Che cos’è il surf casting? - Il significato letterale del lemma è semplicissimo: l
ancio tra le onde. Questo significa che non si può parlare di surf casting se non ci sono le onde, e che quindi è una disciplina di pesca a fondo che si pratica con mare mosso o molto mosso.
Il surf casting è praticabile quasi esclusivamente dalla spiaggia, su fondale sabbioso e con rada presenza di scogli sommersi e/o di folta vegetazione, in quanto si basa sullo sconvolgimento che subisce il fondale per effetto delle onde che fa affiorare la microfauna che in condizioni di mare calmo vive sommersa sotto la coltre sabbiosa. Più precisamente, il surf casting si basa proprio sul forte richiamo che la microfauna ‘scoperchiata’ esercita sui grufulatori, che a loro volta rappresentano un richiamo per i predatori. Il teatro in cui si svolge la scena del surf casting è ben preciso:
la coltre sabbiosa. Sabbia sotto i nostri piedi (la spiaggia) e ancora sabbia nel fondo marino (la zona di pascolo).
Sotto la coltre sabbiosa del fondale vive una moltitudine di organismi di cui si nutrono i pesci: durante l'estate proviamo ad immergerci con maschera e boccaglio anche a breve profondità, rivoltiamo due o tre manate di sabbia e restiamo in attesa di vedere il risultato. Noteremo di aver portato in superficie alcune telline e qualche vermetto. Immediatamente vedremo avvicinarsi incuriositi i granchietti, microscopiche mormorette, piccolissime tracine e trigliette. Raccogliamo qualche tellina e spappoliamola con le dita: il gruppetto di piccoli pescetti si avventa su quel cibo inaspettato. Giriamo lo sguardo attorno e vediamo avvicinarsi una spigoletta un po’ più grande, a sua volta attirata da tutto quel movimento. Più si avvicina e più si fanno guardinghi i piccoli pescetti, che hanno riconosciuto nella spigoletta un pesce predatore con cui magari dovranno fare i conti tra qualche mese.
La nostra è stata solo una piccola azione, avendo rivoltato poche manate di sabbia. Ebbene, provate ad immaginare questa azione moltiplicata per mille, per diecimila, per milioni, per miliardi di manate. Provate cioè ad immaginare questa azione di rivoltamento del fondo marino fatta per tutto il fronte dall'impetuoso infrangersi delle onde che, spinte dal vento, stravolgono il fondale scoperchiando un'enorme quantità di organismi che, da quel momento, restano in balia delle immancabili correnti che accompagnano l’evento e che li trascinano via secondo direzioni ben precise, facendoli accumulare in zone altrettanto ben precise (accumuli detritici ed organici). Inizia a formarsi la così detta catena alimentare, formata cioè da quegli organismi, dai piccoli pesci richiamati da essi e dai pesci più grandi a loro volta richiamati da quella moltitudine di pesci più piccoli, che rappresentano anch'essi un pasto succulento. In queste condizioni meteo marine, i pesci vengono richiamati sotto costa anche da distanze considerevoli, consapevoli che quella è l'occasione che aspettavano da tempo per sfamarsi con facilità. Queste zone di pascolo possono formarsi già a pochi metri dalla riva, come possono formarsi anche ad un centinaio di metri di distanza, anche a 120-130 mt, a seconda della conformazione del fondale.
La stagione invernale è la stagione più propizia per praticare il surf casting, perché è durante l’inverno che si ha la maggior frequenza nella formazione di venti impetuosi, che a loro volta danno origine alle onde, che a loro volta rivoltano il fondale mettendo allo scoperto gli organismi sepolti sotto la sabbia. Più o meno a metà novembre cominciano a delinearsi le prime condizioni tipiche del surf casting: freddo, forte vento, pioggia, onde impetuose, distanze dalla riva da raggiungere. Occorrono zavorre pesanti e di foggia particolare perché l'impianto pescante non venga sputato a riva nel giro di pochi minuti. Ma per lanciare zavorre pesanti occorrono canne robuste e di ottima qualità: comincia quindi anche la prima selezione sul nostro tipo di canne.
Ma ancora non basta: bisogna perforare il muro di vento frontale o latero-frontale per arrivare con il nostro piombo piramidale da 2 etti a quei fatidici 100 mt in cui quel giorno si è formata la zona di pascolo. Ci tentiamo con il nostro
side, ma non riusciamo a superare i 70 mt. Ci ricordiamo allora di aver sentito parlare di un lancio chiamato
ground, tentiamo di farlo, ma le cose sono addirittura peggiorate, non essendo queste canne nate per questo tipo di lancio. Forse bisogna forzare di più.... Indietreggiammo la zavorra a ore 15 e forziamo maggiormente il lancio...
