IL NO KILL IN ITALIA - di Mauro Nini -

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il: Marzo 26, 2013, 09:46:40
                             
Il no kill in Italia
Verso la fine degli anni ’70 la pesca in Italia stava attraversando un periodo difficile. Il boom economico iniziato venti anni addietro, si era da tempo arrestato e aveva lasciato il posto alla crisi. Di contro però gli effetti negativi di quel periodo di grande sviluppo e trasformazione, erano vivi più che mai e continuavano a manirsi sotto forma di inquinamento, deturpazione del territorio, depauperamento delle risorse idriche e forestali e sfruttamento intensivo di aree fino a poco tempo prima ancora integre. I pescatori di acqua dolce erano stimati in circa 1 milione di unità, e anche loro erano afflitti dalle problematiche sopracitate. Le norme che regolamentavano la pesca sportiva consentivano di poter trattenere anche 15 trote di 18 cm di lunghezza ad ogni uscita. Fu in quel periodo, che tra coloro che si dedicavano alla pesca utilizzando esclusivamente le esche artificiali (mosca e spinning), iniziò a diffondersi l’idea di andare oltre i regolamenti, allora troppo permissivi e per nulla capaci di esercitare il mantenimento e lo sviluppo del patrimonio ittico, attraverso la pratica e la diffusione di comportamenti miranti a tutelare e salvaguardare la vita e la riproduzione dei pesci più pregiati (trote e temoli in primis). Furono promosse diverse iniziative in tal senso, per lo più di carattere locale e su base volontaria, con lo scopo di sensibilizzare quanti più pescatori possibile ad assumere atteggiamenti più responsabili e meno predatori nei confronti dei pesci. In molte zone del paese infatti, i cestini pieni di barbi e cavedani e le catture numerose di trote, lucci, persici, ecc, assai comuni soltanto pochi anni addietro, erano divenuti ormai un ricordo e la tendenza era verso un peggioramento. Si andava per fiumi e torrenti allo scopo di trascorrere ore di svago e divertimento, ma anche per portare a casa qualche buon pesce da consumarsi la domenica con tutta la famiglia riunita. Era divenuto chiaro a tutti che  il prelievo eccessivo di esemplari di ogni taglia, aveva contribuito all’inesorabile impoverimento anche dei corsi d’acqua più ricchi di pesce; bisognava fare al più presto qualcosa per invertire questa china ed era fondamentale coinvolgere tutti.



rilascio di un temolo


L’idea era semplice, ignorare le norme in vigore e limitarsi a trattenere non più di 4/5 capi per uscita e di una misura di molto al di sopra rispetto a quella legale. In questo modo si pensava di soccorrere i nostri ambienti fluviali ed i pesci, e risollevare la situazione nazionale dal declino in cui era precipitata. I più ottimisti auspicavano che nel giro di pochi anni la taglia media dei pesci sarebbe risalita in maniera considerevole, riportando una buona parte dei fiumi ai fasti di un tempo. Negli ambienti della Mosca invece, si iniziò a pensare di istituire zone sperimentali, sulla falsa riga di quanto era avvenuto negli USA 20 anni prima, ove consentire la pesca solo con esche artificiali e vietando qualsiasi forma di prelievo. L’obiettivo sarebbe dovuto consistere nel recupero dei fiumi in tempi brevi e nel dimostrare ai pescatori a”boccone”che il futuro della pesca nel nostro paese non avrebbe potuto prescindere da tali pratiche definite “altamente sportive”. Il problema principale consisteva nel convincere la maggior parte dei pescatori italiani, e le numerose organizzazioni che li rappresentavano, ad adottare tali provvedimenti restrittivi. Il pescatore medio italiano infatti era abituato a considerare la sua attività di pesca, per quanto dilettantistica, quasi esclusivamente orientata alla cattura del pesce destinato poi ad essere trattenuto. Sempre meno spesso i pesci portati a casa venivano poi consumati dai pescatori e dalle loro famiglie, ma ciò non era sufficiente a dissuaderli dal trattenere comunque il pescato. Preferivano tentare di regalarli ad amici e conoscenti piuttosto che rimetterli in libertà vivi e vegeti, con la speranza di poterli catturare nuovamente magari un po’ cresciuti. La mentalità allora diffusa li portava a considerare che, se non li avessero trattenuti loro, l’avrebbero fatto altri ed il risultato sarebbe stato il medesimo. Inoltre la diffidenza verso chi praticava la pesca in maniera diversa e palesava talvolta atteggiamenti un po’ snob, rendeva difficile intavolare una comunicazione veramente efficace.
Per questi motivi le istituzioni di tratti “no kill” o “catch & release”, sono state da sempre lunghe da realizzare e problematiche da mantenere, perchè avversate dalla maggioranza dei pescatori che ravvisano il tentativo da parte di pochi di impossessarsi di una parte del patrimonio di tutti. La cosa poi che non è mai stata digerita è il fine; avere a disposizione tratti di fiume ben ripopolati per pescarci in compagnia di pochi “colleghi” con tecniche esclusive.



tratto no kill sul fiume Piave a Belluno

 
In circa 35 anni, di questi tratti ne sono stati realizzati molti, specialmente al nord e centro Italia, ma solo pochi sono riusciti a durare nel tempo e pochissimi esistono ancora.  Attualmente tra i più conosciuti e frequentati ci sono quelli sui fiumi Brenta e Piave, I no kill sul Nera di Borgo Cerreto e  Ferentillo, la Tail Water del Tevere, i no kill su Sangro e Volturno e quello sul Sele-Tanagro . Questi tratti hanno una lunghezza sufficiente a giustificarne l’esistenza, e alle volte raggiungono un’estensione considerevole, mentre in altri casi esistono zone con regolamentazione molto simile ridotte a poche centinaia di metri. Nessuno di questi no kill può considerarsi al sicuro dalle brame di coloro che li vorrebbero aperti a tutte le tecniche di pesca con l’adozione dei regolamenti tradizionali delle varie regioni e/o provincie, e ultimamente le cose stanno peggiorando. Il no kill sul Piave di Belluno, già di per se piuttosto corto, è stato suddiviso in vari tratti e aperto anche ad altre esche, sul Brenta e nel Tevere, a causa di eventi diversi riconducibili alla gestione e manutenzione delle dighe che li regimano, si sono verificati grossi danni alle popolazioni di pesci ed insetti a causa di piene rovinose e asciutte prolungate. Il no kill sul Nera di Borgo Cerreto, fino a 4/5 anni fa era il fiore all’occhiello del centro Italia e riuscire a prenotare un’uscita nel week ed era spesso difficoltoso. Oggi non è più così, le presenze si sono drasticamente ridotte come pure la sorveglianza e anche gli Agriturismo della zona risentono pesantemente di questa situazione. Sul Sangro e Volturno, i problemi relativi al pesante inquinamento e al dilagare del bracconaggio non sembrano poter essere arginati in maniera sufficiente e il recente progetto ARS Sele, ha dovuto fronteggiare dall’inizio diversi problemi di convivenza con i pescatori locali. Qualcuno potrebbe obiettare che, contemporaneamente a questi fatti, altre zone no kill sono sorte altrove e che in considerazione di ciò si possa considerare la situazione stabile. Me se ci si sforza di restare nei fatti, bisogna avere il coraggio di rilevare che il “Progetto no kill”in Italia è naufragato.



