Ciao ragazzi,
continuo questa mia carrellata di “articoli” sul Surfcasting sottraendo un po’ di tempo al lavoro (ma non ditelo in giro).
La prosecuzione logica del preambolo che ho già postato penso sia senz’altro l’attrezzatura. Anche parlando di strumenti tecnici vi prego di tener sempre a mente quelle che per me sono le caratteristi fondamentali della disciplina.
Mi preme fare alcune considerazioni per me inconfutabili:
1) non è l’attrezzatura a fare il buon pescatore, o meglio, il vero surfcaster. Questa qualità deriva da altre caratteristiche intrinseche della persona quali passione, senso del sacrificio e adattamento, senso dell’acqua.
2) ogni tecnica richiede i suoi attrezzi specifici che il più delle volte non sono assolutamente intercambiabili fra discipline diverse. Il pescatore a mosca ha le sue canne, i suoi mulinelli e accessori e mai e poi mai potrebbe utilizzare proficuamente gli attrezzi da spinning. E’ anche vero che esistono delle eccezioni in quanto tecniche diverse a volte hanno delle caratteristiche coincidenti come ad esempio il rock-fishing che spesso e volentieri adotta attrezzature da S.C.
Il surf richiede attrezzature con determinate caratteristiche, prima fra tutte la solidità e la potenza. Attrezzi che permettano sostanzialmente di “stare in pesca” anche nelle condizioni più critiche. Anche in questo campo, ed in particolar modo per le canne, le discussioni sono innumerevoli per via della onnipresente soggettività che aleggia intorno alla parola surfcasting: c’è chi considera da SC una canna che reca l’indicazione “potenza massima 150 gr.” e chi invece annovera solo canne da 8 oz. in su. Prima di ogni altra considerazione facciamo una doverosa premessa e valutiamo le tipologie di canne. Esistono in definitiva due grandi famiglie. Le telescopiche e le due pezzi (che poi effettivamente sono anche 3 pezzi e più). Le prime sono veloci da armare, facili da trasportare e, in linea di massima, anche più facili da usare, oltre ad avere generalmente un prezzo più abbordabile. Le seconde richiedono qualche sacrificio ed attenzione in più nel trasporto e nella messa in opera. Le differenze costruttive, quelle esteriori, sono sotto gli occhi di tutti. Le tele sono superfrazionate (4/5/6 sezioni) le altre hanno una minore divisione. E proprio da questo se ne trae una considerazione elementare e basilare pur senza addentrarci in tecniche di lavorazione del carbonio più o meno evolute. Un pezzo di carbonio (ma in linea di massima di tanti altri materiali) più viene frazionato e più si indebolisce. Con questo mi sento senz’altro di affermare che una canna telescopica è meno robusta di una due pezzi. Si può obiettare che alcune telescopiche sono vendute per lanci fino a 200gr. e oltre. Ricordiamoci che nella stragrande maggioranza dei casi quanto indicato sulle serigrafie non corrisponde a realtà o meglio, è reale se vengono adottati i parametri delle case produttrici che generalmente sono: lancio appena appoggiato, poco o leggermente lateralizzato, assenza di vento e di esca ecc. in sostanza è quasi come i test di consumo carburante divulgati dalle case automobilistiche. Ma se la telescopica da 150 gr. viene messa in mano ad un pescatore che abbia una buona tecnica di lancio nelle braccia e spara il massimo della zavorra, magari con un’esca consistente attaccata all’amo, non passerà molto che i soldi spesi saranno buttati alle ortiche oltre al rischio reale di farsi veramente male. Vi sono ovviamente le eccezioni (poche) di telescopiche (a volte denominate semiripartite: ma che significa questo termine?) che se la cavano egregiamente a surf, nel senso che stanno in pesca con mare bello tosto, ma anche in questo caso non cimentiamoci con lanci sofisticati. Allora, direte voi, l’alternativa sta nelle due pezzi? Non è così semplice: vi sono due pezzi e due pezzi. Alcune hanno una notevole potenza di lancio dichiarata (250gr. e più) ma, a parte la struttura, devono essere trattate come le tele anche se dotate di maggior robustezza. Distinguiamo allora all’interno della categoria: 1)due pezzi. 