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Il Pendulum passando dal Ground – Parte 1: come cominciare.

Introduzione
Questo tutorial si basa sulla mia esperienza personale e sulla specifica attrezzatura descritta. Naturalmente si può applicare anche ad altri attrezzi, ma non avendo esperienza in merito non sarei in grado di contribuire con suggerimenti specifici.
Il tutorial non ha lo scopo di creare campioni da pedana, ma semplicemente lanciatori da 120 metri in assetto da pesca da mantenere costanti lancio dopo lancio (curiosità: per poter far parte della nazionale di surfcasting, la misura minima richiesta è di 160 mt, in quanto se i campionati si svolgono in Inghilterra, queste sono le distanze da raggiungere per essere fruttuose) . L’assetto da pesca condiziona fortemente il lancio per molti fattori: la presenza del finale, dell’esca da non rovinare, di altri pescatori nelle vicinanze, del buio, dell’abbigliamento per non congelare, del vento, della pioggia e, non ultimo, del fattore emotivo. In queste condizioni, i 120 metri, costanti nel tempo, sono un traguardo di tutto rispetto.
Questo tipo di lancio, definito a volte anche “lancio in sospensione” per il fatto che il piombo non tocca mai il suolo ma resta sempre sospeso in aria, è, tra i lanci tecnici, il più spettacolare ed armonioso, oltre ad essere quello che restituire la resa maggiore in termini di distanza raggiungibile. E’ il primo in ordine di importanza, tra i canonici 4 tipi di lancio tecnico universalmente riconosciuti, precedendo, nell’ordine, il “Ground cast” o “OTG cast” (Off The Ground cast, lancio a partire dal suolo), il “Side cast” (lancio laterale) e l’ “Above cast” (lancio al di sopra della testa).
Salvo la parte iniziale di preparazione del lancio, non esistono sostanziali differenze tra il pendulum ed il ground cast, perché il caricamento della canna e la chiusura del lancio sono pressoché identiche, tanto che il pendulum potremo definirlo come lo sviluppo avanzato del ground. Essendo il ground la base di partenza del pendulum, è necessario assimilare questo lancio prima di passare a quello pendolare ed il mio tutorial perciò parte da questo presupposto. Inoltre è bene conoscere il ground perché a volte le condizioni ambientali sono talmente proibitive da non consentire il lancio pendolare.
Il termine pendulum deriva dal fatto che il drop (il lemma anglosassone con cui viene indicato il tratto di lenza che fuoriesce dal cimino e regge il piombo) oscilla avanti e indietro come il pendolo di una pendola, prima di essere richiamato e “sparato” in aria.

Miti da sfatare
Il lancio pendolare è sempre stato circondato da un’aura speciale che ha contribuito a creargli la fama di essere un lancio riservato a pochi eletti, che vengono visti dai comuni lanciatori come una sorta di semi-dei quasi da adorare.
Va subito detto, per la verità, che non è un lancio facile, ma va altrettanto detto che la stragrande maggioranza di noi è in grado di effettuarlo se si seguono due semplici regole: un minimo di esercizio fisico ed un continuo e costante allenamento. La stazza fisica contribuisce a raggiungere risultati eclatanti (avete presente il campione del mondo belga Daniel Moeskops? Praticamente un grizzly…), ma a noi interessa raggiungere i nostri 120 metri a pesca anche se pesiamo solo 60 kg e non siamo più alti di 1 metro e 60. Sopperiremo con la tecnica alla mancanza di una corporatura da… orsi.
L’esercizio fisico serve per sciogliere almeno i muscoli della parte superiore del corpo, in particolare quelli dell’addome che durante il lancio è sottoposto a torsione, ma anche i muscoli delle braccia e delle spalle (se siamo “legati” lanciamo con difficoltà anche con l’above), mentre l’allenamento costante è assolutamente indispensabile non solo per affinare la tecnica, ma anche per mantenerla costante nel tempo. Se trascuriamo l’allenamento, le nostre prestazioni decadono in breve tempo. Molti si arrendono più perché
non hanno l’opportunità di allenarsi (mancanza di un campo o di una spiaggia nelle vicinanze), che per le difficoltà insite nel lancio.

L’attrezzatura ideale
Le mie considerazioni in merito non sono certamente la “bibbia” ed altri potrebbero contestarle se le loro esperienze sono basate su attrezzature diverse da quelle che descriverò. Siccome però lo scopo dell’articolo non è il contendere tra cosa sia meglio usare e cosa no, eviterò qualsiasi polemica riguardante “la canna migliore” ed il “mulinello migliore” per il pendulum, perché oltre a fuorviarci dal tema, rimarrebbe comunque un discorso sterile in quanto, alla fine, ognuno resterebbe attaccato alle proprie convinzioni. Tanto vale quindi che parta “a testa bassa” e proceda con la mia convinzione: chi la trovasse arbitraria e troppo soggettiva, può sempre recedere dal continuare a leggermi e passare ad altri post.

La canna. Come ho avuto modo di dire in un altro thread, la canna ideale da lancio (qualsiasi tipo di lancio) non è utopica, è solo ingestibile a causa del suo ingombro, anche se negli States qualche fortunato riesce a farsela costruire su richiesta: è in pezzo unico di 4 mt a ripartizione di sezioni, naturalmente in carbonio alto modulo o altri tipi di modulo. Si suole suddividere la canna in tre sezioni: il cimino (la parte più sottile e flessibile), l’arco (la parte centrale) ed il manico o piede (la parte finale, più grossa e rigida). Per ripartizione di sezioni si intende  l'esatta ripartizione della potenza nelle tre sezioni che abbiamo appena visto. Il manico, per poter espletare la sua azione primaria, cioè di leva, deve essere sufficientemente rigido per trasferire maggior potenza alla parte della canna più importante, cioè l'arco, che appunto inarcandosi accumula l'energia che rilascerà al momento di riprendere la sua forma naturale. La rigidità dell’arco, anche se accentuata, è però di gran lunga inferiore a quella del manico. In questo rilascio di energia l’arco è coadiuvato dalla terza sezione, cioè dalla cima, che in base alla sua rigidità più o meno accentuata (molto inferiore però a quella dell’arco) darà il suo contributo per agevolare questa esplosione di potenza.
L'elasticità della canna a ripartizione di sezioni (o, meglio, a ripartizione di potenza tra le sezioni, il cui acronimo è CARDS, ma è più diffusamente chiamata RIP), o se si vuole la sua rigidezza, influenzano direttamente la variazione che deve subire l’insieme arco-cimino per restituire la massima potenza: più la canna è rigida, più forza sarà necessaria per portare la sezione arco-cimino da distesa ad arcuata, ma maggiore sarà la potenza che l'arco-cimino restituirà al momento in cui riprenderà la sua forma lineare.
E' per questo che nelle gare di long casting si preferisce l'utilizzo di ripartite molto rigide, che sono però altamente sconsigliate a pesca non solo perché meno gestibili, ma anche perché non “restano in pesca” come dovrebbero (particolare importanza acquista la “morbidezza” dell’ultimo tratto del cimino, che oltre a segnalare le abboccate deve assecondare le bordate delle onde senza scalzare il piombo dalla fatidica zona di pascolo).
Dicevamo prima della canna in pezzo unico, improponibile per ragioni di ingombro: il problema dell'immagazzinaggio e del trasporto è stato risolto suddividendo la canna in 2 o 3 pezzi (e ancora di più in quelle telescopiche). La suddivisione in pezzi fa decadere le prestazioni, che si è cercato di mantenere con vari accorgimenti, spostando la ripartizione (e quindi i punti di inizio e fine delle sezioni) dove meglio potevano conservarne le caratteristiche. La canna suddivisa che meglio di tutte le altre mantiene le caratteristiche della canna “unica” è quella in due sezioni: manico + arco-cimino (il cimino non è da confondere con il vettino vero è proprio: il vettino possiamo definirlo come un pezzo a se stante, mentre il cimino è il nome che piglia la parte finale dell’arco, per cui arco e cimino sono un unico pezzo; le canne telescopiche ci hanno portato a ritenere i due termini equivalenti, ma non è così). L’innesto tra manico ed arco può avvenire in tre modi: manico “maschio” ed arco “femmina”, viceversa oppure con l’interposizione dello “spigot”. Quest’ultima soluzione è da preferire perché consente alla parte finale del manico ed a quella iniziale dell’arco di mantenere lo stesso diametro esterno ed una linea più “fluida” ed omogenea della canna, senza improvvisi ingrossamenti o strozzamenti nei punti di innesto.
Siamo arrivati a definire le prime caratteristiche della canna “ideale” per il pendulum: lunghezza sui 4 mt, a ripartizione di sezioni, in due pezzi ed innesto spigot, ma ne restano ancora altre: il “range” di potenza e l’anellatura. Il range di potenza indica l’escursione minima e massima suggerita dal costruttore che il peso del piombo deve avere, di solito definita in once (1 oncia = 28,35 grammi). Per esempio, una canna con un range 3-6 once sta a indicare una canna che per rendere al meglio delle sue caratteristiche va usata con un piombo di peso non inferiore a 3 once (85 grammi) e non superiore a 6 once (170 grammi), con un peso ideale quindi di 4,5 once (127 grammi) (nota: il peso massimo viene preso quasi sempre anche come riferimento del peso massimo lanciabile per evitare la rottura della canna. Anche se il vero motivo non è quello della rottura ma quello della performance, è comunque buona norma non superare il peso massimo consigliato per evitare brutte sorprese). Questi valori non sono assoluti, quindi potremo usare benissimo piombi che vanno da 80 a 175 grammi, e quello ideale di 125 gr, unità di misura a noi più familiari di quelle di lingua anglofona.  Sarebbe sempre meglio optare per canne con range contenuto (per esempio 6-8 once anziché 1-7 once), indice di una miglior resa della canna (una canna che mi lancia bene un’oncia non potrà lanciarmi altrettanto bene 7 once). Anche la lunghezza della canna viene di solito espressa con misure anglosassoni: feet, plurale di foot (piede: 1 piede = 30,48 cm). Le misure più diffuse sono: 12 feet (piedi) = 365,76 cm - 13 feet = 396,24 cm ed ultimamente 14 feet = 426,72 cm. Anche qui le misure non sono assolute, per cui potremo parlare di lunghezze di 360, 390 e 420 cm, anche queste misure a noi più familiari. Se siamo alle prime armi e non sappiamo regolarci su quale sia la lunghezza della canna ideale per noi, un metodo empirico per stabilirlo potrebbe essere il seguente: 12 piedi se pesiamo sino a 70 kg, 13 piedi se pesiamo sino a 75 kg e 14 piedi da 80 kg in su (dove si presume che l’altezza sia proporzionale al peso). Questo naturalmente sino a quando non acquistiamo una buona padronanza della tecnica: "Rigoletto", il più piccoletto tra il nostro gruppo di amici (1,60 mt x 60 kg), ci faceva a “beffa” con il suo cannone di 4,25 mt!  
Siccome il mulinello che suggerirò sarà il mulinello a bobina rotante (ROT),  riveste una particolare importanza l’anellatura (è da tenere presente, per chi non lo sapesse, che a causa della struttura del rotante, in cui l'uscita del filo dalla bobina è lineare e non a spire come nel fisso, la canna si usa “rovesciata”, cioè con gli anelli rivolti verso l’alto e non verso il basso come per il fisso): categoricamente a doppio ponte, gli anelli hanno un diametro inferiore rispetto a quelli per il fisso e, soprattutto, devono essere disposti lungo la canna in posizioni ben precise, con questo duplice scopo: favorire la ripartizione e impedire il contatto del filo con il corpo della canna anche quando questa assume una curvatura molto accentuata durante la fase di recupero: una canna predisposta con gli anelli per il fisso potrebbe non andar bene per il rot. E’ molto facile
stabilire se la canna, venduta annellata, è predisposta in modo corretto per il rot: montiamo il rot e leghiamo il drop, p.e., al termosifone: mettiamo in tensione la canna (anelli in alto) sino a curvarla moltissimo (come se avessimo un enorme pesce attaccato): il filo che passa tra gli anelli, dal primo all’ultimo, non deve venire a contatto con la canna in nessun punto. Di solito trascuriamo di fare questa prova dal negoziante, che è invece importantissima: infatti ci fidiamo del marchio, ma dimenticando che molte case, anche le più rinomate, fanno spesso fare la legatura all’esterno, e non sempre gli 'esterni' seguono rigidamente i canoni imposti dalle case, e quindi non c'è la garanzia che in tutti i pezzi ci sia l'omogeneità della legatura (il motivo è sempre quello: più pezzi lego, più guadagno, e più sono veloce, più pezzi lego, ma più sono veloce, più è facile sbagliare). Anche sulla qualità degli anelli non dobbiamo lesinare: quelli di scarsa qualità si logorano in fretta ed intaccano il nylon, con le conseguenze che è facile immaginare. Non sbaglieremo mai se sulla canna sono montati anelli in SiC (silicio carbonio) con il cartellino di garanzia attaccato agli anelli che ne garantiscono la genuinità. Da qualche anno, anche le case italiane stanno producendo canne da pendulum di buona qualità, per cui non siamo assolutamente costretti a rivolgerci al mercato anglosassone per avere un buon prodotto, cosa che invece siamo costretti a fare per il rot.