rilascio di una trota marmorata


Naufragato non significa che non sia accaduto nulla, anzi. Intanto i problemi  di inquinamento, bracconaggio, distruzione di interi ambienti a causa del cosiddetto progresso, non siamo riusciti a risolverli. La maggior parte dei pescatori italiani, nonostante il ricambio generazionale, non sono molto diversi dai loro predecessori e continuano a considerare la pesca come uno sfoggio di abilità personale da esternare a tutti. Secondo questa mentalità, il pesce catturato rappresenta la cartina tornasole con cui valutare una giornata di pesca; per tanto i fiumi DEVONO essere costantemente ripopolati nel corso della stagione per consentire a chi paga licenze, tessere e permessi vari, di assicurarsi quantitativi elevati di prede, tali da soddisfare le loro esigenze. La pesca con la mosca nel frattempo si è diffusa maggiormente, grazie anche ad associazioni quali Club e Scuole, ma la divisione che regna all’interno di questo micro mondo è notevole e continua a determinare l’isolamento da quello ben più vasto che ospita tutti gli altri pescatori. L’iniziale proposito per cui tanti anni fa si pensò di ricorrere al no kill, ovvero dar modo ai fiumi di ripopolarsi da soli e dimostrare a tutti che si potevano trattenere (senza obbligo) meno pesci, più grossi, e divertirsi tutti di più, è stato così disatteso. Il no kill doveva essere solamente una cura da somministrare in casi estremi, ed invece è stato fatto divenire un modello, discutibile, con cui gestire alcuni tratti di fiumi in maniera esclusiva. Ancora oggi nel nostro paese, tratti del genere vedono la luce non per una esigenza collettiva da parte dei pescatori, ma grazie a concessioni elargite da parte delle amministrazioni locali in favore di piccoli gruppi di persone che ne fanno espressa richiesta. Solitamente queste poche persone possono vantare qualche referente all’interno delle istituzioni locali che, a fronte della realizzazione di una sorta di microeconomia locale alimentata dall’indotto dell’attività di pesca, avallano i progetti presentati. Tutto ciò nella migliore delle ipotesi. I pescatori locali però, vivono queste situazioni con grande risentimento ed il circolo vizioso ha inizio. Con l’istituzione dei tratti, vengono ratificate poi le regole di accesso alla pesca, regole che esasperano ulteriormente gli animi già sufficientemente surriscaldati. Nella maggior parte dei casi, si può pescare solo munendosi di permessi aggiuntivi a pagamento (oltre alla licenza nazionale, tesserino regionale e/o provinciale e in certi casi pure della tessera fips o fipsas), si può utilizzare solo la tecnica della pesca a mosca con coda di topo e non si può trattenere alcun pesce. Sono graditi, e talvolta imposti, l’uso del guadino con rete speciale, di nylon non troppo sottili per non stressare il pesce durante il combattimento e una cura  particolare nel maneggiare i pesci durante lo scatto delle fotografie o la slamatura.



rilascio di una trota fario


Si dirà che sono tutte condizioni necessarie per salvaguardare al massimo i pesci che, come recitava qualcuno, sarebbero troppo preziosi per essere pescati una sola volta. Peccato però che questi regolamenti che si prefiggono intenti così nobili, consentano di pescare quotidianamente tutti, o quasi, i pesci presenti nel tratto, grazie all’utilizzo di più esche contemporaneamente, che quasi sempre sono ninfe esageratamente piombate con palle di tungsteno per farle affondare facilmente e poterle altrettanto facilmente presentare davanti alla bocca del pesce. Peccato anche che la salvaguardia dei pesci garantita dal regolamento, non impedisca ai frequentatori del tratto di poter catturare decine e decine di pesci ad ogni uscita senza limitazioni di sorta e di poter pescare talvolta anche in periodo di divieto (tanto si pratica il no kill…). E come può legittimarsi il divieto di pescare al tocco con un verme o in passata con la camola, quando è possibile fare lo stesso con un’attrezzatura “da mosca”e con più esche artificiali legate insieme? Di fronte a tali insinuazioni, si levano immediate le ire dei promotori e avventori, pronti a pontificare sui benefici che il tratto in questione produce. Peccato che ai pesci produce soltanto maltrattamenti e sofferenze quotidiane, che potrebbero essere risparmiate adottando semplici atteggiamenti dettati da un briciolo di sensibilità. Tra questi ci sarebbe quello di evitare di trasformare una giornata di pesca in un safari o una guerra e limitarsi a pescare poco e catturare non più di una decina di pesci, scegliendo magari le zone più impegnative e gli avversari più difficili, per poi chiudere la canna e trascorrere il resto della giornata ad ammirare, osservare e cercare di imparare qualche cosa in più. Sarebbe molto più efficace della prenotazione telefonica che oltretutto fa somigliare la pesca ad una sorta di partita di calcetto con il campo riservato….!!!! Peccato poi che il trattenimento, anche di un solo esemplare, venga raramente preso in considerazione. Eppure stiamo parlando di pesca: o no?

E’ stupefacente come certi egoismi arrivino a determinare posizioni tanto intransigenti. La pesca è un’attività nata con l’uomo e anche se da decenni non si va più sul fiume per sopravvivere, la cattura del pesce rimane l’evento significativo che racchiude in se tutto ciò che è stato concepito a monte. L’emozione di ferrare una preda più grande del solito, il recupero incerto accompagnato dal timore che si possa sganciare da un momento all’altro e contemporaneamente l’immaginazione di mostrarla orgogliosi in famiglia o agli amici, come se la si fosse già catturata, l’abbiamo provata tutti nessuno escluso. Ed è in quegli attimi di incertezza che si materializzano le sensazioni più profonde che la pesca dona ad ogni suo praticante, che in una manciata di secondi si trova a decidere se trattenere il pesce della vita, o lasciarlo andare. Io penso che si tratti di scelte difficili entrambe e che ognuno deve poter esprimere liberamente dopo aver portato a termine la cattura. Dentro di noi, l’anima predatrice e quella indulgente convivono da sempre in equilibrio e dovrebbe essere la nostra sensibilità e non un’ideologia a suggerirci ogni volta cosa fare. Molti pescatori lasciano libere le trote catturate, indipendentemente dalla loro taglia. Alcuni obbediscono al proprio animo, altri sono vegetariani o allergici al pesce, altri ancora amano mangiare il pesce di mare nei confronti del quale non manino nessuno dei riguardi che nutrono invece per le trote, e così via. Mi chiedo tuttavia che senso abbia continuare ad andare a pescare quando si ritiene che ogni pesce catturato debba comunque obbligatoriamente essere rilasciato? E che senso abbia cercare forsennatamente di catturarne a decine, visto che non se ne tratterrà alcuno? In queste pratiche non riesco proprio a scorgere quel rispetto e quell’amore verso l’ambiente e le sue creature che tanto decantiamo. I pescatori autentici, così come i veri cacciatori, sono quelli che una volta catturate poche prede giuste riescono a smettere, serenamente. Costoro sanno godere non soltanto del pesce allamato, ma anche di molte altre gioie che i nostri fiumi e torrenti custodiscono e sanno regalarci con generosità. Quando incontrano lungo il fiume altri pescatori, che usano diversi metodi e magari portano ancora a tracolla un vecchio cestino di vimini, si fermano a scambiare sensazioni e prospettive, non li chiamano “padellari”o “vermaioli”in senso dispregiativo.

Durante i miei personali approfondimenti sul tema no-kill, ho avuto occasione di leggere in Internet tra le tante considerazioni, anche quelle di Massimo Zaratin, pescatore ed attuale Presidente Nazionale dell’Associazione per la Difesa e la Promozione della Cultura Rurale – Onlus. La riporto perché credo sia riuscito a sintetizzare meglio di altri i concetti fondamentali che trasformano un uomo in un pescatore.