Patatrack! La nostra telescopica da 250 € è andata in pezzi! Solo allora ci ricordiamo di aver letto da qualche altra parte che le telescopiche non sono adatte al lancio ground, che per fare questo tipo di lancio ci vogliono le canne a ripartizione di sezioni. Ma noi non le abbiamo mai volute comprare, ritenendole superflue ed eccessive, oppure abbiamo valutato di non essere in grado di gestirle, oppure non disponevamo di un budget sufficiente. A testa china, elencando tutta una serie di imprecazioni, cominciamo mestamente a sbaraccare con la solenne promessa di mandare il surf casting a farsi benedire una volta per tutte.
Ma può capitarci anche dell’altro, per far toccare il fondo al nostro morale: abbiamo la giusta attrezzatura, siamo in grado di utilizzarla al meglio, raggiungiamo la lunga distanza di pascolo... ma le ore passano inesorabili senza vedere un'abboccata. Intanto il freddo si fa sempre più pungente, qualche goccia gelata si infiltra nella nostra cerata e ci cola lungo la schiena, il vento soffia inesorabile. Ci rifugiamo sotto la nostra tenda, in attesa... niente! Ci andrà meglio domani, ci diciamo mentre raccogliamo la nostra attrezzatura con una certa stizza. Ma l'indomani la stessa storia: due saraghi da 300 gr in tutta la notte. Ed il giorno successivo ancora nulla. La frustrazione ci assale, non siamo più invogliati ad andare a surf casting nei giorni successivi, ci disaffezioniamo sempre di più, sino a quando non pubblichiamo il nostro annuncio:
Occasione! Svendesi canne da surf casting come nuove causa inutilizzo.
"
Ma questi sono casi limite!", penserete. Può d’arsi, ma nei tanti anni che ho trascorso a pesca, di questi casi limite ne ho visto veramente tanti. Il fatto è che molti si avvicinano al surf casting senza accettarne la filosofia, della quale fanno parte anche i cappotti, che possono essere altrettanto numerosi dei successi, se non di più.
Come riconoscere gli spot fruttiferi – Abbiamo detto all’inizio che surf casting significa letteralmente
lancio tra le onde e quindi configura un tipo di pesca che si effettua con mare mosso o molto mosso, tanto che non si può parlare di pesca a surf casting se non ci sono le onde. Pertanto sembrerebbe che sia sufficiente che il nostro mare sia bello mosso per buttarci dentro l’esca e portarci a casa una preda da sogno. Magari fosse così semplice! La realtà è invece molto complicata ed è necessario uno studio preventivo assai approfondito per sapere dove lanciare l’esca che ci dia la possibilità di una resa proficua.
Quando ai surfcaster viene chiesto qual è il segreto del loro successo, la risposta che danno è sempre univoca:
bisogna saper leggere il mare, in quanto è proprio questo il ‘segreto’ che il più delle volte riesce a trasformare un probabile cappotto in un successo. Questa lettura non è sempre facile e scontata, certe condizioni sono difficili da interpretare anche da parte dei più esperti, però molte situazioni si presentano ripetitive e quindi è più facile immagazzinarle come esperienze positive o negative, che ci aiutano a capire se è meglio insistere in quella battuta di pesca oppure se è meglio raccogliere la nostra attrezzatura e tentare in un altro giorno.
Il punto da cui partire è il vento che, nei nostri mari, è l’unica causa a provocare le onde, dato che nel Mediterraneo l’influenza della marea nella formazione del moto ondoso è nulla. Il vento sospinge la parte superficiale dell’acqua che, per attrito con la parte sottostante, assume un moto rotatorio e si innalza formando l’onda. Osservando un’onda dall’esterno si ha l’illusione ottica che ci sia uno spostamento longitudinale di una massa d’acqua, mentre in realtà c’è solo il suo innalzamento, cioè un’onda si limita a sollevarsi e ad abbassarsi ma senza avanzare: è solo questo continuo abbassarsi ed innalzarsi dell’onda che da l’impressione che essa avanzi. Quella che avanza, in realtà, non è una massa d’acqua, ma solo l’enorme
energia sprigionata da questo movimento di su e giù.
Quando la massa d’acqua si solleva forma la
cresta dell’onda, quando si abbassa forma la
gola (o incavo) dell’onda: la distanza tra cresta e gola indica l’
altezza dell’onda, mentre la distanza tra una cresta e quella successiva indica la
larghezza dell’onda. Altezza e larghezza dell’onda saranno tanto maggiori quanto maggiore è la forza del vento, con la differenza che l’altezza è comunque limitata ad una decina di metri, mentre la larghezza può essere anche di centinaia di metri
Nel Mediterraneo, per misurare la forza del vento si usa la scala graduata di
Beaufort, la cui gradazione va dal grado 0 (che corrisponde ad una velocità del vento praticamente nulla o al massimo di 1 km all’ora), al grado 12 (che corrisponde ad una velocità del vento superiore ai 118 km all’ora, definita uragano):
mentre per misurare la forza del mare si usa la scala
Douglas, da cui si desume l’altezza delle onde. In questa scala, un mare forza 0 corrisponde ad un’altezza d’onda di 0 metri, mentre un mare forza 9 corrisponde ad un’altezza d’onda di oltre 14 metri:
Seguendo i bollettini metereologici e/o i bollettini ai naviganti, possiamo informarci sulle condizioni del mare prima di intraprendere, per esempio, un lungo viaggio sino alla costa che potrebbe rivelarsi inutile se le condizioni del mare non sono quelle adatte al surf casting, perché magari troppo calme o, al contrario, troppo mosse. Sarebbe del tutto inutile affrontare un lungo viaggio se il bollettino ci annuncia, per esempio, un mare forza 5 o superiore, che renderebbe di fatto impossibile qualsiasi tipo di pesca, mentre un mare sino a forza 2 potrebbe suggerirci che magari è meglio predisporre una battuta a beach ledgering che a surf casting.
