IL LIGHT ROCK FISHING

Ecco una nuova, divertente variante dello spinning arrivata da poco dal Giappone. Attrezzature ed esche leggerissime, per stimolare l’attacco non dei classici predatori come la spigola o il pesce serra ma di tanti piccoli e non meno pregiati abitanti delle buche tra gli scogli. Primo su tutti lo scorfano.
La versione più leggera e recente dello spinning,  può essere considerata come una vera e propria evoluzione giunta recentemente in Italia dal Giappone.
Stiamo parlando del light rock fishing, in sigla LRF, ovvero della pesca con le esche artificiali diretta a tutti i predatori più piccoli, anche nell’immediato sottoriva.
Nel Mare Nostrum l’indiscusso protagonista di questa pesca è senza dubbio lo scorfano nero (Scorpaena porcus), vorace e poco sospettoso, che si getta con aggressività su qualsiasi esca gli passi a tiro.
Generalizzando, comunque, possiamo affermare che le prede più frequenti del light rock fishing siano tutti i piccoli predatori tipici dei sottocosta rocciosi come, appunto, gli scorfani, le perchie e i ghiozzi. Tuttavia, non sono affatto rari gli incontri con sparidi come saraghi, occhiate e salpe, oppure con i sugarelli e persino con la spigola.
Inoltre si può fare strike persino con il rombo chiodato, che spesso sosta in agguato sui fondali sabbiosi direttamente a ridosso delle rocce o dei manufatti come moli e barriere frangiflutti.
Non a caso, i punti adatti a questa tecnica di pesca sono moli, pontili e scogliere, naturali o artificiali che siano. In ogni caso, qualsiasi elemento in grado di creare un microambiente nella monotonia dell’acqua e del fondo, anche semplicemente un gruppetto di sassi, rappresenta un ottimo spot per il light rock fishing. Qui, a seconda delle specifiche attrezzature ed esche, possiamo tentare la cattura di specie diverse.

Attrezzi leggeri, per godere della cattura

I primi approcci alla tecnica sono avvenuti adattando le attrezzature cosiddette “finesse” per la pesca al black bass in acqua dolce, ovvero leggere canne monopezzo o in due pezzi intorno a 7 piedi di lunghezza con scarsa potenza di lancio, fino a 7-8 grammi. Oggi il mercato offre una vasta gamma di attrezzi specifici, quasi tutti “ made in Japan”, con la peculiarità di avere la parte terminale del cimino costruita in fibra di vetro (solid tip) e direttamente innestata nella fibra di carbonio della vetta. Lo scopo di questa soluzione è garantire alla canna un’azione morbida, necessaria ad assecondare le mangiate e ridurre la percentuale di pesci persi senza sacrificarne la sensibilità, dote fondamentale che ci permette di percepire anche le mangiate più delicate. L’attrezzatura va completata con un mulinello piuttosto piccolo, di peso e misure adeguati (un taglia 2000-2500 Shimano e simili, per intenderci), a garantire un buon bilanciamento della canna. La bobina va riempita con un buon fluorocarbon da 3-6 libbre di tenuta.

Tra le esche vince la gomma

Le esche più utilizzate nel light rock fishing sono piccoli artificiali in gomma, ovvero le cosiddette soft bait, da 1,5 a 4 pollici di lunghezza, montate sulle apposite teste piombate (jig head) comprese tra 0,5 e 3 grammi. Il peso delle jig head, ovviamente, va scelto anche e soprattutto in base alla profondità e alle correnti o turbolenze presenti nell’acqua. In ogni caso, tutti gli artificiali da spinning in silicone sono perfetti per stanare i piccoli predatori, ovviamente nelle misure più contenute: da 1,5 a 4 pollici. Ma esistono anche “bocconi” specifici per il “light”, dalle forme più o meno fantasiose oppure strettamente imitanti piccole creature come gamberetti, granchi e cefalopodi. Per esempio gli “hog”, dal corpo affusolato e provvisti di vistose protuberanze ai lati del corpo e in coda: imitano piccoli gamberi e vanno recuperati sul fondo, infilandosi molto bene tra le rocce ed emettendo vibrazioni che attraggono i pesci. Da citare anche gli “straight worm ” o “ micro worm ”, piccole esche siliconiche dal corpo pronunciato che finisce in una coda dritta e sottile: sono imitazioni pressoché perfette di vermi marini che vivono tra gli scogli e sotto la sabbia. Infine i “ crab ”, imitazioni di granchietti, più o meno stilizzati, che rappresentano ottime esche per lo scorfano: vanno recuperati a stretto contatto con il fondale, oppure calati tra gli anfratti della scogliera o, ancora, “strisciati” in verticale sulle pareti in cemento dei porti dove i piccoli predatori hanno le loro tane. Tutti questi inganni vanno innescati su apposite testine piombate (jig head) dal peso molto contenuto, da 0,5 a 3 grammi.

Tanto divertimento, ma con rispetto

Il rock fishing leggero mediterraneo è una tecnica che in determinate condizioni può rivelarsi eccezionalmente redditizia, ed è un gran divertimento pescare con attrezzature ultraleggere pesci predatori di dimensioni non eclatanti ma “tosti” come pochi, capaci di far piegare la nostra sottile canna con testate nervose e ripartenze guizzanti che ci faranno divertire moltissimo. Per non trasformare la pescata in un’inutile mattanza, però, bisogna usare il cervello: in ognuno di noi devono prevalere il senso di responsabilità e il rispetto per le prede. Se l’uscita di pesca è andata bene, evitiamo inutili stragi! Il catch & release, ovvero “cattura e rilascia”, è la filosofia giusta da adottare anche e soprattutto in questo ambito.
Vedremo poi in uno dei prossimi numeri quali sono le precauzioni per metterlo in pratica nei dettagli, a partire dal non toccare il pesce con le mani asciutte fino al come slamarlo senza provocargli danni e “riossigenarlo” nell’acqua per farlo riprendere.

Riccardo Zago

Di admin