Affermazioni attuali e “moderne”, pesanti però, che entrano taglienti nella storia dell’uomo, incidono nelle sue attività secolari di sostentamento e fanno ben intendere come il progressivo distacco dell’uomo dalla natura abbia ormai inquinato anche chi dovrebbe farne parte in prima persona. E’ la lenta trasformazione dell’uomo predatore per bisogno in una figura ibrida che, tolto il bisogno, non sa riconoscere neppure più se stesso, si rinnega, crea surrogati anomali di quel che faceva per continuare a svolgere qualcosa che non è più quel qualcosa di un tempo in quanto mancante dell’ossatura principale che lo sosteneva. L’analisi riguarda le dichiarazioni sulla pesca dei giorni scorsi e la diatriba scatenata dai soliti animalisti. La frase è più o meno questa: “noi pescatori rispettiamo la natura, perchè le nostre prede non le uccidiamo ma, dopo averle pesate e fotografate, le liberiamo immediatamente”. Sui siti dedicati a questa forma di pesca, il “catch and release” o “no kill” per gli addetti ai lavori, si leggono argomentazioni etiche, morali ed ambientali a sostegno della stessa. Si legge, tra gli appassionati del “no kill”, che alla gioia della cattura, si aggiunge la gioia del rilascio. Queste dichiarazioni, oltre ad aver scatenato le ire degli animalisti che ne leggono solo uno sfruttamento animale per mero divertimento, hanno sollevato parecchie lamentele anche tra i pescatori tradizionali (la maggioranza). Non voglio pertanto ripetere le mille argomentazioni dette da questi ultimi, già sufficienti a demolire in un sol colpo le pretese di maggior eticità dei sostenitori di questa forma di pesca ma voglio soffermarmi unicamente sul soggetto della frase virgolettata riportata più su: “Noi pescatori”. Pescatore è colui che esercita la pratica della pesca, attività come la caccia nata con l’uomo per motivi di sostentamento alimentare. La pesca, così come la caccia, prevede dei rituali ben precisi il cui scopo finale è la cattura di una preda, non per mero divertimento, ma per cibarsi di quella cosa che si è riusciti, con abilità, a prendere tra le mani. Non ha alcuna importanza se oggi quella stessa cosa la si può comperare al supermercato; il rituale assume il suo pieno significato se viene compiuto in ogni sua parte e la mancanza di una di queste componenti lo degrada e lo svilisce fino a renderlo un surrogato di un’attività incompleta il cui uomo che la pratica non sa più neppure comprenderne i motivi per i quali la svolge. La pesca ovviamente non è solo cibo, non è neppure solo appagamento personale per aver dimostrato a se stessi le capacità di misurarsi con la natura, come non è neanche solo spassionato contatto con il territorio. La pesca è molto di più, è la risultanza di tutte queste componenti la cui alchimia, più è simile all’attrazione ancestrale che l’uomo aveva per essa, più il rituale diventerà appagante. Una canna di bambù, in un luogo solitario, una preda furba, la cattura, la soddisfazione di portarlo via da quel fiume che si sente un po’ nostro ed orgogliosi mostrare la preda catturata fino all’epilogo, cioè cibarsene ricordandosi i momenti e le fatiche spese, sono la Pesca. Una somma di risultanze che giustificano la nostra incapacità di esprimere in due parole il perché svolgiamo la pesca o la caccia. Chi, molto banalmente, spiega che pesca per il divertimento di catturare il pesce non sta esercitando quella nobile pratica che invece, nel vero pescatore, sa sviluppare dei sentimenti molto più profondi in quanto affondano le loro radici direttamente nella storia dell’uomo e del suo stesso essere. L’appagamento nello svolgere queste due importanti attività per l’uomo, la caccia e la pesca, è quindi a mio avviso direttamente proporzionale alla nostra capacità di saperle svolgere nella maniera più simile possibile alle loro origini ed ai loro perché. Più ci allontaniamo da queste origini e più difficile sarà saper riconoscere intimamente, con il cuore, non a parole, i motivi sul perchè lo facciamo. Guardate signori, che perse queste semplici cose (a me piace definirlo il lato “spirituale” della caccia e della pesca), per sostituirle con qualcosa che le richiama solo lontanamente con l’immagine, attraverso l’appagamento di uno solo degli atti più su descritti, ci siamo persi; ci siamo giocati il cacciatore ed il pescatore, lasciando spazio allo sportivo che tiene di più alla sua bacheca di fotografie o a quella delle medaglie vinte nelle gare. La vera competizione dev’essere invece con se stessi, quella che deve servire a farci riscoprire cosa significa sentirsi parte della natura. E’ l’”Io” pescatore che va ritrovato, non il “noi”! Metaforicamente, una canna di bambù, od un vecchio fucile subacqueo, e ritornare un po’ bambini, compiendo appieno quel rituale che si tramanda dalla notte dei tempi risultano essere gli ingredienti sufficienti ed essenziali per far rivivere la pesca, quella vera di sempre! Un gesto che dev’essere d’esempio per la nostra “strana” società quasi ad assumere il significato di un gesto di protesta utile a far comprendere ai nostri comuni detrattori che il mondo storto è il loro, non il nostro!
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heron1

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Risposta #1 il: Marzo 26, 2013, 11:54:25
"Peccato però che questi regolamenti che si prefiggono intenti così nobili, consentano di pescare quotidianamente tutti, o quasi, i pesci presenti nel tratto, grazie all’utilizzo di più esche contemporaneamente, che quasi sempre sono ninfe esageratamente piombate con palle di tungsteno per farle affondare facilmente e poterle altrettanto facilmente presentare davanti alla bocca del pesce. Peccato anche che la salvaguardia dei pesci garantita dal regolamento, non impedisca ai frequentatori del tratto di poter catturare decine e decine di pesci ad ogni uscita senza limitazioni di sorta e di poter pescare talvolta anche in periodo di divieto (tanto si pratica il no kill…). E come può legittimarsi il divieto di pescare al tocco con un verme o in passata con la camola, quando è possibile fare lo stesso con un’attrezzatura “da mosca”e con più esche artificiali legate insieme?"

Scusa se mi permetto...
Ma paragonare la pesca a ninfa alla pesca con esche naturali, credo sia un paragone eccessivo, fuorvinate ed ingiusto....mi chiedo se tu abbia mai provato a pescare assiduamente con entrambe le tecniche, e ne abbia appurato la diversa efficacia e i diversi danni apportati al pesce; non mi dilungherò in dettagli, quali l'allamatura profonda e le altre varie ed eventuali, perchè mi auguro che facciano parte del patrimonio culturale di tutti...
E cmq, ti porto un esempio: Tail Water Sieve.. un ambiente dove ,per cause "naturali" (afflussi regolati da diga e acqua  quasi sempre fredda e fortemente velata, o troppo bassa e calda), si pesca rarissimamente a secca, ed il 99% del tempo con la ninfa.. a parte il fatto che non è banale come tu pensi (o come traspare dal tuo scritto) catturare i pesci, dovresti VEDERE che pesci ci sono, specie considerando che NON VENGONO EFFETTUATE IMMISSIONI DI MATERIALE ADULTO (sono state fatte all'inizio, e ultimamente solo nel nuovo tratto aperto di recente, che era stato aperto a tutte le tecniche di pesca senza limitazioni fino a lo scorso anno), ed in quale stato di salute.
Sarebbe bello pescare in acque sempre libere; ma al di là del fatto che se si vuole le acque libere ci sono già, è indubbio e comprovato il vantaggio che i tratti no-kill possono portare a tutto l'ecosistema, e credo che ciò sia la cosa più importante.
Concordo che sia da attuare una politica corretta, ma la "nuova moda" di bistrattare i no-kill, in favore di utopiche autogestioni (già fallite in passato), mi trova in disaccordo.
Purtroppo, è facile scrivere di pescatori eticamente corretti che catturano solo un pesce per portaselo a casa godendo della sfida e poi se ne vanno; la realtà dell'uomo, del suo spirito, è ben diversa (nella media) e si è visto come ci sia bisogno di una stretta regolamentazione e salvaguardia, e controlli rigidi e punizioni severe, perchè per sua (infima) natura, l'essere umano gode anche dell'essere "furbo" ed ingordo. In fondo, i tratti no-kill hanno dimostrato, se ben gestiti (e a volte anche se gestiti più "commercialmente") di essere un polmone che consente al fiume di popolarsi anche al di fouri della zona stessa, e di far riavvicinare la gente alla pesca e dare una misura di come potrebbe essere popolato un fiume se non depredato.
In quest'ottica, secondo me le zone no-kill sono un'arma formidable; proprio per la loro validità, sono appunto nelle mire di chi vorrebbe riaverli "aperti" per poter depredare e riempirsi il cestino!!
In quest'ottica vanno difesi e potenziati, sempre secondo me; e sempre a mio parere, visto l'irrisorio costo di una licenza di pesca, lamentarsi di dover spendere 30 euro per una tessera fipsas (che cmq fornisce anche un'assicurazione contro gli infortuni) o 10 euro per un permesso giornaliero, mi sembra un po' eccessivo. In fondo, anche negli altri sport ed attività umane si paga...il campo di calcetto, il campo di tennis... mi si dirà che si può giocare a tennis sulla spiaggia senza pagare...ok...ma si può andare a pesca anche in un tratto libero, senza pagare! ..continuo a non capire perchè la pesca in tratti regolamentati e gestiti dovrebbe essere gratuita a fronte del pagamento di 35 euro di tasse regionali annuali... Lamentarsi di pagare un permesso in un tratto no-kill, secondo me è come lamentarsi per dover pagare l'uso di un campo di calcetto in un club sportivo, solo perchè magari si sa che una parte delle nostre tasse finisce nelle casse del C.O.N.I. .... tutto qui ..
Ed a volte...coloro che si lamentano poi vanno in Slovenia a pagare centinaia di euro per pescare in tratti gestiti alla stregua di un lago a pagamento!!! Vabeh...lasciamo stare, non vorrei andare fuori tema.


Poi, un'altra riflessione....da ex-negoziante... ho sentito tantissssime persone schifare i no kill italiani e sognare di Patagonia o Nuova Zelanda (o anche dei no-kill sloveni...ma qui stenderei un pietoso velo...)...signori ex-clienti, svegliatevi!! In Patagonia per legge NAZIONALE non possono essere catturate (cioè trattenute) le trote in acqua corrente!!!!! Cioè...è tutto un immenso no-kill!!!!
E provate a dire alla vostra guida di pesca in Nuova Zelanda che volete uccidere i pesci che catturate....

