Personalmente ammiro e apprezzo i pescatori inglesi. Gente che va al sodo, che bada alla funzionalità delle cose ed al risultato. A volte possono risultare macchinosi e farraginosi ma almeno non sono affetti da mille paranoie come noi italiani. Certo, i loro ambienti e condizioni di pesca sono diversi dai nostri ma tanti accorgimenti che loro adottano sono validi anche da noi e, nella maggioranza dei casi, non si tratta di specchietti per le allodole.
Nel mio girovagare fra i siti di pesca inglesi ho trovato delle soluzioni, che poi hanno preso piede da noi, che spesse volte mi hanno tratto d’impaccio in situazioni particolarmente ostiche. Gli accorgimenti che cercherò di condividere con voi, anche se mirati specificamente alle condizioni da surfcasting, sono perfettamente adattabili alla PAF e, soprattutto, al Rockfishing.
Mi riferisco alla pesca su fondali misti o addirittura prevalentemente rocciosi: quelli che i nostri colleghi di oltremanica definiscono “Rough ground” e a cui sono particolarmente avvezzi. Come tutti sappiamo, questi spot sono luoghi potenzialmente ricchi di prede: zone che, da un lato, offrono riparo e cibo a pesci e creature di ogni ordine e grado, dall’altro costituiscono territorio di caccia fertile per i predatori. Purtroppo sappiamo anche che pescare in questi siti è spesso motivo di collera per via dei calamenti persi, spesse volte con preda annessa. Il problema da risolvere è quello di evitare che il nostro piombo e l’amo del nostro bracciolo facciano presa sulle asperità del fondale senza possibilità di recupero. Nella pesca a fondo il problema può essere affrontato con l’utilizzo dei temolini che, spesse volte, ci permettono di disincagliarci ma a surfcasting questa soluzione non è adeguata non avendo nessuna tenuta. Abbiamo visto qual è il problema da risolvere. Uno studio propedeutico del fondale ci può solo giovare cercando di individuare quelle zone di sabbia sulle quali collocare piombo e calamenti. L’optimum sarebbe una perlustrazione con la maschera a mare calmo o quantomeno una panoramica da un posizione sopraelevata creandoci poi dei riferimenti a terra come si fa in barca, ma mi rendo conto che tutto ciò può risultare eccessivo. Ad ogni modo è buona norma, quando le condizioni del mare lo consentono, fare riferimento al riflesso dell’acqua in superficie significando che ad un colore più scuro, corrisponde generalmente alla presenza di fondo roccioso. Comunque anche in questi spot bisogna andare per gradi a seconda della morfologia del fondale. Ci sono siti in cui ampie chiazze di sabbia ci mettono al riparo da ogni pericolo, altri in cui un minimo accenno di recupero equivale ad un ancoraggio. Dobbiamo agire quindi sia sui calamenti che sull’azione di pesca. Diciamo subito che nel misto non abbiamo di solito necessità di lunghe distanze e questo ci permette l’utilizzo di certe soluzioni, diciamo fuori dai canoni, che andremo a vedere. Se ci troviamo in presenza di un fondale non particolarmente accidentato o di un gradino di risacca con qualche insidia, c’è una soluzione molto semplice: realizzato il nostro calamento con piombo terminale avremo l’accortezza di legare alla girella in basso uno spezzone di nylon lungo 10-15cm. di diametro inferiore a quello del trave. Ad esempio, se il nostro trave sarà dello 0.60, lo spezzone di filo lo faremo circa dello 0.40. Completeremo la nostra appendice con una girella, un moschettone ed il piombo o altro attacco. In questa maniera, nell’eventualità di un incaglio del piombo, sarà il nylon più sottile a cedere consentendoci di salvare trave e shock. Al posto di questa appendice possiamo utilizzare un gancio specifico per piombo a perdere che si trovano in commercio e che si aprono sotto trazione sganciando il piombo. Un’alternativa casalinga può essere l’impiego di un gancetto in rame, sagomato a forma di “genie link” da usare al posto del moschettone. In questo caso ovviamente non eseguiremo l’aggiunta dello spezzone più sottile ma fisseremo il gancetto sulla girella inferiore del trave. Il funzionamento è semplicissimo: in caso di incaglio il gancio si apre e sgancia il piombo. Se vogliamo essere dei perfezionisti possiamo impiegare uno spezzone di nylon (7/8cm dello 0.40 oppure la stessa quantità di tracciato molto sottile) che annoderemo da un lato al gancio del piombo e dall’altro ad uno dei due occhielli della girella posta alla fine dello shock. In questo modo, una volta aperto il gancio e staccato il piombo, avremo magari qualche possibilità di recuperarlo. Questa è una versione semplificata e casereccia del sistema che gli inglesi definiscono “Rotten bottom”.
Esempio di "rotten bottom" sganciato (immagine tratta da worldseafishing.com)
Ad ogni modo, con queste soluzioni “a perdere”, consiglio di utilizzare piombi di poco costo o fatti in casa. Io utilizzo vecchi piombi passanti a doppio cono che taglio a metà inserendo nel foro una piccola vite ad occhiello. La perdita di uno di questi piombi incide per una ventina di centesimi. Evitiamo di usare le candele per auto: il piombo è già inquinante di per se, figuriamoci gli oggetti con parti chimiche.