Se abitiamo invece vicino al mare, possiamo sempre cercare di sfruttare la nostra giornata libera da dedicare alla pesca recandoci in spiaggia per osservare in loco quale tipo di pesca le condizioni del mare ci suggeriscono di fare, mediante una valutazione ‘ad occhio’ basata sulla nostra esperienza o, ancora meglio, adottando il sistema empirico ma assai efficace di misurare il tempo che intercorre tra un’onda e l’altra che infrangono sulla battigia. Ci posizioniamo in riva al mare ed osservando l’orologio contiamo il numero di onde che infrangono sotto i nostri piedi nell’arco di un minuto:
·
da 1 a 5 onde al minuto: indice di mare calmo, molto più adatto al beach ledgering che al surf casting.
·
da 5 a 12 onde al minuto: indice di mare poco mosso o mosso. Se si tratta della fase
montante del mare, questo potrebbe essere già buono per dedicarci al surf casting, in quanto il fondale sta già iniziando a smuoversi; se invece si tratta di
scaduta inoltrata l’attività dei pesci potrebbe essersi già esaurita da tempo ed il fondo comincia a richiudersi. Se arriviamo al nostro spot con il mare in queste condizioni, già che siamo sul posto conviene comunque tentare la pesca con una generica attrezzatura da fondo.
·
da 12 a 18 onde al minuto: indice di mare mosso o molto mosso. Questo è il mare ideale per praticare il surf casting in quanto i pesci sono al massimo della loro attività. Se il mare è in fase di scaduta, ci troviamo nelle migliori condizioni per pescare con maggior proficuità con attrezzatura specifica da surf casting.
·
Oltre le 18 onde al minuto: indice di mare agitato. In questo caso la corrente primaria (vedi più avanti) non solo è troppo forte per i pesci, ma anche per la nostra lenza, che non potrebbe essere trattenuta ‘in pesca’ neanche dai piombi più ancoranti e pesanti che la nostra canna è in grado di lanciare.
A questo proposito c’è da notare che se lanciassimo in acqua un piombino di anche solo 5 gr, ma non collegato ad alcuna lenza, questo leggerissimo piombino non verrebbe scalzato dal fondo neanche dal mare più agitato (ci vorrebbe un maremoto).
Se invece lanciassimo in acqua un piombo, anche pesantissimo e ancorante, ma collegato ad una lenza, questo verrebbe scalzato dal fondo perché trascinato via dall’apparato formato da lenza madre e calamento a cui è collegato, in quanto è proprio questo apparato a subire l’influsso della violentissima corrente primaria che se lo trascina a terra: la pressione esercitata dalla corrente sulla lenza è tale che il piombo viene scalzato via dal fondo, anche se è molto pesante e/o di foggia ancorante (piramidale, spike e similari). Ma anche se l’apparato restasse comunque in pesca, c’è sempre la possibilità che la violenza delle correnti sia tale da non consentire ai pesci di permanere in zona.
Può essere interessante introdurre a questo punto anche la rosa dei venti, in quanto è un vento che soffia ortogonalmente alla nostra costa che da origine alle onde che ci interessano per la pesca
Supponiamo di trovarci su una spiaggia esposta a ovest (osservando la figura: PONENTE, W, 270°) e con un forte vento che soffia dal mare verso la nostra direzione: le onde saranno tanto più grosse quanto più il vento soffia frontale (da PONENTE), ma non sarebbero molto meno grosse anche se soffiasse da MAESTRALE o da LIBECCIO.
Se invece il vento provenisse da est, alle nostre spalle (LEVANTE, E, 90°), sotto costa non avremo formazione di onde, che si formerebbero invece al largo e con direzione opposta alla costa, e quindi con significato praticamente nullo per il surf casting, in quanto il mare davanti a noi sarebbe piatto.
Le coste italiane sono più o meno sottoposte a venti costanti, per esempio in Sardegna si ha la prevalenza del Maestrale, per cui, anche se in modo molto approssimativo, le coste sarde in cui si presentano più frequentemente le condizioni da surf casting sono quelle che vanno da Ovest (W, ponente) a Nord-Est (NE, grecale), cioè le coste comprese tra il 4° e il 1° quadrante.