Comunque:io rispetto le idee di tutti, questo vuole essere solo un contributo ad una discussione.

Riassumendo: a tutti piace l'utopia della autoregolamentazione, ma sappiamo tutti (o almeno se si apre gli occhi lo si dovrebbe vedere, sempre secondo me...) dove si andrebbe a finire.

Grazie

Riccardo
La peggior giornata di pesca è sempre preferibile alla miglior giornata di lavoro ...


donatot

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Risposta #2 il: Marzo 26, 2013, 12:11:25
Caro Mauro, hai fatto un bell'articolo!  Però sono in disaccordo sui No-Kill, si perde la qualità del pescatore... perché dagli insegnamenti ricevuti da giovane, per pescare una trota te la devi sudare!! Questo é il gusto della pesca e non nei posti attrezzati. ;D
>(((((((((°><°)))))))))<
Molto meglio la riva silenziosa di un fiume in una calda giornata di primavera con gli insetti che ti schiudono tutto intorno e accompagnati solo da qualcuno che è capace di assaporare questa magica atmosfera.


mauronini

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Risposta #3 il: Marzo 26, 2013, 19:38:06
Ciao Riccardo
ti ringrazio per l'intervento che, mi auguro, possa alimentare una sana e interessante discussione su un tema sempre di attualità e a tale scopo auspico una larga partecipazione dei fruitori del forum.
Dal tuo intervento ti immagino un appassionato che, per motivi personali rispettabili, ama pescare prevalentemente con la tecnica della ninfa e, dalla determinazione con cui evidenzi di essere in disaccordo con i punti del mio scritto che hai riportato, immagino favorevole all'uso di esche anche molto appesantite e attrezzature e accessori conseguenti.

Cerco di rispondere per punti agli interessanti aspetti che hai voluto toccare.

Non ho paragonato la ninfa alle tecniche con esche naturali, ho espresso la mia convinzione che utilizzare attrezzature concepite per la Mosca e adattarle per pescare al "tocco" e/o in passata, rappresenta un imbroglio, e lo sottolineo. La canna da mosca e la coda, sono state inventate perchè non era possibile lanciare esche senza peso con attrezzature tradizionali già esistenti. Le esche appesantite o piombate, a cui mi sembra tu faccia riferimento, si lanciano invece molto meglio con tali attrezzi. A questo punto la canna e il mulinello da mosca, appaiono come un travestimento. Il fatto poi che nel fiume che hai citato, il 99% dei pesci non dovesse salire sulle mosche, niente ci obbliga ad incaponirci, a meno che non si voglia catturare a tutti i costi, e non a Mosca.

Ho pescato a ninfa utilizzando varie attrezzature e so di cosa parlo, anche perchè avendo la passione di girare per il mondo con la canna da mosca al seguito, ho avuto occasione di conoscere tantissimi pescatori con ogni tecnica, tra cui anche dei garisti, formidabili nell'estrarre trote dal fiume, con strategie e strumenti micidiali che, purtroppo, da molti anni sono stati "adottati" dai pescatori, e non certo per rendere più complicata la cattura....!!!! Sostenere che usare una o più ninfe appesantite col tungsteno, zavorrare il finale e usare un galleggiante per vedere le abboccate dei pesci, non sia un modo per catturare di più e più spesso, offende l'intelligenza umana.

Vorrei però evitare di divagare rispetto alla parte dell'articolo da cui hai voluto prendere spunto, e chiederti, visto che sei a favore dei no-kill e li frequenti, se saresti favorevole anche ad un regolamento che ridimensioni notevolmente il numero dei pesci che possano essere catturati giornalmente, con ogni tecnica? Ovviamente per tutelare i pesci, che seppur rilasciati non sono esenti da traumi nè conseguenze anche letali, dovute alla slamatura, allo stress accumulato durante il combattimento, al fatto di essere costretti a "respirare aria" per il tempo necessario alle fotografie, allo shock termico dovuto al contatto con la nostra pelle eccessivamente calda per loro, ecc.
Ho avuto occasione di parlare a lungo con guardapesca e volontari, di molte riserve no-kill e catch & release che mi hanno erudito sulla percentuale di pesci che ogni anno muoiono per i motivi sopracitati e che vanno rimpiazzati con ripopolamenti adeguati. Pensa che nei fine settimana, la percentuale di queste vittime del no-kill sale in modo esponenziale.

In buona sostanza saresti disposto a pescare meno e catturare meno pur di tutelare i nostri amati pesci?
Io mi chiedo da anni come mai la legge preveda un limite nelle misure e nel numero dei pesci che possono essere catturati e trattenuti, ma non fa accenno alcuno al limite delle catture, di ogni misura: tu Riccardo, ti sei mai posto domande analoghe? E che risposte ti sei dato?

Vedi Riccardo, io penso che le persone si debbano sempre poter confrontare per una maggiore conoscenza e per acquisire occasioni di riflessione. Alcune cose possono essere opinabili, come ad esempio avviene per la Religione; chi ha fede se ne giova praticando, e chi non ne ha vive bene comunque, con il rispetto di entrambe le posizioni. Alcune cose però, non sono opinabili, come il continuare ad andare a pescare di fronte ad un'opinione pubblica che si dimostra sempre più intransigente nei riguardi della nostra comune passione. Se la pesca fosse ridotta a voler soddisfare la nostra esigenza di catturare pesci per provare piacere, partendo dal presupposto che nessun animale debba essere mai trattenuto per mangiare, se venisse a mancare completamente l'unico scopo ragionevolmente condivisibile dal popolo dei "non pescatori", la pesca stessa non avrebbe futuro e, francamente, sarei favorevole alla sua abrogazione.


Prima di concludere, mi permetto un piccolo suggerimento; i pescatori, si sa, a volte le sparano grosse, specialmente circondati da altri colleghi, magari anche in un negozio di pesca. Non so se tu sia mai stato a pescare in Nuova Zelanda o Patagonia. Io ci sono stato più volte e posso dimostrarti il contario di ciò che hai scritto. Pensa che in Nuova Zelanda oltre il 90% delle acque sono libere e aperte anche ad altre tecniche, sia nell'isola del nord che del sud.

Un saluto

Mauro




 


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Risposta #4 il: Marzo 27, 2013, 15:14:52
Pratico da sempre il C&R prestando molta attenzione al rilascio della preda, scatto pochissime foto tenendo la preda in acqua evitando di manipolarla, per gli artificiali utilizzo ami senza ardiglione che mi danno la possibilità di liberarla senza toccarla.

Non ho esperienze dirette dei tratti “no kill”, da noi le acque sono tutte libere. Da quel che leggo in giro molti di questi tratti sono riservati esclusivamente alla pesca a mosca, se è così allora mi trovo in totale accordo con Mauro quando dice che pescare in questi tratti con ninfe e finali piombati è un “imbroglio”. Giandomenico Bocchi (il professore dello spinning) ha ideato una specie di catenella metallica “spinning tape” da inserire nel finale, che da la possibilità di lanciare ninfe e mosche sommerse senza peso. Davide Zavattoni pescava temoli e trote con la camolera mettendo un galleggiante piombato in punta di lenza e usando normalissime canne e mulinelli. Personalmente considero queste tecnica alla stessa stregua della ninfa piombata. Allora perché non dare la possibilità anche a chi pratica tali tecniche di pescare nei “no kill”?

<<I”no kill” svolgono una funzione di ripopolamento…>> Siamo sicuri che non esistano altri metodi migliori e più ecologici? Voglio fare un esempio: In Calabria, molti fiume e torrenti, per tratti relativamente lunghi, ricadono all’interno dei parchi nazionali dove l’attività piscatoria è interdetta a tutti, ebbene, questi corsi d’acqua sono sempre popolati di trote autoctone in modo naturale. Gli enti preposti non potrebbero pensare a politiche del genere senza dover dare in concessione tratti che verranno ripopolati con fauna di dubbia provenienza? Per non parlare poi di costi di tesserine e di licenze… argomento su cui ci sarebbe tanto da dire!

Ritengo l’argomento proposto da Mauro molto interessante,  piacerebbe anche a me conoscere il parere di altri utenti (in soli due giorni è stato visitato da 240 persone). Invito tutti ad intervenire per un confronto democratico in proposito.
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Risposta #5 il: Marzo 27, 2013, 18:04:04
Ciao Aldo, il tuo intervento ha dato il giusto contributo allo sviluppo della discussione, proponendo una soluzione alternativa che trovo assolutamente condivisibile. Mi riferisco alla possibilità di interdire la pesca in tratti di fiume estesi (anche nelle zone non soggette al vincolo dei Parchi, le meno tutelate), per dare modo alla fauna ittica di "riposare" davvero per 3/4 anni e ricostituirsi alla grande attraverso la riproduzione naturale, evento ormai piuttosto raro ovunque.

