pochi metri dalla riva, come possono formarsi anche ad un centinaio di metri di distanza, anche a 120-130 mt, a seconda della conformazione del fondale.
L'inverno è la stagione più propizia al formarsi dei venti impetuosi, che a loro volta danno origine alle onde, che a loro volta rivoltano il fondale mettendo allo scoperto gli organismi sepolti sotto la sabbia.
Ecco quindi che cominciano a delinearsi le prime condizioni tipiche del surf casting: freddo, forte vento, pioggia, onde impetuose, distanze dalla riva da raggiungere. E queste condizioni cominciano anche a fare le prime selezioni tra i pescatori sportivi. Non sono molti quelli disposti ad affrontare un freddo pungente, specialmente se accompagnato da una pioggia gelida che metterebbe a dura prova anche la pazienza di un santo.
Poi ci sono le onde da affrontare: occorrono zavorre pesanti e di foggia particolare perché l'impianto pescante non venga sputato a riva nel giro di pochi minuti. Ma per lanciare zavorre pesanti occorrono canne robuste e di ottima qualità: le nostre lo sono?
Ma ancora non basta: bisogna perforare il muro di vento frontale o latero-frontale per arrivare con il nostro piombo piramidale da 2 etti a quei fatidici 100 mt in cui quel giorno si è formata la zona di pascolo. Ci tentiamo con il nostro side, ma non riusciamo a superare i 70 mt. Ci ricordiamo allora di aver sentito parlare di un lancio chiamato ground, tentiamo di farlo, ma le cose non solo non sono migliorano, ma spesso addirittura peggiorate. Forse bisogna forzare di più.... Indietreggiammo la zavorra a ore 15 e forziamo maggiormente il lancio... Patatrack! La nostra telescopica da 250 € è andata in pezzi! Solo allora ci ricordiamo di aver letto da qualche altra parte che le telescopiche non sono adatte al lancio ground, che per fare questo tipo di lancio ci vogliono le canne a ripartizione di sezioni. Ma noi non l'abbiamo mai voluta comprare, ritenendo di non essere in grado di usarla. Oppure il nostro budget era troppo basso. A testa china, scomodando con i nostri improperi tutti i santi del paradiso, cominciamo mestamente a sbaraccare con la solenne promessa di mandare il surf casting a farsi fondere:ecco come si forma una seconda ondata di selezione tra i surf casters.
E ancora non è finita. Abbiamo la giusta attrezzatura, siamo in grado di utilizzarla al meglio, raggiungiamo la lunga distanza di pascolo... ma le ore passano inesorabili senza vedere un'abboccata. Intanto il freddo si fa sempre più pungente, qualche goccia gelata si infiltra nella nostra cerata e ci cola lungo la schiena, il vento soffia inesorabile. Ci rifugiamo sotto la nostra tenda, in attesa... niente! << Ci andrà meglio domani >>, ci diciamo mentre raccogliamo la nostra roba con una certa stizza. Ma l'indomani la stessa storia: due saraghi da 300 gr in tutto il giorno. Ed il giorno successivo di nuovo nulla. La frustrazione ci assale, non siamo più invogliati ad andare a surfcasting nei giorni successivi, ci disaffezioniamo sempre di più, sino a quando non scriviamo il nostro annuncio: <<Occasione! Svendesi canne da surf casting come nuove causa inutilizzo>>. Siamo così arrivati alla terza ondata di selezione tra i pescatori di surf casting.
In tutti e tre gli esempi, lo sfoltimento della schiera dei surfcaster è avvenuta principalmente per un principio fondamentale: l'assenza della 'filosofia' del surf casting, senza la quale, prima o dopo, tutti noi cediamo e alla fine ci arrendiamo.
Ma in cosa consiste questa benedetta filosofia?
Principalmente nella disposizione ad affrontare sacrifici di tutti i generi: fisici, finanziari e psicologici. E' inverno, notte buia e tempestosa, pioggia gelida, vento sferzante altrettanto gelido. Per rendersi conto di cosa vuol dire, non basta immaginarselo, bisogna viverlo di persona: il mio suggerimento per chi vuole dedicarsi al surf casting è di affrontare per qualche ora alcune di queste notti, anche senza un'attrezzatura specifica, per saggiare la propria volontà di resistenza a queste condizioni avverse, che in fondo stiamo subendo non per necessità o lavoro, che in qualche modo potrebbero aiutarci a superare, ma per puro diletto. Se riusciamo a vincere il richiamo del caminetto, siamo già a buon punto e possiamo valutare
l'opportunità di affrontare la spesa di un'attrezzatura più idonea. Quando siamo ultra sicuri di potercela fare, e solo allora, dobbiamo pianificare i nostri acquisti. Durante le notti di 'prova' abbiamo constato con mano quanto la nostra attrezzatura si sia dimostrata inadeguata per affrontare quel mare: anche se il nostro piramidale da 200 gr ha retto, tuttavia non siamo riusciti col nostro side a fargli raggiungere la fatidica 'zona di pascolo' posta ad una trentina di metri più avanti, se non oltre. Occorrono canne in grado di sparare quel piombo con un tipo di lancio più idoneo alla distanza, come può esserlo il ground. Sappiamo, almeno per averlo letto da qualche parte, che simili canne esistono e si chiamano RIP, ma sappiamo anche che costano alquanto e che il ground è un lancio tecnico che richiede una preparazione adeguata, che noi al momento non possediamo. Ecco che allora entra in ballo la seconda serie di sacrifici: rinunciare ad altre cose da 'diletto' per risparmiare i soldi per acquistare quelle canne (niente nuovo computer, niente nuovo iPod, niente ristorante, pizzeria, McDonald, cinema, discoteca, viaggi, vacanze, scarrozzate in macchina e via di seguito) e rinunciare a qualche giornata di pesca da trasformare in giornate di allenamento per imparare a lanciare in ground. Non sono pochi i surfcaster che hanno affrontato questi sacrifici finanziari e psicologici pur di arrivare al loro scopo: anzi, costoro fanno parte della schiera dei 'puristi' del surf casting. Per lo più autodidatti, per non 'perdere la mano' si sottopongono a continui allenamenti di lancio ground e pendulum sul campo o sulla spiaggia, non si fanno spaventare dalle condizioni meteo-marine più estreme e sono quelli che raccolgono i risultati più soddisfacenti.
Altre cose che rientrano nella filosofia del surfcasting sono, ovviamente, il massimo rispetto per la natura ed il mare, che in questa disciplina assumono valori quasi maniacali (l'unica cosa che resta del loro passaggio sono le orme sulla sabbia), la disponibilità ad accettare le giornate 'buche' come una cosa normalissima che non influenza minimamente il loro umore, lo studiare con costanza e assiduità i fondali, le maree, le correnti, la spiaggia, la zona di pascolo, i bollettini metereologici, la granulosità della sabbia, la direzione del vento, i canaloni, il sondaggio del fondo, le possibili prede di quello spot... e l'elenco potrebbe continuare all'infinito. In parole povere, i surf caster sono i 'professionisti' della pesca sportiva, e professionisti non si nasce, lo si diventa acquisendo con costanza e sacrifici quella che viene definita la 'filosofia' del surf casting.  

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PESCA FORUM BAR / E' pronto il manuale in formato PDF
« on: May 05, 2010, 18:44:07 »
Per chiunque fosse interessato a scaricarsi il "Manuale di Beachledgering" in formato pdf, segnalo che il file è pronto per lo scarico dal sito di Megaupload.
Le informazioni per fare lo scarico le trovate qui:
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BEACHLEGERING & BEACHLEDGERING / MANUALE DI BEACHLEDGERING
« on: April 10, 2010, 13:14:08 »
AVVISO

Questo era il post originale che in partenza conteneva tutto il Manuale. Però con l'aggiunta di sempre più articoli e revisioni (e soprattutto con l'inserimento di molte immagini), questo post era diventato talmente voluminoso che non era più possibile gestirlo come unico post. Pertanto sono stato costretto a smembrarlo in 13 post (sempre in questo topic), dedicando ad ogni post una sezione specifica del manuale.
I 13 post del manuale li trovate a partire dalla 2^ pagina di questo topic
ed hanno i seguenti titoli:

01. Manuale di Beachledgering : sezione Introduzione al Beachledgering
02. Manuale di Beachledgering : sezione Canne
03. Manuale di Beachledgering : sezione Mulinelli 
04. Manuale di Beachledgering : sezione Piombi
05. Manuale di Beachledgering : sezione Lenza madre
06. Manuale di Beachledgering : sezione Shockleader
07. Manuale di Beachledgering : sezione Nodi
08. Manuale di Beachledgering : sezione Terminali
09. Manuale di Beachledgering : sezione Ami
10. Manuale di Beachledgering : sezione Pasturatore
11. Manuale di Beachledgering : sezione Esca
12. Manuale di Beachledgering : sezione Accessori
13. Manuale di Beachledgering : sezione Fai da te

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PESCA FORUM BAR / Stanchi per le Feste? Adesso ci penso io...
« on: January 03, 2010, 11:18:03 »
Le Feste sono bellissime, c'è chi le aspetta con ansia, ma sono anche così stancanti...
Ai primi dell'anno si è un pò mogi e si ha anche poca voglia di parlare. In questo periodo i Forum si spopolano, perché la voglia non è tanta.
Che ne dite allora se vi tiro un pò su il morale con una storiella? E' tratta da "I racconti di Nonnoroby".
Si intitola:

Ai tempi delle caverne....

Ai tempi delle caverne il cervello degli uomini era poco più grande di quello di un cavallo e non consentiva loro di formulare pensieri astratti. La loro unica preoccupazione era quella della sopravvivenza. Durante il giorno i cavernicoli si ammazzavano di fatica per procurarsi il cibo, ma la sera si riunivano felici intorno al fuoco per cenare e raccontarsi le loro semplici avventure: di come una preda era sfuggita, di come pensavano di fregarla il giorno dopo, della prima notte di nozze di Haug andata in bianco per colpa della suocera bisbetica, del cane di Bongha che gli aveva soffiato sotto il naso il coniglio appena arrostito e di come la giovane Tettedda, da qualche giorno, cominciava a lanciare certi sguardi ai maschi...Eh si, la giovane Tettedda era proprio cresciuta ed i ragazzi le ronzavano attorno come mosche al miele...
Le donne sedevano accanto agli uomini ed acconciavano le pelli per l’inverno, mentre i bambini giocavano tutt’intorno. Infine, dopo un'ultima bevuta di acqua di fonte, ogni famiglia si ritirava nella propria caverna per trascorrervi la notte. L'indomani gli uomini sarebbero tornati a caccia e le donne avrebbero accudito ai bambini più piccoli e alle faccende domestiche. E così sarebbe durato chissà per quanto tempo, se l’evoluzione non stesse cominciando a fare capolino, almeno col cervello di qualcuno di loro. Infatti, un bel giorno.....