In mare aperto privo di ostacoli il moto ondoso consiste in un continuo innalzamento ed abbassamento della massa d’acqua ed il moto di ‘sali e scendi’ risulta regolare perché l’altezza del fondale è superiore all’altezza dell’onda. Quando la cresta dell’onda si abbassa e si trasforma in gola dell’onda, la massa d’acqua che compone la cresta, abbassandosi, produce un impatto tremendo sulla massa d’acqua ad essa sottostante, impatto però che non crea conseguenze in quanto il fondale è ancora alto.
In prossimità della costa, invece, a causa del fondale che comincia ad abbassarsi, le conseguenze di questo impatto tremendo si fanno sentire eccome, ed esattamente nel punto in cui l’altezza del fondale diventa pari all’altezza dell’onda, la massa d’acqua della cresta che si abbassa per trasformarsi in gola va ad impattare potentemente direttamente sul fondale, in quanto non c’è un cuscinetto intermedio di altra acqua come avviene al largo.
Questo tremendo impatto di massa d’acqua direttamente sul fondale produce due fenomeni contestuali:
- il primo è che il moto ondoso regolare di ‘sali e scendi’ si frange (cioè si rompe), dando origine a quello che viene chiamato
frangente: cioè il movimento di sali e scendi della massa d’acqua si trasforma in un movimento di avanzamento di questa massa
- il secondo, che è poi quello che maggiormente ci interessa dal punto di vista piscatorio, è che il fondale sabbioso viene squarciato, aperto, dilaniato dall’impatto, liberando in questo modo i preziosi micro organismi che custodiva gelosamente trasformandoli in pasto succulento per i pesci.
Il frangente che avanza è la parte a noi visibile del fenomeno e crea la così detta
corrente primaria che spinge la massa superficiale dell’acqua (che può avere uno spessore da una decina sino ad un centinaio di centimetri) dal mare verso la costa. Sotto la corrente primaria si forma contemporaneamente un’altra corrente, di quasi pari intensità ma di senso contrario, che spinge la massa d’acqua sottostante dalla costa verso il largo, chiamata
corrente secondaria. Questo ‘risucchio’ non lo vediamo (se non nell’ultimissimo tratto a ridosso della battigia), ma lo sentiremmo in tutta la sua potenza se lanciassimo una lenza a pochi metri davanti a noi.
Il frangente e le sue correnti contribuiscono massimamente ad agevolare l’efficacia che assume il secondo fenomeno dell’impatto tra onda e fondale, che come abbiamo visto rende possibile lo scoperchiamento della coltre sabbiosa sotto cui vivono gli organismi che daranno origine alla catena alimentare sulla quale si fonda il surf casting, come vedremo poco più avanti.
Se il fondale si mantiene basso sino a lunga distanza dalla riva (p.e. 100 – 120 mt, coste laziali e adriatiche), l’onda frange a quella lunga distanza da riva, mentre può frangere a breve distanza (p.e. 40 – 50 mt, coste liguri e sarde) se il fondale inizia ad abbassarsi solo a quella breve distanza. Nel primo caso si parla di spiagge a
bassa energia, nel secondo caso si parla di spiagge ad
alta energia. L’energia, come abbiamo detto, è quella che:
- al largo viene sviluppata dal moto di sali e scendi della massa d’acqua, e che non influenza direttamente l’attività della pesca
- in prossimità della costa viene sviluppata dal frangersi delle onde, che trasformano il movimento di sali e scendi in un movimento di avanzamento della massa d’acqua.
L’energia sviluppata dal movimento di avanzamento della massa d’acqua è quella che maggiormente influenza la nostra azione di pesca, in quanto da origine alla formazione di due potenti correnti che si sviluppano contemporaneamente ma con verso opposto: la corrente primaria, superficiale, che sospinge la massa d’acqua dal mare verso la riva, e la corrente secondaria, in profondità, che sospinge invece la massa d’acqua sottostante in senso opposto, ovvero da riva verso il largo (da notare che la corrente secondaria cessa di esistere subito dietro il punto in cui ha avuto origine la corrente primaria, in pratica subito dietro il frangente):
La corrente secondaria ha un’importanza fondamentale nella pesca a surf casting: il fondale sabbioso, scavato dall’impatto dell’onda, mette allo scoperto gli organismi che vivono sotto la coltre sabbiosa e che vengono trascinati inizialmente dalla corrente primaria verso riva, poi la corrente secondaria ‘risucchia’ questi organismi, insieme ad altri detriti, trascinandoli e depositandoli dietro il frangente, punto in cui cessa il suo effetto. La zona in cui questi organismi, insieme ai detriti, vengono depositati, sarà la zona fondamentale in cui lanciare le nostre esche, in quanto sarà quella in cui andranno a cibarsi i pinnuti, ovverossia sarà la
zona di pascolo in cui avrà origine la
catena alimentare.