Questi tratti, dopo alcuni anni, possono essere spostati in altre zone, garantendo un popolamento progressivamente sempre più eterogeneo su tutta l'asta fluviale. Ci vuole tempo per ottenere risultati in codesta maniera, ma saranno risultati duraturi di cui si potranno giovare i fiumi in primis e, di conseguenza, i pescatori tutti. Purtroppo la stragrande maggioranza di pescatori che appoggiano incondizionatamente i tratti no-kill, lo fanno perchè non sono assolutamente disposti ad accettare di rallentare la loro attività, pescare meno e catturare meno ancora, facendo un investimento in prospettiva futura. Vogliono continuare a pescare e catturare senza limiti, pretendendo di essere autorizzati a farlo in regime di no-kill.

Un altro aspetto fortemente negativo, alimentato indirettamente dai tratti no-kill riservati alle tecniche con coda di topo, consiste nel fatto che i pescatori che li frequentano, si allontanano dalle acque libere perdendo man mano i contatti con gli altri pescatori "tradizionali" e, di conseguenza con la realtà. Basta navigare sul più visitato sito di pesca a mosca italiano, per rendersi conto di come alcuni "personaggi" (eufemismo) in vista, si rivolgono con disprezzo a coloro i quali non usano la coda di topo, e non disdegnano di trattenere un pesce ogni tanto.

Mi piacerebbe leggere il punto di vista di Donato, che saluto, e di altri frequentatori del forum su questi aspetti.
Grazie

Mauro



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Risposta #6 il: Marzo 27, 2013, 20:07:52
Mauro, ti racconto un episodio accadutomi: all'epoca i miei figli erano poco più che bambini, una domenica mattina mi reco su un torrente non tanto lontano da casa per fare qualche lancio, fortuna volle che su una 699 devaux sale una splendida fario di circa mezzo metro, con non poca fatica fatica riesco a portarla ai miei piedi, uccido subito il pesce seguendo l'insegnamento di mio padre, smonto tutto e via verso casa. Sapevo che i miei figli mangiavano volentieri il pesce e speravo di far loro una sorpresa. Giunto a casa mi affretto a mostrare loro il bel pesce, non l'avessi mai fatto, si misero a piangere accusandomi di essere stato cattivo nell'ammazzare quel bel pesce. Non solo non lo vollero mangiare, ma non mi rivolsero la parola per almeno una settimana.

E' per questo motivo che da allora non ho più cestinato una preda. Però non ho mai giudicato male coloro che ogni tanto portano il pesce a casa per consumarlo. La cosa che non mi piace, e quando posso lo faccio notare, è la cattura ad ogni costo.

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donatot

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Risposta #7 il: Marzo 27, 2013, 21:30:39
Eccomi Mauro, per poter esprimere il mio parere che ho scritto prima ... non sì cambia parere sul No Kill.

Il No Kill e il C&R, per me e la stessa cosa, anzi preferisco il caccia e rilascia della cattura perché questo si può fare dappertutto.

Ho visto molte zone adottate ai No Kill e, per quello che mi riguarda, non mi è mai piaciuto perché ci sono stato personalmente a pesca, quando erano libere. Sono sempre state zone di pesca per tutti anche per chi cattura un po’ di più.

Sono passato alla pesca a mosca perché avevo visto il lato migliore per preservare i luoghi di pesca e, avere un mondo migliore intorno. Come sempre cercato nella mia zona, di coinvolgere più pescatori alla pesca a mosca in modo di poter fare un discorso salva fiume.
Il No Kill, com’è fatto oggi, ha un solo sapore, quello della pesca alla mosca ... allontanando molte altre tecniche alla pesca e, anche tanti pescatori che potrebbero benissimo passare da una tecnica all’altra. A parte il modo di come viene presentato il No-Kill, chiude accessi e con tanto di regole impresentabili a chi prima praticava la pesca e libero di spostarsi dove voleva … ovviamente con le carte in regole.

Io penso, prima di tutto di non chiamarli tutti NO-KILL … fa sembrare di andare a pesca nei mattato e macelli, ma di dividere zone di pesca con prelievo e senza prelevamento, con un regolamento che dice quanto e dove si può prelevare, sorvegliando sempre di più le zone dove non sì può prelevare con un regolamento severissimo coinvolgente la provincia a emettere multe severissime.
Il pagare nei NO-KILL, mi sembra stupido farlo anche perché c’è l’obbligo del rilascio, anzi farei pagare, dove c’è il prelievo, con i libretti segna catture e poi lì che alla fine bisogna intervenire con ripopolamenti.

Comunque, anche nel Sele il No Kill come e stato fatto non mi è mai piaciuto, diciamo un fosso a pagamento per far pescare la trota … e non un risanamento del fiume con tutti i pesci in via di estinzione ...come si era pensato di fare.  Difatti è in forte calo di frequenza di pescatori che si dividono tra ARS e FIPSAS, dove spero che torni tutto in mano alla Fips che è una vera società di pesca dove si è sempre interessata alla vita del fiume SELE e TANAGRO e altre acque importanti Calore, Picentino, Tusciano e ora anche il fiume Irno.  Nel periodo che frequentavo la Fipsas sono stati messi milioni di avannotti ... trote di tutte le misure, partendo dalle scatolette di uova fino alle trote adulte. Oggi mi sembra che a qualcuno non piace e vogliono cambiare con qualcosa ... di dubbio progresso e, visto poi che gi e stato assegnato illecitamente.

Meno male oggi, con il nuovo presidente della FIPSAS di Salerno, si sta attuando il nuovo regolamento provinciale della pesca in acque interne è una regola più importante in assoluta e stata la taglia di prelievo, da cm 22 e passati a 28 cm e mi sa che sarà sicuramente a 30 cm …  QUESTO !! e stata voluta direttamente dai pescatori... un passo avanti no!!

Comunque, il mio pensiero e questo! Niente No-Kill a pagamento.

Donato
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Risposta #8 il: Marzo 27, 2013, 21:40:27
Vivo in Veneto da qualche anno dove preatico lo spinning in FW. Per prendere confidenza con i regolamenti delle ancque interne Venete ci ho messo un pò. Vivendo il no-kill sulla mia pelle posso dire che sono oltremodo faverevole a questi tratti, semmai le criticità sono ben altre.

Innanzi tutto bisogna dire cos'è il no kill. E' un di fiume, lago, cava, roggia, ecc.. o una parte di essi dove non è possibile trattenere il pescato o in alcuni casi solo alcune specie di pesci. In queste zone di solito è possibile pescare solo con esche artificiali ma i regolamenti spesso variano da regione a regione, provincia a provincia, tra le diverse concessioni di una stessa provincia  o addirittura all'interno di una stessa concessione. Per esempio una concessione dell'Adige a Verona dove vado spesso a pescare che ha 3 tratti tutti e 3 no kill dove in 2 si può utilizzare qualsiesi tecnica e in una si può pescare solo mosca o spinning quindi solo esche artificiali.
L'unica certezza è che si possono armare le proprie esche con un solo amo senza ardiglione (NB: un solo amo è diverso da mono-amo).

L'ho specificato perché leggendo alcuni commenti mi è sembrato che qualcuno per zone no kill intendesse i laghi a pago pieni di trote pollo da portare in padella. I tratti no kill quindi sono tratti del tutto naturali.

Detto questo per esperienza personale posso dire che i tratti no kill in Veneto sono i posti dove si trovano i "Mostri", i pesci da record/sogno e sono anche tra i più battuti dai pescasprotivi ma sono anche tra i più affollati di pesci. E non sto parlando di pesci immessi (o non soltanto per lo meno), ma di lucci da metro, marmorate dai 60cm in su e bass over 2Kg.

Le zone no kill sono tra le poche cose buone che sono state fatte in Italia per preservare la nostra ittofauna, semmai si può parlare di come preservarle.
Per esempio il rilascio del pesce che molti pensano sia "facile" ed intuitivo è in verità molto complicato e segue delle precise leggi se si vuole che il pesce sopravviava (e questo vale anche per il mare). Toccare il pesce sempre con le mani bagnate, tenerlo con con 2 mani in modo che il suo peso non gravi sulla sua spina (o bocca se lo si tiene per la bocca), non appoggiarlo MAI per terra o sulle rocce al massimo su un prato né toccarlo mai con uno straccio. Poi c'è tutta la precedira di ri-ossigenazione.
Detto questo ho constatato che molti pescatori che pescavano in FW da molti più anni di me e che praticavano il No-kill non erano a conoscenza di queste modalità.
Allora mi chiedo, visto che paghiamo una licenza governativa, che i ripopolamenti li fanno solo le concessioni private e che i guardia pesca non se ne vedono perché l'ente compentente con rende obbligatorio una specie di Patentino per i tratti no-kill che puoi conseguire solo seguendo dei corsi dove impari tutta questa roba? In modo che almeno se vuoi rilasciare sai come farlo.