2) canne a ripartizione (dette anche semplicemente cards o rip). Delle prime abbiamo fatto un breve accenno. Passiamo alle seconde. Queste sono le vere canne da surfcasting. E’ molto difficile tracciare delle caratteristiche univoche per questi attrezzi anche perché esistono comportamenti differenti fra modello e modello. Non sono riconducibili all’interno di una particolare azione (parabolica, di punta ecc.) in quanto tutta la loro struttura è finalizzata all’accumulo ed al successivo rilascio di potenza nelle mani del pescatore. Vi può essere il modello che richiede un’azione più veloce e quello invece che necessita di un trattamento più progressivo. C’è il modello con la cima più morbida e l’atro con la cima più dura ma in definitiva il comune denominatore è l’armonia di raccordo tra le tre parti che costituiscono l’attrezzo: cima, arco, pedone. E’ anche doveroso dire che per il loro miglior utilizzo è necessaria una certa dose di tecnica di lancio e mi riferisco a lanci tecnici come il ground ed il pendolo. Altri lanci appoggiati o con piombo in sospensione hanno l’effetto di caricare solo la cima senza interessare le altre componenti. Sorge naturalmente l’apprensione connessa alle tecniche di lancio e alle difficoltà di apprendere quelli più evoluti. Posso dirvi che i più esperti lanciatori sono arrivati a quei livelli solo dopo anni di sacrifici ed allenamenti ma chi, come me, non ha come suo fine ultimo il raggiungimento di distanze proibitive (relegate per lo più ai campi di lancio) ma imparare una buona esecuzione di un ground da consentirgli, all’occorrenza, di raggiungere quel frangente dietro cui si può nascondere la sorpresa, un minimo di impegno e di costanza possono essere sufficienti. Volevo inoltre sfatare il miraggio della massima distanza a tutti i costi che ciascuno di noi sembra inseguire affannosamente. Spesso, invece di guardare la superficie del mare di fronte a noi e cercare di cogliere i suoi segnali, ci sbracciamo per mettere l’esca dove di più non si può, trascurando quella prima fascia che rappresenta la zona di caccia prediletta della spigola. Torniamo alle rip. Queste hanno purtroppo un costo generalmente alto se non addirittura proibitivo quando ci orientiamo verso la blasonata produzione britannica. Va comunque detto che la tecnica costruttiva è molto sofisticata e solitamente sono attrezzi che, salvo malaugurati imprevisti ci durano una vita. Sono anche convinto che attualmente i passi più grossi sono stati fatti e, difficilmente, per un po’ di tempo, potremo assistere a rivoluzioni nel settore. Ripercorrevo mentalmente, scrivendo queste righe, l’evoluzione delle attrezzature negli ultimi anni e mi sono tornate alla memoria le mie prime canne da surf: una coppia di Italcanna Telesurf da 5,20 mt. quelle con gli anelli enormi tutti in metallo. Giovane ed inesperto ritenevo che per staccare dalle onde occorresse una canna lunga. Solo dopo mi sono reso conto che la lunghezza non c’entra nulla. Successivamente sono arrivate le mitiche Mitchell mariner strong in tre pezzi e poco dopo le Italcanna revolution: un must per l’epoca. Che dire, attrezzi da farsi le ossa ed i muscoli nel vero senso della parola. I lanci erano quelli che erano, la passione tanta e come esseri umani, a volte vanitosi, seguiamo l’evolvere della tecnica e anche le mode. Chiusa la parentesi. Tutti sappiamo come è fatta una rip: due pezzi, innesto a spigot o compound, dotate normalmente di 7/9 anelli non molto scalati nella misura e due coaster per l’attacco del mulinello lunghezza da ca. 370 cm a 400 o poco più, potenze differenti a seconda dell'impiego più o meno gravoso. E’ la tipica configurazione per l’impiego con i mulinelli rotanti che rappresentano il miglior abbinamento. Non si demoralizzino gli estimatori del mulinello fisso. Normalmente le rip, con la semplice applicazione di una ghiera o slitta al posto dei coaster possono essere agevolmente usate con il fisso. Alcune case assemblano le canne specificamente per questo attrezzo mentre altre producono canne così dette ibride, ovvero per l’uso ambivalente con i due tipi di mulinello. Garanzia di questi attrezzi è che la stragrande maggioranza delle rip indica l’effettiva e reale portata in termini di zavorra, distinguendo spesse volte fra lancio pendolare e ground, quindi esposizione dei dati basata su prove al top delle condizioni. Tornando alle considerazioni iniziali possiamo dire che una rip può essere usata anche a mare calmo per la ricerca della massima distanza ma non possiamo impiegare altri attrezzi mutuati dalla pesca a fondo o dal beach-ledgering per affrontare una battuta di surfcasting. In questo sta la specificità degli attrezzi. Sfatiamo anche il luogo comune che vuole le rip quali attrezzi buoni per battere le olive. Non confondiamo gli attrezzi da pesca con quelli esplicitamente dedicati al lancio tecnico. Molte canne sono ambivalenti. Abbiamo delle signore canne da pesca che in pedana snocciolano distanze ben superiori ai 200 metri che sono una vera goduria a pesca per la flessuosità della cima. Altre canne che ci perdonano, come buone madri di famiglia, errori grossolani nell’esecuzione del lancio senza procurarci strappi muscolari. Avrete notato che non indico marche e modelli in questo contesto. Per dare un parere corretto e obiettivo dovrei citare solo i modelli che conosco di persona ma rischierei di fare un torno ai molti validi attrezzi presenti sul mercato.
Alla prossima