La compattezza del fondale può presentarsi con una consistenza del tutto uniforme oppure con consistenze differenti anche tra zone ravvicinate. In un fondale molto compatto (con una consistenza ‘dura’) l’onda, impattandoci sopra, da origine ad un unico frangente (il frangente forma un fronte unico), e ciò è abbastanza riconoscibile osservando non solo il mare ma anche la battigia, che presenta un andamento rettilineo e regolare parallelamente al mare. Un frangente a fronte unico non è un buon indice di pescosità: un fondo duro e molto compatto, a parte che viene scalfitto in modo insignificante dal frangente, non rappresenta certamente un habitat ideale per gli organismi che vivono sotto la coltre sabbiosa, pertanto potrà pure formarsi un deposito detritico ma che sarà in ogni caso poverissimo di organismi
Quando un fondale si presenta invece con zone con compattezza ‘molle’ è molto facile che gli organismi lo scelgano come habitat ideale. Le onde, quando vi impattano e ne sconvolgono la coltre sabbiosa, scoperchiano questi organismi che, per effetto della corrente secondaria, saranno trascinati in quel punto in cui formeranno l’accumulo detritico che darà origine alla zona di pascolo. Anche questo fenomeno è abbastanza riconoscibile osservando il mare, ma lo è ancora di più osservando la battigia, che non conserverà più un andamento rettilineo e regolare parallelamente alla spiaggia ma mostrerà rientranze o protuberanze (
punte) a seconda delle zone più o meno ‘molli’ del fondale antistante. Le punte della battigia (che si protendono anche sotto la superficie dell’acqua verso il largo) si formano perché la zona a loro antistante è composta da sabbia più compatta che risente di meno dell’impatto dell’onda, mentre le rientranze sono dovute al fatto che la zona ad esse antistante è composta da un fondale sabbioso molle che viene scavato dall’acqua che defluisce dalla riva verso il largo creando un avvallamento perpendicolare alla spiaggia. Questo avvallamento prende il nome di
canalone perpendicolare. Il fondo del canalone viene continuamente smosso per tutta la sua lunghezza, mettendo allo scoperto gli organismi che, finché non saranno trascinati definitivamente dalla corrente secondaria in zona di pascolo, rimangono sballottati per tutta la lunghezza del canale che in questo modo diventa esso stesso un forte richiamo per i grufulatori. Guardando il mare, il canalone si può individuare facilmente in quanto la sua superficie acquea è piuttosto calma rispetto a quella dei suoi lati, nei quali è invece abbastanza turbolenta, ed il colore è più scuro perché li l’acqua è più profonda. In pratica, è come se si conformasse un ‘vialone d’acqua’ che dalla riva conduce al largo. Guardando la battigia, il canalone è più facilmente individuabile in quanto la riva presenta una rientranza di solito delimitata da due punte
Quanto visto finora sulla conformazione di uno spot ideale è il più semplice da interpretare ed individuare: se tutti gli spot fossero così, la nostra attività di surfcaster sarebbe alquanto facile e comoda.
Ma se il nostro spot non si presenta con queste caratteristiche, vuol quindi dire che non è adatto per il surf casting? Assolutamente no, perché uno spot adatto potrebbe presentarsi anche con variazioni molto differenti. Vediamo come individuarli.
Intanto è bene sapere che la compattezza di un fondale è data dalla granulometria della sua sabbia. Ovviamente una spiaggia ciottolosa o ghiaiosa è la più facilmente individuabile tra quelle non certamente ideali per la pesca a fondo, ma esaminando da vicino le dimensioni dei granelli di sabbia possiamo imparare a distinguere un fondale che almeno teoricamente potrebbe rivelarsi più fruttuoso di un altro. Questa è una scala che misura la granulometria di una spiaggia (cioè la grossezza dei singoli granelli) che ci consente di definire se la sabbia è fine, media o grossa:
Misura Aspetto> 256 mm.......... Blocchi
64–256 mm ....... Ciottoli
32–64 mm.......... Ghiaia molto grossa
16–32 mm......... Ghiaia grossa
8–16 mm........... Ghiaia media
4–8 mm............. Ghiaia fine
2–4 mm............. Ghiaia molto fine
1–2 mm............. Sabbia molto grossa
½–1 mm............ Sabbia grossa
¼–½ mm........... Sabbia media
125–250 µm....... Sabbia fine
62.5–125 µm...... Sabbia molto fine
Più la sabbia è fine, più facilmente viene scelta dagli organismi come loro habitat. Inoltre la granulometria ci aiuta a capire anche l’altezza del fondale e come questo digradi dalla riva verso il largo: più la sabbia è sottile, più il fondale degrada dolcemente verso il largo, tanto da potersi configurare una distanza significativa per la pesca, per esempio, dopo 100 – 120 mt dalla riva, perché è li che vengono depositati i detriti e gli organismi. Pertanto più è sottile la sabbia, più lontano da riva si forma il primo frangente (e più lontano da riva si forma la zona di pascolo). Queste sono le così dette
spiagge a bassa energia. Viceversa, più aumenta la granulometria della sabbia, più il fondale degrada decisamente, tanto che si possono avere distanze significative per la pesca, per esempio, già a 50 – 60 mt dalla riva. Queste ultime sono quelle che vengono definite
spiagge ad alta energia.