Un bel giorno, presso la tribù di Zhulhu, si presentò uno straniero che proveniva chissà da dove, messo male in arnese e claudicante. Lo zoppo chiese se potevano dargli qualcosa da mangiare, in quanto stava morendo di fame a causa della sua gamba balorda che gli impediva di inseguire le prede. Fu accolto con benevolenza e sfamato, e per la notte gli assegnarono perfino una caverna da scapolo. Dopo qualche giorno, durante una notte scoppiò un tremendo temporale, come quei cavernicoli non avevano mai visto. Nella caverna vicina a quella dello zoppo abitava Tonthu con la moglie e tre figlie. I cinque erano terrorizzati dai lampi e dai tuoni che aumentavano sempre più di intensità, tanto che ebbero paura che stesse per crollargli addosso il cielo. Ingenuamente, si infilarono stretti stretti sotto una pelle d'orso per cercare rifugio dalla caduta del cielo. Dopo circa mezz'ora, la moglie disse a Tonthu:
< Tu non senticere?>
< Como,no! Tuono stacere per rompere timpana meco!>
< No, no, io non dicere tuono. Io dicere urla bestialissima. Venicere da caverna di zoppo. Forse lui avecere troppa paura perchè essere solo. Tu andacere da lui per facere compagnia e facere coraggio.>
< Cavola sua, io non mi muovere da qui sotto.>
Dopo pochi minuti le urla ripresero più forti di prima.
<Poverino! Lui avecere troppa paura. Tu dovere andacere a fare compagnia lui. Portacere altra pelle d'orso per riparacere lui da caduta di cielo. Io pensare che tu dovere andacere!>
Brontolando contro la moglie perchè non si faceva i cavoli suoi, Tonthu di malagrazia prese un'altra pelle d'orso e, anche se terrorizzato dai lampi e dai tuoni sempre più forti, raggiunse la caverna dello zoppo. Lo trovò che stava chino sul fuoco in cui gettava manciate di una polvere che faceva levare le fiamme alte sino al soffitto. Dalla sua gola fuoriuscivano ululati tremendi.
< Ehi, zoppo, tu non avecere più paura, io facere te compagnia e portacere coperta per riparacere di caduta di cielo. Tu non urlacere più.>
< Io non urlacere per paura, io urlacere per facere sentire mie preghiere a dio di tuono, altrimenti lui non senticere me con questo casino!>
< Preghiere? Dio di tuono? Cosa essere?>
< Dio di tuono essere quello che facere questo casino, e preghiere essere di chiedere a dio di tuono di smettere questo casino.>
< ?!? >
< Dio di tuono dicere noi essere troppo cattivi e che non bastare sacrificio di polvere magica per perdonacere noi.>
< ?!? >
< Dio di tuono dicere che io dovecere pregare con donna, ma io non avecere donna....>
< Allora io mandacere te mia donna per pregacere con teco.>, propose Tonthu a cui la paura era ancora aumentata per le parole dello zoppo.
< Si, si, tu mandare subito tua donna per pregacere con meco prima che cielo cadecere in testa.>
Tonthu, anche se non aveva capito una mazza di dei, di preghiere, di sacrifici e di cattivi, si affrettò a spedire la moglie dallo zoppo per paura che il cielo potesse precipitare loro addosso.
Dopo pochi minuti, dalla caverna dello zoppo si levò un duetto di ululati che durò una mezz'oretta, poi silenzio. I lampi ed i tuoni, però, continuavano con la stessa intensità.
Preoccupato, Tonthu raggiunse di nuovo lo zoppo.
< Cosa succedere?>
< Succedere che dio di tuono dicere che non bastacere preghiera con una donna sola. Lui dicere che io dovecere pregare con due donne, per smettere lui tuono.>
< Allora io mandacere te anche figlia.>
< Si, si, tu mandacere subito anche figlia. Tu mandacere figlia piccola, forse lei pregacere più bene.>
Tonthu quindi mandò anche la figlia minore e poco dopo dalla caverna dello zoppo si levarono i suoi ululati e quelli delle due donne. Poi, come era avvenuto prima, dopo una mezz’ora le grida cessarono. Ma non così il temporale, che continuava ad infuriare senza un attimo di tregua.
Tonthu raggiunse nuovamente lo zoppo.
< Cosa succedere, adesso?>
< Adesso succedere che dio di tuono dicere che volere anche sacrificio di carne, non bastacere più polvere magica. Ma io non avecere carne....>
< A me sembracere che dio di tuono ora rompere cocones....>
< Tu zittire! Se dio di tuono sentire te dicere così, lui mandacere te fulmine. Aha, dio di tuono dicere anche che non bastacere più due donne per pregare. Lui dicere quattro donne, ma io non avecere quattro donne....>
< Bah, se lo dicere dio di tuono.... Aggio capito, và...>
Rientrato nella sua caverna, Tonthu spedì dallo zoppo anche le altre due figliole, stracariche di carne di cinghiale e di cervo. Stavolta gli ululati a quattro durarono per tutta la notte, come pure il temporale. Tonthu, tremante di paura perchè era rimasto solo, alla fine cedette alla stanchezza e si addormentò.
All'alba il temporale cessò ed il sole cominciò a fare capolino tra le montagne. Quando si svegliò, Tonthu, tutto felice, corse alla caverna dello zoppo. Li trovò tutti nudi che ancora dormivano vicino al fuoco semispento. Tutt'intorno erano sparse le ossa spolpate del cinghiale e del cervo. Tonthu si avvicinò allo zoppo e lo scosse per una spalla.
< No, donna, adesso bastacere pregare, io non ce la faccere più...>
< Zoppo, essere io, Tonthu. Avecere funzionato! Non essere più lampi e tuoni!>
< Aha, essere tu... Credere bene che avecere funzionato! Noi pregato e sacrificato tutta notte. Tua moglie, poi, volere sempre pregare, ancora pregare, di nuovo pregare... Lei avecere me distrutto con sue preghiere...>
< Non importare questo, importare avere funzionato! Adesso donne potere tornare in mia caverna....>
< Ah, no! Dio di tuono dicere che loro diventate sacerdotesse. Lui dicere che loro rimanere sempre con me per pregacere tutti i giorni, altrimenti lui facere tornare lampi e tuoni.>
< Ma io rimanecere senza donne....Come facere?>
< Io non sapere, tu arrangiare...Ah, dio di tuono dicere anche che tu andacere da capo tribù e dicere lui che dio di tuono volere che lui mandacere ogni giorno sacrificio di carne, altrimenti facere tornare lampi e tuoni e facere cadere cielo in testa a tutta tribù. Dicere anche di dacere a me e a sacerdotesse caverna più grande e mandacere ogni giorno legna per facere fuoco di sacrificio. Se noi pregacere e facere sacrificio tutti i giorni, dio di tuono non facere più lampi e tuoni.>
< Beh, se dio di tuono dicere questo....>
Tutto mesto, a capo chino, Tonthu si diresse alla caverna del capo per riferire il messaggio. Tonthu fu il primo uomo della terra a bestemmiare e, poco dopo, il suo capo fu il secondo.
Quello fu l'ultimo temporale di una primavera inoltrata. Sarebbe subentrata un'estate torrida e lunghissima.
All'inizio dell'inverno, senza dir niente a nessuno, lo zoppo si trasferì presso un'altra tribù, dove non era ancora stato.  

47
PESCA FORUM BAR / BUON COMPLEANNO, MINO!
« on: January 03, 2010, 10:27:30 »
Ciao Mino,
per poco non mi sfuggiva il tuo compleanno.
TANTI CARISSIMI AUGURI!
 

48
PESCA FORUM BAR / AUGURI DI NATALE 2009
« on: December 22, 2009, 09:20:51 »
Auguro a tutti i componenti dello staff e a tutti gli iscritti a questo meraviglioso Forum

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO

Che Babbo Natale vi porti in regalo la canna ed il mulinello che avete sognato per tutto l'anno!
 

49
LANCIO TECNICO / Questione di pancia? Macché....
« on: December 03, 2009, 18:27:56 »
Ecco un degno rivale di Danny Moeskops.
Si chiama Andy Copping ed anche se la sua struttura fisica non è certo quella di Danny, il 19 Luglio 2009 ha raggiunto la distanza di 310 yards, pari a 284 mt. Certo Andy Copping non può definirsi un piccoletto, ma pur non avendo la massa "muscolo-pancettaria" del belga, avvalora la tesi che la tecnica sopperisce, eccome, alla pura forza bruta.
E quello che fa piacere è che la canna che usa in pedana è la stessa che usa a pesca: la Century TT-R.
Non è certamente una cannetta molto abbordabile per il prezzo, visto che il blank costa sulle 320 sterline in offerta (457 €). Ecco un suo video:
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50
SEGNALAZIONI DAL WEB / Earth Touch - Per chi ama la Terra
« on: November 24, 2009, 13:29:33 »
Per tutti coloro che sono appassionati di filmati sulla Natura, segnalo un sito da cui è possibile scaricare e visualizzare filmati dalla qualità eccezionale:
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Il sito è in inglese e purtroppo sono in inglese anche i commenti ai filmati, ma la qualità delle immagini è insuperabile.
Per godere in pieno dell'alta qualità, però, più che utilizzare il piccolo player del sito suggerisco di scaricarsi i filmati e visualizzarli con un player in grado di riprodurre il formato MOV (di proprietà Apple) in cui sono fatti i filmati.
Tra questi suggerisco di installare QuickTime7 scaricabile da qui:
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Per chi inoltre fosse appassionato di "manipolazione" di files multimediali, suggerisco la trasformazione dei filmati in AVI (DivX), il ritaglio delle parti che non interessano ed il montaggio degli spezzoni così ottenuti per crearsi un DVD da godersi ogni tanto col televisore. Io mi sto accingendo a farlo.

