Ciao ragazzi,
Fra i pesci “poveri” che possono regalarci un’alternativa a specie più pregiate, non può certo mancare la boga, ossia la nostra tanto amata/ odiata “vopa”. Alternativa in fatto di qualità delle carni rispetto alle più blasonate orate, saraghi, spigole e mormore, ma nulla da invidiare in termini di divertimento, anzi il nostro sparide ha sempre un asso nella manica che renderà la cattura incerta fino alla fine. Dicevamo che a volte, quando capita inavvertitamente sui nostri ami, può risultare un pesce poco gradito ma occorre anche dire che vi sono molti estimatori lungo tutta la penisola e, personalmente, non vi nascondo che una bella frittura di boghe freschissime mi è particolarmente gradita. E' comunque un valido ripiego in quei periodi in cui altre specie più stimate si fanno desiderare.
In passato mi sono dedicato alla pesca di questa specie esclusivamente a bolognese e ricordo ancora, quando non esistevano ancora gli starlight, armeggiare nelle calde serate dalla primavera all’autunno con voluminosi galleggianti dotati di piletta cilindrica e lampadinetta.
In questo contesto ci occuperemo però della tecnica di pesca a fondo. Personalmente ho cominciato a praticarla durante le gare di pesca dalla spiaggia quando, per fare risultato, bisognava specializzarsi in questa tecnica per non essere surclassati. L’azione di pesca doveva essere velocissima per non perdere il branco e in certe manche non si era sicuri del primo piazzamento di settore nemmeno con 50 pezzi.
Nel nostro caso ce la prenderemo molto più comoda e non ci faremo stressare da stendini con decine di travi già pronti per l’innesco. Lasciamo perdere anche la pasturazione basandoci esclusivamente sulla nostra abilità e fortuna nell’individuare il branco. Insidieremo la nostra amica con la classica tecnica della pesca a fondo anche se con le dovute accortezze.
Atteso che le distanze di pesca non sono mai proibitive e che la boga non raggiunge dimensioni vertiginose, ci affideremo a delle canne leggere da beach/fondo con vetta molto sensibile dovendo operare con piombi fra i 50 e i 75 grammi. Mulinelli medio-piccoli, diciamo un 3000/5000 caricati con un buon 0.20 e recante uno shock leader dello 0.30/0.35.
Il trave è la vera particolarità della pesca a questa specie che normalmente si sposta a branchi da mezz’acqua fino quasi in superficie. Limitiamoci ad un semplice trave a due braccioli, per non complicarci l’esistenza, che sarà costituito da uno spezzone di nylon dello stesso diametro dello shock, lungo intorno ai 250 cm. Su un capo formeremo un’asola che andremo ad agganciare allo shock per mezzo di un gancetto tipo “peg peo” o “fast C”. All’estremità opposta una girella con moschettone accoglierà il piombo, generalmente tra i 50 e i 60 gr. fino ad arrivare ai 75 se il branco staziona a distanze maggiori. Realizzeremo ovviamente prima i due snodi con la classica sequenza stopper-perlina-girella-perlina-stopper. Il primo snodo lo posizioneremo a pochi centimetri dal nodo dell’asola ed il secondo ad almeno 50 cm. sopra il piombo. In questo modo potremo adoperare due braccioli lunghi circa 1 metro ciascuno, scongiurando ingarbugliamenti.
Questa configurazione potremo gestirla con canne da 4 metri. Se disponiamo di canne più lunghe potremo eventualmente aumentare la lunghezza del trave e, conseguentemente, dei braccioli.
I terminali saranno realizzati con del nylon dello 0.16/0.18 tassativamente flotterati. Oltre ai flotter in commercio possiamo adoperare uno spezzone di circa 2 cm. di cavo di antenna tv privato dell’anima in rame e fermato con un pezzetto di stuzzicadenti. Il galleggiantino andrà posizionato vicino all’amo, a un paio di cm. dalla parte di esca che risale sul bracciolo. Dovremo però adottare degli accorgimenti per mettere al riparo il nostro filo dai dentini acuminati della nostra boga ovvero ispessire il tratto prossimo all’amo onde evitare che venga reciso nel giro di pochi secondi. Si può ricorrere ad un pezzetto di filo più grosso ma per risolvere il problema definitivamente occorrerà frapporre fra amo e nylon uno spezzone da 4/5 cm. di multifibra piuttosto sottile come uno 0,04. In passato io adoperavo un sistema più spartano, economico ma altrettanto efficace: apriamo un pezzetto di cavo telefonico e ricaviamo un spezzone da 2/3 cm di tubicino dai cavetti che troviamo dentro, privandolo dei filamenti interni in rame. Facciamo passare il nostro terminale nel tubicino ed incastriamolo nella paletta dell’amo che avremo preventivamente legato. Questi tubicini sono di spessore ridottissimo e permettono anche il passaggio dell’esca se vogliamo spingerla anche sopra il bracciolo. Il peso è infinitesimale e risulta molto resistente alle mandibole delle boghe. Per quanto riguarda gli ami io adopero degli aberdeen del n° 10 che sono ben rapportati alle ridotte dimensioni della bocca e con il loro gambo lungo offrono una protezione in più contro i dentini acuminati. Per quanto riguarda l’esca non ci sono molti problemi: coreano e tremolina sono le più indicate e nemmeno in grandi quantità. Spesse volte capita che le nostre amiche preferiscano l’amo appena coperto piuttosto che bocconi più consistenti.
L’azione di pesca è semplicissima: lanciamo le nostre canne a distanze diverse in modo da sondare tratti diversi di fondale e mettiamo il filo in leggera tensione. Il lancio dovrà essere abbastanza morbido e accompagnato onde evitare l’aggrovigliarsi dei braccioli. L’abboccata della boga può essere violenta come il sugarello o può mandare il filo in bando come la mormora. Se avremo usato le protezioni sugli ami potremo aspettare alcuni secondi prima di dare la ferrata in modo da consentire l’abbocco di un eventuale secondo esemplare.
Se le nostre amiche si fanno attendere invogliamole eventualmente con qualche giro periodico di mulinello per dare un po’ di movimento ai braccioli.
Un’ultima raccomandazione è quella di pulire il pesce prima di tornare a casa, eviteremo in questo modo che le carni acquistino con il tempo sapori poco piacevoli.
Alla prossima