Il mulinello. L’abbinamento ideale con una RIP è il mulinello a bobina rotante che, una volta che siamo riusciti a padroneggiare, sarà quello che darà le migliori performance sia in termini di distanza che di maneggevolezza. A parità di filo contenuto in bobina, il rot pesa la metà di un fisso, ha una frizione più potente ed un ingombro infinitamente minore, tutte caratteristiche che lo fanno preferire al fisso. L’unico vantaggio che ha il fisso, cioè la sua facilità d’uso, viene comunque perso durante l’uso con il
pendulum, in cui emergono le caratteristiche negative appena esposte. La dannazione del rotante, è risaputo, è il “fuori giri” della bobina che se non viene controllato dà luogo a parrucche inestricabili. Ma una volta domato, il puledrino si dimostra per quello che è: un cavallo di razza vincente. I tre mulinelli che vanno per la maggiore sono l’Abu 6500, il Daiwa 7HT ed il Pen 525 (tutti è tre in vari modelli) e non mi sento di stilare una classifica tra loro, perché praticamente si equivalgono e molto dipende dall’abitudine che abbiamo preso ad utilizzare l'uno piuttosto che l'altro. Forse suggerirei il Pen, che è più robusto, per chi effettua in prevalenza il surfcasting pesante, e indifferentemente uno qualsiasi degli altri due per chi in prevalenza effettua un surfcasting meno impegnativo. Diciamo che tra i longcasters da pedana l'Abu è maggiormente diffuso rispetto al Daiwa, ma a pesca non sono necessarie queste sottigliezze. La disputa tra l’Abu ed il Daiwa (a pesca) mi fa sempre venire in mente quella che c’era una volta tra la Vespa e la Lambretta: rivalità accesissime per due prodotti praticamente equivalenti. Agli inizi del surf, molti di noi venivano indirizzati all’acquisto del mulinello in base al tifo che si faceva per i due testimonial eccezionali dell’epoca: Paul Kerry (Daiwa) e Neil MacKellow (Abu e Pen), come pure per le canne (Paul per le Daiwa HPB e WKT, e Neil per le ZZiplex, queste ultime, agli inizi, introvabili in Italia e acquistabili solo in Inghilterra). Mentre per le canne si sono fatti progressi (almeno in termini di numero di produttori), per i mulinelli, salvo qualche timido affacciarsi di nuovi nomi, le cose sono rimaste praticamente invariate. I tre mulinelli, in ogni caso, restano sempre prodotti validissimi ed apprezzati.
Dicevamo del fuori giri: la bobina acquista una velocità paurosa (si è calcolato 25-30.000 giri/minuto con velocità del piombo sino a 400 km/ora) che se non viene in qualche modo controllata la porta a girare più velocemente di quanto non fuoriesca, trascinato dal piombo, il filo che la avvolge: questo porta il filo a “gonfiarsi” sino a formare una matassa aggrovigliata di cui, a volte, per venirne a capo ci vogliono ore. Per ovviare al fuori giri i mulinelli rotanti sono dotati di due meccanismi, a volte separati e, nelle ultime versioni, spesso abbinati: il freno centrifugo ed il freno magnetico. Il primo è basato sui “bussolotti” (cilindretti di plastica o carbonio) che per forza centrifuga vanno a “sbattere” sulla parete di contenimento della bobina creando un attrito che rallenta la velocità della bobina, il secondo è basato su pezzetti di calamita che posizionati accanto alla bobina (metallica) creano un’attrazione magnetica che ne rallenta la velocità. Una giusta taratura dei meccanismi e l’intervento oculato del dito pollice consente di evitare il fuori giri senza compromettere la distanza da raggiungere. I campioni della pedana hanno un tale controllo sul fuori giri che preferiscono ridurre al minimo il sistema di frenaggio facendo un maggior affidamento sul pollice (in pedana i cm sono importanti per vincere la gara). La taratura, l’oliatura (che riveste anch’essa una parte importante in pedana) e la manutenzione del rotante verranno però trattati in un argomento apposito, perché qui porterebbero via molto spazio. Resta da determinare la posizione del mulinello nella canna: ad “attaccatura alta” o ad “attaccatura bassa”. L’attaccatura bassa consiste nel posizionare il rotante alla base del manico (più o meno a 17-18 cm dal pomolo) e di racchiuderlo con la mano sinistra (per i mancini ovviamente sarà il contrario), mentre la mano destra terrà saldamente la canna in una posizione superiore. L’attaccatura alta consiste nel posizionare il rotante in una posizione intermedia del manico, variabile per ciascuno di noi, ma che può essere determinata con precisione: poggiamo il pomolo della canna sullo sterno, o meglio appena al di sotto della mammella sinistra all’altezza dell’ascella, e distendiamo il braccio destro completamente: il piede del mulinello va fissato esattamente al centro del pugno destro che stringe la canna proprio in quel punto (se andiamo a misurare, troveremo che la distanza dal pomolo sarà di 65-75 cm, a seconda della lunghezza delle nostre braccia). Il compito di fissare il mulinello a nostro piacere in un punto qualsiasi del manico è affidato ai coasters, fascette regolabili in metallo o in nylon che tengono solidale il piede del mulinello con la canna. Le fascette in nylon sono più economiche, ma più fastidiose ed ingombranti di quelle di acciaio inox, ricoperte da un cilindretto di neoprene nella vite e che le case di maggior prestigio danno in dotazione con le canne. Se le canne hanno un portamulinello fisso, questo potrebbe non essere posizionato alla giusta apertura delle nostre braccia. C’è da osservare, infine, che il coaster inferiore è un ottimo appiglio per il dito indice e rafforza la presa del pollice sulla bobina.  Sono da preferire, quindi, i coasters ai portamulinelli classici, più adatti ai fissi.    

Il Ground Cast o OTG (Off The Ground cast)
L’acronimo OTG sta prendendo sempre più piede forse perché più veloce da scrivere (o, forse, perché fa più “figo”, ma questa è una mia malignità). Comunque sia, prima di passare direttamente al Pendulum, consiglio fortemente di assimilare bene il ground, anche perché, a pesca, è la “riserva naturale” a cui attingere qualora le condizioni ambientali o altri motivi ci impediscono di fare un pendulum efficace, tanto più che abbiamo il vantaggio che l’attrezzatura è identica per entrambi i lanci.
La prima cosa che dobbiamo fare è di disegnare sul suolo il quadrante circolare di un orologio con un diametro di 3 metri, che oltre a consentirci di capirci meglio ci agevolerà durante le prime fasi di addestramento:

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Prendiamo posizione davanti alle ore 18, spalle alla riva e sguardo diretto alle ore 12. Dopo di ché prepariamoci al lancio.
Lunghezza del drop. Dato per scontato che la lunghezza del drop, una volta imparato il lancio, potrà subire variazioni personali che meglio si adeguano alle nostre caratteristiche, per chi sta iniziando è meglio seguire queste regole:
Canna da mt 3,60:
drop lungo mt 1,50 con partenza del piombo da ore 13;
drop lungo mt 2,00 con partenza del piombo da ore 14;
drop lungo mt 2,40 con partenza del piombo da ore 15.
Canna da mt 3.90:
drop lungo mt 1,80 con partenza del piombo da ore 13;
drop lungo mt 2,30 con partenza del piombo da ore 14;
drop lungo mt  2,70 con partenza del piombo dsa ore 15.
                      
Posizione del corpo. Gambe leggermente divaricate, piede destro in avanti e rivolto a ore 12, piede sinistro più indietro e rivolto a ore 22 (la distanza tra i piedi è di circa 40-50 cm). Il bacino e le spalle sono quasi paralleli alla riva (leggermente girati verso sinistra), lo sguardo è rivolto alle ore 12. Braccio destro semi raccolto (angolo di 170° tra braccio e avambraccio) e tenuto basso, braccio sinistro completamente disteso e tenuto alto. Spostare tutto il peso del corpo sul piede destro: la gamba destra si flette ed il tallone sinistro si solleva. Chinare il busto in avanti.

Posizione della canna. Punta tenuta bassa a sfiorare il suolo e rivolta a ore 13, drop disteso e perfettamente in linea con la canna. Il busto chinato in avanti e le braccia posizionate come spiegato prima (braccio destro basso e braccio sinistro alto), conferiranno alla canna una posizione obliqua “naturale”, non forzata. Se sentite una forzatura, cambiate leggermente la posizione delle braccia sino a quando non sentite che la canna si mette in posizione praticamente da sola.

Primo movimento. Lasciando tutto fermo come se fosse una fotografia, limitiamoci solo a girare la testa verso sinistra per spostare lo sguardo da ore 12 ad un punto in alto alle ore 18: l’angolo formato dallo sguardo e dal terreno deve essere di 45°. Questo unico movimento della testa, in apparenza banale, è invece fondamentale per la buona riuscita di tutta la successiva sequenza del lancio: lo sguardo puntato in alto a guardare il cielo con un angolo di 45° guiderà in modo magico tutto il resto dei movimenti del nostro corpo quando richiameremo la canna per catapultare il piombo. Braccia, busto, gambe e canna faranno un movimento obbligato per il solo fatto che il nostro sguardo è già puntato in quella direzione: il piombo farà la parabola ideale e seguirà con assoluta precisione la linea del bersaglio.
A parte il movimento della testa, dietro la nostra nuca tutto è rimasto fermo nella posizione iniziale.