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SEGNALAZIONI DAL WEB / EOL - Encyclopedia Of Life
« on: November 20, 2009, 18:38:37 »
E' nata EOL, Encyclopedia Of Life (Enciclopedia della vita), per ora solo agli inizi e solamente in lingua inglese (ma traducibile in un italiano "accettabile" con Google Translator). Questo il sito:

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E' un'opera meravigliosa per tutti gli amanti della natura, a cui partecipano 10.000 scienziati dal tutto il mondo che sovraintenderanno alla verifica degli articoli. Lo scopo è quello di arrivare a descrivere le 1.800.000 specie di animali finora conosciuti viventi sulla Terra, un'opera che appena terminata sarà mostruosa.
Ho provato a digitare alcuni nomi di pesci (nome comune del pesce, in italiano) e me li ha trovati tutti, con ampi dettagli tecnici, foto e disegni.
Nella tavola dei contenuti, che appare a sinistra una volta messo in primo piano un pesce, si possono selezionare molte opzioni che lo riguardano (habitat, distribuzione, ecc.).
Io penso che ci potrà tornare utile in molte occasioni.
Provatelo.

52
PESCA & FAI DA TE AUTOCOSTRUZIONE / Tripode da materiali di recupero
« on: November 15, 2009, 19:45:28 »
Tripode da materiale di recupero

Avvertenza.
I disegni non sono in scala, pertanto alcuni elementi potrebbero apparire di dimensioni spropositate rispetto ad altri. Prima di iniziare a fare qualsiasi cosa, dai uno sguardo di insieme a tutte le figure.
Il tripode ha una struttura fissa, ma non è molto ingombrante, per cui è facilmente trasportabile. Se trovi gli snodi appositi, puoi rendere le gambe telescopiche per accorciare il tripode per il trasporto. In ogni caso il suo ingombro è pari a quello di una canna telescopica chiusa.

Aspetto a lavoro finito.
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Materiale occorrente.
La costruzione di questo tripode è abbastanza semplice e la struttura principale si base su materiale di recupero:
-   1 vecchio ombrellone da spiaggia con le stecche in acciaio da mm 5 o più grosse. Le parti che servono sono le stecche e le corone di plastica a cui le stecche sono legate (per fare lo snodo del tripode);
-   1 vecchio gazebo da giardino, del tipo semplice col telone in plastica (quelli che vendono nei supermercati e misurano più o meno mt 3x3). Le parti che servono sono le gambe (più sottili) e le traverse (più grosse) in metallo;
-   1 manico tondo di legno di una vecchia scopa;
-   1 pezzo di fil di ferro zincato da 3 mm di diametro;
-   1 pezzo di cordoncino da 5 mm di diametro;
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Se non si hanno disponibili, bisogna acquistare:
-   1 bullone con 2 dadi (mm 6 x 70);
-   1 rondella (diametro foro mm 6, per il diametro esterno vedi fig. 3 più sotto);
-   10 bulloncini con dadi (mm 4 x 60)
-   1  pezzo di tubo in pvc (di quelli arancioni) con diametro mm 50 per fare i bicchieri;
-   2 piccole staffe di metallo ad L con fori per reggere i bicchieri;
-   1 confezione di appendini da muro per manici di scopa, possibilmente in metallo (sono a forma di U, si appendono al muro con una vite e reggono il manico di scopa infilato a pressione nella U). Servono per fare le forcelle reggi-canna del tripode. Va bene qualsiasi altro oggetto a forma di U che riesci a recuperare;
-   1 confezione di Adesivo Strutturale Universale Kostrufiss (digita proprio queste parole per visualizzarlo in internet), che costa 8,50 €. Questo adesivo, che è confezionato come un tubo di silicone, ha la proprietà di “gonfiarsi” come una schiuma quando ci spruzzi sopra alcune gocce d’acqua (vedi nel sito come funziona). Dopo pochi minuti dallo spruzzo dell’acqua si è già espanso e dopo poche ore si è già indurito incollando tenacemente tra loro i materiali su cui è stato spalmato. Dopo l’uso, chiudi bene il tubetto per impedire il contatto con l’aria: siccome ne serve pochissimo, con un tubetto puoi incollare migliaia di cose, ed è un peccato rischiare di perderlo solo perché non è stato sigillato bene dopo l’uso. Si trova presso i rivenditori di materiali edili.

A seconda dei numeri dei pezzi che riesci a recuperare, puoi costruire in breve tempo un gran numero di tripodi che puoi regalare o scambiare con amici: infatti, una volta preparati i pezzi, il montaggio è molto semplice e veloce.

Attrezzatura
-   Tanaglie
-   Seghetto per ferro
-   Piccola morsa da banco
-   Trapano con una punta per ferro da 6 mm ed una da 4 mm
-   Smeriglietto elettrico (opzionale). Serve per fare la punta ai piedi del tripode. Se non ce l’hai, puoi sempre rivolgerti ad un carpentiere. 

