PREMESSA
Anch'io, come tanti altri pescatori, ho cominciato la mia avventura in mare, da ragazzino, con la cannetta fissa ed il galleggiante e i primi pesciolini che mi avevano fatto esultare di gioia erano i malcapitati saraghetti delle dimensioni delle vecchie cento lire o poco più. Son convinto che se facessimo un’indagine fra gli appassionati di surfcasting, su quale sia ritenuta la preda della specialità per eccellenza, il 90% risponderebbe: il sarago. Varie sono le ragioni che pongono il nostro sparide in cima alla classifica e, non da ultima, la questione affettiva di cui sopra. Quante volte è capitato che durante una battuta assolutamente priva di alcun risultato, l’unico a bussare al nostro cimino è stato proprio lui, magari un umile sparlotto che, in barba al suo ridotto apparato boccale ed alle sue misere dimensioni, si è fatto trafiggere dal nostro generoso beack guarnito da altrettanta generosa porzione di esca. Naturalmente l’abbiamo rimesso in acqua con tutte le cautele, ma la sua visita ci ha ricaricato le pile in una serata fredda e ventosa.
DOVE
Il sarago, nelle sue versioni più comuni nel mediterraneo (sparlo, maggiore, pizzuto ecc.) è presente in numerosi spot, anche in spiagge aperte tutta sabbia che nessun nascondiglio gli possono, in apparenza, riservare. La mia conoscenza del sarago è cresciuta nel tempo, dalla cannetta fissa in fibra fino ai primi passi nella pesca a fondo quando chiedevo (e lo chiedo ancora) ai pescatori più esperti consigli sulle spiagge più prolifiche. Spesse volte mi veniva consigliato di evitare quel tal sito in quanto vi erano solo saraghi. Un altro grosso contributo in tal senso mi era stato fornito dalla pesca a galleggiante che avevo incominciato a praticare ed affinare. Mi rendevo sempre più conto della differenza fra il pescare in condizioni meteo marine tranquille e in condizioni di mare mosso. Con la bolognese riuscivo a capire con un semplice colpo d’occhio quale fosse il “mare da saraghi” e non vi nascondo che gli esemplari più grossi li ho catturati con questa tecnica.
Passando il tempo e cominciando a ragionare, prima di tirare i piombi in acqua, ho cominciato a dare una spiegazione ed una interpretazione a tutte queste cose. Perché mi si consigliava di evitare quello spot se era possibile la cattura di saraghi? Perché la condizione ideale dell’epoca era il mare calmo che equivaleva ad esemplari di piccole dimensioni. Perché quello spot era da evitare mentre a poche centinaia di metri diventava il paradiso delle mormore? Perché cambiava radicalmente la morfologia del fondale. Qual'è quindi l’insegnamento che avevo tratto da queste considerazioni ed esperienze? Che il sarago, quello di misura, ha bisogno di mare mosso e di spot particolari. Con queste considerazioni mi ricollego all'importanza che riveste lo studio dello spot nella gestione di una battuta di pesca. Ovvero il passare da una cattura assolutamente fortuita ed occasionale ad una cattura cercata e mirata. Purtroppo la cosa più difficile è il trasporre le conoscenze ed esperienze di altre tecniche al surf casting. Per nostra sfortuna i posti migliori non sono praticabili a surf. Per posti migliori intendo la pesca dalle scogliere con fondale profondo o su fondali rocciosi dove ogni accorgimento antincaglio risulta inefficace. Bisogna comunque che adattiamo le strategie più efficaci alla nostra tecnica. Per quanto riguarda lo spot non ci sono problemi, sono grossomodo gli stessi già visti per la spigola. Quindi pocket beach meglio con fondale misto o comunque con presenza di scogliere o formazioni rocciose. E’ sempre possibile la presenza del sarago anche su spiagge aperte, specie nel gradino di risacca e nel sottocosta purché nelle vicinanze siano presenti possibili tane e rifugi. Il sarago è infatti un pesce stanziale e territoriale e quindi le sue escursioni alla ricerca di cibo sono a breve raggio. Le condizioni marine sono altrettanto intuitive: mare mosso, schiuma, acqua almeno velata. Per la mia esperienza posso affermare che gli esemplari migliori si muovono con l’acqua al limite della visibilità. Ciò non toglie che vi siano oasi felici in cui si possa acchiappare qualche dentone anche in condizioni light.