Secondo movimento. Anche se descritti forzatamente in modo separato, i movimenti delle braccia, delle gambe e del busto sono simultanei: tenendo il braccio sinistro sempre disteso al massimo ed in alto, tiriamo con la mano sinistra il calcio del manico facendogli compiere un ampio giro circolare (sempre in alto) sino a portarlo davanti al nostro sguardo che non deve spostarsi da quel punto del cielo, che sarà ora “oscurato” dalla presenza della mano sinistra. Il braccio destro, “tirato” da quello sinistro, nello spostarsi dalle ore 13 alle ore 21 sarà salito gradualmente. Contemporaneamente i piedi ed il busto verranno ruotati gradualmente verso sinistra, il busto comincerà a sollevarsi ed il peso del corpo comincerà a trasferirsi dalla gamba destra alla gamba sinistra. Tutti i movimenti non vanno compiuti bruscamente ma con lentezza. Ripetere più volte il secondo movimento (senza chiudere il lancio) per imparare a controllare la velocità ed a imporci movimenti lenti.

Terzo movimento. Quando la mano sinistra avrà oscurato il nostro sguardo, tiriamo con energia il braccio sinistro verso il basso in direzione del fianco sinistro e con il braccio destro (il cui pugno si trova adesso all’altezza dell’orecchio destro) spingiamo altrettanto energicamente la canna verso l’alto con un ampio giro circolare  sino a portarla davanti al nostro sguardo (il pugno destro avrà preso il posto di quello sinistro). Contemporaneamente busto e gambe si saranno posizionati nella giusta direzione ed il peso del corpo si è completamente trasferito sulla gamba sinistra. La canna si sarà posizionata automaticamente con un alzo di 45°: rilasciamo il drop ed attendiamo che il piombo, dopo aver percorso tutta la parabola, raggiunga il bersaglio. Non appena il piombo tocca acqua (o subito prima), stoppiamo la bobina con il pollice. Questo terzo movimento prende il nome di chiusura del lancio.

Abbiamo iniziato con il piombo posizionato alle ore 13: continuiamo ad allenarci da questa posizione sino a quando non avremo assimilato completamente il ground. Solo quando il lancio diventerà perfetto e confermato per più e più giorni di seguito, potremo passare a posizionare il piombo alle ore 14 ed infine alle ore 15, posizione in cui la canna acquista la sua massima potenza e la restituisce con un lancio più lungo.

Errori che possono verificarsi nel ground:
Tiro verso destra: il drop è troppo corto.
Tiro verso sinistra: il pugno sinistro è stato portato davanti al nostro sguardo con troppa velocità ed il braccio sinistro non è stato tenuto disteso.
Tiro basso: lo sguardo non era nella posizione di alzo di 45°, ma è stato tenuto basso.
Tiro corto e verso sinistra: durante la rotazione delle braccia per tirarsi dietro il piombo, queste non sono state tenute basse ma a metà rotazione sono state sollevate in modo brusco.  
Tiro troppo alto: il drop non è stato tenuto sempre disteso e in qualche fase del lancio si è allentato.

Guardate come questo video sintetizza alla perfezione quanto da me descritto:
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Quest'altro rarissimo video, invece, che si avvale di una videocamera montata sulla canna, fa vedere il controllo della bobina col pollice ed il formarsi delle micidiali spire dovute al fuori giri:

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Per il momento mi fermo qui.
Se questo articolo sarà apprezzato,  avrò lo stimolo per proseguire con la descrizione del Pendulum, l’approfondimento sulla taratura e la manutenzione del rotante e la descrizione dei finali più adatti al lancio pendolare. La descrizione del lancio pendolare, credetemi, è assai più faticosa ed impegnativa della sua esecuzione.

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Può capitare a volte che il nostro negoziante sia sprovvisto del classico flacone di olio di sardina, che è un ingrediente quasi indispensabile per prepararsi da sè le pasture e la pastella da usare come esca per cefali, saraghi, occhiate ed altri tipi di pesci che la gradiscono. Addirittura, come vedremo, potremo confezionare anche un’esca artificiale.
Se abbiamo quindi urgenza del magico liquido, non ci resta che prepararcelo in casa.
Occorrente per ottenere 100 cc di olio concentrato:
-2 kg di sardine
-1 pentolone capace
-1 vaschetta di plastica
-1 mestolo
-1 cucchiaione
-1 imbuto
-1 colino
-1 siringa da cucina o 1 siringa comune di grosse dimensioni
-1 o più bottiglie per far decantare il liquido
-1 o più boccette per conservare l’olio
-la cucina  a gas

Riempiamo il pentolone per tre quarti con acqua di rubinetto e mettiamolo sul fornello più grande della cucina. Quando l’acqua raggiunge il punto di ebollizione, immergiamo le sardine e facciamole bollire per 20 minuti (non di più). Durante la bollitura, rimestiamo con frequenza le sardine, che andranno man mano sfaldandosi sino a formare una poltiglia alquanto “odorosa” (aspettatevi commenti alquanto pesanti dai coinquilini del palazzo e dalla gente di casa...).
Terminata la cottura, travasiamo tutto il contenuto del pentolone nella vaschetta passandolo per il colino. Attendiamo che il liquido si raffreddi un po’, quindi mediante l’imbuto ed il cucchiaione riempiamo le bottiglie di plastica. Mettiamo le bottiglie piene da qualche parte fuori mano e ripuliamo con cura tutti gli oggetti usati (se non vogliamo correre il rischio di essere cacciati di casa...).
Nel giro di 24 ore, il liquido contenuto nelle bottiglie avrà decantato e l’olio sarà affiorato alla superficie. Estraiamolo con la siringa e conserviamolo nelle boccette, pronto all’uso.
Il liquido avanzato lo utilizzeremo per diluire il pastone.
Abbiamo accennato ad un’esca artificiale: sul luogo di pesca, avvolgiamo intorno al gambo di un amo un pezzo di cotone idrofilo, tenuto solidale con numerosi giri di filo elastico. Immergiamo quindi “l’esca” nella boccetta d’olio in modo da impregnarsi. Provatela!
Se non volte proprio usarla come esca, riempite di cotone imbevuto d'olio un pasturatore: il richiamo sarà irresistibile, particolarmente nei periodi in cui l’acqua è più calda.

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Ho sentito parlare di una vernice gommosa antiscivolo da applicare al manico della canna.
Qualcuno sa dirmi di cosa si tratta e dove eventualmente posso fare delle ricerche?

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PESCA & FAI DA TE AUTOCOSTRUZIONE / Un mare di... artificiali!
« on: June 01, 2009, 20:36:36 »
Prendendo spunto dal catalogo Yamashita Maria, possiamo tentare di autocostruirci questi artificiali.
Leggendo le note, si scoprirà che ogni artificiale ha un suo comportamento specifico in acqua.
Copiare e incollare l'immagine che interessa in un qualsiasi programma di grafica per fare gli ingrandimenti dei particolari.

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Anche i più avversi, come possono fare a resistere al richiamo di questi superfili?
Guardate un pò che caratteristiche hanno:



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Autocostruzione del tripode:

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PESCA & FAI DA TE AUTOCOSTRUZIONE / Elastomero plastificante
« on: May 08, 2009, 18:51:09 »
Per impermeabilizzarmi la scala esterna il muratore ha usato questo prodotto:
SIKALASTIC - 490 T
Si tratta di una vernice elastomera perfettamente trasparente che plastifica formando un velo abbastanza spesso.
La segnalo perchè potrebbe tornare utilissima in tantissime occasioni del fai da te riguardante la pesca (verniciatura artificiali, legatura canne, verniciatura picchetti porta canna, impermeabilizzazioni e plastificazioni varie, ecc.).
Se vi capita sotto mano questo prodotto, prelevatene una boccettina e conservatela.
Purtroppo costa un sacco di soldi.

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Autocostruendomi ed utilizzando questa spiralina porta starlight ho risolto questi problemi:

- la starlight non fuoriesce neanche con i lanci più violenti

- il volume occupato dalla spiralina è il più basso in assoluto di qualunque altro tipo di porta stalight (ha praticamente lo stesso diametro della starlight ed è più corta)

- è finito il tormentone "infila il porta starlight - togli il porta starligh - sostituisci il porta starlight perchè si è rotto - raddrizza il porta starligh perchè si è girato - ecc": la spiralina resta perennemente attaccata al cimino anche nella pesca diurna ed al calare del buio l'unica operazione che devo fare è semplicemente... infilare la starlight!

L'ho inventata circa 10 anni fa ed in tutto questo lungo periodo non c'è mai stata una volta che la lenza si sia impigliata nella spiralina.

Ecco come costruirla (nota: le spire, avvolte strettissime, per effetto della 'memoria' dell'acciaio si allargano un pochino sino ad assumere la forma finale come da figura, con un diametro di 3 mm)

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Carrellino da spiaggia

1. Il carrellino originale da cui partire

Usiamo il carrellino avvolgi tubo GLABER Genius 100, che con le opportune modifiche e rinforzi ci farà ottenere un carrellino da spiaggia robustissimo. Aggiungendo cassette e contenitori saremo in grado di trasportare sul carrellino tutto quello che si serve a pesca, ad eccezione delle canne che, per ragioni di salvaguardia delle medesime, è altamente raccomandato di trasportarle a spalla dentro l’apposita sacca porta canne.
Ma la sacca porta canne sarà l’unica cosa che porteremo addosso, perché tutto il resto (ma proprio tutto) lo stiveremo sul nostro formidabile carrellino
 
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2. Smontaggio delle parti inutilizzabili del carrellino originale

Nota: Le figure non sono in scala per mettere in evidenza i particolari più piccoli.

Smontiamo dal CLABER la manovella, il cilindro avvolgi tubo e le ruote

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Le ruote originali sono troppo piccole ed inadeguate per la sabbia. Possiamo lasciare le ruote originali solo se non dobbiamo camminare sulla sabbia.

3. Montaggio di ruote più adeguate per la sabbia

Sostituiamo le due ruote originali con due ruote più grandi pneumatiche che abbiano il mozzo dotato di cuscinetti a rulli. Possiamo usare quelle che hanno in dotazione i carrellini porta pacchi che usano i corrieri

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Montiamo le due nuove ruote sull’asse delle ruote: se quest’asse dovesse essere corto per le due nuove ruote, oppure se il diametro di quest’asse è più sottile del diametro del foro del cuscinetto a rulli, smontiamo l’asse originale dalla struttura portante e lo sostituiamo con uno spezzone di tubo di alluminio adeguato per lunghezza e/o per diametro

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Impediamo la fuoriuscita delle ruote dall’asse usando una fascetta stringi tubo in acciaio inox:
 
     • infiliamo prima sull’asse una rondella di dimensioni adeguate tra ruota e struttura portante per fungere da distanziatore
     • infiliamo la ruota sull’asse
     • infiliamo un’altra rondella uguale alla prima
     • blocchiamo la ruota con la fascetta

Teniamo presente che la lunghezza dell’asse deve essere tale da permettere l’inserimento delle rondelle e delle fascette stringi tubo: se è più lungo possiamo sempre accorciarlo, ma se è più corto…

Suggerimento: se ce lo possiamo permettere, è meglio che tutti gli accessori metallici che useremo per assemblare il carrellino siano di materiale inossidabile (viti, bulloni, rondelle, cerniere, fascette, ecc.). Ogni tot di tempo smontiamo le ruote, togliamo i cuscinetti a rulli, puliamoli con la benzina ed ingrassiamoli.