Detto questo comunque nonostante ci siano pescatori che non hanno idea di come fare un corretto rilascio i tratti no kill in Italia sono sicuramente i migliori dove andare a pescare se si cerca la preda dei sogni e che i pesci che muoiono per un non corretto rilascio sono un'inezia rispetto a quelli che muoiono per altri fattori.

E' da sottolienare che stiamo parlando comunque dei nostri fiumi che tra tutti i problemi minori ed al momento anche sorvolabili che hanno come gli alloctoni (vedi siluro e carassio) e bracconaggio sono di per se dei malati cronici. Abbiamo i fiumi tra i più inquinati in Europa e ci sorprendiamo se ci sono tanti siluri mentre lucci, trote e tinche scompaiono? Mi sembra normale visto che lucci, trote e tinche hanno bisogno di acque pure mentre il siluro è abbituano a Danubbio che per inquinamente è quasi ai livelli del Gange.
Al grave problema dell'inquinamente si aggiunge l'altro grave problema delle centraline elettriche che spuntano come funghi impendendo ai pesci la possibilità di ridpodursi e che spesso hanno soltanto la funzione di far mangiare quello che le costruisce. Da qualche anno addirittura come se non bastasse sono arrivati anche i cormorani a fare manbassa di quel poco posce che si cerca di proteggere tant'è che persino l'UE ha chiesto un censimento di questa specie a tutte le nazioni perché sono diventanti uno dei pericoli principali dell'ittofauna Europea.


In conclusione la zona no-kill è la sola zona a mio parere per la quale vale la pena pagare il bollettino governativo per poter pescare in acque interne. Che abbia delle criticità non c'è dubbio ma queste al momento sono dei mali ben minori rispetto ai ben più importanti problemi che affliggono le nostre acque e rischiamo di guardare il dito che ci indica la luna invece di guardare la luna.




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Risposta #9 il: Marzo 28, 2013, 19:10:26
Per Aldo, Donato e Master....
Buonasera a tutti
avete, ognuno a modo proprio, espresso la vostre personali considerazioni sul tema in oggetto e vi ringrazio perchè questo alimenta e arricchisce chiunque voglia fare una riflessione.

Aldo deve, indirettamente, ai propri figli la decisione di praticare il rilascio di ogni pesce catturato indipendentemente dalla taglia. Apprezzo questa sua prospettiva perchè scevra da fanatismi di sorta; lui ha la fortuna di pescare in corsi d'acqua completamente liberi, e abbastanza ricchi di trote anche di buona taglia e questo certifica che non c'è bisogno della gestione no-kill per ottenere certi risultati. Inoltre, nelle sue zone di pesca il popolamento e la taglia dei pesci risultano omogenei anche cambiando tratto o fiume. Non si può dire la stessa cosa per i no-kill, che propongono tratti pieni di pesci e di pescatori, mentre appena a monte e a valle di dette zone, regna il vuoto. Nell'articolo c'è la foto del tratto del Piave di Belluno, dove esiste ancora un buon popolamento di trote anche di taglia, ma uscendo dai confini la situazione è desolante, e questo fatto la dice lunga sull'inconsistenza di questo modello di gestione, che soddisfa solo certi pescatori, ma non la grande maggioranza e per nulla il fiume.

Donato racconta di fiumi dal passato glorioso, oggi in grave declino, e di gestioni che non riescono a mettere d'accordo tutti. Inoltre mi sembra anch'esso orientato verso una prospettiva di pesca diversa rispetto al modello proposto.

Il nostro collega del Veneto (mi spiace non poterti chiamare per nome, al prossimo intervento avrei piacere che tu voglia inserire almeno soltanto il tuo nome, per sentirci tutti un poco più a proprio agio in queste nostre appassionate discussioni) ha fatto un apprezzabile intervento, corposo e particolareggiato, in cui sottolinea che se ci si vuole divertire con numerose catture di pesci sopra la media, bisogna frequentare certe acque e auspicare certe gestioni. Condivido la parte in cui attribuisce grande importanza al rilascio del pesce, e a tal proposito mi sentirei di ricordare che esiste un metodo che forse è il più sicuro, e si può applicare quando la preda arriva a trovarsi a 2 metri da noi. Si usa la parte finale della vetta della canna, come fosse uno slamatore e allungando il braccio si porta l'apicale in prossimita della mosca, e lo si utilizza spingendo delicatamente in maniera da favorire la fuoriuscita dell'amo privo di ardiglione. In questa maniera si può slamare a distanza, senza estrarre il pesce dall'acqua e immergendo la canna si può effettuare l'operazione ad una certa profondità, per stressare ancora meno il pesce.
E' un sistema ottimo, ma sono pochi ad adottarlo perchè libera la preda prima che questa possa essere misurata e fotografata...!!!

Continuate ad intervenire, senza timore di dire la vostra, al massimo rischierete di dare un gradito contributo e ulteriori spunti di riflessione per tutti noi.

Un saluto

Mauro


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Risposta #10 il: Marzo 28, 2013, 20:40:23
Mauro, forse non mi sono spiegato bene, i fiumi, le acque e la pesca, sono già di per sé gestiti dalle provincie e per questo ci sono le licenze di pesca. Solo che non sono gestiti ha secondo come vuole ogni pescatore, anche perché la pesca non e considerata come tanti sport blasonati.

Da qualche tempo a oggi, giacché molti tratti di fiumi in Italia, sono richiesti in gestione per farne campo di gioco catturando il pesce più grosso “ il trofeo della vita”. Se tutto questo e gioco per me vanno bene, non trovo nulla da obbiettare, ma non sì deve parlare di salvare un fiume in uno stato di abbandono … non e bello nascondersi dietro una facciata falsa. Sono i No-Kill, servono proprio a questo! Da molto tempo ho osservato il modo di come ci pescano dentro … è chiamata pesca con la mosca artificiale, seminascosta da tanti sotterfugi di esche artificiali.

La pesca con la mosca artificiale è un’altra cosa, da come c’e stata presentata dai vecchi pionieri … mentre oggi, così diffusa la tecnica e diciamola pure tanta modificata che non si sa più cosa si vuole catturare, tutto e di più.

Quello che voglio farti notare, sono favorevole a gestione dei fiumi a patto che sono salvaguardati e suddivisi nella pesca, tra quelli con prelievo e senza … ma non di chiamarli NO KILL già la definizione sembra che non si va a pesca, ma addirittura a distruggere.

Da anni sono stato dietro la FIPSAS della mia provincia e sono sicuro che dentro questa struttura ci sia gente qualificate per tenere un fiume in buono stato e ben ripopolato … con la possibilità di far pescare tutti e con i sistemi di pesca consentiti.

Che si tenga presente: I fiumi sono di tutti quelli che vogliono farci la pesca. E’ non di società che mette il biglietto a pagamento personalizzato.

Si deve smettere di farsi luoghi personali di pesca, perché se si vuole veramente fare qualcosa per i propri fiumi e vogliamo che ritornino ripopolati, ogni tanto dobbiamo pure dimenticarci di andare a pesca.

Donato
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Risposta #11 il: Marzo 29, 2013, 13:50:16
Ciao Donato
credo che ti sia spiegato bene riguardo alle gestioni in esercizio dalle tue parti e a come invece auspicheresti. Mi sembra di capire che tu sia favorevole a una gestione liberalizzata e non esclusiva a pagamento. Ti chiedo allora se, per restare in tema, non credi anche tu che interdire lunghi tratti di fiume per alcuni anni, per poi riaprirli con regolamenti severi e controllati e costituire altre zone analoghe con cui, nel tempo, portare il fiume all'auto sostentamento, sia una soluzione migliore rispetto all'attuale? L'attuale in cui troviamo lunghi tratti di corso desolatamente vuoti e rare e limitate zone piene di pesce, spesso non di elevata qualità e sottoposti a forte antropizzazione, tale da alterare ogni residuo di rusticità?