Assemblaggio
Smonta completamente il vecchio ombrellone e recupera le stecche e le due corone di plastica che reggono le stecche (devi tagliare con le tanaglie il fil di ferro che le lega alle corone).
Le stecche più lunghe e quelle più corte sono unite tra loro da uno snodo: con le tanaglie apri lo snodo e libera le stecche corte. Adesso hai un buon numero di stecche indipendenti. Sia le stecche lunghe che le corte hanno la testa schiacciata provvista di un foro (oppure, a seconda del modello, sono curvate su se stesse a formare un occhiello). Prendi 3 stecche corte e tagliale col seghetto da ferro alla lunghezza di 15 cm, misurati a partire dalla testa in giù. Adesso prendi la corona superiore ed accorcia il  “tubo” entro cui scorreva il fusto dell’ombrellone: accorcialo in modo che dalla parte superiore e dalla parte inferiore ne sporgano solo 5 mm.
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La corona presenta lungo la sua circonferenza un solco in cui scorreva il fil di ferro che legava le stecche, e tanti tagli verticali quante erano le stecche: questi tagli servono per infilare la testa forata degli spezzoni da 15 cm che hai preparato. Noterai però subito che questi tagli sono distanziati tra loro in modo tale da non consentirti di montare le teste dei 3 spezzoni ad una distanza equivalente tra di loro (cioè non puoi formare una perfetta stella a tre punte), mentre è importante che le tre gambe del tripode siano disposte tra di loro alla stessa distanza, in modo che il tripode aperto stia in equilibrio.
Dovrai quindi fare dei nuovi tagli in modo che le teste dei tre spezzoni vengano a trovarsi alla stessa distanza le une dalle altre. Calcolare la giusta distanza è molto semplice: sulla corona fai un segno col pennarello su uno qualsiasi dei tagli presenti, poi prendi un pezzo di cordoncino grosso e metti un capo del cordoncino esattamente sul taglio che hai segnato col pennarello. Adesso fai fare al cordoncino un giro tutto intorno alla circonferenza della corona fino a quando non arrivi nuovamente al capo del cordoncino che tenevi fermo sul taglio segnato dal pennarello. Taglia il cordoncino esattamente nel punto in cui combacia col capo segnato: avrai che il cordoncino misura adesso esattamente quanto la circonferenza della corona. Stendi il cordoncino bello dritto sul tavolo e con il metro o con un righello graduato misura la lunghezza totale del cordoncino (che sarà esattamente quella della circonferenza). Adesso devi dividere questa lunghezza in 3 parti uguali: se p.e. la lunghezza totale è di 12 cm, con un pennarello farai un primo segno sul cordoncino a 4 cm ed un secondo segno a 8 cm. In questo modo avrai diviso la lunghezza del cordoncino in 3 parti perfettamente uguali (nel nostro caso, di 4 cm ciascuna).
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Riprendi in mano il cordoncino, metti un capo esattamente sul taglio contrassegnato della corona ed avvolgilo lungo la circonferenza: quando i due capi sono uno attaccato all’altro, tienili saldamente in quella posizione con un dito e col pennarello fai un nuovo segno sulla corona in corrispondenza del primo segno sul cordoncino, poi fai un secondo segno sulla corona in corrispondenza del secondo segno sul cordoncino. Quando levi il cordoncino, sulla corona avrai 3 segni col pennarello che si troveranno tra loro alla stessa precisa identica distanza.
Adesso controlla i segni sulla corona: il primo corrisponde ovviamente con un taglio (siamo partiti da li!), gli altri 2 difficilmente corrisponderanno con altri tagli già presenti. Nulla di male, col seghetto da ferro fai 2 nuovi tagli sulla corona esattamente in corrispondenza dei segni di pennarello: questi nuovi tagli devono avere la stessa larghezza e profondità dei tagli originali già presenti. Fai adesso una prova di presentazione: infila le teste degli spezzoni da 15 cm dentro i 3 tagli segnati: a occhio e croce, i 3 spezzoni si trovano tutti equidistanti tra loro. Hai fatto il lavoro più rognoso.
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Adesso procurati un pezzo di pelle sottile (la puoi ricavare dalla linguetta di una vecchia scarpa di pelle, una vecchia borsetta o borsello) e ritaglia 3 strisce larghe ciascuna 1 cm. Usando una colla istantanea (Attack) attacca la prima striscia al primo spezzone di acciaio, all’estremità opposta della testa: comincia ad arrotolare la striscia su se stessa, sovrapponendo strettamente  i giri tra di loro in modo da formare un cilindro. Ogni mezzo giro metti una goccia di attack in modo che il cilindro non si disfi ma rimanga bello compatto. Per regolarti su quanti giri devi fare, ogni tanto infila il cilindro nella gamba del tripode: devi interrompere i giri quando il cilindro di pelle entra giusto giusto nella gamba, meglio se con una leggera forzatura ma senza esagerare per evitare che il cilindro si disfi. Quando hai trovato il giusto diametro del cilindro di pelle, taglia la pelle eccedente ed infila con delicatezza questo cilindro nel tubo del gazebo, spingendo lo spezzone di acciaio sino a lasciarne fuori gli ultimi 5 cm.
Prepara allo stesso modo gli altri due spezzoni di acciaio ed infilali nelle altre due gambe. I cilindri di pelle servono per fare in modo che l’ Adesivo Kostrufiss, quando si espande, vada ad espandersi solo verso la parte alta del tubo e non anche verso la parte bassa (e molto più lunga).
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Quando hai infilato tutti e 3 gli spezzoni d’acciaio nei tubi, devi colare l’ Adesivo Kostrufiss all’interno del tubo: centra più che puoi lo spezzone d’acciaio nella gamba, colaci dentro un po’ di Kostrufiss (ne basta poco), spruzzaci sopra un po’ d’acqua ed attendi qualche minuto che Kostrufiss si gonfi e si espanda fuoriuscendo leggermente dalla gamba. Quando questo avviene, metti la gamba in piedi da una parte e procedi a fare lo stesso con le altre 2 gambe. Hai quasi finito di costruire le gambe del tripode. Mettile in piedi da un parte aspettando l’indurimento del Kostrufiss.
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Adesso devi preparare i piedi per le gambe del tripode. Ritaglia dalle stecche d’acciaio dell’ombrellone n 3 spezzoni da cm 25 ciascuno (non dalla parte della testa, ma dalla parte opposta). Mediante lo smeriglio devi fare la punta ai 3 spezzoni (non a spillo, ma abbastanza appuntita): ti consiglio di mettere questi piedi appuntiti alle gambe del tripode perché quando ti capiterà di pescare dalle rocce o da terreni duri, la presa su questi tipi di suolo sarà eccezionale. Se non hai lo smeriglio, mettiti una bottiglia di vino sotto il braccio e vai da qualche fabbro o carpentiere e fatti fare la punta da lui (già che ci sei, fatti fare la punta ad un bel po’ di spezzoni, così sono già pronti per futuri lavori). Su questi spezzoni, dalla parte opposta alla punta, incolla 3 striscie di pelle così come hai fatto in precedenza con le “teste” delle gambe. Quando hai finito, prendi le gambe che stavano asciugando, capovolgile, infilaci i piedi (centrandoli il più possibile) lasciandone fuori 15 cm, colaci dentro un po’ di Kostrufiss, spruzza un po’ d’acqua e mettile ad asciugare. Le gambe sono praticamente finite: ti rimarrà solo da verniciarle nel colore che preferisci, con pennello o con bomboletta spray.
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  Quando il Kostrufiss si è bello indurito (bastano poche ore), puoi attaccare le gambe del tripode alla corona per fare lo snodo che ti permette di aprirle per la pesca e chiuderle per il trasporto. Il lavoro è semplicissimo: infila le teste delle gambe nei tagli della corona contrassegnati col pennarello, poi infila uno spezzone di fil di ferro zincato da 3 mm nei fori delle teste e ruota saldamente tra loro con le tanaglie i due capi il fil di ferro, avendo cura di posizionarlo nell’apposita scanalatura della corona. Quando il fil di ferro è ben stretto, taglia la parte eccedente lasciando un piccolo peduncolo che ripiegherai verso il corpo della corona con un martello.
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Adesso devi preparare la corona a ricevere il braccio che sosterrà le forcelle reggi canna. Apri e metti il tripode in posizione di “lavoro”, e quindi decidi quale deve essere la gamba principale (cioè quella che reggerà il braccio porta bicchierini). Per sicurezza, contrassegna con un pezzo di carta gommata questa gamba. Ritaglia uno spezzone di 40 cm da un sostegno del gazebo (che è più grosso della gamba) e col trapano ed una punta da ferro da 6 mm foralo esattamente al centro (foro passante da parte a parte). Adesso mettiti di fronte alla gamba principale, appoggia la rondella sul “tubo” inferiore della corona, infila il bullone nel buco centrale della rondella e spingendolo verso l’alto fallo passare nel buco del braccio che avrai posato sul “tubo” superiore della corona. Avvita a mano un dado nel bullone per tenere fermo il braccio. Centra il braccio più che puoi al centro del buco del tubo.  Adesso che il braccio è bloccato, lo devi “centrare” anche rispetto alla gamba principale, cioè lo devi mettere in modo che sia il più perpendicolare possibile alla gamba principale.
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Appena hai centrato il braccio in modo perpendicolare alla gamba principale, nel “tubo” superiore in cui è appoggiato il braccio devi ricavare una scanalatura dentro cui metterai il braccio: la scanalatura serve per dare più stabilità al braccio, in modo che non si sposti di un millimetro dalla sua posizione quando, a pesca, ci appoggerai le canne. Con un pennarello segna sul “tubo” della corona i contorni del braccio, in modo che la scanalatura abbia lo stesso diametro del braccio.
Smonta il braccio e col seghetto da ferro ritaglia lungo i contorni segnati per ricavare la scanalatura dentro il “tubo” della corona. Quando hai ricavato la scanalatura e ci metti dentro il braccio, il braccio appare così
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Monta definitivamente il braccio delle forcelle, stringi bene il dado nel bullone e monta anche un secondo dado, in modo che faccia da fermo al primo dado (contro dado).
Adesso devi preparare il braccio inferiore che servirà per reggere i bicchierini del tripode. Ritaglia uno spezzone di 30 cm da un sostegno del gazebo (che è più grosso della gamba) e col trapano ed una punta da ferro da 4 mm foralo esattamente al centro (foro passante da parte a parte). Quindi scava una scanalatura in questo braccio (prima usando il seghetto e poi rifinendolo a semiluna con una lima tonda), in modo che questa scanalatura impedisca al braccio, una volta che lo attaccherai alla gamba, di ruotare a sinistra e a destra
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Monta anche questo secondo braccio forando la gamba con la punta da 4 mm ed usando un bullone da 4 mm. Prima di fare il foro nella gamba, “centra” il braccio in modo che sia perfettamente parallelo al braccio superiore delle forcelle. Se i due bracci non sono paralleli, oltre che a essere poco funzionale, il tripode assume anche un aspetto sgraziato. Come altezza dal suolo, regolati come meglio ti aggrada (in ogni caso non montarlo molto alto).
Adesso devi montare le forcelle ed i bicchierini. Sia le forcelle che i bicchierini devono avere tra di loro un’inclinazione che favorisca la posizione ideale della canna in pesca. Vedi nella fig. 13 la linea di inclinazione ideale
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Dal manico di legno di scopa ritaglia 4 spezzoni di legno lunghi 5 mm. Con una raspa e poi con della carta vetrata arrotonda un capo degli spezzoni (per motivi estetici). Poi infila gli spezzoni di legno alle estremità dei bracci, lasciando fuoriuscire solo la parte arrotondata. Se per caso gli spezzoni di legno sono più sottili del diametro dei bracci, ispessiscili con carta gommata. Gli spezzoni di legno servono per irrobustire le estremità dei bracci quando ci imbullonerai le forcelle ed i bicchierini (ed anche per una questione estetica, in quanto tappano i buchi).
Adesso dallo spezzone di tubo in PVC arancione (diametro 50 mm), ritaglia col seghetto da ferro n. 2 bicchierini alti mm 70 (per fare un taglio dritto, fai un giro completo della circonferenza del tubo con della carta gommata, stendendola con lentezza ed attenzione, poi passa il seghetto rasente la carta ruotando il tubo un poco alla volta). Presenta la staffa ad L al bicchierino, col pennarello segna la corrispondenza dei due fori della staffa sul bicchierino e quindi fora il bicchierino con la punta da 4 mm. Monta le staffe nei bicchierini usando due bulloncini con dado (fai entrare i bulloncini dalla parte interna del bicchierino e dopo aver stretto bene i dadi, taglia col seghetto la parte eccedente del bulloncino). Adesso appoggia un bicchierino sul braccio dei bicchierini ed una forcella sul braccio delle forcelle, quindi calcola visivamente l’inclinazione da dare ad entrambi. Tenendo fermo il bicchierino in quella posizione, col pennarello segna sul braccio il punto corrispondente al foro della staffa, poi con la punta da 4 mm fai un foro passante sul braccio. Quindi con un bulloncino da 4 mm fissa il bicchierino al braccio. Adesso appoggia la forcella nel braccio delle forcelle, calcola visivamente l’inclinazione giusta rispetto al bicchierino, segna col pennarello il punto in cui bucare il braccio e fai un foro passante nel braccio. Fissa la forcella al braccio con un bulloncino da 4 mm.
Fai le stesse operazioni con l’altro bicchierino e l’altra forcella.
Infine dai una bella verniciata a tutto il tripode del colore che vuoi (col pennello o con bomboletta spray).
Per finire, procurati un cubo di polistirolo espanso della misura adeguata che userai come protezione per i piedi acuminati. Come puoi vedere dalla fig. 14, il polistirolo serve anche per mantenere chiuso il tripode.

Buon divertimento.
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53
Ho raggruppato una serie di nodi che potrebbe tornare utile:

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54
PESCA FORUM BAR / [Proposta] - Acquisto per catalogo
« on: October 20, 2009, 16:35:07 »
Non ho il minimo sentore se la mia proposta possa andare incontro ad implicazioni statutarie, giuridiche, gestionali o di qualsiasi altro genere. Se così fosse, me ne scuso con gli amministratori.
La mia idea nasce dal presupposto che moltissimi iscritti, abitando in piccoli centri, non hanno l'opportunità di poter usuifruire di rivenditori di articoli da pesca che siano degni di questo nome, essendo questi, nella maggior parte dei casi, addirittura privi anche degli oggetti di più largo consumo.
Da qui la proposta di "assocciare" al forum un rivenditore per corrispondenza di articoli da pesca che sia il più fornito possibile o che sia in grado, a richiesta, di fornire un articolo entro un breve lasso di tempo.
Tale rivenditore andrà selezionato a insindacabile giudizio degli amministratori e potranno usufruirne solo gli iscritti che rientrino in determinati parametri (per esempio la data di iscrizione non inferiore ad un determinato periodo ed un numero di post non inferiore ad un determinato numero), e le ordinazioni potrebbero essere fatte solo mediante un apposito modulo del forum visibile solo agli iscritti che rientrino nei parametri decisi dall'amministrazione.
Da parte sua il rivenditore dovrebbe garantire il blocco dei prezzi per 6 mesi, prezzi da grossista, varietà massima degli articoli, prezzi di spedizione bassi (questo gli è concesso se effettua un abbonamento con un corriere), cioè, in poche parole, offrire le migliori condizioni agli iscritti al forum.
La scelta degli articoli andrebbe fatta su un catalogo, curato dal rivenditore, con descrizione dettagliattissima e foto di ciascun articolo.