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4. Adeguare l’altezza del manico del carrellino alla nostra altezza

Dopo aver montato le nuove ruote, verifichiamo se l’altezza del manico è adeguata alla nostra altezza per poter trascinare il carrellino con tutta comodità. Se riteniamo che il manico sia troppo alto, è sufficiente sfilarlo dalla struttura ed accorciarlo. Se è basso, dobbiamo allungarlo con due prolunghe: sfiliamo il manico dalla struttura portante ed usiamo due prolunghe costituite da due spezzoni di alluminio tubolare di lunghezza adeguata e dello stesso diametro del manico.

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Infiliamo le due prolunghe negli appositi fori da cui abbiamo estratto il manico ed uniamole al manico del carrellino con due pezzi di manico di scopa (in legno) adeguatamente assottigliati con raspa e carta vetrata, se necessario.

Le due nuove ruote, avendo un diametro maggiore di quelle originali, hanno fatto inclinare il carrellino in avanti:  questo è un bene perché il carrellino sarà più stabile nella sua posizione di riposo.
 
Però anche il manico resta inclinato un po’ in avanti, e questo è fastidioso: per rimetterlo dritto curviamo leggermente e con delicatezza le due prolunghe all’indietro, fino a quando il manico non diventa perpendicolare al suolo. Facciamo questa operazione usando una curvatubi, se l’abbiamo

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altrimenti infiliamo un pezzo di tondino di ferro un po’ grosso nelle prolunghe e pieghiamole leggermente all’indietro (questa operazione è molto delicata e va fatta con la massima attenzione e calma: la curvatura necessaria è minima).

Dopo aver verificato la giusta altezza del manico e la giusta curvatura all’indietro, procediamo a fissare il tutto:

     • fissiamo la base delle due prolunghe alla struttura portante con viti autofilettanti oppure con bulloncini passanti
     • fissiamo i due spezzoni di legno alle prolunghe con bulloncini passanti
     • fissiamo il manico ai due spezzoni di legno mediante bulloni con la testa a farfalla e dadi a farfalla, in quanto il manico deve poter essere infilato e sfilato a piacimento per favorire il trasporto del carrellino nel bagagliaio dell’auto

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5. Rinforzo della struttura portante

Adesso rinforziamo la struttura portante del carrellino con delle assicelle di robusto legno dello spessore di 1 cm. Con questo rinforzo la struttura diventa stabile e robustissima. Per il momento limitiamoci ad incollare le assicelle alla struttura senza imbullonarle

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Questo rinforzo funzionerà anche da base per appoggiarvi un contenitore di grandi dimensioni (p.e. della PLANO), che essendo però più largo del ripiano sarebbe instabile. Per renderlo stabile, incolliamo ed imbulloniamo altre due assicelle di legno in posizione trasversale alle altre, come in figura

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Avendo una base di appoggio più ampia, il contenitore ora è stabile
 
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Per renderlo ancora più stabile durante il trasporto, lo ancoreremo con un bulloncino con testa a farfalla e dado a farfalla su una traversa di alluminio quadrato che metteremo sul manico del carrellino, proprio dietro il contenitore. Il bulloncino con dado a farfalla ci consentirà di mettere e togliere il contenitore a nostro piacimento.

6. Costruzione delle traversine di sostegno per la serbidora ed il PLANO

Adesso inseriamo trasversalmente al manico del carrellino due  traversine di alluminio quadrato

     • quella superiore serve per sorreggere la serbidora
     • quella inferiore serve per bloccare il PLANO

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Le estremità delle traversine vanno lavorate con una lima tonda per formare l’invito semicircolare che serve per incastrarle nel manico. Le traversine vanno poi fissate nel manico con bulloncini passanti.

Pratichiamo poi al centro delle traversine dei fori:

     • nella traversina della serbidora vanno praticati 2 fori: uno dall’alto verso il basso ed uno frontale: il foro frontale serve per mettere la serbidora a riposo durante il trasporto
     • nella traversina del PLANO pratichiamo un solo foro frontale

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Imbulloniamo le traversine al manico del carrellino

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Dopo aver posizionato esattamente al centro del ripiano di appoggio il PLANO, pratichiamo un foro nel lato posteriore del Plano che coincida esattamente con il foro della sua traversina: infiliamo quindi il bullone con dado a farfalla attraverso Plano e traversina e stringendo il dado a farfalla blocchiamo il PLANO contro la traversina: il contenitore non si sposterà più dalla sua sede. Il PLANO potrà essere rimosso solo svitando il dado a farfalla.

7. Costruzione della serbidora

Costruiamo la serbidora in legno. Nella traversina di alluminio che la sorreggerà abbiamo praticato due fori:
 
     • facendo passare il bullone con dado a farfalla nel foro dall’alto in basso, la serbidora sarà in servizio
     • facendolo passare nel foro frontale la serbidora sarà a riposo per il trasporto.
 
Usiamo come ripiano della serbidora una tavola robusta da cm 30 di larghezza, 20 di profondità e 1 di spessore. Tutto intorno al perimetro incolliamo ed avvitiamo due listellini in legno di cm 1 x 1 x 20 e altri due di cm 1 x 1 x 30, che formeranno un bordo rialzato sul ripiano della serbidora.
Sui bordi laterali da cm 20 incolliamo dalla parte interna due listellini di sughero di cm 1 x 2 x 20, che serviranno per appuntare gli ami in attesa di essere escati.

Procuriamo adesso una piattina di acciaio di cm 3 x 6 con uno spessore di mm 3: ad una estremità della piastrina pratichiamo due fori ravvicinati, all’altra estremità un solo foro. Mettiamo la piattina con i due fori ravvicinati sotto il fondo della serbidora, facendone fuoriuscire 3 cm  da un lato lungo (quello da 30 cm, vedi disegno). Facciamo due fori anche sul fondo della serbidora e facendo passare due bulloni attraverso i fori della piastrina ed i fori della serbidora imbulloniamo la serbidora alla piastrina, che sporgerà per l’altra metà dalla serbidora.
 
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Sul foro della piastrina che sporge faremo passare il bullone a farfalla con dado a farfalla, che passerà anche attraverso il foro superiore della traversina sul manico. Stringendo il dado a farfalla, la serbidora si troverà in posizione di lavoro. Spostando il bullone con dado a farfalla dal foro superiore della traversa a quello frontale, la serbidora verrà bloccata a riposo per il trasporto.

Nota: chiaramente la serbidora va montata dal lato posteriore del carrellino.

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8. Costruzione della cassetta porta piombi

Ora costruiamo una cassetta di legno che posizioneremo tra le due pareti della struttura portante del carrellino. Questa cassetta ci consentirà di portarci dietro una buona scorta di piombi di varie forme e grammature, liberandoci una volta per tutte dell’incubo del loro peso e di doverci accontentare di una scorta molto limitata di piombi: finalmente possiamo disporre di tutti i piombi che vogliamo. Inoltre, essendo la cassetta dei piombi posizionata nella parte bassa del carrellino, contribuirà a renderlo molto stabile e ad evitare qualsiasi possibilità di capottamento accidentale. Naturalmente i piombi andranno messi dentro delle scatole per evitare che vengano sballottati da una parte all’altra della cassetta.

Avendo la struttura portante una forma particolare, con la parte posteriore dritta e quella anteriore svasata verso l’alto (l’immagine sotto è la sua visione di profilo), dovremo sagomare la cassetta esattamente con la stessa forma della struttura.
 
La parete posteriore della cassetta servirà poi per poterci attaccare una cassettiera in plastica a 16 cassettini in cui mettere tutta la minuteria (ami, girelle, starlight, ecc. ecc.).

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Nella parte svasata della cassetta metteremo uno sportello incernierato e con chiavistello per poterlo aprire e chiudere a piacimento.
Una volta infilata la cassetta tra le pareti della struttura portante, la fisseremo alla stessa struttura e al ripiano di rinforzo superiore mediante viti e/o bulloncini passanti

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9. Preparazione della cassettiera a 16 cassettini

Compriamo da un ferramenta o da un supermercato una cassettiera di plastica a 16 cassettini porta minuterie e incolliamola ed imbulloniamola sulla parete posteriore della cassetta porta piombi.
Costruiamo poi una cassettina di legno con coperchio per riporre gli oggetti lunghi (aghi infila vermi, slamatori, forbici coltelli, ecc. ecc.). La larghezza di questa cassettina deve essere uguale alla larghezza della cassettiera. Questa cassettina la incolleremo e la imbulloneremo subito al di sopra della cassettiera. La chiusura la facciamo con velcro autoadesivo.

Costruiamo adesso uno sportello per la cassettiera con un foglio di compensato (per evitare la fuoriuscita dei cassettini) ed attacchiamo su questo sportello cerniere e chiavistelli come da figura

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10. Preparazione dei bicchieri reggi canne

Creiamo adesso i bicchieri reggi canne, che ci consentiranno di sorreggere due canne quando dobbiamo fare operazioni su di esse (escarle, cambiare bracciolo o altro). A beach ledgering con mare calmo possiamo addirittura usare il carrellino al posto del treppiede per tenere le canne in pesca.

Da un tubo di PVC arancione (il più robusto) ritagliamo due spezzoni che costituiranno i bicchieri in cui infilare i pedoni delle canne. Il diametro del tubo (40 mm o 50 mm) dipenderà dal diametro del pedone delle nostre canne.

Ritagliamo e foriamo due bicchieri come da figura

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Imbulloniamo i bicchieri al manico del carrellino come da figura. Il bulloncino lungo servirà anche da base di appoggio al pedone delle canne

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FINITO!

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Carichiamo il carrellino per il trasporto

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Se ci teniamo all'estetica, stucchiamo tutte le giunzioni delle cassette in legno e verniciamole.
Nella parte superiore del manico possiamo avvolgere a spirale una striscia di pelle morbida per favorire la presa.
Se mettiamo dei ganci in locazioni opportune, possiamo appendere zainetti in cui riporre gli stracci, l'esca e quant'altro ci pare.
Possiamo rivestire il bordo dei bicchieri con pelle morbida per evitare che gli stessi lascino un segno sui pedoni.

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Sono incappato (nel web) in questo accessorio per la pesca notturna:
segnalatore di toccata e di abboccata chiamato GATULOT.
Si usa al posto della starlight e promette meraviglie: emette impulsi luminosi solo in presenza di abboccate e/o toccate anche leggerissime da parte del pesce, escludendo tutti gli altri movimenti del cimino dovuti alle onde , alghe, ecc.
Esiste in diversi modelli adatti al mare, ai fiumi, ai laghi ed uno specifico per la carpa.
Se qualcuno lo possiede già, può dire se è veramente efficace oppure se si tratta del solito, inutile gadget?
Mi interessa soprattutto la risposta di chi lo usa con mare mosso, dove sono più frequenti le sollecitazioni del cimino dovute alle onde.
Grazie.