Ciò non significa che una spiaggia ad alta energia sia più proficua piscatoriamente rispetto ad una a bassa energia, significa solamente che nel primo caso dobbiamo cercare di depositare le nostre esche a 100 – 120 mt dalla riva e nel secondo caso a distanze più facilmente raggiungibili.
E’ però differente l’energia che si forma (creata dalla corrente primaria e secondaria), per cui per esempio nel primo caso il peso del piombo da utilizzare dovrà essere sufficiente a trascinare il calamento sino a 100 – 120 mt (poniamo 150 gr), mentre nel secondo caso tale grammatura, più che sufficiente a raggiungere la breve distanza, potrebbe invece rivelarsi insufficiente a trattenere il calamento in zona di pascolo, in cui è magari necessario un piombo piramidale da 200 gr per contrastare la maggiore energia sviluppata dalle correnti.
Altri elementi che contribuiscono alla formazione di un habitat ideale sono la vicinanza della foce di un fiume, sia per il risaputo richiamo dell’acqua dolce che per l’apporto di fanghiglia o di altri elementi organici da cui molti organismi che vivono sotto la sabbia traggono nutrimento. Anche la presenza di praterie di posidonia è indice di habitat di organismi tra i loro steli, benché quando le posidonie sono fitte non agevolano certamente l’azione di pesca.
La struttura del fondale può dare origini ad altre configurazioni di cui dobbiamo tenere conto, per individuare uno spot ancora adatto al surf casting. Tra queste, per esempio, riveste un’importanza fondamentale la presenza di canaloni trasversali (o
canaloni paralleli), cioè quei canaloni che si formano non perpendicolarmente alla spiaggia ma parallelamente ad essa. Anche in questi canaloni si formano zone di pascolo molto interessanti, per cui è bene saperli individuare per poterli intercettare con il nostro calamento. Sono riconoscibili sia perché la loro superficie è meno turbolenta di quella della zona che li precede e li segue e sia perché il colore dell’acqua è più scuro in quanto la profondità è maggiore (i bassi fondali presentano un colore più chiaro)
(Foto gentilmente offerta da Google Immagini)Nell’immagine, A1 + A2 rappresenta il primo frangente che si forma quando l’onda impatta col fondale (cioè quando l’altezza dell’onda è pari all’altezza del fondale). Il frangente è diviso in due fronti (A1 e A2) dal canalone perpendicolare B (che in questo caso non arriva sino alla battigia) e che prende il nome di
finestra. C1 e C2 sono canaloni paralleli alla spiaggia: C1 più lontano dalla riva, C2 più vicino alla riva.
La presenza dei canaloni paralleli al di qua del primo frangente fa si che la corrente secondaria non trasporti i detriti e gli organismi sino a subito dietro il frangente, ma li depositi direttamente nei canaloni paralleli, data la loro maggiore profondità e minore turbolenza. La finestra rappresenta il punto di ingresso dei pesci che vanno a cibarsi nei canaloni paralleli. Da tener presente che nei canaloni paralleli si forma un terza corrente che, a seconda della direzione da cui spira il vento, si muove nei canaloni da sinistra a destra o viceversa. Ammettiamo che viaggi da sinistra a destra: siccome il pesce mangia contro corrente, è molto più probabile che il pesce stazioni sulla destra in attesa che la corrente gli trascini il cibo ‘direttamente in bocca’… Disponendo di tre canne, una andrebbe lanciata nel punto B, una nel punto C2 e la terza nel punto C1. Disponendo di due, una andrebbe lanciata nel punto C2 e l’altra nel punto C1, oppure nel punto B e C1 oppure nel punto B e C2. In pratica, nel corso della battuta, andrebbero sondati tutti e tre i settori B, C1 e C2.
Un’altra conformazione del fondale potrebbe essere data dai rialzi di dune di sabbia più compatta parallele alla battigia, sulle quali frange l’onda, senza che per questo sia presente tra le dune un canalone parallelo
Nell’immagine, B1+B2+B3+B4+B5 rappresentano dune di sabbia parallele alla battigia e A1+A2+A3+A4+A5 i relativi frangenti che infrangono su di esse. Questa situazione è abbastanza complicata sia per una inferiore quantità di sabbia ‘molle’ a disposizione degli organismi, sia per il compito di trascinamento della corrente secondaria che viene ostacolato dalle dune e sia per la formazione di ulteriori correnti trasversali create dall’impatto delle onde sulle dune. Il punto migliore è rappresentato in questo caso dall’eventuale presenza di una finestra. Vanno sondati più punti durante l’azione di pesca.