Tutte le descrizioni da me fatte sono naturalmente a titolo esplicativo, in quanto tutti i dettagli dell'operazione, anche minimi, possono essere studiati e decisi esclusivamente dall'amministrazione del forum.

Cosa ne dite, è una cosa fattibile?

55
La materia prima per costruire il corpo è di facilissima reperibilità e costa proprio due soldi: la comunissima cannuccia di plastica per le bibite. Insieme ad altri pochi accessori si possono costruire galleggianti stick float che poco hanno da invidiare a quelli commerciali per funzionalità ed estetica. Sono solo leggermente più delicati, ma anche se durano un po’ di meno possiamo costruirli in quantità ‘industriale’ tale da non creare il minimo problema.
A lavoro finito, il galleggiante si presenta così:

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OCCORRENTE

Confezione di cannucce da bibita.
                                         
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Micro raccordo in plastica a tre vie che si utilizza per le irrigazioni a goccia da giardino.
 
La forma e le dimensioni indicate in figura sono tassative
                     
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Si trovano presso i rivenditori di articoli da giardinaggio, concimi, sementi, agricoltura e simili. Costano pochi centesimi, per cui potete farvene una buona scorta. E’ importante la forma e le dimensioni riportate nel disegno, per poterle utilizzare con le cannucce

Spezzone di guaina in gomma o silicone
 
Potete usare qualsiasi guaina che abbia una consistenza gommosa o siliconica che sia in grado di sostenere l’antenna del galleggiante (o la starlight) da 3 mm anche quando frustiamo con decisione durante il lancio, oltre a consentirci la loro sostituzione con facilità.
 
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Le misure dello spezzone sono indicate in figura (personalmente l'ho ricavato da un vecchio cavetto che i chitarristi usano per collegare la chitarra elettrica all'amplificatore)
                           
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Micro girella – Stik di colla termica – Candela – Spiedino di legno – Torpilla

     • Micro girella: serve per collegare il galleggiante alla lenza. Usate la misura del 18 a “barilotto” e di qualità dozzinale, in quanto non dovendo sostenere alcuno sforzo è inutile acquistare quelle più care.     
     • Stick di colla termica: è il classico bastoncino di silicone che si usa con la pistola termica per incollare materiali vari. Dato l’uso discontinuo, è molto più pratico usare la candela anziché la pistola per scaldare lo stick, il quale, oltre che incollare, crea volume ed ottura i fori per impedire l’ingresso dell’acqua nel galleggiante.
     • Candela: serve per riscaldare gli stick di colla termica
     • Spiedino di legno: oltre che a contribuire ad otturare i fori, crea un’anima solida per la guaina porta-antenna, impedendone lo schiacciamento durante l’inserimento della starlight.
     • Torpilla: serve per tarare il galleggiante con precisione. Siccome possiamo costruire galleggianti con grammature diverse (da 0.5 a 3 gr), ne serve una per ciascuna di queste grammature: 0.5 – 1.0 – 1.5 – 2.0 – 2.5 – 3.0.
 
Filo da ricamo
 
Serve per fissare la micro-girella al galleggiante.

Strumenti di lavoro
 
•   Piccolo seghetto da ferro
•   Piccola morsa da banco
•   Pinze
•   Forbici
•   Taglierina

COSTRUZIONE

Ritaglio dei braccetti dal micro raccordo
                                     
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Per il galleggiante utilizzeremo solo i due braccetti del micro-raccordo. Sono di plastica dura, pertanto non possiamo usare le tronchesine per separarli dal corpo centrale, in quanto si spaccherebbero, e per lo stesso motivo non possiamo usare neanche la taglierina. Dobbiamo usare il seghetto e la morsa, senza la quale il taglio risulta molto problematico, se non impossibile. Tenendo fermo con le dita il beccuccio svasato di uno di questi due braccetti, posizioniamo la lama del seghetto il più attaccata possibile al corpo, in modo che il braccetto, una volta tagliato, risulti il più lungo possibile. Procediamo al taglio e mettiamo il braccetto in un contenitore. Adesso tagliamo anche il secondo braccetto. Una volta segati entrambi i braccetti, il corpo centrale non serve per il galleggiante, ma conserviamolo comunque nel caso ci venga in mente  qualche altra "diavoleria" con cui sfruttarlo. Già che ci siamo, tagliamo una decina di braccetti:

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Adesso, solo per toglierci lo sfizio di un’anteprima dell’abbozzo, infiliamo un braccetto in una cannuccia: il beccuccio svasato farà da fermo corsa, conferendo anche una certa estetica alla punta del galleggiante. Dentro il beccuccio infiliamo una girella per metà della sua lunghezza: questo sarà l'aspetto finale che assumerà la punta del galleggiante

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Ritaglio dei segmenti di guaina e di spiedino

Ritagliamo alcuni spezzoni di guaina della lunghezza di 15 mm e riponiamoli sempre nel contenitore insieme ai braccetti. Per impedire l’ingresso dell’acqua ed anche lo schiacciamento della guaina (quando con le dita terremmo il galleggiante per infilarci l’antenna o la starlight), dobbiamo inserire dentro lo spezzone di guaina un pezzo di spiedino di legno:
 
     • dapprima infiliamo  un’antenna o una starlight da 3 mm, infilandola per non più di 5 mm
     • ritagliamo con la taglierina la punta acuminata dello spiedino (che butteremo via)
     • stendiamo un po’ di colla siliconica sullo spiedino (riscaldando lo stick con la candela), poi infiliamolo pian piano dentro la guaina con moto rotatorio sino ad arrivare alla starlight
     • dopo pochi secondi la colla è già asciutta, tagliamo la parte eccedente dello spiedino, lasciandone un peduncolo di 3 – 4 mm,  e delicatamente con le dita e le unghie togliamo la colla in eccesso

Questi spezzoni di guaina così preparati andranno successivamente infilati nella cannuccia nel lato opposto al beccuccio. Per il momento montiamo un buon numero di spezzoni e riponiamoli nel contenitore.

                     
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Assemblaggio delle testine del galleggiante

     • ritagliamo 40 cm di filo da ricamo, doppiamolo ed infiliamolo in un anello della girella. Ripieghiamo ad U il filo facendo in modo che la girella venga a trovarsi al centro
     • infiliamo i due capi dentro il braccetto dalla parte del beccuccio fino a farli fuoriuscire dall'altra parte
     • tiriamo con delicatezza i due capi per far penetrare metà della girella dentro il beccuccio: se abbiamo tirato troppo, usiamo un paio di pinze per riportarlo fuori
     • adesso ripieghiamo in direzione della girella il capo 1 del filo distendendolo sul braccetto
     • avvolgiamo, con spire ravvicinate, il capo 2 intorno al capo 1
     • avvolgiamo sino ad arrivare alla svasatura del beccuccio, dove bloccheremo il capo 2 con un semplicissimo nodo
     • tagliamo a filo le bave eccedenti e proviamo la tenuta della girella tirandola verso l'esterno del beccuccio: se la legatura è stata fatta bene, la girella non si sposterà di un millimetro

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Adesso bisogna otturare bene il foro del braccetto per impedire l'entrata dell'acqua:

     • impregniamo di colla stick lo spiedino e infiliamolo con moto rotatorio all'interno del braccetto, favorendo l'ingresso di quanta più colla possibile
     • con questa operazione abbiamo ottenuto due scopi: impedire l'ingresso dell'acqua e rafforzare la tenuta dei due capi di filo mediante la pressione dello spiedino
     • dopo pochi secondi la colla è già asciutta e togliamone delicatamente con le dita e le unghie l'eccesso
     • tagliamo lo spiedino lasciando un peduncolo di 3 – 4 mm.
 
Prepariamo in questo modo un buon numero di testine. 
               
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Incollaggio della testina alla cannuccia

Ad un certo numero di cannucce tagliamo la parte corta a partire dalla zigrinatura (quella che serve per piegare la cannuccia) in quanto inutilizzabile. Tanto per avere dei numeri, facciamo questo lavoro su 10 cannucce

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Adesso dobbiamo infilare ed incollare la testina così preparata dentro ogni cannuccia. Riscaldato lo stick, spalmiamo di colla il braccetto della testina ed infiliamolo con lentezza e con moto rotatorio all'interno della cannuccia, fino a quando non viene fermato dalla sua svasatura. Anche se il braccetto è leggermente più sottile della cannuccia, l’abbondante colla siliconica formerà il volume necessario a colmare la differenza. Dopo pochi secondi la colla è già asciutta e con delicatezza togliamo con le dita e le unghie quella eccedente.

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Nota: i primi assemblaggi forse non verranno ottimali in quanto bisogna sperimentare sia la temperatura della colla che il suo quantitativo, per cui siate un po’ pazienti…

Assembliamo in questo tutti gli atri 9 galleggianti, trascurando però  per il momento l’assemblaggio del segmento porta starlight che vedremo nel paragrafo subito successivo.

Taratura del galleggiante e preparazione delle matrici

Adesso viene la parte più impegnativa del lavoro: la taratura del galleggiante. Ovviamente conviene preparare una matrice per ogni grammatura. Come abbiamo detto all’inizio, possiamo preparare galleggianti che possono reggere 0.5 – 1.0 – 1.5 – 2.0 – 2.5 – 3.0 gr (i più pignoli possono preparare anche tutte le tarature intermedie, tenendo però presente che occorrono anche tutte le torpille di peso intermedio…..).

Oppure possiamo preparare galleggianti anche mono-grammatura, se le nostre abitudini di pesca sono quelle di utilizzare solo una determinata grammatura (p.e. galleggianti da 2 gr). Il mio suggerimento è di prepararvi le matrici per più grammature, in quanto così sono già pronte se un domani cambiamo idea, ed evitiamo di ripetere l’operazione di taratura più volte nel futuro.
Una cannuccia standard dovrebbe avere queste misure originali: lunghezza mm 240, diametro mm 5 (ho detto dovrebbe in quanto dipende dalla marca: per evitare di trovarvi tra le mani cannucce di dimensioni varie, vi suggerisco di farvi una buona scorta di cannucce monomarca, costano davvero una stupidaggine).

La lunghezza massima utilizzabile (dopo aver eliminato il pezzo eccedente della zigrinatura) è di 182 mm (cioè sino alla base della zigrinatura). Questa lunghezza massima (per una cannuccia con un diametro di 5 mm) è in grado di reggere sino a 3 grammi.
 