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PESCA A SPINNING / Jerkbait: utilizzabile anche in mare?
« on: April 25, 2009, 18:43:38 »
Ho visto casualmente un video (su Youtube) sul grande Roberto Ripamonti che dava suggerimenti sull'attrezzatura e sul metodo di pesca con il (o la) jerk bait, e sono rimasto colpito da alcune caratteristiche di questo metodo:
- il modo in cui "lavora" quest'esca
- la robustezza dell'attrezzatura da utilizzare.
Premettendo che la mia cultura sullo spinning è praticamente zero, mi chiedevo se la pesca con jerk bait è fattibile anche in mare: ho infatti avuto l'impressione che un "pesciolino" che si muove con queste fattezze dovrebbe essere irresistibile anche in acque salate, oppure sbaglio completamente?
Per quanto riguarda l'attrezzatura, Ripamonti dice che la canna deriva da quelle usate per la traina (sic!), quindi veramente tosta, e come filo suggerisce un trecciato da 25-30 libre per salire anche a 70-80!
Caspita, roba davvero robusta.
Mi piacerebbe conoscere di più su questo tipo di pesca, sempre e solo però se funziona anche in mare. Ringrazio chiunque possa dare dettagliate informazioni.   

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Tanto tempo fa convinsi dopo molte suppliche un tornitore a costruirmi uno stampo per i piombi conici.
Oggi vorrei fondere anche piombi piramidali, ma essendo quel tornitore morto, non so come fare per costruirmi lo stampo. Il peso max. delle piramidi dovrà essere di 200 gr.
Qualcuno conosce un metodo per costruire lo stampo per le piramidi (a base trianglare)?

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SURFCASTING / Per favore, non chiamarla surf casting!
« on: April 22, 2009, 08:46:35 »
L'altro giorno mi hanno prestato un libro freschissimo di stampa sul Surf Casting, il cui autore appartiene alle nuove leve dei cultori di questa disciplina.
Due concetti mi hanno particolarmente colpito di quanto ha scritto: uno di carattere prettamente personale, l'altro (molto più interessante) sul nuovo modo di concepire la pesca dalla spiaggia.
Il giovane autore, nella sua introduzione generica sul surf casting, ha praticamente "dissacrato" la cultura ormai trentennale sulla quale gli ormai attempati surf casters avevano fondato tutta la loro preparazione e convinzione. Devo confessarvi che inizialmente, da antico seguace di quella religione, sono stato preso da una stizza furiosa e sono stato tentato di buttare tra le fiamme il libro. Poi, anche perchè il libro non è mio, per il fatto che un tempo infame mi costringeva a casa ed infine perchè spinto dalla curiosità, mi sono imposto a continuare la lettura: una sfogliatura veloce delle pagine, infatti, mi metteva sotto gli occhi una lunga serie di fotografie di sorridenti pescatori in maglietta e pantaloncini corti che esibivano con orgoglio le loro formidabili prede di valore, oratone, mormorone, spigolone. 
<< E che cavolo - mi son detto - se non si tratta di fotomontaggi, qui si tirano fuori bestioni di pregio e in abbondanza, stando comodamente in calzoncini corti e maglietta, in pieno giorno senza fare gli infreddoliti uccelli notturni, senza i disagi che comporta la pesca notturna in condizioni meteo-marine avverse!>>.
Surf casting, surf fishing, beach ledgering, surf light, l'autore dice di chiamarla come si vuole, ma << si tratta sempre della stessa cosa, ovvero i nostri piedi sulla sabbia, più in là il mare, un paio di canne abbinate ad altrettanti mulinelli...>>. Attrezzatura ultra-light, lenza madre 0.14-0.16, arenicola e bigattino, ecco alcune delle armi vincenti caldeggiate dall'autore. E' fuor di dubbio che funzionano egregiamente, mio giovane autore, ma lo sapevamo già, praticando il beach ledgering, il surf light, il surf fishing, insomma la pesca da fondo in generale. I tuoi suggerimenti per fare quelle catture eccezionali sono fuor di dubbio eccellenti, mio caro scrittore, ma avresti dovuto intitolare il tuo libro "Pesca dalla spiaggia" e non, furbescamente, "L'abc del surf casting", per cercare di vendere copie in più. La tecnica che descrivi è davvero vincente ma, per favore, non chiamarla surf casting!

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Ho cercato in vari dizionari di inglese, ma non ho trovato il termine ledgering o legering.
Qualcuno sa dirmi la sua traduzione italiana?

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CARPFISHING / Carpfishing: come iniziare?
« on: March 05, 2009, 12:07:29 »
Pur avendo l'invidiabile fortuna di abitare ai piedi del più grande stagno d'Europa, non ho mai praticato il Carpfishing, di cui conosco poco o niente.
Sarei pertanto grato a qualche appassionato di questa disciplina se potesse darmi approfonditi suggerimenti sulla pesca alla carpa, che derivino soprattutto dalla sua personale esperienza, con dettagliata esposizione sull'attrezzatura, l'esca, i metodi, i periodi migliori e così via.
Premetto che pratico già la pesca sportiva, ma finora solo in acque salate.
Grazie.

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COSTRUZIONE DEL PALAMITO A VELA MODELLO DeLUXE - PARTE II

Revisione N.3 del 28-05-2013

Da tener presente

1. La caratteristica principale di questo modello di palamito a vela è la sua facilità di utilizzo ed è perciò indirizzato a tutti i principianti. La facilità di utilizzo è dovuta al fatto che gli ami non sono legati in modo diretto al trave del palamito, ma vanno collegati ad esso uno ad uno solo al momento di calarlo in acqua.
 
2. Lo stesso avviene durante il salpaggio: tutti gli ami vanno staccati dal trave uno ad uno e riposti in un contenitore a parte. Pertanto, durante il trasporto, trave ed ami “viaggiano” separati ed in questo modo è impossibile che avvenga quel garbuglio che fa desistere i principianti dall’utilizzo del palamito.

3. Volendo, questo palamito può essere calato anche da un’imbarcazione, sia usando la “barchetta” descritta nella PARTE I, oppure calandolo come un palamito tradizionale.

4. Gli ami possono essere legati direttamente al trave senza utilizzare gli Speedy Lock o gli snodi descritti più avanti, ma solo se si è già esperti di palamito (operazione sconsigliata ai principianti).

5. Il palamito qui descritto è un palamito ‘leggero’ dedicato alla cattura di esemplari di piccola e media stazza, quelli che di solito stazionano sottocosta durante il periodo estivo.

6. Essendo un palamito a vela da calare dalla spiaggia, chiaramente è necessario un vento o una brezza che soffi da terra verso il mare. In assenza di vento, durante la stagione estiva, si può sfruttare la brezza che si forma per la differenza di temperatura tra la terra e il mare, di solito durante le ore notturne o all’alba. Chi possiede un kajak o un canottino qualsiasi, può trascinare il palamito al largo con facilità. Per chi se la sente, è anche possibile trascinare la barchetta a nuoto tramite una cordicella usando pinne e maschera…..

7. Essendo un palamito trascinato da una vela, è importante che il fondale non sia molto accidentato (rocce rade e possibilmente piatte, vegetazione rada e bassa), altrimenti qualche amo, incagliandosi sul fondo, impedisce l’avanzamento del palamito.

Assemblaggio del palamito

Introduzione

Come già preannunciato nella prima parte di questa guida, ho chiamato "DeLUXE" questo palamito per la ricca dotazione di accessori che lo compongono. Non è certamente un tipo di palamito che i professionisti userebbero mai, e probabilmente neanche i semiprofessionisti, ma chi non ha molta dimestichezza con i palamiti e vuole divertirsi provando questo tipo di pesca, a fine giornata sicuramente non butterà nella spazzatura tutta l'attrezzatura perché trasformatasi in un groviglio immane di ami, piombi e galleggianti.
L'assemblaggio del DeLuxe non è assolutamente difficile, è solo un po’ lungo e richiede sicuramente un bel pò di tempo e molta pazienza, ma nessuno ci obbliga ad assemblarlo in un'unica tirata: possiamo assembrarlo in più riprese come più ci fa comodo. Il lungo tempo che impiegheremo nell'assemblaggio sarà comunque "una tantum" e lo riguadagneremo in abbondanza ogni volta che caleremo, salperemo e riporremo il palamito, perché non avremo da sgarbugliare nulla.
Una volta impratichiti, passeremo poi più facilmente al palamito tradizionale.

Occorrente per costruire il palamito DeLuxe da 100 ami

L’ideale sarebbe mantenere il trave in spezzone unico per tutta la sua lunghezza, se però durante l'assemblaggio dei primi 25 ami proviamo una sensazione di stanchezza o di "stufferia", nulla ci vieta di suddividere la costruzione del palamito in 4 sezioni da 25 ami ciascuno: in questo modo possiamo affrontare il lavoro in 4 sedute separate. Le 4 sezioni possiamo poi unirle in seguito con facilità con un semplice nodo di congiunzione.

Possiamo assemblare il palamito usando due metodi a nostra scelta:

-   Metodo A: utilizzo degli Speedy Lock della Stonfo (più veloce)
-   Metodo B: utilizzo di snodi creati con perline e girelle (più lento)

A) Occorrente per il metodo con Speedy Lock:

- N. 120 "Speedy Lock" della Stonfo:


 



B) Occorrente per il metodo con snodi creati con perline e girelle:


 


- N. 200 perline forate del colore "x" (p.e. nero), da comprare in merceria
- N. 20 perline del colore "y" (p.e. rosso), da comprare in merceria
- N. 20 perline del colore "z" (p.e. verde), da comprare in merceria
- N. 120 girelle con moschettone del N° 10, del tipo economico
- N. 120 girelle senza moschettone del N° 10, del tipo economico

(Perline e girelle non servono se usiamo il metodo Speedy Lock).

C) Materiale comune sia al metodo con Speedy Lock che al metodo con snodi di perline:

-  N. 100 ami da palamito del N° 8 (ottimi quelli della Mustad)
-  N. 10 piombi da 20 gr
-  N. 1 piombo da 150 gr
-  N. 10 galleggianti da rete da pesca del tipo ovoidale oppure a ciambella, della grandezza di un uovo di gallina
 


- N. 1 piombo da 1 kg (contrappeso "leggero" per la barchetta)
- N. 1 piombo da 2 kg (contrappeso "pesante" per la barchetta)
- N. 1 moschettone tipo 'grillo' per reggere il piombo contrappeso
- N. 1 moschettone tipo 'grillo' per collegare il trave del palamito alla barchetta
 


- N. 1 rocchetto di nylon del diametro 0.25 mm, lungo almeno 250 mt, per i braccioli degli ami, dei piombi e dei galleggianti
- N. 1 matassa di nylon da palamito del diametro 0.80 mm, lunga almeno 1.000 mt,  da usare come trave (scegliete il più morbido che trovate). Comprate la matassa solo se disponente di un aspo (arcolaio), volendo anche autocostruibile, altrimenti ripiegate sul nylon in rocchetto:
 


- N. 1 coffa da palamito o cassetta appositamente autocostruita (vedi più avanti)
- Colla Attack per incollare provvisoriamente le perline.

