Ciao ragazzi,
Prendo spunto dalle recenti considerazioni che ha fatto Roberto (Nonnoroby) sul surfcasting e così mi sono deciso a mettere nero su bianco alcuni cupi pensieri che mi frullano in testa da parecchio tempo.
Da quando navigo in questo Forum ho cercato di mettercela tutta per tentare di sollevare un po’ d’interesse intorno al Surfcasting. Qualche effetto spero di averlo sortito in quanto so che alcuni di voi hanno apprezzato i miei post ed i miei interventi e mi auguro anche di essere stato d’aiuto e di aver dato qualche utile suggerimento. Altri hanno concretizzato sia come attrezzature che come tecnica e spirito. Nonostante ciò ho l’impressione che il riscontro concreto a questa disciplina sia davvero minimo. Pochissimi sono i report, a prescindere dai risultati, di battute a surfcasting, specie sulle meravigliose coste della nostra amata Calabria, eppure i riscontri in altre discipline sono più che lusinghieri, almeno nelle stagioni propizie. Non vi nascondo che ciò mi provoca un po’ di sconforto.
Ho cercato di spremere le meningi su questo aspetto, ho riletto i miei articoli cercando di estraniarmi e, facendo autocritica, ho cercato di trovare quali potessero essere le pecche del mio contributo attraverso CPOL. Ne ho dedotto che le motivazioni di questo scarso attecchimento, a mio modo di vedere, sono plurime e complesse e, da parte mia, è forse mancata una certa “gradualità” nell’approccio a questa disciplina. Ho detto più volte che la prima cosa che spinge un vero surfcaster a misurarsi con le forze della natura è la passione. Ma la passione, se non è intrinseca, bisogna trasmetterla, inculcarla e farla crescere. Questo può avvenire, il più delle volte, a piccoli passi, un po’ alla volta, passando da un gradino all’altro senza fare il passo più lungo della gamba. Quando si hanno i primi contatti con questa disciplina, il più delle volte si va a sbattere contro situazioni e condizioni elevate all’ennesima potenza. Il neofita sente dire che occorrono attrezzature particolarmente tecniche e costose, che bisogna combattere contro pioggia, vento, freddo ed onde gigantesche, che bisogna essere ottimi lanciatori, che i risultati sono spesso avari ecc. Insomma, un muro di “superlativi” ed un insieme di aspetti negativi che induce a tagliare immediatamente la corda e rifugiarsi in tecniche più rilassanti. Ciò è vero, il surfcasting, quello autentico è fatto di queste cose ed a volte anche concomitanti ma nessuno di noi, nemmeno il più navigato degli Scer, si è buttato a capofitto, fin dalla prima volta, nell’occhio del ciclone, armato di tutto punto. L’esperienza si accumula e si realizza per gradi con il tempo così come con il tempo si forgia il proprio carattere piscatorio. Mi rendo conto che trasmettere delle sensazioni attraverso la tastiera di un pc è impresa assai ardua e che certi stati d’animo possono essere vissuti solo in prima persona attraverso il contatto diretto con il mare. Quello che mi da fiducia comunque è il fatto che la passione per la pesca ci accomuna tutti e ciò rappresenta la base di partenza indispensabile per la successiva maturazione. Ho comunque notato con piacere che tanti “bravi ragazzi” cominciano a prepararsi al “salto” nella maniera più appropriata, a piccoli passi senza strafare, partendo magari dalla conoscenza dell’attrezzatura specifica. Il mio non vuol essere altro che un invito ad approcciare questa disciplina con gradualità, iniziando dal gradino più basso, da quelle situazioni che magari non sono inquadrabili come vere condizioni da surf ma che rappresentano una prima evoluzione della pesca a fondo a mare calmo. Mi riferisco alle condizioni di scaduta, mare appena mosso o inizio di mareggiata. Sono condizioni affrontabili da tutti con attrezzature non specifiche ed esasperatamente tecniche ma provviste già di un certo nerbo. Bisogna cominciare con il discostarsi dalla tranquillità e sicurezza che trasmette il mare piatto. Cerchiamo per un momento di pensare che più il mare si muove e più si muovono le sue creature. Il mio discorso forse può essere travisato ma chiarisco subito che non sto dicendo che possiamo fare surfcasting con mare appena increspato, con ametto del 10 e pezzetto di arenicola. Intendo dire che possiamo partire con una telescopica di un certo range di potenza ed avventurarci in condizioni di mare abbastanza sostenuto. Come dicevo prima, nessuno di noi è nato “imparato”. Il misurarsi con le difficoltà degli elementi fa scattare quell’istinto di competizione insito nella natura umana. E se le prime volte avremo vinto la nostra battaglia con una condizione di scaduta, sono più che sicuro che la nostra indole ci spronerà a misurarci, le volte successive, con situazioni via via più sostenute fino a raggiungere il nostro limite personale. Tutto questo percorso naturalmente passa attraverso un perfezionamento delle nostre doti tecniche e della nostra attrezzatura. Personalmente sono più che convinto che certe condizioni non si possano affrontare senza un’attrezzatura specifica ed una profonda conoscenza dei meccanismi acquatici. Questo presuppone una gestualità e manualità più che collaudate, la capacità di configurare la nostra attrezzatura ed i nostri schemi di pesca a quello che ci sta davanti. Saremo poi noi stessi ad accorgerci quando è arrivato il momento di salire al gradino successivo. Ci sarà qualcosa dentro di noi che ci farà capire che la nostra telescopica non sarà più all’altezza e avremo bisogno di qualcosa di più. Quando ti avvicini al mare e, prima ancora di vederlo, ti sale l’adrenalina semplicemente sentendo il boato delle onde anziché la timida risacca, quando torni a casa con il secchio vuoto ma con il sorriso sulle labbra perché hai comunque saputo tener testa alla vigorosità degli elementi, vuol dire che qualche segmento del tuo dna è configurato per questa disciplina. Con ciò, beninteso, non è mia intenzione sminuire o surclassare le altre tecniche di pesca a fondo. Queste sono solo mie considerazioni e sensazioni, frutto di esperienze che ho vissuto e continuo a vivere in prima persona. Forse io ho avuto la fortuna di sentire da subito il richiamo delle onde, senza mezzi termini o compromessi ma anch’io ho dovuto fare la gavetta in fatto di attrezzature, gestione delle stesse, strategie ed approcci e vi posso garantire che non mi sento assolutamente arrivato ma sempre pronto a nuovi stimoli e conoscenze, finché l’adrenalina non si sarà completamente esaurita nel mio corpo.
Alla prossima