Per poter preparare le matrici, prendiamo uno dei galleggianti che abbiamo allestito in precedenza, che ha la lunghezza della cannuccia di 182 cm, ed infiliamo nella parte libera della cannuccia una delle guaine porta starlight che avevamo preparato agli inizi, ma senza usare la colla per fissarvela.  Infiliamo la guaina (comprensiva di starlight o di antenna) sino a lasciarne fuori 5 mm

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Riempiamo d’acqua una bottiglia di plastica sino all’orlo, infiliamo un pezzo di nylon dentro la torpilla da 3 gr e leghiamo la torpilla all'anello della girella (lo spezzone di giunzione dovrà essere corto, altrimenti la torpilla rischia di toccare il fondo della bottiglia).  Immergiamo il galleggiante con la torpilla: la taratura sarà perfetta solo quando dal pelo dell'acqua fuoriescono i 5 mm della guaina. Se la guaina sporge di più, sfiliamola dalla cannuccia e ritocchiamo la cannuccia con le forbici di pochi millimetri alla volta sino ad ottenere questa taratura perfetta.
 
Nota: lasciamo immersa la cannuccia il meno possibile per evitare infiltrazioni d’acqua (ricordiamoci che la guaina porta starlight non è incollata).

Una volta ottenuta la taratura perfetta, togliamo dall’acqua il galleggiante, sfiliamo dalla confezione del nostro lotto di cannucce una cannuccia ancora vergine e ritagliamola alla stessa precisa identica lunghezza del galleggiante appena tarato e scriviamoci sopra "3 GR"  col pennarello a punta fine che si usa per i CD.
 
Conserviamo con cura questa cannuccia perché sarà la matrice di tutti i nostri futuri galleggianti da 3 gr: per ottenere una nuova cannuccia in grado di sostenere i 3 gr, sarà sufficiente farla della stessa precisa identica lunghezza di questa matrice.

Nel galleggiante appena tarato sostituiamo adesso la torpilla da 3 gr con quella da 2.5 gr e procediamo alla nuova taratura ritoccando con le forbici, a piccolissimi pezzi, la lunghezza del galleggiante sino ad ottenerne la perfetta taratura per i 2.5 gr.
Una volta ottenuta la taratura perfetta per i 2,5 gr, togliamo dall’acqua il galleggiante, sfiliamo dalla confezione del nostro lotto di cannucce una cannuccia ancora vergine e ritagliamola alla stessa precisa identica lunghezza del galleggiante appena tarato e scriviamoci sopra "2,5 GR".
Conserviamo con cura questa cannuccia perché sarà la matrice di tutti i nostri futuri galleggianti da 2,5 gr.

 Proseguiamo in questo modo con il resto delle torpille sino a ricavare tutte le matrici a grammature differenti che ci interessano. In pratica, usando un unico galleggiante semi-assemblato, abbiamo ricavato tutte le matrici che ci interessano. E’ importante, come detto nella nota poco sopra, che queste operazioni siano un po’ veloci per evitare infiltrazioni d’acqua che falserebbero la taratura. 
                               
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Assemblaggio definitivo del galleggiante per l’utilizzo

Servendoci delle matrici che abbiamo creato, ritagliamo le cannucce della confezione alle varie lunghezze per assemblare vari galleggianti con varie grammature. Man mano che ritagliamo una cannuccia, scriviamoci sopra col pennarello a che grammatura si riferisce. Quando abbiamo una buona scorta di cannucce di varie grammature, procediamo all’assemblaggio dei galleggianti, che consiste semplicemente nell’impregnare di colla siliconica le varie testine e le varie guaine già preparate in precedenza e di inserirle nelle cannucce. Appena la colla si asciuga, con delicatezza togliamo con le dita e le unghie quella eccedente.

I galleggianti sono pronti per l’uso.

Recupero dei pezzi da un galleggiante danneggiato

Come detto all’inizio, il corpo di questi galleggianti non è troppo resistente alla pressione, per cui a lungo andare si danneggiano. Le testine ed i segmenti porta starlight sono invece molto resistenti, pertanto, prima di buttare il vecchio galleggiante, recuperiamole in quanto possiamo riutilizzarle numerosissime volte.

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LANCIO TECNICO / Per gli amici della Sicilia
« on: October 14, 2009, 19:03:11 »
Per gli amici della Sicilia, in particolare della provincia di Catania, guardate se vi può interessare questo video:
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PESCA FORUM BAR / Sondaggio sui porti italiani
« on: October 12, 2009, 09:59:28 »
Dato per scontato che nei porti vige il divieto di pesca, mi piacerebbe comunque sapere se nei porti delle vostre località le autorità portuali concedono i permessi ai pescasportivi o se comunque tollerano la pesca sportiva.
Questo perché nel porto di Oristano (Sardegna centro-occidentale) i permessi o le tolleranze sono zero.
La cosa mi fa molto incavolare perché in questo porto il traffico è così esiguo che quando arrivano 4 navi contemporaneamente ne parlano persino i giornali!
Nonostante la scarsità di movimento, l'intransigenza della Capitaneria di Oristano è così elevata che mi piacerebbe "sbatterle in faccia" l'eventuale differenza di trattamento tra le autorità degli altri porti (per esempio dei giganti Genova e Taranto) e quelle di un porto moscerino come il nostro.
Sempre naturalmente che anche da voi non esista l'intolleranza assoluta.
In caso affermativo, mi piacerebbe conoscere anche eventuali iniziative che avete intrapreso per ottenere i permessi o comunque la tolleranza.
Grazie a chiunque voglia rispondere.

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PESCA FORUM BAR / Giornata buca, ma ne valeva la pena
« on: August 21, 2009, 21:01:59 »
Mio figlio è libero solo per il week-end ed ogni sabato mattina all'alba ripongo la mia attrezzatura e vado a pesca con lui. A causa dei bagnanti, da un mese a questa parte battiamo una spiaggia poco frequentata perchè la sabbia è completamente ricoperta di alghe ed il fondale misto non è molto gradito a chi vuole farsi il bagno. E' una spiaggia di ripiego anche per la pesca, però una o due orate sul kg sono sempre saltate fuori. Sabato scorso canne immobili ed esca intatta sino alle 10: non era mai capitato, almeno l'esca spariva o qualche sparlotto goloso rimaneva agganciato. Poi capiamo perchè: sentiamo un forte soffio e subito dopo, a neanche 30 mt dalla riva, una coppia di delfini nuotava lentissimamente davanti a noi. Che spettacolo, ragazzi! Non è la prima volta che a pesca avvistiamo i delfini (tutti gli anni accostano a riva, in coppia o da soli), ma mai si erano avvicinati così tanto. Si sono trattenuti una decina di minuti, poi lentamente hanno proseguito all'interno del golfo. E' anche la prima volta che mi sono pentito di non avermi portato dietro la cinecamera. Domani mattina però me la metto a tracolla, non si sa mai.
Niente pescato, ma ne valeva proprio la pena.

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LE RICETTE DEL FORUM / CALAMARI E TOTANI RIPIENI
« on: August 21, 2009, 15:59:08 »
Svuotare i calamari o i totani stando attenti a non rovinare le sacche perchè andranno poi riempite.
Sciacquare in acqua corrente sacche e teste sino a disciogliere tutte la parti molli. Staccare le alette, togliere dalla testa occhi e becco e sminuzzare finemente alette, testa e tentacoli.
Far soffriggere il tutto (a fiamma bassa per 20 minuti) con aglio e prezzemolo tritati, un pizzico di sale, un pizzico di noce moscata ed un bicchiere di vino bianco (se in qualche supermarket trovi la Vernaccia è meglio).
Togliere la padella dal fuoco e appena la temperatura lo consente unire una manciata di grana padano e pane grattuggiato e due uova intere: amalgamare il tutto con le mani sino ad ottenere un impasto sufficientemente sodo con cui riempire le sacche.
Chiudere le sacche con uno stecchino e metterle in padella.
Preparare una salsa di pomodoro a cui unire 2 cucchiai d'olio, un pizzico di sale, peperoncino, un pizzico di noce moscata e qualche foglia di basilico. Riversare la salsa sulle sacche e far cuocere a fuoco lento per circa tre quarti d'ora. Durante la cottura, ogni tanto, con un cucchiaio riversare il sugo di cottura sulle sacche.

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Il Pendulum passando dal Ground – Parte 2: il pendulum

Assimilato il ground? Siete già passati al livello 3 (piombo da ore 15)?
Bene, adesso siete pronti ad affrontare il pendulum.
Cominciamo col tarare il rotante. Questo argomento avrei già dovuto inserirlo nella prima parte, purtroppo mi è sfuggito e me ne scuso tantissimo. Spero che in qualche modo vi siate arrangiati oppure che le vostre lezioni sul ground non siano ancora iniziate.

