Ciao Donato
per ridurre al minimo i danni procurati al pesce, bisogna slamarlo in acqua sufficientemente profonda e senza toccarlo ne estrarlo dall'acqua. Il modo migliore è quello di utilizzare l'apicale della canna come slamatore e in alternativa usare il guadino mantenendo il pesce in acqua e slamarlo sempre senza toccarlo, ne estrarlo. Qualora l'estrazione risultasse complicata, bisogna sempre evitare di armeggiare in bocca al pesce e tagliare immediatamente il filo vicino alla mosca. Si fa presto a dire che i pesci vengono liberati senza danni perchè agganciati superficialmente, in realtà un certo numero di animali si ritrovano l'amo conficcato nell'esofago o nelle branchie, e in questi casi la mortalità cresce notevolmente.
Gli studi che ho citato infatti, attribuiscono in questi casi una mortalità media del 41%, percentuale che raggiungeva il 65% nei casi di estrazione dell'amo, che infligge al pesce lesioni e shock fortissimi. Il 39%dei pesci osservati durante i test, sono stati capaci di liberarsi spontaneamente degli ami, mentre soltanto l'11,5% di quelli in cui si è proceduto alla rimozione dalle parti vitali, sono sopravvissuti. Il sanguinamento è purtroppo assai frequente nei casi di agganci nelle branchie ed esofago; nei test è emerso che solo l'1% degli agganci in bocca determinano il sanguinamento, contro il 48% di quelli in gola e del 50% nelle branchie. La mortalità causata dal sanguinamento si è attestata al 52,8%, contro il 6,5% riscontrato negli animali che non sanguinavano. Le percentuali di mortalità, crescono in maniera rilevante con l'aumento della temperatura dell'acqua.
Gli studi conducono a risultanze ben note, come l'indirizzo a utilizzare esche artificiali, ami con ardiglione schiacciato o senza, l'uso di guadini con reti senza nodi, evitare manipolazioni prolungate, ecc. Ma suggeriscono anche di rilasciare subito il pesce, senza perdere ulteriore tempo per fotografarlo ed evitare di pescare in condizioni di temperature estreme (troppo calde o il contrario), e francamente non mi è mai capitato di osservare il rispetto di queste sane abitudini nei pescatori incontrati sul fiume. Mi capita invece di assistere sovente a scene in cui i pesci sono tenuti a lungo nei guadini a rete siliconica, per poterli fotografare in varie pose e angolazioni, operazioni chirurgiche prolungate per recuperare a tutti i costi la mosca e cambi di ruolo tra pescatore e fotografo nel caso di catture di animali di misura oltre la media. In quest'ultimo caso il pesce viene maneggiato e fotografato per il doppio del tempo.
Consideriamo poi che il pesce che ci apprestiamo a liberare, potrebbe essere stato catturato di recente, e magari verrà ricatturato nuovamente a breve, cosa frequente nei no-kill, e tutti questi "incontri" con pescatori no-kill, non fanno che ridurre sempre di più la possibilità di sopravvivenza delle trote e degli altri pesci. E' per tutti questi motivi che sostengo che tutti i pescatori dovrebbero sottostare a limiti severi del numero delle catture consentite, di qualsiasi taglia, e non solo ai limiti di prelievo imposti. In virtù di questo, trovo che coloro i quali ritengono che la pesca sia solo un divertimento e i pesci i protagonisti a indurre tale piacere, e che devono essere in ogni caso tutti rilasciati, dovrebbero limitarsi in misura maggiore rispetto ai pescatori che, nel rispetto delle norme e dei regolamenti, considerano anche la possibilità di trattenere qualche pesce ogni tanto, per mangiarselo, in conformità con l'attività predatoria della pesca.
Mauro