Piove. Poco ma piove.
C'è pure un fastidioso libeccio. Ma pedalare è anche sacrificio. L'incontro in Via Gramsci non viene rinviato. Alle 8.30 si parte, anche sotto l'acqua. Poi però smette di piovere anche se le nuvole continuano ad essere scure. Sicuramente non di buon auspicio.
Si sente lo sferragliare delle catene che fanno girare il mozzo, l'energia delle gambe che spingono sui pedali, la forza delle braccia che tengono fermo il manubrio. Si parte per il solito giro: dal quartiere Sambiase, Ovest di Lamezia Terme, si percorre una Provinciale che porta sulla Statale 18, verso il mare. Poi da lì si punta verso Nord, la bella Amantea. Con sosta al bar di Campora San Giovanni, affacciato sul Tirreno. Ma ieri neanche il mare ispirava fiducia.
Caffettino, cornetto alla crema così i zuccheri rafforzano i muscoli, e di nuovo in sella. E arriva di nuovo la pioggia. Ne scende parecchia. Tre del gruppo abbandonano e se ne tornano a casa. Restano in dieci, i più "tosti". Fasciati nelle loro tute di acrilico rosse e bianche aderenti, con i pantaloncini blu.
Mancano dieci chilometri scarsi all'arrivo. Si procede sulla Statale a velocità di crociera. Puntano sempre bene i piedi sui pedali. C'è un rettifilo subito dopo il bivio della Marinella, la località balneare più gettonata dai lametini. C'è aria di casa. Poi s'imbocca il rettilineo stretto e lungo cosparso di aziende florovivaistiche.
La vista di un'auto grigia come l'asfalto inizialmente non preoccupa granchè. La Mercedes viene in direzione opposta, ed all'uscita di una curva quando imbocca il rettilineo a circa 300 metri dal gruppo comincia un oscuro zig-zag. La macchina avanza veloce. Sono pochi secondi, neanche il tempo di pensare se dirottare con la bici nella cunetta per mettersi al sicuro. Niente. Non c'è stato il tempo per nessuno. La grande Mercedes come un pescecane piomba sul gruppo travolgendo tutti.
Pochissimi attimi bastano per la strage. Poi cade il silenzio sulla Statale, vicino alla Marinella. Sull'asfalto finiscono Rosario Perri e Vinicio Poppin, meccanici, gli avvocati Francesco Strangis e Domenico Palazzo, l'insegnante di ginnastica Fortunato Bernardi, i commercianti Pasqualino De Luca e Giovanni Cannizzaro. Tutti morti sul colpo. Uno di loro viene scaraventato dal muso dell'auto oltre la palizzata di una villetta, ad una decina di metri dall'impatto, e la sua bici s'incastra nella ringhiera.
A gridare aiuto restano in tre: Gennaro Perri fratello di Rosario, una delle vittime; Domenico Strangis, anche lui avvocato e col fratello morto a pochi metri, e Fabio Davoli con uno studio legale in città. Domenico Strangis per la gravità delle ferite viene elitrasportato all'ospedale Annunciata di Cosenza. Operazione chirurgica. Ora lotta contro la morte.
Ferito anche il giovane marocchino che guida lo "squalo" grigio. Chafik El Ketani ha 21 anni, abita a Gizzeria, un paesino sul Tirreno lametino dove c'è una vera e propria colonia maghrebina. Il giovane sta tornando a casa e porta con sè il suo nipotino di 8 anni, ferito anche lui, ma niente di grave.
El Ketani va veloce sulla Mercedes di suo fratello, grossista di tessuti. Ma è senza patente, gliel'hanno ritirata i vigili urbani per un sorpasso azzardato ad agosto. E nell'ospedale i medici gli trovano tracce di droga nelle urine. Forse ha fumato una "canna", ma questo è uno dei tanti aspetti di cui si sta occupando Domenico Galletta, il sostituto procuratore lametino che avvia le indagini. E per cominciare mette sott'accusa il giovane marocchino per omicidio colposo plurimo, chiedendo l'arresto. Oggi il Gip decide. Intanto l'autista resta ricoverato nell'ospedale di Lamezia ma piantonato.
La voce sulla strage si sparge subito in città. Quel pezzo di Statale 18 diventa un luogo di pellegrinaggio di tanta gente che non riesce a capire come sia potuto accadere. Arriva incredula, e va via ancora più incredula. Quella pedalata della domenica è finita in tragedia.
Sul posto arrivano i "miracolati", quei ciclisti del gruppo che erano tornati a casa per la pioggia. Acqua santa. Solo due anni fa tutto il gruppo dell'Atlas, così si chiamava l'associazione e la palestra del professor Bernardi, una delle vittime, era andato a San Giovanni Rotondo in pellegrinaggio da Padre Pio. Pedalando e pedalando.
Difficile riconoscere tutti quei cadaveri in un colpo solo. Neanche a Beirut capita così. Essendo in divisa sportiva nessuno di loro porta i documenti. Si procede a un rituale ancora più straziante: il riconoscimento delle vittime da parte dei parenti. Una moglie arriva sul posto dell'incidente gridando disperata: «Voglio sapere dov'è mio marito. Lo sto cercando ma non riesco a trovarlo. Ditemelo!». In tanti intervengono per calmarle, fra i pianti che scrosciano come la pioggia di poco prima. Anche sotto il sole appena spuntato.
Arrivano tutti in silenzio, anche chi conosce appena quei ciclisti stesi sull'asfalto e ricoperti da lenzuola bianche. Nessuna parola contro il marocchino killer. Avviene tutto in un dolore intenso ma composto. Ci si scambia pensieri e abbracci. Si bisbiglia per non disturbare, anche se avviene tutto all'aperto, e lo scenario è la strada.
Dopo tutto il rituale che s'impone in un'inchiesta giudiziaria, ci saranno i funerali. Il sindaco di Lamezia Gianni Speranza dichiara subito una giornata di lutto cittadino mentre guarda attonito la scena di morte. Ma la città è già stretta attorno a quelle vittime della domenica.
GAZZETTADELSUD