Taratura del mulinello a tamburo rotante
Prendiamo in considerazione il rotante dotato sia di freno centrifugo che di freno magnetico. Il freno centrifugo è costituito da 4 o 6 bussolotti in plastica o carbonio liberi di scorrere su e giù nei 4 o 6 perni disposti a raggiera sulla guancia sinistra della bobina: quando la bobina ruota vorticosamente, la forza centrifuga fa scorrere i bussolotti dalla parte più interna dei raggi alla parte più esterna. Siccome la bobina è racchiusa nel carter del mulinello, i bussolotti vanno a sfregare sul carter creando attrito e quindi rallentano la velocità della bobina. Quando la velocità diminuisce, i bussolotti risentono meno della forza centrifuga e creano un attrito inferiore sulla parete del carter sino a diventare quasi nullo. Il numero ed il tipo di bussolotti da usare è regolato dallo schema esposto più sotto. Il freno magnetico è costituito da 4 o 5 pastigliette di materiale magnetico inserite in appositi fori di una piastra metallica che si trova nella guancia sinistra del mulinello, dotata di un pomello graduato che consente di avvicinare od allontanare la piastra dalla bobina, per aumentare o diminuire l'attrazione magnetica tra pastiglie e bobina. L'attrazione magnetica contribuisce a rallentare la velocità della bobina. Il numero dei fori di contenimento è superiore al numero delle pastiglie per consentire loro diverse disposizioni nella piastra: p.e. tutte ravvicinate e concentrate nella parte centrale della piastra, oppure alternate tra loro (un foro si ed uno no), o ancora 3 ravvicinate e due distanziate, e così via. La quantità di bussolotti e pastiglie da usare può variare a seconda della nostra padronanza già acquisita sul mulinello, del vento favorevole o contrario, del peso del piombo che stiamo usando, del diametro del filo e della quantità imbobinata, o di altri fattori che si possono presentare. In linea di massima, possiamo definire che ci sono 4 elementi principali su cui intervenire per influenzare la velocità della bobina (il tipo di olio, il freno centrifugo, il freno magnetico ed il livello del filo in bobina) ed il loro rapporto è disciplinato da queste regole:
- un olio troppo fluido deve essere controbilanciato da un maggior numero di bussolotti e di pastiglie magnetiche e da una minor quantità di filo in bobina;
- un numero inferiore di pastiglie magnetiche richiede un olio più denso e un numero maggiore di bussolotti.
Insieme a questi meccanismi è presente anche un altro dispositivo molto importante: il regolatore laterale, che agisce direttamente sull'asse della bobina. La bobina è solidale col suo asse,  che oltre a scorrere nei cuscinetti ha anche un gioco laterale. Questo gioco laterale viene regolato da un pomellino rotante che funziona come una micro frizione: più la "frizione" è stretta, inferiore sarà il gioco laterale dell'asse. Di solito si regola il gioco in modo che l'escursione della bobina verso destra e verso sinistra non superi il millimetro. Ovviamente stringendo del tutto la "frizioncina", la bobina quasi si blocca ed allentandola troppo la bobina diventa incontrollabile da parte di tutti gli altri dispositivi di frenaggio, compreso il pollice. Per lo più questa regolazione va fatta una volta ogni tanto ed una regolazione fine, adatta alle nostre specifiche esigenze, potremo farla solo quando saremo padroni assoluti del fuori giri. Un metodo per fare una prima taratura consiste nel tenere la canna alta e far cadere il piombo al suolo: stringiamo al massimo la “frizioncina” in modo che, non appena il piombo tocca il suolo, la bobina si fermi da sola senza l'ausilio del pollice. Attenzione: se vogliamo evitare la nostra prima, terrificante parrucca prima ancora di aver fatto il nostro primo lancio, inizialmente tenete sotto controllo la velocità della bobina con il pollice sino a trovare la taratura giusta!  
La configurazione ideale è legata a tutti i fattori sopra esposti ed alla nostra abilità nel saper utilizzare il pollice, ma per chi sta iniziando (stiamo naturalmente parlando di configurazione da pesca e non da pedana), suggerirei di partire con l'assetto sotto esposto che garantisce un maggior controllo del fuori giri (a discapito della distanza, ma in questa fase non ci interessa: avremo tutto il tempo di incrementarla successivamente).

Anzitutto procuratevi questo materiale:
- un rotolone di filo dozzinale, pagato proprio due soldi, del diametro dello 0.35 per riempire la bobina;
- un rotolo più piccolo di filo sempre dozzinale del diametro 0.80 per lo shockleader;
- un buon numero di piombi da 150 gr di forma sferica o affusolata (beacbomb, acquazoom o simili);
- un paio di cesoie robuste (ideali sono quelle di taglia piccola usate per il giardinaggio, vendute appositamente anche per il surfcasting) da appendere alla cintola;
- un punzone di acciaio inox acuminato per sciogliere i nodi e piccole parrucche;
- un certo numero di ditali in pelle od in gomma (pezzo di camera ad aria per biciclette) con cui proteggere il pollice. Ottimo l'apposito guanto usato dai pedanisti.

Montate sul mulinello tutti i bussolotti più grossi e tutte le pastiglie magnetiche in dotazione, disposte ravvicinate nei fori più centrali, e oliate i cuscinetti con una goccia di olio denso. Regolate il pomellino in modo che le calamite stiano nella posizione più vicina alla bobina (numero più alto della scala graduata). Montate il mulinello sulla canna (montatura alta o bassa, come meglio vi trovate), legate lo shockleader ed il piombo e fate fuoriuscire un drop di un metro. Tenendo alta la punta della canna, fate cadere il piombo al suolo e regolate il registro laterale come spiegato più sopra (attenzione alla parrucca!).
Durante i lanci sentirete il mulinello "gemere"  come se subisse una forte sofferenza: non fateci caso e non fatevi impietosire, perchè non sta soffrendo affatto. Come tutti i cavalli di razza, non tollera i freni e vorrebbe lanciarsi a corsa sfrenata, ma voi state ancora imparando a stare in sella, per cui, ciccio bello, vedi di darti una calmata!  
Quando dopo tanti e tanti lanci sarete ultra sicuri di poter tenere sotto controllo la situazione, potete allentare i freni configurando il mulinello in questo modo:
- Magneti. Tenete solo 3 magneti nella parte centrale della piastra e posizionate il pomellino su un numero intermedio della scala (p.e. sul 4) e quando il piombo è a metà del tragitto nel suo volo in aria, azzardatevi a spostare il pomellino sullo zero.
- Olio. Durante gli allenamenti potete anche usare un olio fluido, ma per la pesca consiglio di lubrificare i cuscinetti sempre con olio denso.
- Bussolotti. Passate gradualmente dai bussolotti grossi a quelli più sottili, diminuendo il loro numero man mano che progredite nel lancio. Tenete presente che mentre con il freno magnetico potete passare, durante il lancio, dalla posizione di massimo frenaggio a quella zero, l'azione frenante dei bussolotti non può essere modificata se non smontando la guancia del mulinello ed asportando od aumentando il numero ed il tipo dei bussolotti.
- Per tutto il periodo dell'allenamento usate un filo ordinario dello 0.35, perchè la parrucca è sempre in agguato e non sempre si può sciogliere con il punzone. Sarete quindi costretti ad usare le cesoie per eliminarla, ed il filo buono costa. Il diametro 0.35 aiuta lo scioglimento di piccole parrucche meglio di un diametro più sottile.
- Bilanciamento della bobina. Le bobine dei rotanti sono perfettamente bilanciate, quando sono vuote. E' quando si avvolge il filo che diventano sbilanciate, assumendo quindi una rotazione irregolare che può dar luogo a perdita di distanza e a fastidiose vibrazioni. Sono i primi 25-30 metri di filo che causano lo sbilanciamento, che può essere eliminato o almeno ridotto imbobinandolo in questo modo: legate il filo alla gola della bobina tutto a sinistra ed iniziate ad avvolgere sovrapponendo le spire tra loro sino a fare una gobba alta 5 mm; poi passate tutto a destra e anche qui fate una gobba di 5 mm; infine passate  a centro bobina e fate la stessa cosa. Ora potete avvolgere il filo normalmente distribuendolo in modo regolare da sinistra a destra e viceversa. Riempite la bobina sino a 2 mm dal bordo.

Nota: quando legate lo shockleader, posizionate il nodo tutto a destra o tutto a sinistra sul bordo bobina, per evitare dolorosissime lacerazioni al dito durante il rilascio del filo.
Doppiate sempre il nodo dello shockleader sul piombo (il nodo ideale è il Palomar). Un'altra raccomandazione: siccome durante l'apprendimento di parrucche ne taglieremo parecchie, sminuzziamo il filo in pezzetti e mettiamolo in una busta che ci porteremo via, oppure bruciamo la matassa con un foglio di giornale: la matassa diventa una trappola mortale per molti piccoli animaletti.

Il lancio pendolare
Ridisegniamo ancora il famoso orologio:

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Posizioniamoci davanti alle ore 18, spalle al bersaglio e sguardo alle ore 12 e prepariamoci al lancio. Attenzione: se nel settore tra le ore 12 e le ore 19 sono presenti spettatori o autovetture (anche in lontananza), fateli spostare nel settore opposto, perché se dovesse rompersi lo shockleader o sganciarsi il piombo, le conseguenze potrebbero essere disastrose!
La “fregatura” è quando ci capita a pesca: a cambiare spot penso proprio che costringeranno noi…
Entriamo nel cerchio e posizioniamoci al centro, col bacino e le spalle disposti lungo la linea d’asse ore 14-20: piede destro leggermente in avanti rivolto a ore 12 e piede sinistro leggermente indietro e rivolto alle ore 23.
Teniamo il braccio destro piegato a 90° e sollevato in modo che il gomito sia all’altezza della spalla ed il pugno ben più alto della testa.
Teniamo anche il braccio sinistro piegato a 90°, basso e parallelo al suolo, staccato dal corpo.
Lo sguardo è rivolto alle ore 13. La canna, con la punta in alto, è in posizione vericale. La lunghezza del drop è quella che porta il piombo alla stessa altezza del pugno destro. Il piombo è fermo e ci sfiora il pugno.

1° movimento: avanzamento del pendolo. Tenendo il braccio destro immobile in quella posizione (come se fosse ingessato), solleviamo bruscamente la mano sinistra (che si trova all’altezza dello stomaco) in alto sul petto per fare allontanare il piombo dal pugno destro: quando il piombo si trova ad una breve distante dal pugno (al massimo si deve distanziare di 90-100 cm), riabbassiamo bruscamente la mano sinistra nella posizione iniziale all’altezza dello stomaco (imprimiamo cioè una spinta sul calcio del manico). Questo gesto permette al piombo di allontanarsi definitivamente dal pugno destro e di iniziare la sua calata verso le ore 13 (semi-pendolata a scendere). A questo punto richiamiamo nuovamente e bruscamente la mano sinistra all’altezza della spalla sinistra chiudendo velocemente il braccio, e contemporaneamente distendiamo completamente il braccio destro, immobile sino a quel momento, fino a “puntare” il piombo con la cima della canna (è lo stesso gesto che fanno i cacciatori quando imbracciano e puntano il fucile sulla preda, in questo caso rappresentata dal piombo).  Questa azione provoca un allentamento improvviso del drop e quindi viene smorzata l’enorme carica che il piombo ha assunto a causa della forza centrifuga: il piombo prosegue la sua corsa per inerzia, supera le ore 13 e prendere a salire dalla parte opposta (semi-pendolata a salire), rimettendo in tensione il drop: in questo momento canna, drop e piombo devono essere il più possibile allineati. Questa ri-distensione del drop non deve però avvenire a sobbalzi: anche se il drop ha “mollato” grandissima parte della tua tensione, deve rimanere sempre disteso in qualsiasi momento. Dobbiamo assolutamente allenarci a fare in modo che il piombo non superi l’altezza del nostro sguardo, così come dobbiamo assolutamente allenarci, nella primissima fase, a fare in modo che il primo richiamo della mano sinistra non allontani il piombo dalla mano destra più di un metro. Queste misure sono fondamentali per il proseguimento del lancio, per cui, prima di passare al secondo movimento, ripetiamo tutta l’azione più e più volte sino a quando non diventi per noi un’azione spontanea (diceva il nostro famoso amico “Rigoletto”, quando in 4 o 5 ci allenavamo  in un campo sotto un sole spacca cervello, << deve diventare spontaneo come bersi questa lattina di birra>>, e per farcelo entrare meglio in testa a metà mattina si era praticamente già scolato anche le nostre lattine, svuotando il contenitore frigo…).