Mi piace constatare che saresti favorevole a regolamenti che prevedano la limitazione delle catture di ogni taglia, per evitare di trasformare ogni giornata di pesca in una gara in cui cercare di allamare più prede possibile, salvo poi rilasciarle tutte. Aggiungo che questa pratica, diffusissima tra i frequentatori dei no-kill, è a mio avviso diseducativa e ricalca per molti versi l'avidità verso la cattura di coloro che frequentano i laghetti a pagamento e sono orientati a prelevare più pesce possibile, fino a "rientrare" del prezzo pagato all'ingresso. Non ha molta rilevanza il fatto che poi i pesci verranno liberati, è necessario riappropriarsi di quei principi fondamentali che insegnino a tutti i pescatori il valore della parsimonia: pescare meno e camminare e scoprire di più lungo le rive dei fiumi; osservare, incuriosirsi per ciò che ci accade intorno e che spesso nemmeno vediamo, abituarsi a porsi delle domande specifiche e sforzarsi di trovare risposte. Poi, in ultimo, qualche cattura, impegnativa, sudata e per questo gratificante. Non conta il numero, e talvolta neanche la misura; ci sono tante altre cose da conquistare e metabolizzare, sono racchiusi nell'ambiente fluviale e sta a noi scoprirli, amarli e acquisirli.

Mauro


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Risposta #12 il: Marzo 29, 2013, 20:22:11
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 pescare meno e camminare e scoprire di più lungo le rive dei fiumi; osservare, incuriosirsi per ciò che ci accade intorno e che spesso nemmeno vediamo, abituarsi a porsi delle domande specifiche e sforzarsi di trovare risposte. Poi, in ultimo, qualche cattura, impegnativa, sudata e per questo gratificante. Non conta il numero, e talvolta neanche la misura; ci sono tante altre cose da conquistare e metabolizzare, sono racchiusi nell'ambiente fluviale e sta a noi scoprirli, amarli e acquisirli.


Mauro, più ti leggo e più mi rendo conto quanto siamo in sintonia di vedute (parlo anche a nome di tutto il gruppo PAM&PAM). Ogni uscita che facciamo è l'occasione per cogliere le molteplici emozioni che ci offre la natura, la pesca è solo una di queste.
Spesso e volentieri abbandoniamo l'azione di pesca per qualcosa che ruba la nostra attenzione, cose altrettanto emozionanti per noi.

Inserisco alcuni scatti che rendono l'idea:






Alcune soste invece sono obbligate perché lungo il cammino troviamo qualcuno che ci ferma:



Guarda questo ponticello, li sotto le trote bollano sempre. Io mi ritengo un mediocre lanciatore ma un lancio su cinque riesco a infilarci la mosca e puntualmente becco la trota, grande o piccola che sia provo una grande emozione perché sono riuscito in una impresa difficile per me.


Non so se GIOVANNI ha voglia di intervenire per confermare!
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Risposta #13 il: Marzo 29, 2013, 20:52:43
Mauro, Donato non è uno che vuole mettere il bastone fra le ruote a nessuno e, questo per intenderci.

Io parlo per mia esperienza di pesca nella mia zona, l'evoluzione che sono stati sottoposti i fiumi. Oggi se il Sele e Tanagro sembrano intristiti come dicono e, non l’é ... per me va benissimo come sono, alla ricerca della buona cattura ... quello che serve per un pescatore di trote che si rispetta.

Sai meglio di me, lunghi tratti di fiumi e per quando vogliono essere pieni di pesci ... loro (le trote) le zone se le dividono a secondo il fabbisogno alimentare giornaliero e, si possono trovare anche zone spopolate, questo dipende dai pesci e la loro natura.

Per quando riguarda la specie di trote; gli allevatori delle nostre zone, sono anni che la qualità che alleva e uguale dappertutto e quindi c'è solo la questiona del prezzo e tutto materiale autoctono. Oggi hanno creato un incubatoio sul Sele, dove prendono le stesse trote del posto e, secondo me non cambia proprio niente ... stiamo lì.

Quello che e successo al Sele e Tanagro, dopo cinquanta anni di gestione, creando una realtà di pesca x tutti, sono stati i controlli, quelli che avrebbero dovuto controllare (le guardie provinciali) sono stati assenti, ci sono solo stato quelli dei volontari (troppo poco). La cosa più importante e stato quello della provincia che tiene in sospeso da cinque anni, la concessione alla FIPSAS favorendo l'ARS (tutta una questione di politica).

Allora se dietro tutte queste cose, a che serve fare una nuova riserva di pesca, mentre già esisteva una e piena di pesci dovunque ti trovava a pesca.  
Per me i NO KILL commerciali non servono, se sì vuole i No Kill o zone riservate, devono essere solo a scopi per essere polmoni dei fiumi. Dove puoi pescare e rilasciare il pesce.

un abbraccio ... Donato
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Risposta #14 il: Marzo 29, 2013, 20:54:50
Che meraviglia Aldo, immagini che rendono superfluo ogni ulteriore commento da parte mia.
Anche io condivido il vostro modo di pescare e soprattutto i momenti di "ricreazione"; per il ponte poi ho una predilezione particolare, in quanto il mio lancio preferito è il sovrapposto DOC.

Vittorio, Giovanni, battete un colpo, o vi prometto che quando scenderò a trovarvi metterò a rischio l'incolumità delle vostre provviste, vino, grappa e caffè compresi.
Siete il Club di Pesca a Mosca n°1 d'Italia, a mio modesto avviso, per il modo assolutamente genuino e leggero con cui vivete la vostra passione, e un vostro intervento a corollario delle discussioni aperte nel forum sarebbe assai gradito. Pertanto, rompete ogni indugio e dateci dentro, come nelle foto in cui vi riunite a fare....."merenda"......!!!!!

Un salutone
Mauro


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Risposta #15 il: Aprile 04, 2013, 18:35:16
No-kill, o no no-kill?

Ultimamente sono molti coloro che praticano e cercano di diffondere il no-kill assoluto, anche sui forum. Ritengono che la pesca dovrebbe essere praticata solo con esche artificiali, ami senza ardiglione e che non debba essere neanche presa in considerazione la possibilità di trattenere un pesce, di qualsiasi taglia. Alcuni insistono sul fatto che si debba usare il guadino, ma con rete senza nodi, finali non troppo sottili (per non stressare i pesci), e riossigenare a lungo le prede prima del rilascio; per le foto, non ritengono siano lesive, basta non esagerare con le prospettive e poi oggi ci sono le digitali impermeabili a poche centinaia di €. E che non te la compri, per il bene del fiume ovviamente.
Per quanto riguarda le accortezze da adottare come pescatori, sono assolutamente refrattari a qualsiasi limitazione delle catture (come numero dei capi catturabili di ogni taglia, oltre ai capi trattenibili per uscita.), piuttosto auspicherebbero la proliferazione di riserve no-kill a numero chiuso e con prezzo del permesso elevato (oltre i 50€ al dì), in maniera da non sovraccaricare il fiume di pescatori che, si sa, devono autolimitarsi da soli......

Poi ci sono anche coloro che, oltre alle attenzioni verso i ferri del mestiere, non concepiscono la pesca alla stregua di un mero divertimento per catturatori incalliti che considerano i pesci i loro "giocattoli". Non vanno a pescare solo per portare a casa le trote, ma sono convinti che trattenere una preda di tanto in tanto e della giusta taglia, sia sostenibile per l'ambiente e soprattutto consenta di considerare ancora legittimo andare a pesca.

Io mi riconosco in questi ultimi, e voi?

Un saluto

Mauro


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Risposta #16 il: Aprile 04, 2013, 20:27:25
No-kill, o no no-kill?

Per me, sono sempre più convinto di un tratto di fiume, zeppo di pesci e uguale a tanti pescatori, dove la frequenza sia l'unico posto per fare battaglia sia con i pesci e sia per dimostrare quanto si è bravo verso l'amico che sta a fianco, dimostrando quello che sì ha preso.

I No-Kill, li vogliono molto di più i giovani alle prime armi, dove gli é più facili catturare. E' giusto che sia così, anche perché per molti di loro ... le scuole gli fanno il corso di due tre giorni e per molti di loro, che non sono più seguiti, i No-Kill sono i posti, dove si può catturare con facilità... anzi direi che i pesci catturano i pescatori.

Oggi, i No-Kill sono diventati numerosi e anche tanto costosi, per esempio un fiume di mezza Italia, Il Biferno a Campobasso, ci sono tre o quattro No-Kill uno dietro l'altro! Ecco un’eccezione che presto sarà per i fiumi d'Italia. Tratti di fiumi che una volta ci sì passava una settimana a percorrere il tratto, oggi, ti devono fermare per ogni tratto a fare il permesso di pesca ... la pesca singhiozzo! E' poi non ne parliamo del nuovo materiale posto dentro: Marmorate, Temoli, Iridee e tanto altro che cattura l'attenzione dei pescatori ... altro che realtà a sostegno dei fiumi.