Dove acquistare il materiale:
Per contenere i costi, acquisteremo le perline in merceria. Il diametro delle perline deve essere proporzionale al diametro dell’occhiello della girella, quindi solo leggermente più grande:
 


Acquisteremo ami, nylon, galleggianti, piombi e coffa da un rivenditore di articoli da pesca. Le girelle possono essere del tipo economico:
 


Occorrente per costruire la puleggia per calare e salpare il palamito

Ottimo l'avvolgi-tubo per la canna d'acqua da giardino, modello piccolo, chiaramente senza il tubo dell’acqua:
 


Questo accessorio è l'ideale per calare e salpare il palamito: prima di tutto è pronto all'uso, in secondo luogo è costruito in plastica ed alluminio (quindi antisalsedine) ed in terzo luogo risolve il problema della maniglia. E' proprio quello che ci vuole. E' sufficiente studiare un sistema da collegare alla base in modo da posizionarlo su un picchetto da sabbia. Quello sotto può essere un esempio, ma potete escogitare un sistema qualsiasi per tenere l’avvolgitubo sollevato dalla sabbia e ben saldo:



Assemblaggio del palamito

Questo è il lavoro più stressante, in quanto richiede un minimo di concentrazione per non commettere errori durante l'inserimento delle perline e delle girelle.
Per quanto già detto all’inizio, non siamo obbligati ad assemblare un trave formato da un pezzo unico, possiamo suddividerlo anche in 4 spezzoni da 25 ami ciascuno. Non è assolutamente necessario comprare nylon di marca, perché un diametro di 0.80 mm è sufficientemente robusto anche se "ordinario" (i fili da palamito della DP sono ottimi e costano poco). Sconsiglio di utilizzare il classico cordoncino da palamito, perché si imbibisce d'acqua e si appesantisce. Eventualmente lasciatevelo come alternativa quando avrete acquistato dimestichezza col palamito a vela.

Non serve usare il metro. E' molto più pratico usare la 'bracciata', intendendo per bracciata l'apertura orizzontale completa di entrambe le nostre braccia (che a seconda della lunghezza delle nostre braccia equivale più o meno a mt 1,50-1,80, ma ciò non ha importanza). Se vogliamo un riscontro in metri delle varie lunghezze, sarà sufficiente misurare esattamente l’apertura delle nostre braccia e moltiplicare questa lunghezza per le bracciate che utilizzeremo nelle varie fasi del lavoro. Per comodità, ho supposto che una bracciata equivalga a 1,5 mt, ma ripeto, non ha alcuna importanza la lunghezza reale di una nostra bracciata, quanto il numero delle bracciate in quella determinata fase del lavoro. Se proprio volete essere precisi ed usare comunque il metro, quando parlo di una bracciata fatela equivalente a 1,5 metri.

Se non abbiamo gli Speedy Lock e dobbiamo usare perline e girelle, procuriamoci 5 ciotoline o bicchieri di plastica e riversiamo in ognuno le perline nere, le rosse, le verdi, le girelle senza moschettone e quelle con moschettone (tenendo il tutto ben separato), dopo aver contato esattamente i pezzi: il conteggio esatto dei pezzi è importante per accorgerci, alla fine, se abbiamo tralasciato di inserire qualche pezzo o ne abbiamo inserito in più in qualche punto che non centrava nulla….

A. Assemblaggio del palamito con gli Speedy Lock:

1. Leghiamo  il capo del trave all’ avvolgitubo, poi contiamo 6 bracciate e mezzo (più o meno  10 mt) e mettiamo un segnale alla fine delle bracciate (facciamo una specie di nodino di stop con del cordoncino dai colori vivaci). Avvolgiamo queste 6,5 bracciate all’avvolgitubo, facendo in modo da distribuire in modo uniforme le spire sull’avvolgitubo.

2. Contiamo poi altre 6 bracciate e mezzo e poniamo un altro segnale. Avvolgiamo anche queste 6,5 bracciate all’avvolgitubo.

3. Proseguiamo in questo modo per altre 8 volte: alla fine avremo più o meno 100 mt di filo con 10 segnali posti alla distanza di circa 10 mt l'uno dall'altro. Una volta calato il palamito, questi 100 mt saranno la parte finale del palamito e ci serviranno per far lavorare gli ultimi ami più o meno vicino alla riva, ed i segnali posti ogni 10 mt ci danno un'idea di quale sia questa distanza.

4. Arrivati alla fine dei 100 metri, posizioniamo il primo Speedy Lock: attenzione, il pezzo n. 5 dello Speedy Lock (quello a cui va legato l’amo) non va inserito in questa fase: infatti, una volta che vi avremo legato il bracciolo, questo pezzo andrà collegato solo al momento della calata.
 
5. Proseguiamo ad installare tutti e 120 gli Speedy Lock distanziandoli esattamente 3 bracciate l'uno dall'altro: di questi 120 Speedy Lock, 100 serviranno per attaccarci gli ami, 10 serviranno per attaccarci i piombi e 10 per attaccarci i galleggianti. Man mano che procediamo in questa operazione, avvolgiamo il trave nell'avvolgi-tubo facendo in modo da distribuire in modo uniforme le spire in modo che non risultino troppo accavallate in uno stesso punto.

6. Dopo aver posizionato il 120° Speedy Lock, contiamo adesso 33 bracciate di trave (circa 50 mt) che dovranno rimanere 'liberi': questi 50 mt (che sono alla fine del trave) servono come una specie di 'ammortizzatore' per evitare che la barchetta, con la sua trazione, sollevi troppo gli ami che sono alla fine del palamito: infatti la barchetta, anziché sollevare gli ultimi ami, solleverà una parte di questi 50 mt, che sono privi di ami e che funzioneranno appunto come un ammortizzatore.
 
7. Avvolgiamo nell'avvolgi-tubo anche questi ultimi 50 mt di trave: quando arriviamo alla fine dei 50 mt (ovvero delle 33 bracciate), eseguiamo sul  capo finale un’asola ben fatta: dentro quest’asola infileremo il moschettone tipo 'grillo' (quando caleremo il palamito in spiaggia) che servirà per collegare il trave alla barchetta.

Abbiamo terminato la prima parte dell'assemblaggio del trave del palamito col metodo Speedy Lock. L'avvolgi-tubo con tutto il trave avvolto, privo di ami, di piombi e di galleggianti, sarà in questo modo facilmente trasportabile senza creare il minimo garbuglio.

La legatura degli ami, dei piombi e dei galleggianti verrà illustrata più avanti dopo la spiegazione del metodo di assemblaggio del palamito con gli snodi, appena qui sotto.

B) Assemblaggio del palamito con gli snodi creati con le perline e le girelle:  

Se non riusciamo a reperire gli Speedy Lock, oppure se preferiamo comunque usare questo tipo di snodi al posto degli Speedy Lock, dobbiamo inserire nel trave perline e girelle con cui costruire gli snodi per gli ami, per i piombi e per i galleggianti:



Prendiamo in mano il capo del trave ed infiliamoci tutte le 240 perline e le 120 girelle senza moschettone, seguendo lo schema sottostante. In questa fase ci limiteremo solo ad infilare tutte le perline e tutte le girelle senza preoccuparci di distanziarle e di fare i nodini:

Prima sequenza:

1. Infiliamo una perlina rossa, a seguire una girella senza moschettone e a seguire ancora un’altra perlina rossa: questo sarà lo snodo in cui attaccheremo in seguito il primo piombo.

2. Infiliamo adesso una perlina nera, a seguire una girella senza moschettone e a seguire ancora un’altra perlina nera: questo sarà lo snodo in cui attaccheremo in seguito il primo amo.

3. Ripetiamo l’operazione del punto 2 per altre quattro volte: questi altri quattro snodi serviranno per attaccarci il 2°, il 3°, il 4° ed il 5° amo.

4. Infiliamo adesso una perlina verde, a seguire una girella senza moschettone e a seguire ancora un’altra perlina verde: questo sarà lo snodo in cui attaccheremo in seguito il primo galleggiante.

Le operazioni descritte nei punti 1 + 2 + 3 + 4 rappresentano una sequenza: siccome di ami dobbiamo attaccarne 100, di piombi 20 e di galleggianti 20, di queste sequenze (esattamente tutte uguali) dobbiamo crearne 20.

Seconda  sequenza:

Ripetiamo tutte le operazioni descritte nei punti 1 + 2 + 3 + 4

Terza sequenza, Quarta sequenza…..….. Ventesima sequenza:

Ripetiamo tutte le operazioni descritte nei punti 1 + 2 + 3 + 4

Terminata la ventesima sequenza, abbiamo infilato tutte le perline e tutte le girelle senza moschettone nel trave:
 


Adesso ci attende il lavoro più rognoso: posizionare tutti gli snodi alle giuste distanze e fissare le perline di ciascuno snodo con i nodini di stop.

1. Leghiamo  il capo del trave all’ avvolgitubo, poi contiamo 6 bracciate e mezzo (più o meno  10 mt) e mettiamo un segnale alla fine delle bracciate (facciamo una specie di nodino di stop con del cordoncino dai colori vivaci). Avvolgiamo queste 6,5 bracciate all’avvolgitubo, facendo in modo da distribuire in modo uniforme le spire sull’avvolgitubo. Man mano che procediamo in questa operazione, facciamo scivolare lungo il trave tutte le perline e le girelle.

2. Contiamo altre 6 bracciate e mezzo e poniamo un altro segnale. Avvolgiamo anche queste 6,5 bracciate all’avvolgitubo. Man mano che procediamo in questa operazione, facciamo scivolare lungo il trave tutte le perline e le girelle.

3. Proseguiamo in questo modo per altre 8 volte: alla fine avremo più o meno 100 mt di filo con 10 segnali posti alla distanza di circa 10 mt l'uno dall'altro. Una volta calato il palamito, questi 100 mt saranno la parte finale del palamito e ci serviranno per far lavorare gli ultimi ami più o meno vicino alla riva, ed i segnali posti ogni 10 mt ci danno un'idea di quale sia questa distanza.

4. Arrivati alla fine dei 100 metri, blocchiamo il primo snodo sul trave (per snodo si intende due perline che racchiudono tra di esse una girella): il lavoro ci viene facilitato se, prima di fare i nodini di stop, fissiamo le perline sul trave con una goccia di Attack. Una volta fissate le perline con l’Attack, infatti,  è più facile procedere con i nodini. Magari, più avanti, una volta che ci avrete preso mano, non sarà più necessario usare l’Attack…
Le due perline dello snodo devono stare il più possibile ravvicinate alla girella: diciamo che lo spazio da lasciare tra perline e girella deve essere appena sufficiente a far ruotare la girella di 360° gradi, quindi è proprio minimo.

5. Adesso dobbiamo bloccare il secondo snodo: facciamo scorrere il trave esattamente  per 3 bracciate: è quello il punto in cui bloccare il secondo snodo. La distanza tra un qualsiasi snodo e quello successivo è fissa e sarà sempre di 3 bracciate. Man mano che avanziamo in questa operazione, facciamo scivolare lungo il trave tutte le perline e le girelle. La figura sotto mostra come si presenterà il palamito in fase di calata:
 


6. Proseguiamo in questo modo sino a completare il bloccaggio di tutti e 120 snodi. Siccome questo lavoro è ripetitivo, ad un certo momento può diventare snervante: possiamo sospendere l’operazione quando più ci pare e riprenderla nei giorni successivi (l’unica consolazione è che si fa una volta per sempre…)

Note:
 
- Ogni 5 ami si alternano una volta il piombo ed un volta il galleggiante. I tre colori delle perline ci   agevoleranno, in fase di calata, a stabilire dove andranno attaccati gli ami, i piombi e le girelle. Arbitrariamente ho assegnato il colore nero agli ami, il colore rosso ai piombi e quello verde ai galleggianti. E' chiaro che potete scegliere i colori che volete, l'importante è che i colori siano solamente 3, altrimenti diventa un caos ancora prima di iniziare.