2° movimento: richiamo del pendolo. Siamo nella posizione in cui canna e drop sono distesi ed allineati su uno stesso piano parallelo al suolo, braccio sinistro ripiegato su se stesso, braccio destro completamente disteso e testa e sguardo puntati sulla punta della canna.  Mantenendo il braccio destro sempre disteso, solleviamolo lentamente tutto in alto sino a portare la canna, con la punta in alto, completamente in posizione verticale. Contemporaneamente distendiamo il più possibile il braccio sinistro in basso e davanti a noi: entrambe le braccia, ben distese, devono mantenere la canna alta e perfettamente verticale e il più lontana possibile dal corpo.  Durante tutta la fase di risalita della canna, testa e sguardo devono sempre seguirne la punta. Ovviamente il richiamo della canna avrà come conseguenza il richiamo del piombo, che quindi effettuerà la pendolata di ritorno, supererà il nostro corpo ed andrà a raggiungere un punto in alto dietro le nostre spalle, nascosto alla nostra vista.
Nelle fasi iniziali di apprendimento, è meglio “guidare” la pendolata di ritorno in modo che il drop oscilli lungo un asse “corto” (ore 13-17), anziché lungo un asse “ampio” (ore 13-18, ore 13-19 o più), in modo da poter caricare la canna con meno difficoltà quando passeremo ai movimenti successivi.
 
3° movimento: abbassamento della canna. In una fotografia, il movimento precedente ci mostrerebbe così: braccio destro disteso alto, braccio sinistro disteso basso davanti a noi, canna con la punta in alto e perfettamente verticale, testa e sguardo rivolti in alto sulla punta della canna, drop che è più o meno a metà della sua corsa di oscillazione di ritorno.
E’ proprio a questo punto che dobbiamo iniziare una serie di spostamenti sincronizzati del nostro corpo: lasciando braccia e canna fermi nella posizione della foto, con movimenti lenti ruotiamo la testa verso sinistra e puntiamo lo sguardo in alto nel cielo. Contemporaneamente ruotiamo nella stessa direzione anche il bacino e la gamba sinistra, con il piede rivolto verso le ore 20 o ore 19. Nel frattempo il piombo avrà concluso la sua fase ascendente dietro la nuca ed esaurita la forza centrifuga resterà in alto per alcuni attimi in una fase di stallo (la canna sembra alleggerirsi tra le nostre braccia). Il ruotare della testa, del bacino e della gamba causano il seguente spostamento automatico delle braccia e della canna: la mano sinistra, sempre col braccio tenuto teso, si solleva sino all’altezza della spalla, il braccio destro si abbassa sino all’altezza della spalla ripiegandosi su se stesso a 90°, la canna passerà dalla posizione verticale alla posizione orizzontale parallela al suolo (il piombo è sempre nella sua posizione di stallo). [Anche se hanno cambiato direzione rispetto al suolo, non spostiamo però le braccia e la canna da quel punto (teniamole sempre alte all’altezza della testa e non ruotiamo anch’esse verso sinistra)]. Quando la canna è parallela al suolo, ruotiamo ancora di più la testa verso sinistra (notate come ora la testa ruota con minor fatica?), puntiamo lo sguardo sempre in alto, sino a quando non la fermiamo in direzione delle ore 18, proprio davanti al nostro bersaglio, con un alzo di 45°. Contemporaneamente ruotiamo ancora il bacino verso sinistra e posizioniamo definitivamente il piede sinistro in direzione delle ore 18. Automaticamente anche il piede destro avrà abbandonato la direzione delle ore 12 per posizionarsi in direzione delle ore 22.
Da mettere a fuoco: il passaggio della canna dalla posizione verticale a quella orizzontale non è assolutamente comandato dalla nostra volontà, ma avviene in modo completamente meccanico a causa della rotazione della testa, del bacino e della gamba. Se c'è anche un minimo di forzatura nel far cambiare posizione alle braccia e alla canna, il lancio è destinato a fallire. A parte questo cambio di posizione, le braccia non devono ancora assolutamente ruotare per seguire bacino e gamba.
Fotografiamo la situazione: testa e sguardo in alto in direzione delle ore 18 con un alzo di 45°; stomaco rivolto a ore 20 e quindi schiena rivolta a ore 14; piede sinistro rivolto a ore 18; piede destro rivolto a ore 22; braccio sinistro completamente disteso col pugno all’altezza ed in direzione dell’orecchio destro; braccio destro dietro la nostra nuca, alto e piegato a formare un angolo di 90° con la spalla destra, pugno destro alla stessa altezza del pugno sinistro; canna parallela al suolo lungo l’asse ore 14-20; drop disteso col piombo in alto in fase di stallo lungo l’asse ore 13-17.

4° movimento: chiusura del lancio. In questo movimento dovremo già sentire “odore di casa”, se abbiamo assimilato il ground, e quindi l’azione dovrebbe essere facilitata. Tiriamo con la mano sinistra il calcio della canna facendo fare al braccio sempre disteso un ampio semicerchio sino a portare il pugno sinistro davanti al nostro sguardo che è puntato in alto nel cielo in direzione del bersaglio, con un alzo di 45°. Il braccio sinistro parte da una posizione più bassa di quella del ground in quanto la canna non è obliqua al suolo ma parallela, però la velocità del richiamo deve essere maggiore in quanto il piombo non è poggiato al suolo ma è sospeso in aria in fase di stallo ed entro brevissimo tempo subirà la forza di gravità che lo farà precipitare al suolo, compromettendo quindi il lancio.
Non appena il pugno sinistro è davanti al nostro sguardo, richiamiamolo repentinamente sulla nostra ascella sinistra piegando con decisione il braccio, e contemporaneamente spingiamo col braccio destro sino a portare il pugno destro ad occupare il posto prima tenuto dal pugno sinistro, davanti al nostro sguardo. Teniamo la punta della canna con un alzo di 70° ed attendiamo che il piombo raggiunga il bersaglio.

Errori più comuni che si verificano nel pendulum cast.

Il piombo tocca il suolo quando si chiude il lancio. E’ dovuto alla mancanza di sincronismo tra la velocità di oscillazione del piombo nella pendolata e la velocità di rotazione del corpo e delle braccia durante il 3° e 4° movimento: la velocità di oscillazione del piombo è superiore alla velocità di rotazione di braccia e corpo, per cui il piombo è salito nella sua posizione di stallo più velocemente di quanto non abbiamo fatto noi nel ruotare, per cui il piombo viene “agganciato” quando già comincia a cadere per la forza di gravità anziché quando è ancora in fase di stallo. Qui i rimedi sono soggettivi in quanto riguardano il nostro “carattere” (passatemi questo termine e quelli successivi): se siamo tipi “calmi” e quindi riusciamo a controllare la nostra velocità di rotazione, diminuiamo la velocità di oscillazione del piombo; se siamo tipi “nervosi” per cui ci è più difficile controllare la velocità di rotazione, aumentiamo di un pelino questa velocità per agganciare il piombo prima che inizi la sua discesa.

Tiro a destra. E’ dovuto all’aggancio del piombo quando è ancora in fase di salita durante la pendolata di ritorno: il piombo non è salito abbastanza dietro le nostre spalle, e ciò causa una tale pressione nel caricamento della canna che il nostro pollice non riesce più a trattenere il filo sino al momento opportuno per lo stacco, per cui lo stacco avviene prima. Quando questo capita, ci sembrerà che la canna pesi una tonnellata e la nostra rotazione subisce un contraccolpo tale che quasi non riusciamo a completarla. Questo inconveniente, insieme alla rottura del nodo dello shockleader, rende oltremodo pericoloso lo stazionamento di persone e cose nel settore destro dalle ore 12 alle ore 18.
A volte ci capiterà di sentire una forte resistenza nel trascinare la canna nel suo moto rotatorio, dandoci la sensazione che la canna sia caricata al massimo ed illudendoci quindi che il piombo verrà sparato chi sà a quale distanza, ma è solo un'illusione, appunto, perchè in realtà il caricamento ideale della canna avviene invece quando avvertiamo solo una (relativa) leggera resistenza (dimostrazione di come la tecnica batta la forza bruta).

Tiro a sinistra. Può dipendere sia perché abbiamo ruotato il piede sinistro oltre le ore 18, sia perché il piombo, pur non toccando il suolo,  è stato agganciato in ritardo già in fase di discesa.

Rottura del nodo dello shockleader. E’ dovuto ad un allentamento del drop durante la fase di salita del piombo nella pendolata di ritorno. Il drop, non essendo completamente disteso, causa durante la chiusura del lancio un richiamo a vuoto della canna per qualche metro, e quando il drop viene nuovamente agganciato provoca un tale contraccolpo da spaccare il nodo di giunzione tra filo e shockleader. Questa è anche la causa maggiore "spaccacanne", se la canna non è di buona fattura o non è adatta al pendulum.

Tiro basso. E’ dovuto allo sguardo tenuto basso sull’orizzonte, che invece deve avere un alzo di 45°.

Termina qui la seconda parte del tutorial.
Se mi consentite una licenza poetica, quando il pendulum ci entra nel sangue vorremmo praticarlo in tutto le occasioni. Beh, è possibile farlo: con delle buone BASS, rotantini da spinning, fili sottili e piombi leggeri possiamo divertirci a pendolare anche a beachlegering. Naturalmente se non scambiamo la spiaggia per la pedana.

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