L’influenza della marea sul surf casting – Questo è un argomento molto delicato, in quanto sono molto diversi i pareri dei surfcaster sull’effettiva influenza che può avere la marea in questo tipo di pesca. Personalmente mi limito ad esprimere il mio parere in base alle mia effettiva esperienza. La marea non è altro che l’innalzarsi e l’abbassarsi del livello del mare causato sia dalla forza centrifuga creata dalla rotazione terrestre sia, soprattutto, dall’attrazione esercitata sulla massa d’acqua dai corpi celesti che ruotano intorno alla Terra, dei quali la Luna, essendo il corpo celeste più vicino ad essa, ha la prevalenza. La massa d’acqua viene attirata dalla Luna nella propria direzione, per cui si avrà un innalzamento del livello del mare sulle coste che in quel momento si trovano più ‘vicine’ alla luna ed un conseguente abbassamento del livello sulle coste che si trovano esattamente contrapposte. A causa della rotazione della Luna intorno alla Terra si avrà, in un determinato momento, un’inversione del fenomeno per cui le coste che prima si trovavano ad essere le più vicine alla Luna si troveranno ad essere le più lontane, e viceversa, e quindi dall’alta marea queste coste passeranno alla bassa marea. Questo ciclo si ripete con tempi ben precisi ed il passaggio dalla massima di marea a quello di minima avviene ogni 6 ore circa.
Negli oceani, i dislivelli creati dalla marea possono essere talmente elevati che una marea ‘montante’ può avanzare con una carica di energia talmente prorompente da riuscire a scoperchiare dalla coltre sabbiosa i micro organismi che formeranno la catena alimentare, mentre nel Mediterraneo i dislivelli di marea sono talmente contenuti e così scarichi di energia che il loro apporto è più che altro quello di sospingere acqua ‘fresca’ ed organismi già scoperchiati verso la costa, piuttosto che quello di scoperchiarli dalla coltre sabbiosa.
Nelle mie battute di surf casting non ho mai notato differenze significative sulla frequenza delle catture o sulla mole delle prede, ma fosse anche solo per scaramanzia non nuoce certamente tenere in considerazione anche l’aspetto della marea. Almeno teoricamente, quella che influenza favorevolmente la pesca è l’alta marea, e precisamente il suo effetto inizia 2 ore prima della massima e dura per altre 2 ore dopo il picco.
Le zone migliori per il surf casting - Dopo aver visto le varie combinazioni di fondali davanti alla nostra postazione possiamo tentare di stilare una classifica delle zone che, almeno teoricamente, dovrebbero dare i migliori risultati.
Intanto, quando arriviamo al nostro spot, la prima cosa da fare ancor prima di scaricare dalle nostre spalle zaino e attrezzatura, è quella di metterci
a leggere il mare, cioè osservare i fenomeni descritti in precedenza per stabilire se il fondale davanti a noi può regalarci una battuta fruttifera o solo un solenne cappotto. Quello che ho notato in tanti anni di pesca è che non tutti i pescatori hanno voglia di farlo (la loro smania è quella di armare le canne e lanciare il più presto possibile), non tutti vanno al di là di una lettura superficiale e ben pochi trovano il coraggio di camminare lungo la battigia alla ricerca di una postazione migliore (che può trovarsi anche a centinaia di metri dal punto di arrivo, senza contare: a destra o a sinistra?). Se a questo aggiungiamo la muraglia di vento gelido che rende oltremodo difficoltoso il lancio non solo a distanza ma anche nella giusta direzione e che la nostra attrezzatura non è assolutamente in grado di affrontare la situazione, ecco che dopo poche uscite molti pescatori rinunciano al surf casting per dedicarsi ad una pesca a fondo molto meno stressante. In genere, questi pescatori sono quelli che, dopo aver acquistato un libro sul surf casting, saltano a piè pari i capitoli che riguardano gli argomenti che abbiamo appena trattato per passare direttamente a quelli che trattano i calamenti, le esche e le attrezzature perché sono più facili da assimilare ed attuare.
Quando arriviamo al nostro spot, i più fortunati di noi sono quelli che hanno l’opportunità di osservare il fondale da una postazione sopraelevata, quale per esempio una duna di sabbia. Come detto precedentemente, prima di scaricare l’attrezzatura cominciamo ad osservare anzitutto la conformazione della battigia per vedere se presenta punte e rientranze, poi osserviamo l’acqua per individuare la presenza di canaloni e finestre e stabilire la locazione della presumibile zona di pascolo formata dai serpentoni detritici paralleli alla spiaggia.
Scendendo dalla duna verso la riva, osserviamo la granulometria della sabbia, scrutandone anche la superficie per vedere se e quali organismi la mareggiata vi ha ‘sputato’ sopra (bibi, arselle, cannolicchi, anche se i soli gusci vuoti, pezzetti di calamaro e di seppia, ecc.).