COME
Non sto a dilungarmi sull'attrezzatura: canne robuste in grado di affrontare le condizioni di mare in cui andremo a pescare. Non occorrono grosse doti balistiche in quanto nei nostri spot, più che la distanza andremo a privilegiare la precisione. Piazzare l'esca in una buca, una secca, uno spiazzo sabbioso fra due formazioni rocciose o a pochi metri da un molo o uno scoglio protendentesi in acqua può fare la differenza. Per quanto riguarda travi e calamenti ognuno ha le sue preferenze. C'è chi, nella ricerca del sarago, trova blasfeme soluzioni diverse dal pater noster. Io son convinto che una spiaggia può rispondere in modo diverso cambiando le condizioni del mare e delle correnti. Il sarago a volte mangia su esca ferma altre volte su esca molto mobile. Non è raro il caso di catture su long arm di otre due metri, magari sgallato. L'imperativo quindi, per quel che mi riguarda, è provarle tutte finchè non si arriva alla soluzione che garantisca i risultati migliori. Ovviamente partiremo dalle soluzioni di base che, per logica, riterremo più idonee allo spot ed alle condizioni del mare. Se stiamo affrontando una spiaggia bassa con frangenti e canaloni a breve distanza, l'istinto ci suggerisce di affidarci ad un pater noster o ad uno short basso. La ricerca dello sparide, invece, nel gradino di risacca di una spiaggia profonda ci fa ampliare le nostre scelte fino allo short rovesciato. Quando lo spot si presenta particolarmente insidioso a causa del fondale misto o roccioso allora è il caso di ricorrere a soluzioni specifiche. Non sto a dilungarmi su questo aspetto e vi rimando alle discussioni che riguardano i fondali misti. Non facciamoci troppi scrupoli sul diametro dei braccioli: riserviamo lo 0.25 alle condizioni di scaduta molto avanzata, ma gestiamo le altre situazioni con fili dello 0.30-0.35 e anche più. Per quel che riguarda le esche, in sostanza anche qui abbiamo una coincidenza con la spigola: bibi e americano per gli anellidi. Seppia, di cui presenteremo i tentacoli e la striscia. Ricordiamoci di non lasciare uno svolazzo eccessivo oltre l'amo: se una striscia a coda di rondine fluttuante può essere irresistibile per il predatore, inviterà invece il nostro scaltro grufolatore ad addentare la parte in bando strappandola e sbrindellandola. Evitiamo quindi porzioni generose di esca (qualunque) oltre la punta dell'amo: falliremmo la maggior parte delle abboccate. Continuando l'elenco delle esche, non possono ovviamente mancare il cannolicchio, l'occhio di canna, il fasolare, il tartufo, la cozza, il granchio e la sarda. Con quest'ultima gli inneschi dovranno essere mignon, a forma di sigaro e con la polpa rovesciata. Per quanto riguarda gli ami personalmente non ho dubbi: beack e nient'altro che beack anche con il salsicciotto di sarda. Personalmente non eccedo mai nella grandezza degli uncini: le misure dal 4 al 2, con qualche puntata sul n°1, a seconda dell'esca usata e dello stato del mare, garantisccono robustezza e possibilità d'ingoio, altrimenti potremmo assistere, disperati, a continue botte sui cimini senza che il nostro amo faccia presa. L'apparato boccale del sarago è piuttosto piccolo anche se a volte è capace di performances fuori da ogni logica. Un aneddoto a conferma dell'eccezione. Anni fa con un gruppo di amici abbiamo girato per diverse ore le spiagge della Costa Azurra alla ricerca di un posticino riparato dal fortissimo maestrale che spirava. Alla fine optiamo, quale male minore, per alcune spiaggette sulla Promenade di Nizza. Il mare era comunque nero increspato di bianco e si riusciva a pescare con una sola canna. Quando il sole comincia a calare decido di innescare un calamaro di una quindicina di cm. al cui interno avevo inserito sarda sminuzzata. Un robusto aberdeen 2/0 e via in acqua per tentare qualche gronco quale ultima speranza. Ebbene, con l'arrivo delle tenebre la Futura che stavo adoperando comincia a sbacchettare di brutto. Ho intuito che non si trattava di serpente ma mai mi sarei aspettato di trovare un sarago maggiore di oltre 8 etti che aveva ingoiato buona parte della testa del cefalopode.
QUANDO
Le tenebre indubbiamente regalano qualche chance in più ma nelle condizioni ottimali di mare le catture avvengono normalmente anche in pieno giorno. D'altronde pescando in condizioni di surfcasting, le condizioni sotto il pelo dell'acqua sono quelle che sono. Non sapreicomunque stilare una classifica anche perchè le variabili, per la mia esperienza, sono innumerevoli. Mi è capitato di prendere bei saraghi in pieno giorno appena dopo la caduta di un vento fortissimo. Altre volte con l'arrivo del buio le catture sono immediatamente cessate. Inoltre, mi vergogno a dirlo, ma non ho mai fatto caso se le condizioni di marea influiscano sulla sua attività come invece ho riscontrato ed è risaputo avviene con l'approssimarsi di una perturbazione. Ad ogni modo, torno a ripetere, l'importante è che ci sia mare grosso, schiuma e tane nelle vicinanze.
CONSIDERAZIONI FINALI
Le performances di lotta del sarago sono note a tutti e credo che la soddisfazione ed emozione di combattere con un esemplare di tutto rispetto siano molto superiori a quelle che ci più riservare la più blasonata spigola. L'abboccata è quasi sempre potente e perentoria, scatenandosi subito dopo in testate possenti. Da qui l'importanza, che avevo rimarcato prima, di non lesinare sul diametro del bracciolo, anche in considerazione dei dentoni che si ritrova. Il recupero si deve effettuare senza tentennamenti e sottigliezze specie se nelle vicinanze vi sono nascondigli o scogli sui quali il nostro terminale durerebbe lo spazio di un secondo.
Alla prossima