Drifting

Letteralmente Drifting significa galleggiare, andare alla deriva, è la peculiarità essenziale di questa disciplina è quella di pescare, generalmente ancorati, pasturando con una quantità variabile di esca in attesa che il pesce, risalendo la corrente ricca di cibo, giunga sino all’amo, abbocchi all’esca e dia inizio a tutta quella serie di fughe e controfughe che fanno salire a mille l’adrenalina del fortunato angler.

Questa tipologia di pesca, velocemente e prepotentemente evolutasi in questi ultimi anni prevede l’utilizzo di canne e mulinelli sofisticati e molto costosi .

Le canne devono avere fusti molto robusti – generalmete si usano quelli da 80 o da 130 libre – ed i mulinelli devono essere in grado di imbobbinare centinaia di metri di monofilo di diametro generalmente da 0,80 a 1,20 millimetri, e quindi devono essere dimensionalmente compresi tra il 9/0 e il 12/0 .

Cio’ pèrche i pesci con i quali si puo’ avere a che fare, principalmente tonni giganti e subordinatamente verdesche, squali e pesci spada, potranno essere da qualche decina di chilogrammi sino ad un paio di quintali.


Light Drifting

Da qualche anno questa Tecnica di pesca sta conquistando un elevatissimo numero di pescatori sportivi, soprattutto per la sua capacità catturante basata sulla semplicità delle attrezzature e delle tecniche da mettere in pratica. Il Light Drifting sfutta essenzialmente l’abbitudine che hanno i predatori di concentrarsi in determinate zone di mare dove si convoglia il cibo e quindi secche dove spesso passano branchi di novellame, zone con particolari correnti dove stazionano determinati tipi di pesce, ecc.

Ottima alternativa al Drifting – con prede più piccole ma ben più gustose, quali, ad esempio, Dentice, Orata, Ricciola, Leccia, Cernia, ecc.- Rimane la pasturazione, elemento essenziale per una buona riuscita di tutta l’azione di pesca, tenendo presente che i migliori risultati ottenibili pescando con questa tecnica si devono proprio all’azione della pastura ed alla capacita’ nel posizionamento le nostre esche in mezzo ad essa o nella sua scia. Per raggiungere al meglio tale finalità esistono alcune possibilità: la lenza con galleggiante, la lenza morta in corrente e la lenza piombata.

Nel primo caso si possono usare vari tipi di galleggianti sia scorrevoli che fissi; la seconda metodologia consiste nel filare in corrente la lenza libera e la terza nell’inserire un piombo che consenta all’esca di pescare in prossimità del fondo, limitando notevolmente il raggio d’azione dell’esca stessa.

I diametri delle lenze da preparare saranno di volta in volta correlati con le tipologie delle specie ittiche che si intendono insidiare, mentre le canne e i mulinelli saranno praticamente gli stessi della piccola e media traina.

Le esche da utilizzare sono sempre naturali, meglio se vive, e saranno anch’esse scelte in considerazione dei pesci che si vogliono insidiare o che, per lo meno, si è sicuri popolino la zona prescelta per la nostra battuta di pesca.

Il cefaletto, la boga, la triglia, la seppia, ed il calamaro sono sicuramente tra le più catturanti e la loro montatura , generalmente su due ami, sarà effettuata su uno spessore di monofilo lungo dai 4 ai 6 metri del diametro del 0.60-0.80 millimetri.

L’azione di pesca vera e propria si svolgerà con la barca ancorata se siamo in una zona arealmente abbastanza limitata, oppure con la barca in deriva se ci troviamo, invece, in un’ampia zona con fondali misti.

Il salpaggio di una preda d’eccezione sarà l’operazione che chiderà una bella giornata di pesca consacrando la validità di questa tecnica.

La pasturazione si svolge in due fasi.

Prima di calare le lenze l’imbarcazione procede per circa un miglio trainando sacchi pieni di sardine macinate (brumeggio), o seppie se si mira al pesce spada, che lasciano una scia in acqua.

In seguito a barca ferma e lenze in acqua, si getta una sardina intera, e quando scompare alla vista se ne butta un altra: il ritmo è cadenzato e, a turno, un membro dell’equipaggio si occupa della continua pasturazione che arriva sopra l’esca.

Occorre innescare la sardina in modo che si presenti come quella da pastura, cioè con la pancia verso l’alto: questo si ottiene infilando l’amo nell’ano e facendolo uscire  appena dietro le branchie.

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