- Il lavoro va fatto con assoluta calma e CONCENTRAZIONE, altrimenti è facilissimo saltare l'inserimento di una perlina o di una girella, o sbagliare la sequenza. Se ci accorgiamo che stiamo perdendo la trebisonda, sospendiamo immediatamente, perché l'errore è in agguato. Cambiamo 'lavoro' e passiamo a legare qualche amo, piombo o galleggiante, alternando la legatura degli ami all'inserimento di perline e girelle, in modo da non fare continuativamente un lavoro ripetitivo, che è quello che fa perdere la concentrazione.
 


Quando, una volta in spiaggia, caleremo il palamito, seguiremo questo schema per attaccare piombi, ami e galleggianti:
-   Snodo rosso = piombo
-   Snodo nero = amo
-   Snodo verde = galleggiante



Braccioli, ami, piombi e galleggianti:

Lunghezza dei braccioli (nylon diametro 0.25):
- braccioli per piombi e galleggianti = cm 20
- braccioli per ami = 1 bracciata

Cosa legare ai braccioli:
- Ai braccioli per piombi legare da una parte il piombo e dall'altra la girella con moschettone.
- Ai braccioli per galleggianti legare da una parte il galleggiante e dall'altra la girella con moschettone.
- Ai braccioli per ami legare da una parte l'amo e dall'altra la girella con moschettone.

Distanza tra uno snodo e l'altro:
la distanza tra uno Speedy Lock e l'altro (o tra uno snodo e l’altro), indistintamente se per ami, piombi o galleggianti, è sempre la stessa per tutto il palamito: 3 bracciate.

Prima di bloccare gli snodi:
facciamo il riscontro della sequenza esatta delle perline e delle girelle del trave, se vogliamo evitare qualche sorpresa durante la prima calata.
Se malauguratamente abbiamo saltato qualche perlina o girella, o abbiamo sbagliato la sequenza, dobbiamo sfilare perline e girelle sino a quel punto e da lì ricominciare ><;D<  

Come bloccare gli snodi:
per velocizzare il lavoro, inizialmente blocchiamo le perline sul nylon usando l'Attack in modo da fermarle nella loro posizione. Siccome la colla non da abbastanza affidamento ‘antiscorrimento’ in caso di una preda più pesantuccia, è meglio bloccare le perline con un metodo più sicuro, cioè facendo i nodini di stop a 5 spire con un cordoncino sottile che i pescatori professionisti usano per aggiustare le reti o altro tipo di cordoncino di cui disponiamo (filo interdentale, filo multifibra, ecc.). Una volta preso mano a fare i nodini di stop, forse possiamo anche evitare di usare preventivamente l’Attack….
Il lavoro ci viene più facile se usiamo l'ottimo accessorio della Stonfo che ci consente di tenere steso il trave durante l'incollaggio, oppure possiamo autocostruircelo (vedi a proposito quello postato da Cuccosan nella sezione FAI DA TE)



Prevedere l’ “ammortizzatore”:
Dopo aver bloccato l’ultimo snodo, dobbiamo contare 33 bracciate (50 mt) che debbono rimanere "nude": queste servono per controbilanciare la forza di trazione da parte della barchetta, che tenderebbe a sollevare troppo dal fondo la parte iniziale del palamito (cioè gli ami più vicini alla barchetta). Per sminuire ancora di più questa tendenza, se il vento è molto forte, nell'ultimo snodo (che sarà il primo durante la calata) sarà meglio mettere un piombo da 150 gr anziché da 20 gr. Alla fine delle 33 bracciate, facciamo una buona asola che agganceremo in fase di calata al moschettone tipo 'grillo' che abbiamo prescelto (quello a molla o quello col traversino filettato), e che abbiamo sistemato sulla poppa della barchetta mediante una grossa vite  con occhiello
  

 
Alla fine dell'opera, l'intero trave del palamito si trova adesso avvolto nella puleggia, pronto all'uso.

La coffa ideale

Nel nostro caso la coffa serve solo per riporre gli ami e non anche il trave del palamito, che è stato invece avvolto nella puleggia: questi due componenti viaggiano quindi separati. Piombi e girelle è meglio riporli in un secondo contenitore, oppure suddividere la coffa in settori mediante divisori in legno.
Se non vogliamo usare una coffa, possiamo costruirci una cassetta di legno oppure, se riusciamo a reperirla, l’ottima cassetta in plastica che si usa per i pomodori, a cui incollare due listelli di sughero per appuntarci gli ami:
 


Finalmente a pesca

Il palamito si può manovrare anche da soli, ma l'ideale è farlo in due. La prima volta sarebbe sempre meglio che un amico ci accompagnasse e che la prima calata fosse fatta in piena luce: dobbiamo infatti renderci conto di come funziona il tutto ed osservare se di fronte a noi c'è uno sbarramento di reti.

Mettiamo la vela al barchino, appendiamo il piombo contrappeso (quello da 1 kg se il vento è debole, quello da 2 kg se è forte), colleghiamoci il trave del palamito e facciamolo navigare col vento in poppa. Facciamo scorrere le 33 bracciate finché arriviamo al primo snodo rosso: attacchiamoci il piombo da 20 gr se il vento è debole, quello da 150 gr se è forte, ed agevoliamo il suo allontanamento dalla riva. Colleghiamo il primo amo, inneschiamolo e facciamo scorrere il trave. Colleghiamo ed inneschiamo gli altri 4 ami.
Ops! Snodo verde! Che cosa significava? Ah, già, il galleggiante. Colleghiamolo e via. Dopo altri 5 ami, di nuovo lo snodo rosso: piombo da 20 gr e via anche lui.
Siamo finalmente arrivati alla fine del palamito. Non ci resta che attendere.
Quando è arrivato il momento in cui avete deciso che è ora di salpare il palamito, procedete in questo modo: man mano che recuperate un amo, un piombo o un galleggiante, sganciatelo e riponetelo nella coffa. Se c'è ancora l'esca, mi raccomando, staccatela, altrimenti sai che profumino in casa, dopo qualche giorno, se per caso ci dimentichiamo di ripulire gli ami!

Suggerimenti:
- per velocizzare la calata, gli ami si possono innescare già da casa. Trattandosi di un palamito 'leggero' e da sottocosta, è meglio usare esche morbide, le stesse che usiamo con le canne (cannolicchio, polpa di oloturia, vermi, bibi, gamberetti, ecc…).
Se intendiamo fare una sola calata da lasciare in pesca per tutta la notte, allora possiamo usare anche striscioline di calamaro e seppia.
- prima di calare il palamito, accertatevi che di fronte a voi non ci sia lo sbarramento delle reti, che il fondale non sia molto accidentato e che le alghe siano basse e diradate, altrimenti gli ami si incagliano ed il palamito non avanza.




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Revisione del 1 Giugno 2014 e reintegro delle figure mancanti

COSTRUZIONE DEL PALAMITO A VELA MODELLO DeLUXE

PARTE 1 : COSTRUZIONE DELLA BARCHETTA E DELLA VELA

Ho battezzato "DeLuxe" questo modello di Palamito a Vela perché impreziosito da numerosi accessori che lo rendono praticamente esente da qualsiasi garbuglio e quindi utilizzabile anche da chi non ha mai usato un palamito ( e tantomeno a vela ). La costruzione non è assolutamente difficile, richiede soltanto più tempo per l'assemblaggio rispetto al palamito classico ed una maggior dose di pazienza. Per contro, la sua manovrabilità sarà estremamente semplice anche da parte di coloro che non hanno mai usato un palamito, cosa che non è affatto da trascurare.

DESCRIZIONE GENERALE

Il palamito a vela consiste di un "barchino" in legno sormontato da una vela che, sfruttando il vento che soffia da terra, trascina il palamito dalla riva verso il largo (la distanza da riva dipende dal numero di ami con cui intendiamo armare il palamito e sopratutto dalla lunghezza che vogliamo dare al trave). Il tipo di palamito qui descritto è una forma ibrida tra il palamito "a pelo" (da fondo) ed il palamito semi-galleggiante, che assume un andamento sinusoidale alternando ami adagiati completamente sul fondo ed ami che lo sfiorano. Volendo, è possibile trasformarlo completamente in palamito "a pelo" eliminando i galleggianti, oppure trasformarlo completamente in palamito galleggiante o semi-galleggiante eliminando completamente o parzialmente i piombi.
Gli accessori consistono in perline forate infilate nel trave a coppie, tra le quali è trattenuta una girella che servirà da aggancio agli ami, ai piombi ed ai galleggiati (i classici snodi ). Altre girelle munite di moschettone andranno legate ai braccioli degli ami, dei piombi e dei galleggianti per un aggancio-sgancio rapido dei medesimi dal trave. Servono poi una ventina di piombi da 20 gr ed altrettanti galleggianti da rete da pesca (quelli a ciambella oppure quelli ovoidali). 
E' poi necessaria una coffa da palamito per deporvi gli ami ed una puleggia munita di manovella in cui avvolgere il trave. Serve anche una piccola lampada stagna da posizionare sul barchino per indicarci la sua posizione nelle ore notturne.
Il palamito a vela va calato in luoghi privi di traffico marittimo, pena il rischio che venga agganciato da qualche natante, e naturalmente privi di reti, preferibilmente al tramonto. Durante una battuta può essere salpato e calato anche più volte. Il tipo di esca sarà la stessa che usiamo quando peschiamo con le canne, con qualche variazione tipo la polpa dell'oloturia, usata dai palamitai professionisti. Anche se il palamito può essere manovrato da soli, sarebbe sempre meglio operare in due persone, particolarmente nelle ore notturne.
Suggerimento: se usate esche non troppo deperibili, innescate gli ami a casa dal giorno prima per guadagnare tempo.
 

MATERIALE OCCORRENTE

1. Per la costruzione del barchino:

- 2 tavole di legno cm 70x10x2 (costruzione della prua)
- 1 tavola di legno cm 60x10x2 (costruzione della poppa)
- 1 tavola di legno cm 40x10x2 (sostegno dell'albero della vela)
- 1 tavola di legno cm 20x10x2 (rinforzo della prua)
- 1 spezzone di tubo in alluminio cm 10x2 (per sostenere l'albero)
- Chiodi
- Viti
- 3 placche di alluminio, ottone o acciaio inox cm 6x2x0.01 (rinforzi per le giunture)
- colla vinilica, colla bostik, colla per polistirolo
- 1 foglio di polistirolo "denso" cm 50x50x10
   (Nota: le misure sono indicative. Basandovi sul disegno, potete costruire un barchino più grande o più piccolo di quello da me descritto).