Quando invece le condizioni diventano particolarmente proibitive per presenza di corrente sostenuta o mare particolarmente formato, è il momento di ricorrere a soluzioni più sofisticate. In questo caso la soluzione preferibile è il c.d. “Pulley rig”.
Esempio di "Pulley rig" particolarmente elaborto (disegno tratto da Whitbyseaanglers.co.uk)
Esempio di "Pulley rig" più semplice (disegno tratto da Gofishing.co.uk)
azione del pulley a seguito di abboccata (disegno tratto da Gofishing.co.uk)
E’ un calamento molto semplice quanto geniale ed efficace. Sul capo libero dello shock, anziché la solita girella semplice ne annodiamo una che incorpori una perlina o barilotto forati di buone dimensioni e non eccessivamente rigidi. Esistono in commercio specifici accessori che vengono definiti “Fox pulley rig”.
esempio di Fox pulley rig fra i più comuni in commercio
Sconsiglio di utilizzare la semplice girella in quanto durante il lancio andrebbe ad intaccare il nostro trave. Attraverso il foro della “Fox” facciamo passare il nostro trave, ovvero uno spezzone di nylon pari al diametro dello shock, se questo non è particolarmente spesso. Direi comunque che uno 0.50/0.60 va più che bene, considerato che dovremo effettuare lanci corti ed appoggiati. Come lunghezza andremo in rapporto alla profondità dello spot ed alle condizioni del mare: ad ogni modo partiremo da in minimo di 50 cm. fino ai 150cm. tenendo presente che la lunghezza del bracciolo sarà più o meno pari a quella del trave. Su un’estremità del trave inseriamo un paio di sferette morbide e poi annodiamo una girella di medie dimensioni. Sull’estremità opposta altrettante sferette e poi un gancio tipo “genie rig” munito di bait clip. Il bait clip lo ritengo necessario per una corretta esecuzione del lancio, quindi se adottiamo altri sistemi di aggancio del piombo, sarebbe opportuno anteporre un bait clip separato. Completiamo la nostra armatura annodando sulla girella il nostro bracciolo con amo delle misure adatte alle condizioni marine ed alle prede che ci prefiggiamo di insidiare. Sul lato opposto applichiamo il piombo e siamo a posto. Quale piombo usare? Personalmente evito sfere e piramidi e tutte quelle fogge che possono costituire possibile appiglio. Le forme aerodinamiche, per contro, avendo poca presa, si prestano a deleteri movimenti sul fondale rischiando di piantarsi nel primo anfratto. Qual’ è quindi il miglior piombo in assoluto che garantisca allo stesso tempo doti di tenuta e poco appiglio? Vi può sembrare strano ma è lo spike. Questo piombo si pianta dove lo abbiamo lanciato ed evita di andarsene in giro con le conseguenze che possiamo immaginare. Naturalmente dobbiamo adottare la cautela (ma con qualunque sistema sul misto) di non richiamare il piombo se non per tirarlo fuori dall’acqua. Per accentuare le doti antincaglio della nostra zavorra la dovremo dotare di quelle alette che vengono posizionate sull’asta metallica chiamate “Lead lift”.
esempio di lead lift fra i più comuni in commercio
Questo accessorio dovrebbe fare in modo che il piombo rimanga orizzontale e al primo accenno di recupero lo sollevi dal fondo. Torniamo un momento al nostro Pulley rig. Come avrete notato dal disegno, il nostro calamento è una sorta di scorrevole, anche se con alcuni vincoli. Una volta che la nostra preda abbocca e si allontana non sente resistenza fino a quando non incontra le altre perline anteposte al genie ed al piombo. Il contraccolpo causerà un effetto autoferrante ma, soprattutto, la fuga del pesce solleverà il piombo che verrà portato a spasso sospeso, scongiurando eventuali incagli. Anche se ho prospettato l’utilizzo del pulley quale soluzione estrema, nessuno vieta (anzi, è consigliato) il suo impiego in ogni condizione. Ho preferito rappresentare, in modo graduale, altre soluzioni in quanto magari non tutti hanno tempo e voglia di confezionare questo trave.
Alcune piccole note in chiusura. Per questo tipo di pesca sono da preferire mulinelli fissi con una elevata velocità di recupero. E’ inoltre preferibile, recuperando, tenere la canna il più in alto possibile e riavvolgere a tutta manetta senza blocchi o rallentamenti. L’azione di pesca è molto semplice: individuata la zona in cui far depositare la nostra esca lanciamo con un above con piombo sospeso (ricordiamoci che è necessaria la precisione più che la distanza e che stiamo pescando con uno spike e con bracciolo clippato), attendiamo qualche secondo che il piombo atterri e si posizioni sul fondo e poi mettiamo in leggera tensione evitando di far muovere la zavorra. Un accenno infine al bracciolo, causa anch’esso di agganci tramite l’amo. Per ovviare a questo la soluzione, scontata, è quella di ricorrere ai vari sistemi di sgallamento del bracciolo. Questo accorgimento sarà coadiuvato dall’impiego di ami al carbonio per garantire il massimo della leggerezza.
Alla prossima........e non lasciate troppi piombi in acqua calabria