Mi sembra doveroso citare alcuni ipotetici inconvenienti che possono capitare a chiunque si cimenti, o a chiunque sub esperto, durante una battuta di pesca in apnea.
La sincope ipossica è un’improvvisa perdita di coscienza, prodotta da una caduta della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue (PaO2) al di sotto di livelli critici (PaO2<25-30 mm. Hg.).
E' proprio come se improvvisamente andasse via la corrente al cervello; ma in realtà questo termine venne utilizzato per indicare l’improvvisa perdita di coscienza di operatori subacquei, che utilizzavano respiratori ad ossigeno a circuito chiuso, per abnorme incremento di anidride carbonica nel sangue.
La sincope ipossica si determina generalmente durante la risalita, solitamente a 5-3 metri dalla superficie, perchè proprio a queste quote si producono le maggiori variazioni relative di ossigeno nel sangue.
Dalle testimonianze raccolte in sopravvissuti miei amici ad episodi del genere ho sentito dire che pochi secondi prima della perdita di coscienza –troppo tardi per porvi rimedio - si mani
una sensazione alterata di suoni e colori accompagnati da formicolli alla pelle.
Nel corso dell’immersione infatti l’aumentare della pressione facilita il passaggio dell’ossigeno nel sangue, da ciò il benessere che avverte il sub in profondità. In realtà la quantità di ossigeno “sciolto” nel sangue, cioè in soluzione, è del tutto trascurabile ai fini della respirazione. L’ossigeno si lega all’emoglobina ed il meccanismo fondamentale è l’equilibrio che si determina tra le pressioni parziali di esso nel passaggio del sangue attraverso gli alveoli. Quindi la pressione parziale dell’ossigeno nell’aria determina la pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso e quest’ultima la percentuale di saturazione in ossigeno dell’emoglobina. Tutto è concertato perchè noi si possa stare in immersione quanto più a lungo possibile; ma vediamo cosa succede quando si esagera.
Iniziamo con una bella iperventilazione: tanti bei respiri lunghi, fino a quando quasi ci gira la testa (è quello che succede quando si riesce a smaltire molta CO2) e giù verso il fondo.
Questo è il primo atto di un possibile dramma:
- abbiamo aumentato di molto poco le nostre riserve di ossigeno (sì perchè come abbiamo visto, al livello del mare la nostra emoglobina è satura in ossigeno completamente);
- abbiamo ritardato l’insorgere di quei segnali che ci dicono che siamo proprio in rosso (il punto di rottura dell’apnea si mani
per una quantità di ossigeno nel sangue tra 55 e 60 mm.Hg.).
Sul fondo poi, i meccanismi che abbiamo visto sopra lavorano tutti per assicurarci la migliore saturazione possibile dell’emoglobina: da ciò nasce il benessere che talora avvertiamo, ma sono in gioco anche altri importanti meccanismi di adattamento psicologico, siano essi l’agone per una cattura che l’immergersi in uno stato meditativo. Ci tratteniamo, così, qualche secondo di più, ma alla fine, gli stimoli per riprendere a respirare diventano impellenti e ritorniamo su. E proprio in questa fase ci può essere l’epilogo di un’immersione impostata male.
I polmoni tornano a riespandersi e l'ossigeno nel sangue diminuisce improvvisamente: il gioco delle pressioni parziali che tendono all’equilibrio tra sangue ed alveoli, e della saturazione in ossigeno dell’emoglobina lavora all’inverso di quanto successo in immersione, mentre ossigeno è stato fisicamente consumato: l'ossigeno nel sangue negli ultimi metri subisce le maggiori variazioni relative e può scendere a livelli incompatibili con il funzionamento delle cellule cerebrali e.... va via la luce.