2. Per la costruzione della vela quadra:

-   La tela di un vecchio parapioggia o una tela equivalente, cioè idrorepellente (tela cerata). In mancanza, può essere usata una tela qualsiasi
-   Una stecca tonda di legno o di alluminio con la funzione di albero
-   Due stecche tonde di legno o di alluminio (di diametro inferiore a quello dell’albero), con la funzione di pennoni (uno superiore ed uno inferiore)
-   Colla bostik
-   Cordoncino per le sartie


 


La parte più impegnativa e delicata è quella di tagliare con le angolazioni giuste le estremità delle 3 tavole che formeranno lo scafo , in modo che, assemblate per formare il triangolo del barchino, esse combacino il più possibile: le tre tavole, infatti, vanno incollate tra di loro e se le parti tagliate hanno un andamento irregolare anziché netto, la colla non avrà alcun effetto.
Suggerendovi di andare dal vostro amico falegname con una bottiglia di vino o di birra sotto il braccio per farvi ritagliare da lui le tavole, potete tentarci voi stessi usando questo metodo (è altamente consigliato l'uso del seghetto alternativo):

 


Terminato il taglio, mettete la colla Vinavil o Bostik sulle parti tagliate ed attendete che la colla faccia un po’ di presa. Dopodiché avvitate sulle due tavole una piastrina di alluminio, ottone o acciaio inox per rafforzare la tenuta .
Adesso sottoponete a queste due tavole la terza tavola (la ‘poppa’) e procedete al taglio usando lo stesso sistema visto sopra. Terminato il taglio, procedete all’incollaggio della poppa e al rafforzo con le piastrine di metallo. Attenzione a posizionare la tavola partendo dagli angoli giusti, come in figura:

 


Se il taglio è stato fatto come si deve, le tre tavole, ravvicinate, coincideranno perfettamente a formare il triangolo della struttura portante del barchino. Adesso bisogna incollare/avvitare una traversa di rinforzo + una traversa che serve per sostenere la vela. La traversa della vela va forata al centro per farvi passare un tubo di materiale non ossidabile (alluminio, ottono, acciaio o plastica robustissima), il quale servirà per infilarvi l’albero della vela (quando montiamo il barchino in spiaggia), oppure per sfilarlo al momento di smontare il barchino per il trasporto. Il diametro del tubo sarà ovviamente adeguato al diametro dell’albero della vela: l’albero ci deve entrare senza difficoltà, ma non ci deve neanche ‘ballare’ dentro:



Il tubo ideale sarebbe quello provvisto di una svasatura che gli impedisce di uscire dal foro della traversa, ma possiamo ovviare mettendo un collare al tubo che svolga le stesse funzioni della svasatura. Per impedire che l’albero fuoriesca dalla parte inferiore del tubo, ad una delle estremità del tubo pratichiamo un foro passante in cui infileremo un bulloncino dotato di dado, che farà da fermo alla fuoriuscita dell’albero.
Ma questo bulloncino ha anche un altro scopo, che è quello di reggere una pesante zavorra (da 1 o 2 kg) che dobbiamo appendere al barchino per impedirne il ribaltamento a causa del vento o di altre cause accidentali. Per facilitare l’operazione di mettere e togliere la zavorra durante il trasporto, infiliamo nel bulloncino un robusto moschettone:
     - infiliamo il bullone nel foro sino a metà
     - infiliamo il moschettone nel bullone
     - spingiamo il bullone per farlo uscire dall’altra parte del foro
     - blocchiamo con un dado:



Adesso dobbiamo garantire la massima galleggiabilità del barchino incollandoci del materiale altamente galleggiante e facilmente reperibile, ovvero il polistirolo espanso.
Non però quello delicato e friabile che si usa per gli imballaggi di protezione, ma quello ben più solido e denso. Inoltre lo spessore non deve essere inferiore ai 10 cm. L’ideale sarebbe il sughero, molto più robusto, ma è praticamente introvabile con uno spessore di 10 cm. Se riuscite comunque a reperirlo, usate senza indugio il sughero.
Servono 3 blocchi di polistirolo, uno per la prua e gli altri due per gli angoli della poppa. Utilizzando un taglierino, sagomate i 3 blocchi come da figura, quindi incollateli allo scafo con l’apposita colla per polistirolo: per garantire che col tempo i blocchi non si stacchino dalla struttura, trapassate blocchi e traverse con un bullone provvisto di dado e grosse rondelle ed abbullonateli al legno. La sagomatura dei blocchi facilita la scorrevolezza del barchino in acqua.
Più sono grandi i blocchi, più il barchino galleggia, quindi non lesinate con le dimensioni.

Nota: vi suggerisco di collaudare la galleggiabilità del barchino prima di incollare e fissare i blocchi di polistirolo al legno. Per il collaudo è sufficiente tenere solidali i blocchi al legno con del nastro adesivo o isolante. In questo modo potete staccare con facilità i blocchi e sostituirli con altri più grandi per aumentare la galleggiabilità (naturalmente la prova di galleggiabilità va fatta con la zavorra antiribaltamento attaccata).
La zavorra la potete preparare squagliando 1 o 2 kg di piombo dentro un barattolo di pelati e affogandoci dentro uno spezzone di ferro dotato di occhiello. Se non avete piombo, potete colare del cemento dentro il barattolo.
 




Se lo preferite super galleggiante, potete sagomare a triangolo un intero foglio di polistirolo ed attaccarlo sotto lo scafo: fate al centro del foglio un foro per il tubo dell’albero. Con questo sistema, la zavorra antiribaltamento deve essere molto più pesante:



La barchetta è terminata. Non vi resta altro che una bella spruzzata di vernice spray (da dare al legno prima di attaccarvi il polistirolo, per evitare di squagliarlo!).

COSTRUZIONE DELLA VELA QUADRA

Occorrente:
-   La tela di un vecchio parapioggia o una tela equivalente, cioè idrorepellente. In mancanza di tela cerata, potete usare una tela qualsiasi.
-   Una stecca tonda di legno o di alluminio con la funzione di albero (alta 1 mt)
-   Due stecche tonde di legno o di alluminio (di diametro inferiore a quello dell’albero), con la funzione di pennoni (uno superiore ed uno inferiore, lunghi 60 cm)
-   Colla
-   Cordoncino per le sartie

Nota: anche le dimensioni della vela sono indicative, ma devono comunque restare proporzionali alle dimensioni dello scafo.

Tagliate la tela in forma quadrata (cm 58x58). Incollate un bordo della tela con Bostick avvolgendolo intorno al primo pennone di cm 60x1, poi incollate il bordo opposto della tela al secondo pennone che ha le stesse dimensioni (dalla tela fuoriuscirà 1 cm di pennone per parte).
Per maggior tenuta, fate fare un giro e mezzo alla tela intorno al pennone, mettendo sempre la colla.
Al centro di ogni pennone infilate un cordoncino robusto e fate un semplice nodo ‘morto’. I due capi del cordoncino devono essere abbastanza lunghi, in quanto servono per legare i pennoni all’albero: i nodi da fare per legare i pennoni all’albero non devono però essere nodi ‘morti’, in quanto dobbiamo poterli sciogliere con facilità per il trasporto (fate il nodo a cui siete più abituati, ossia lo stesso nodo che fate alle stringhe delle scarpe).

Infilate l’albero nel tubo porta albero e legate il primo pennone quasi in cima all’albero. Il secondo pennone lo legate più o meno a metà albero, facendo in modo che la tela non sia però tesa ma un po’ lasca.

Adesso dovete assicurare albero e pennoni allo scafo con le sartie. Legate un cordoncino robusto alla cima dell’albero ed uno ad ogni estremità dei pennoni.

Nella traversa di poppa infilate adesso 5 chiodi, a cui con le tenaglie asportate la testa: assicurate le 5 sartie ai 5 chiodi usando il ‘Nodo Parlato’.
I nodi ‘tengono’ meglio se infilate i chiodi sul bordo della traversa anziché sulla parte alta, però questa posizione è ‘fastidiosa’ (si impigliano dappertutto nel bagagliaio o nel ripostiglio, è facile graffiarsi, rovinarsi l’abbigliamento e cose di questo genere...). Per usarli in questa posizione, durante il trasporto o la manipolazione della barchetta fuori dall’acqua, vi suggerisco di incappucciarli con dei gommini o spezzoni di guaina di filo elettrico o con altri accorgimenti.
Nella figura, i chiodi sono infilati sul bordo della traversa.
 


Il barchino è pronto per il collaudo in acqua.

LA COSTRUZIONE DEL TRAVE E’ DESCRITTA NELLA PARTE II.

78
L'ORATA / Pescare l'orata dai moli del porto
« on: February 23, 2009, 20:28:41 »
Vi descrivo un metodo efficacissimo usato dai pescatori cagliaritani per catturare l'orata nel porto di Oristano, da sperimentare eventualmente in altri porti.

La banchina deve scendere a "picco" nell'acqua (questo particolare metodo non si può attuare in presenza di banchine scoscese o in presenza di massi frangiflutto).
La pesca va fatta in due, uno che tiene la lenza e l'altro che segue a ruota con il coppo.
La lenza, da tenere in mano, è formata da nylon del diametro 0.25, senza piombo e con un amo in acciaio robustissimo. Si apre una cozza, si stacca la polpa da una delle valve e si ammassa sull'altra valva. La valva vuota si stacca e si butta via. Si innesca l'amo nella polpa della valva rimasta e si cala in acqua per una profondità variabile dai 2 ai 4 metri (dipende a che altezza mangia il giorno l'orata, stabilita dalla prima toccata). I due pescatori iniziano una lenta "passeggiata" lungo il molo e quando l'orata viene agganciata il pescatore col coppo deve essere abilissimo a copparla al primo colpo, pena la rottura della sottile lenza (sto parlando di orate dai 4 ai 5 Kg). Salpata l'orata e reinnescato l'amo, la passeggiata prosegue.


79
PESCA FORUM BAR / Sapete dirmi di cosa si tratta?
« on: December 12, 2008, 11:12:10 »
Scusate se posto in questo topic, ma l'argomento è valido per moltissimi altri topic per cui, non sapendo quale scegliere, ho optato per questo generico.
Circa sei mesi fa ho seguito in TV un programma sulla pesca sportiva (non ricordo nè il programma nè il canale). Quello che mi ha colpito è l'incollaggio delle perline al terminale: il costruttore pescava con uno stecchino una goccia di colla liquida ma densa da una piccola bocceta (purtroppo anonima), la metteva sul terminale di nylon, vi posizionava sopra la perlina e subito dopo spruzzava il tutto con una bomboletta spray.
La perlina si incollava all'istante, con una tenuta veramente eccezionale.
Siccome il costruttore ha usato solo termini generici (colla e spray), non ho mai capito di cosa si tratta e nessun rivenditore ha saputo darmi indicazioni.
Qualcuno sa di cosa si tratta?

80
PESCA FORUM BAR / Ci sono marinai e marinai
« on: November 30, 2008, 06:39:40 »
Siccome qui in Sardegna è da quasi un mese che sta facendo un tempo infame (pioggie torrenziali e venti di bufera come mai si era visto) e non potendo quindi andare a pesca. mi distraggo leggendo cose allegre tanto per tirarmi su il morale. Per esempio (tratto dal settimanale Famiglia Cristiana n.47 del 23 nov. 2008, senza firma):

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