La miglior lettura del mare riusciamo a farla in piena luce del sole, ma se abbiamo deciso di fare una battuta notturna è sempre meglio arrivare in spiaggia prima che inizi il tramonto, perché al buio la superficie del mare ci apparirà come una massa scura omogenea in cui al massimo riusciremo a distinguere i frangenti più vicini. Possiamo azzardarci di arrivare a buio pesto se già conoscuiamo a perfezione lo spot.
La postazione migliore sarà quella il cui fondale presenti un canalone perpendicolare e/o uno o più canaloni paralleli, con una granulometria della sabbia tra fine e media. Se le nostre attrezzature non sono adeguate, oppure le nostre doti balistiche non sono ancora a punto, sono da preferire le presumibili zone di pascolo che si formano a breve distanza dalla riva, perché più facilmente raggiungibili, e quindi senza perdere il nostro tempo in inutili quanto frustranti tentativi di raggiungere punti che la nostra attrezzatura e/o la nostra tecnica non ci consente.
Se i canaloni sono già occupati da altri pescatori, possiamo sempre tentare dalle punte, non lanciando però dritti (le punte si inoltrano anche dentro l’acqua) ma piuttosto ai fianchi delle punte stesse.
Se non riusciamo a raggiungere il primo frangente (o, meglio, qualche metro oltre il primo frangente) perché troppo distante, possiamo sempre lanciare in quello successivo più vicino alla spiaggia.
Prima di collegare il calamento allo shock leader, saggiamo il fondale con il solo piombo per stabilire se si tratta di un fondo aperto oppure chiuso. Nel fondo aperto il piombo tende ad affondare e avremo più difficoltà durante il suo recupero, mentre in un fondo chiuso il piombo tenderà a saltellare e viene recuperato più facilmente. Un fondo aperto indica che l’impatto dell’onda è riuscito a smuovere il fondale ed è molto probabile che sotto la coltre sabbiosa ci sia l’habitat degli organismi, ed il fatto che sia ancora aperto indica che gli organismi sono ancora in sospensione.
Dobbiamo poi stabilire la direzione della corrente o delle correnti laterali che, contrariamente alla primaria e secondaria, non hanno direzioni fisse ma variabili: il nostro lancio dovrà avvenire a monte di queste correnti in quanto il pesce mangia contro corrente, se lanciamo troppo a valle il pesce potrebbe già essere risalito a monte per anticipare la ‘concorrenza’.
La vicinanza di una foce, se non ha sporcato molto l’acqua con fanghiglia o detriti in sospensione, è un ottimo richiamo per il continuo apporto di nutrimento organico che, finché resta in sospensione, funge da forte richiamo (in seguito, quando le condizioni del mare si calmeranno, queste sostanze organiche si depositeranno e di esse si nutriranno anche gli organismi sepolti, per cui le zone nei pressi di una foce diventano l’habitat ideale per questi organismi, che vi si insediano numerosi).
Altri buoni spot sono rappresentati dai fondali misti, in cui sono presenti rocce ricoperte di vegetazione o praterie di posidonia, giacché la presenza di vegetazione, in entrambi i casi, cela al suo interno microrganismi vari che danno origine alla catena alimentare. Ovviamente la pesca fatta in queste zone è molto più difficoltosa per la probabilità di incagli, ma se lo spot è fruttuoso vale la pena di utilizzare il sistema del piombo a perdere. Se riusciamo comunque ad intravedere una zona sabbiosa tra le rocce e le posidonie, possiamo indirizzare in quel punto i nostri lanci riducendo al minimo gli incagli.
Se le condizioni del mare sono proibitive per i nostri piombi più pesanti, lo sono anche per i pesci che cercheranno posti più riparati per nutrirsi. Uno di questi posti potrebbe essere una baia in cui l’onda va ad infrangersi sui promontori che la formano, mentre il mare al suo interno si mantiene relativamente calmo o comunque affrontabile con la nostra attrezzatura.
In qualsiasi situazione ci si trovi, se notiamo che la nostra battuta sta rischiando di trasformarsi in un cappotto, non dobbiamo mai darci per vinti ma giocarci tutte le carte a nostra disposizione: allungare od accorciare i braccioli, variare i calamenti (long arm, short arm, pater noster…), variare l’esca, disporre l’esca diversamente... Il surfcaster, anche se difficilmente accetta la resa incondizionata, è tuttavia riuscito a forgiarsi un carattere che gli consente di accettare la sconfitta con serenità, per cui quando raccoglie la sua attrezzatura dopo un cappotto, nella sua mente non sta meditando di mandare al diavolo il surf casting, quanto piuttosto sta già iniziando ad escogitare una strategia migliore per la sua prossima battuta.
Se invece sentiamo di non essere in grado di affrontare tutte le avversità che si presentano a surf casting, allora è meglio cambiare decisamente tipo di pesca se non vogliamo che ci venga l’ulcera.