Comunque, i No-Kill sono luoghi creati per fare cassa e non per proteggere la fauna ittica e tutto scontato, che poi ci mette anche le regole di come usare il guadino ultimo tipo per non stressare il pesce, i waders aggiornati con tutti i confort ecc... beh! Che dire ... però, non fateci scompisciare dal ridere...

L'unica cosa che posso dire, trenta anni fa con fiumi pieni di trote, senza allontanarmi troppo da casa e senza pagare niente oltre il costo del rinnovo della licenza... ragazzi … mi sono divertito TANTO!
Un saluto a tutti.
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Risposta #17 il: Aprile 05, 2013, 12:52:59
Ribadisco il mio parere: per me l'ideale sarebbe creare lungo i fiumi dei tratti con divieto di pesca assoluti che possano fungere da zone naturali di ripopolamento. Tutto il resto libero a tutte le tecniche sportive con possibilità di prelievo di uno o due capi non inferiori a 35 cm (per la trota, in Calabria non è presente il temolo).

Sono cosciente che quello che sto per dire è utopia ma sarebbe bello se i club di pescatori, le associazioni naturalistiche ecc. insieme agli enti locali (assessorati caccia e pesca) promuovessero degli incontri con i ragazzi delle scuole al fine di formare le coscienze per il rispetto della natura e per la salvaguardia delle specie autoctone. Forse i no-kill non avrebbero ragione di esistere.

Ma con i politici e gli amministratori che ci ritroviamo!!!!!!!!  ;D

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  • Donato Tedesco P.a.M. TECNICA T.L.T.
Risposta #18 il: Aprile 05, 2013, 13:53:27
Siamo in sintonia Aldo 
>(((((((((°><°)))))))))<
Molto meglio la riva silenziosa di un fiume in una calda giornata di primavera con gli insetti che ti schiudono tutto intorno e accompagnati solo da qualcuno che è capace di assaporare questa magica atmosfera.


heron1

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Risposta #19 il: Aprile 05, 2013, 14:38:40
Mah... scusate se mi permetto di intervenire ancora:
X Mauro:
1) mi chiedevo non se avessi pescato a secca ed a ninfa, ma se avessi pescato anche con le esche naturali ; questo perchè dire che a ninfa di cattura come con le esche naturali, facendo gli stessi danni, è un po' inesatto.O quantomeno io ho intrepretato così quando hai scritto "fare lo stesso"...mi scuso se ho sbagliato. Io personalmente pesco (o cerco di pescare) con tutte le tecniche "moschistiche" a seconda delle consizioni; e credo di poter essere creduto da tutti se, come penso tutti i moschisti, affermo di predilire la pesca a mosca secca. Credo che tu abbia scambiato la mia diversa opinione con il campanilismo; mi spiace. Se poi per te la solo pesca a mosca è solo la pesca con la mosca secca, rispetto la tua opinione, ma non la condivido. Ma non divaghiamo...Tendo solo a precisare che non ho scritto che a ninfa non si catturi più che a secca, e quindi non credo di avere offeso "l'intelligenza umana".
2) che tu abbia visto in Patagonia trattenere pesci in acqua corrente è molto probabile...io in Toscana ho visto pescare in Sieve con reti e candeggina...allora vuol dire che è legale?!?! Non è una panzana da pescatori, basta leggere i regolamenti...
3) sei stato in NZ (ti invidio) ed hai visto tratti liberi...bene...hai provato a dire alla tua guida di pesca a mosca (o ad un negozio) che vuoi uccidere ciò che catturi?!? Io ho chiesto se hai chiesto (scusate la ripetizione) questo... ;D ...molti clienti mi hanno riportato storie interessanti... (benchè la pressione di pesca per kmq in NZ non sia neanche paragonabile all nostra...), e la conoscenza di clienti residenti in NZ ha confermato certe cose. Tutto qui; cmq magari mi sbaglio. E cmq, le regole sono su internet..

Mi spiace che tu abbia preso il mio intervento "sul personale", non era certo mia intenzione screditarti in alcun modo. Io ho il mio parere, tu il tuo. Rimane per me il fatto che i no-kill (e non intendo le riserve imballate di pesci, come credo si evinca bene dal mio intervento e dall'esempio portato ..) sia una buona via di gestione. Cmq si, sarei favorevole ad un sacco di cose; se comprovate e non frutto di elucubrazioni mentali, e solo se le modalità più "libere" dimostrano di fallire. E per me, i tratti no-kill gestiti in maniera "naturale" (per intenderci; no pesci pollo enormi, immissioni di novellame, sorveglianza) funzionano; e vita la quantità di nemici politici che questi tratti si trovano ad avere, farli ancora più restrittivi per me è tirarsi la zappa sui piedi. Figurati...io sarei favorevole ad imporre che in tali tratti sia consentita SEMPRE anche la pesca a spinning (1 solo amo, no ardiglione, no silicone).
Spero che questo risponda alle domande che mi poni, o che mi chiedi di pormi.
Quanto all'opinione pubblica sulla pesca; beh, almeno qui da noi va un po' dove gira il vento. A me premerebbe solo far vedere a TUTTI come certi pescatori siano guardiani del fiume, per scongiurare reati contro la collettività (scarichi abusivi, discariche, inquinamenti vari); dove ciò succede, insieme a molti vespai, si vede anche il consenso, almeno mi pare. Per quanto riguarda la sua (della pesca) abolizione; la penso molto diversamente da te, io sono ASSOLUTAMENTE CONTRARIO,  e anche per motivi esterni alla pesca e riconducibili alla "sorveglianza" di cui sopra; inorridisco all'idea dei fiumi lasciati alla mercè dei non pescatori!!

Cordiali Saluti


Tutti vorremmo fiumi liberi, ma io penso che l'essere umano in media faccia schifo... e sperare che si regoli da solo è utopia. Personalmente ho sperato molto nella "nuova generazione"..ma ahimè.. ho visto cose che mi hanno fatto ricredere (insieme ad altre cose belle, intendiamoci!)

Quanto a chiudere tratti alla pesca, la cosa è già in uso (almeno in Toscana), con l'unico effetto che (vista la mancanza di sorveglianza) sono diventate "zone a bracconaggio specifico"...tutto qui....
Il no-kill ha il vantaggio che, richiamando un po' di pescatori, si "autosorveglia" un po' meglio, e credo che il danno dovuto ai pescatori che rispettano le regole sia molto minore quello che si evita contrastando il bracconaggio; RIBADISCO CHE QUESTA è UNA MIA OPINIONE.
Rimane il fatto che, personalmente, penso che nei tratti "liberi" ci possa essere abbastanza pesce.

Quanto al catturare ad ogni costo e più possibile; se avevamo questa mentalità, saremmo rimasti a pescare con bigattini, pasture e pesciolini vivi (almeno parlo per me..).
Per me riuscire a catturare in tutte le situazioni con la mosca (sommersa, ninfa, o secca che sia; e vi garantisco che pesco a mosca secca più di quanto Mauro non creda... calabria )  è per me stesso indice della mia comprensione della situazione, e dello "stato" del fiume. Per questo cerco di tenere la mente aperta e non incaponirmi con una solo tecnica (la secca) che cmq rimane la mia preferita!

Quanto all'affermazione

"Comunque, i No-Kill sono luoghi creati per fare cassa e non per proteggere la fauna ittica e tutto scontato, che poi ci mette anche le regole di come usare il guadino ultimo tipo per non stressare il pesce, i waders aggiornati con tutti i confort ecc... beh! Che dire ... però, non fateci scompisciare dal ridere..."

di donatot, mi sento in DOVERE di pensarla in maniera molto diversa, vista personalmente la situazione economica in cui versano molti tratti no-kill; alcuni è vero nonn hanno problemi di soldi, ma altri propio no: E cmq almeno nella mia zona, sono tratti gestiti da volontari, in cui il costo del permesso copre a stento costi quali l'immissione del novellame, le varie pulizie straordinarie di rifiuti, alberi caduti ecc.
Si reggono in piedi, benchè bellissimi e difficili tratti (o forse proprio per quello, scoraggiando i grandi afflussi vista la difficoltà tecnica), solo grazie al contributo dei volontari.
Che credo potrebbero ritenersi offesi da una affermazione così dura e generica.


Spero che il mio intervento sia prso per quello che è, e cioè una opinione.



Saluti a tutti



Riccardo
La peggior giornata di pesca è sempre preferibile alla miglior giornata di lavoro ...


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